Trigliceridi: definizione e significato medico | Corriere Salute

Trigliceridi

1Che cosa sono i trigliceridi e a che cosa servono

I trigliceridi sono composti chimici formati dall’unione di uno zucchero semplice modificato, il glicerolo, con tre acidi grassi, che sono lunghe catene di carbonio con attaccati atomi di idrogeno.

I trigliceridi appartengono alla famiglia dei lipidi, i grassi, e svolgono tre importanti funzioni:

  1. rappresentano una rilevante riserva energetica, perché, in caso di necessità, vengono smontati (attraverso un processo chiamato idrolisi) in acidi grassi, che possono venire scissi per fornire energia;
  2. i depositi di grasso localizzati sotto la superficie cutanea contribuiscono a fungere da materiale isolante, capace di prevenire la perdita di calore dall’interno del corpo verso l’ambiente;
  3. infine, gli accumuli di tessuto grasso attorno a un organo delicato, qual è per esempio il rene, assicura una sorta di imbottitura morbida in grado di tutelarlo dagli eventuali traumi.

2Come funzionano i trigliceridi nel nostro corpo

I trigliceridi vengono depositati nelle nostre cellule sotto forma di gocciole lipidiche. Queste formazioni grasse assorbono e accumulano svariate sostanze, come le vitamine liposolubili, i farmaci e anche le tossine circolanti nell’organismo. Le vitamine A, D, E e K vengono definite liposolubili perché si solubilizzano, si “sciolgono” nei solventi grassi. Pertanto le riserve lipidiche corporee sono “scrigni” che consentono di trattenere queste vitamine di grande valore. Al tempo stesso, però, sono capaci di stoccare prodotti tossici ugualmente liposolubili ma potenzialmente pericolosi.

3I valori normali di riferimento

♥ I valori normali dei trigliceridi nel sangue devono essere inferiori a 150 mg/dl (milligrammi per decilitro).

4Come si fa l’esame

La misurazione della quantità dei trigliceridi viene effettuata prelevando una piccola quantità di sangue da una vena del braccio.

Per l’esecuzione del test è necessario osservare il digiuno da almeno 12 ore: infatti la concentrazione dei trigliceridi nel sangue è strettamente correlata all’alimentazione. Il pasto più o meno ricco di lipidi, infatti, genera la formazione di complessi che prendono il nome di chilomicroni, costituiti prevalentemente da trigliceridi, i quali, dapprima rilasciati dalle cellule intestinali nei vasi linfatici, vengono poi liberati nel torrente circolatorio. Da qui la necessità di digiunare per 12 ore prima del loro dosaggio nel sangue.

Inoltre, non si dovrebbero consumare alcolici nelle 24 ore precedenti. 

Quando i trigliceridi risultano particolarmente abbondanti in circolo, la parte liquida del sangue assume un aspetto lattescente.

5Se i trigliceridi sono alti

In genere, l’accertamento della concentrazione dei trigliceridi nel sangue (trigliceridemia) viene prescritto dal medico curante assieme a quello del colesterolo totale, e delle lipoproteine HDL (il colesterolo “buono”) ed LDL (il colesterolo “cattivo”). Infatti, si tratta di un parametro utile per valutare il rischio personale di sviluppare una malattia cardiovascolare.

Il messaggio fondamentale è: mantenere i trigliceridi entro i livelli desiderabili contribuisce a conservare il cuore sano e a tenere lontana l’ombra di subire un infarto o un ictus.

Alti livelli di trigliceridi, superiori ai 900 mg/dl, sono indicativi di una pancreatite acuta.

Valori, registrati a digiuno, che si collocano attorno ai 500 mg/dl vengono riscontrati in genere nei pazienti in sovrappeso o diabetici o in chi consuma quantità smodate di alcol.

Esistono anche ipertrigliceridemie familiari, con valori elevati di trigliceridi (250-750 mg/dl) nel paziente e almeno in un familiare di primo grado. Abnormi concentrazioni di trigliceridi (superiori ai 750 mg/dl) si riscontrano pure nelle forme caratterizzate da un’incapacità di smaltire i citati chilomicroni per un deficit ereditario – totale o parziale – della lipoproteina lipasi (l’enzima preposto a disassemblare questi agglomerati grassi) o della Apo C-II, la proteina elaborata dal fegato che provvede ad attivare la lipoproteina lipasi, rendendo pertanto disponibili gli acidi grassi per l’assorbimento cellulare.

Un aumento della trigliceridemia e/o della colesterolemia si riscontra infine in quel quadro clinico chiamato iperlipidemia familiare combinata, caratterizzato da un incremento delle concentrazioni dei trigliceridi e/o del colesterolo in più componenti della stessa famiglia: è determinata da un’alterazione nel metabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi e in Apo B, ossia l’Apolipoproteina B, sostanza coinvolta nel trasporto dei trigliceridi e del colesterolo nel sangue dal fegato e dall’intestino verso i tessuti periferici. Questa forma si associa a un elevato rischio di manifestare una aterosclerosi prematura.

23 marzo 2022 (modifica il 25 giugno 2024 | 08:07)

CON LA CONSULENZA DI
dottor Massimo Locatelli

direttore della Medicina di Laboratorio all'IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.

A CURA DI
dottor Edoardo Rosati
giornalista medico-scientifico