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Stai valutando le migliori opportunità di investimento per il 2025? Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, le tensioni geopolitiche e i conflitti in diverse aree del mondo rappresentano alcuni dei principali fattori di incertezza per i mercati internazionali.
Vediamo a quali rischi prestare attenzione, e su quali titoli e settori puntare nei mesi a venire secondo il parere degli esperti: in questa guida abbiamo raccolto le opinioni di figure autorevoli del mondo della finanza per analizzare i temi chiave che potrebbero incidere sull’evoluzione dei mercati, sia a livello nazionale che globale.
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L’economia in Italia: previsioni 2025
Secondo Matteo Dattilo, Multi-Asset Portfolio Manager di Aptafin, dopo la performance zoppicante registrata nel 2024, l’Italia non ha le carte in regola per tornare a crescere nel resto del 2025: “L’economia italiana si trova in una fase di stagnazione in quanto nel 2024 il PIL ha registrato una crescita dello 0,5%, inferiore rispetto alle attese dell’1%. Anche nel 2025 è prevista una crescita modesta, dello 0,7% (fonte: Fondo Monetario Internazionale)”.
L’esperto imputa questa posizione sfavorevole a quattro principali cause: “Debolezza della domanda interna; calo della produzione industriale, in discesa del 3,5% su base annua a causa delle difficoltà del settore manifatturiero; ritardo nell’attuazione dei fondi del PNRR; rallentamento dell’export, influenzato negativamente dalle tensioni geopolitiche globali”.
Previsioni 2025, una prospettiva globale
Guardando al futuro, le prospettive economiche globali per il 2025 sono modellate da diversi fattori, tra cui:
- Tassi d’interesse: l’attuale livello relativamente elevato dei tassi nelle economie sviluppate ha rallentato la domanda e l’attività economica, aiutando le banche centrali a tenere sotto controllo l’inflazione. Con l’inflazione in graduale calo, anche se con qualche battuta d’arresto, si prevede un’ulteriore riduzione dei tassi nel corso dell’anno.
- Turbolenze geopolitiche: il conflitto in Ucraina continuerà a mantenere alti i prezzi dell’energia, mentre quello in Medio Oriente, che interessa le rotte marittime del Mar Rosso, rischia di aumentare i costi di trasporto e interrompere le catene di approvvigionamento globali.
- Effetto Trump: le guerre commerciali provocate dall’imposizione di tariffe e politiche protezionistiche da parte dell’amministrazione Trump potrebbero alimentare la pressione inflazionistica sui mercati globali.
Secondo Frank Sohlleder, analista di ActivTrades, nel 2025 lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) continuerà a essere centrale: “L’AI rimarrà un tema dominante, con investimenti massicci in infrastrutture, chip più avanzati e modelli sempre più sofisticati che favoriranno un’adozione e uno sviluppo accelerati”.
Tra le aziende più promettenti, Sohlleder cita Nvidia, grazie alla sua posizione di leadership nel mercato dei chip per l’intelligenza artificiale e al suo forte potenziale di crescita. Tuttavia, suggerisce di non limitarsi ai soli titoli tecnologici: “La predominanza di pochi titoli di grandi società nei principali indici rimane preoccupante.
Potremmo assistere a uno spostamento dell’attenzione dai titoli tecnologici a mega-capitalizzazione verso segmenti di mercato più ampi, tra cui i settori finanziario, dei servizi di pubblica utilità e dei beni di consumo discrezionali, nonché le infrastrutture, l’industria manifatturiera e l’edilizia residenziale.
In questo contesto, i titoli value e le aziende a media capitalizzazione potrebbero fornire una valida copertura contro eventuali cali dei titoli growth a grande capitalizzazione”.
Andrew Prosser, di InvestEngine, mette in guardia rispetto alla forte concentrazione di pochi titoli tecnologici a grande capitalizzazione nel mercato statunitense: “le prime dieci società dell’S&P 500 rappresentano oltre il 35% del mercato e sette di queste sono legate all’intelligenza artificiale. Questo livello di concentrazione espone gli investitori meno diversificati a livello globale a rischi significativi, qualora la narrativa sulla crescita dell’AI dovesse rallentare”.
Rischio inflazione
Secondo Jonathan Moyes di Wealth Club, tra i rischi principali per il 2025 c’è il ritorno dell’inflazione, che potrebbe risalire a fronte di tagli dei tassi d’interesse troppo rapidi o eccessivi da parte delle banche centrali: “Lo spauracchio dell’inflazione potrebbe rivelarsi più insidioso del previsto. Sebbene ci aspettiamo di assistere a un continuo e graduale allentamento della politica monetaria, gli investitori non dovrebbero escludere risalite dell’inflazione”.
Moyes invita a monitorare da vicino la situazione negli Stati Uniti, l’economia più grande e influente del mondo, in particolare i rapporti tra l’amministrazione Trump e la Federal Reserve:
“I tagli fiscali e l’imposizione di dazi commerciali potrebbero spingere i prezzi al rialzo, generando pressioni inflazionistiche e costringendo la Fed a rivedere i suoi piani di allentamento monetario. Questa dinamica potrebbe mettere in crisi l’eccezionalismo e la stabilità percepita degli Stati Uniti, causando un riprezzamento degli asset di rischio in un contesto di tassi d’interesse più elevati e lotte istituzionali”.
Infine, Moyes sottolinea l’importanza di una diversificazione globale:
“Proprio perché la politica commerciale degli Stati Uniti sarà centrale nel 2025, chi ha un portafoglio diversificato a livello internazionale si troverà in una posizione migliore per affrontare eventuali turbolenze”.
Prosser di InvestEngine osserva: “Le politiche di Trump, tra cui i tagli fiscali, i dazi commerciali, la deregolamentazione e le politiche restrittive sull’immigrazione, potrebbero generare spinte inflazionistiche, compromettendo il percorso di riduzione dei tassi d’interesse. Queste stesse misure potrebbero tuttavia rafforzare il dollaro, in quanto gli elevati tassi e rendimenti a breve termine stimolano l’afflusso di capitali denominati in valuta statunitense.
Sebbene la riduzione dei tassi d’interesse sia tradizionalmente considerata un fattore di supporto per i titoli tecnologici — meno sensibili alle variazioni del tasso di sconto perché non pagano dividendi — il recente ciclo di rialzi ha messo in discussione questa correlazione. Se i tassi scenderanno ulteriormente, nonostante le spinte inflazionistiche indotte dalle politiche di Trump, a trarne maggiore beneficio potrebbero essere le aziende statunitensi a piccola capitalizzazione, solitamente più esposte a debiti a tasso variabile rispetto alle società di grande dimensioni”.
Profondi cambiamenti
Lindsay James di Quilter Investors concorda sul fatto che la minaccia dell’inflazione negli Stati Uniti rimanga una preoccupazione significativa: “Il panorama degli investimenti ha subito un cambiamento sostanziale. Le politiche di Donald Trump, orientate alla riduzione delle tasse e alla deregolamentazione, sembrano destinate a sostenere i tassi di crescita economica degli Stati Uniti, già sorprendentemente resilienti.
“Nel breve termine, il settore industriale americano potrebbe trarre vantaggio dalle misure protezionistiche, favorendo un’estensione della crescita degli utili anche al di là dei cosiddetti ‘Magnifici Sette’ nel corso del 2025”.
Matteo Dattilo precisa che, negli ultimi due anni, la crescita del mercato azionario statunitense è stata trainata principalmente dai “Magnifici 7” (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Meta e Tesla, con quest’ultima in lieve flessione), fatta eccezione per Tesla. Queste aziende rappresentano attualmente circa un terzo del valore totale dell’indice S&P 500. Una loro eventuale correzione di mercato potrebbe avere un impatto significativo sull’intero indice, aumentando il rischio di instabilità per gli investitori fortemente esposti su questi titoli.
James aggiunge: “Questo approccio sempre più isolazionista, caratterizzato da dazi commerciali e agevolazioni fiscali, rischia di far lievitare il debito pubblico, alimentando pressioni inflazionistiche a lungo termine. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita del PIL statunitense pari al 2,2% nel 2025, in calo rispetto al 2,8% del 2024. In questo contesto è probabile che la Federal Reserve mantenga un atteggiamento prudente quest’anno, mentre gli investitori devono rimanere attenti a eventuali risalite dell’inflazione”.
L’inasprimento delle politiche protezioniste negli Stati Uniti avrà effetti particolarmente negativi per l’Italia, avverte Dattilo: “Gli USA sono il terzo mercato più importante per le esportazioni italiane e i dazi ridurrebbero la competitività dei prodotti nazionali nei settori chiave del Made in Italy, come moda, agroalimentare e meccanica. In aggiunta, un’eventuale guerra commerciale tra USA e Cina o USA ed Unione Europea potrebbe far rallentare l’economia globale, impattando indirettamente l’Italia. Di fatto, se l’UE reagisse con dazi di ritorsione, si innescherebbe un clima di incertezza per le imprese esportatrici”.
Nel 2025 ci sarà una recessione?
José Torres di Interactive Brokers descrive uno scenario tutt’altro che roseo per la zona euro: “La Banca Centrale Europea è alle prese con un dibattito cruciale: i tagli ai tassi d’interesse potranno davvero prevenire una possibile recessione o rischiano di alimentare nuovi squilibri?
“I sostenitori di una linea più prudente avvertono che l’economia europea soffre di gravi problemi strutturali: dalla mancanza di investimenti delle imprese, all’eccessiva dipendenza dal settore manifatturiero, dagli alti prezzi dell’energia, alla debolezza della domanda e dall’invecchiamento demografico fino alla carenza di manodopera. L’introduzione di dazi statunitensi potrebbe ulteriormente complicare la situazione, colpendo le maggiori economie europee — Germania, Francia e Paesi Bassi — fortemente dipendenti dalle esportazioni.
Di contro, alcuni politici ritengono che una riduzione più aggressiva dei tassi potrebbe fornire un impulso vitale alla crescita, riducendo il costo del debito e stimolando consumi e investimenti”.
James di Quilter concorda sul fatto che l’Europa debba affrontare sfide importanti per scongiurare il rischio di una recessione: “La minaccia dei nuovi dazi statunitensi sulle esportazioni europee ha ridimensionato le aspettative sulla redditività delle aziende europee per il 2025.
La Germania fatica a far fronte agli elevati costi energetici e alla crescente concorrenza cinese. La sua economia è ormai prossima alla stagnazione. La Francia, invece, si trova alle prese con un’instabilità politica crescente e con vincoli fiscali sempre più rigidi.
Tuttavia, con la BCE che dovrebbe proseguire il ciclo di riduzione dei tassi d’interesse e l’inflazione ormai vicina all’obiettivo, non è escluso l’emergere di uno scenario più favorevole nel corso del 2025”.
Quanto all’Italia, Matteo Dattilo non descrive il 2025 come un anno di ripresa: “Nonostante i tagli ai tassi da parte della BCE e l’inflazione vicina al target, nel 2025 dovrebbe continuare la fase di stagnazione economica dell’Italia. I tassi più bassi potrebbero sostenere il credito, ma senza un rilancio deciso degli investimenti, l’effetto sulla crescita sarebbe limitato.
L’economia italiana presenta tuttora forti criticità: bassa produttività, con un tessuto imprenditoriale poco innovativo e frammentato, caratterizzato da piccole e medie imprese; un mercato del lavoro rigido, caratterizzato da salari piatti e scarsa creazione di posti qualificati; vincoli di bilancio rigidi, i quali impediscono politiche fiscali espansive. Di conseguenza, senza riforme strutturali e una spinta più incisiva del PNRR, l’Italia rischia di restare bloccata in una fase di crescita anemica, più vicina alla stagnazione che alla ripresa”.
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Quali azioni e settori cresceranno nel 2025?
Veniamo infine alle previsioni 2025 per il mercato azionario italiano. Ecco i titoli da monitorare quest’anno secondo Matteo Dattilo:
“Enel, in quanto presenta piani di investimento ambiziosi per accelerare la decarbonizzazione e la digitalizzazione delle reti, posizionandosi come leader nel settore della transizione energetica;
Leonardo, player europeo nell’aerospazio, difesa e sicurezza, beneficerà dell’aumento degli investimenti in tecnologia e sicurezza a livello mondiale;
STMicroelectronics, azienda di successo nel comparto dei semiconduttori, è ben posizionata per trarre vantaggio dalla crescente domanda di componenti elettronici avanzati;
UniCredit, sotto la guida del CEO Orcel, sta perseguendo una strategia di espansione attraverso acquisizioni mirate, come Commerzbank e Banco BPM, bilanciando queste operazioni di M&A con una significativa remunerazione degli azionisti. Inoltre, nel 2025 il settore bancario italiano è al centro di significative dinamiche di consolidamento”.