Ville Venete

Il caso delle ville "a cubo" nel Padovano tra XVI e XVII secolo. L'articolo esplora il fenomeno di numerose ville sparse nel territorio padovano (ma diffuse anche in altre zone della Terraferma veneta) non riconducibili all'intervento di famosi architetti ma piuttosto di anonimi "mureri" e "proti", e caratterizzate da uniformità nella loro tipologia.

Appare piuttosto significativa la recente vicenda che ha investito il complesso noto con il nome degli ultimi proprietari, Levi Morenos, un articolato contesto di villa veneta posto nel centro di Mira Taglio.
La villa divenne bene pubblico sul finire degli anni Novanta, tuttavia da allora e per quasi un trentennio è rimasta chiusa e si sono susseguiti unicamente interventi saltuari e dall’efficacia altalenante, sostanzialmente senza ‘saper bene cosa farne’ di questo bene storico. Dopo il lungo periodo di indifferenza collettiva calata sulla villa, che nel frattempo si è vistosamente deteriorata, recentemente abbiamo assistito a un rinnovato interesse scaturito dalla volontà di metterla in vendita e da alcuni interventi realizzati nel giardino che hanno letteralmente infiammato il dibattito locale e destato il coinvolgimento di singoli cittadini e di associazioni.
Da qui la necessità di fare un po’ di chiarezza su quanto conosciamo oggi sulla villa  e questa breve ricerca, quindi, si muove nella direzione di fornire i primi rudimentali tasselli conoscitivi per meglio padroneggiare un bene pubblico, storico e culturale, che la comunità vorrebbe recuperare e far proprio. Trasmettere la conoscenza concreta del patrimonio culturale materiale e immateriale, promuovendone la tutela, la valorizzazione e la comunicazione, può portare a un risultato importante: una piena educazione alla cittadinanza.

A partire dal XVIII secolo una smania per la villeggiatura nelle ville di campagna esplose tra i patrizi veneti e i borghesi, un fenomeno che coinvolse anche numerosi scrittori e intellettuali. Il presente contributo si propone di illustrare alcuni dei luoghi di vacanza degli scrittori nel contesto settecentesco padovano. In particolare, si concentra sulle figure di Angelo Querini, di Melchiorre Cesarotti e di Carlo Goldoni, le cui esperienze in
villa risultano particolarmente interessanti nel panorama culturale dell’epoca. La villa di Querini ad Altichiero fu luogo di incontro e scambio culturale per i più illustri intellettuali del tempo e per Giustiniana Wynne divenne un vero e proprio luogo di scrittura. Cesarotti, invece, nella sua villa a Selvazzano, trovò uno spazio per il riposo e il ritiro dalla vita mondana e dagli impegni accademici, spesso in compagnia di amici e colleghi. Infine, Goldoni soggiornò presso Villa Widmann-Borletti a Bagnoli di Sopra, mettendo in scena diverse rappresentazioni teatrali, un’esperienza che il commediografo veneziano ricorderà in più momenti. Le ville venete, luoghi di soggiorno e di vacanza in campagna, specialmente nel XVIII secolo diventano una controparte alla città come luogo di creazione di idee, di scrittura e di cultura.

Originariamente e a lungo baluardo di esclusività, accoglienti solo per pochi frequentatori privilegiati, protagoniste di mondi locali, le ville venete hanno visto progressivamente modificare la propria identità. L'attuale status di “patrimonio culturale” le ha proiettate in una dimensione pubblica prioritaria che ne ha messo in luce ruoli inediti, allargando i confini di riferimento. Le ville venete continuano a essere realtà dense di significato per il contesto locale in cui sorgono, ma i pubblici appassionati fanno parte ormai di comunità deterritorializzate non solo prossimali, con il moltiplicarsi dei punti di vista coinvolti. Mantenendo sullo sfondo come retaggio in parte ancora vivo gli elitarismi e idealismi propri della questione patrimoniale di epoche precedenti, i nuovi significati simbolici e le nuove pratiche che riguardano questi monumenti documentano anche una apertura in direzione di un pubblico sempre più vasto e consapevole. Nell'intervento, valutazioni e analisi di insieme del processo in corso di risemantizzazione delle ville venete in chiave di “bene culturale”, troveranno una occasione di approfondimento e parziale verifica nella presentazione di una vicenda particolare che ha visto protagonista Villa Emo di Fanzolo di Vedelago.

Sopravvissuta alle ingiurie del tempo e degli uomini, villa Duodo Correggio ora Poletti a Paluello sulla Riviera del Brenta (già conosciuta con il nome di villa Gritti) viene in questa sede letteralmente ‘riscoperta’ e nuovamente interpretata.
In virtù di una ricerca attenta e scrupolosa, fugate le leggende, dissipati i malintesi, emendati gli errori, si è finalmente ristabilita la verità storica sulle origini e sulle articolate vicende che hanno interessato questo manufatto architettonico di straordinario valore.
Gli autori, che hanno proficuamente collaborato alla stesura del volume, restituiscono con efficacia un processo di stratificazione lungo oltre seicento anni: dal 1374 ai nostri giorni. Una pluralità di temi e di chiavi di lettura e un approccio rigoroso e metodologicamente esemplare permettono quindi al lettore di apprezzare al meglio la complessità di un contesto assai raro nel panorama delle ville venete. Un’opera di risarcimento utile e necessaria.

The relationship between Veronese architect Bernardino Brugnoli and Andrea Palladio can be configured by considering some events common to Veronese and Emilian building sites. In par-ticular, the two architects between 1560 and 1570 had similar assignments, were sometimes called upon by the same clients, and often employed the same masons and stone workers. Through a survey of unpublished sources and archival documents, the essay aims to highlight the relation-ship between Bernardino Brugnoli and Andrea Palladio, which became particularly close after Michele Sanmicheli’s death in 1559. A special focus is reserved for the coeval Veronese context, marked by a reconfiguration of the architect’s role. Indeed, the study reveals an ongoing relation-ship between the two architects and especially the versatility of Bernardino Brugnoli, who was not only an architect but also a hydraulic and military engineer and cartographer.

L’affresco del soffitto della Sala del Parlatorio, originariamente conservato in Palazzo Nani a Cannaregio e spostato in occasione dell’allestimento del museo del Settecento, conserva al proprio interno una particolare veduta che si rivela essere un importante, e poco indagato, documento storico e figurativo relativo a una fabbrica polesana.

Villa Nani Mocenigo in Canda represents one of the most important works of architecture of the alto-Polesine, but, at the same time, one of the least noted historiographically. The villa, in the centre of a large complex comprising a park and service buildings, is distinguished by its exceptional position along the banks of the Canalbianco and by its architecture. From the earliest studies carried out, two important construction phased have come to light: the first, performed in the second half of sixteenth century, and a later expansion, contemporary with the new southern facade, whose features suggest a later period of construction dating to the eighteenth century. Such assessments, pervasively accepted in the subsequent literature, are not fully consistent with the significantly more numerous transformations evidenced by direct analysis. The result of the research presented here aim to offer an historical-critical reading through the vital constant comparison between indirect sou...

Basandosi sulla convinzione che sul soffitto del salone principale della villa siano raffigurati un giglio e una luna come simboli araldici, da oltre cent'anni gli studiosi attribuiscono gli affreschi di Giuseppe Angeli nella casa di Mira Taglio - oggi proprietà della Città Metropolitana di Venezia - a una generica famiglia Widmann.
Le carte dimostrano tuttavia, così come una più attenta analisi iconografica, che gli affreschi non possono essere stati commissionati che dai legittimi proprietari della tenuta mirese nella seconda metà del Settecento: l'illustre famiglia Serbelloni di Milano. Più che Gabrio Serbelloni, terzo duca di San Gabrio, uomo tutto dedito all'arte militare, è plausibile che la scelta iconografica debba spettare alla sua celebre consorte Maria Vittoria Ottoboni Serbelloni.

Villa Tamagnin-Lattes a Istrana (TV) è una villa veneta settecentesca attribuita all’architetto veneziano Giorgio Massari (1687-1766), nota per la collezione di automi e carillon del suo ultimo proprietario privato, l’avvocato Bruno Lattes (1877-1953). È invece poco conosciuta la storia delle sue origini, del committente Paolo Tamagnin (1653-1734) e delle famiglie che l’hanno abitata nel XVIII e XIX secolo. Con i documenti d’archivio disponibili e utilizzando un’ampia bibliografia, l’autore ripercorre quattro secoli di storia della villa, dall’acquisto dei terreni ad oggi, tracciando le biografie dei proprietari e le genealogie delle rispettive casate, evidenziando tematiche caratteristiche della società di età moderna come il matrimonio, la dote, le successioni ereditarie e la villeggiatura nel Settecento veneziano.

Nell'articolo, si analizzano documenti, alcuni dei quali inediti), riguardanti la villa di Arten di Fonzaso (Belluno), conosciuta oggi con il nome di "Villa Tonello", e che, durante il XVI secolo, era appartenuta alla famiglia Briconi, di origine feltrina, ma che aveva fatto fortuna a Venezia con il commercio della malvasia. Seguendo le loro vicende, si scopre che la villa di Arten, di loro proprietà forse già nel 1542, venne poi alienata alla famiglia nobile feltrina degli Angeli a fine secolo, non senza diatribe e imprevisti.

Edizione antologica - con passi scelti dal manoscritto originale (biblioteca di Belluno, n. 585) e con ricchi interventi storici e letterari dei curatori - del monumentale poema in ottave "Cronaca del popolo durante la redenzione d'Italia" del patriota Sebastiano Barozzi, per la prima volta presentato a un pubblico di lettori.
Le gesta dei patrioti bellunesi sono raccontate da un protagonista e testimone oculare, al fianco di personaggi di rilievo storico e culturale come Pier Fortunato Calvi e Ippolito Caffi.
L'opera, pubblicata nel 2016, è stata finanziata dal Comune di San Fior e patrocinata dalle province di Treviso e Belluno.

E' una grande soddisfazione, dopo molti anni di lavoro da parte del Consorzio, riuscire con questa pubblicazione a concludere la storia delle rogge irrigue derivate dal fiume Brenta. Un lavoro iniziato quando il nostro Consorzio di bonifica si chiamava ancora "Pedemontano Brenta" e il suo Presidente era il compianto cav. Giuseppe Dellai, che tra le varie iniziative che condusse avviò anche questa, con il supporto fin da allora del nostro Direttore, ing. Umberto Niceforo. Il Consorzio poi divenne "Brenta" e il lavoro proseguì con la presidenza di Danilo Cuman, e infine ho ricevuto il testimone e sono davvero contento di aver potuto completare questa bella iniziativa. In questo percorso pluriennale abbiamo avuto la fortuna di avere al nostro fianco una persona esperta e appassionata coma le professoressa Antonietta Curci, che ha svolto tutte le ricerche, e con un'attività certosina ha recuperato un materiale immenso per mole e per lavoro. Sono tornate così alla luce una serie di notizie, curiosità, aneddoti e vicende che diversamente rischiavano di cadere nell'oblio. Fatti e realizzazioni che hanno trasformato luoghi giarosi et inutili, come venivano definiti, in ubertose campagne adacquate dall'acqua del nostro fiume, il Brenta: attraverso una miriade di canali, rogge e bocchetti che costituiscono ancora oggi un patrimonio di inestimabile valore per l'agricoltura e per l'ambiente nel nostro ampio territorio. La Regione Veneto ci ha accompagnato in questo lungo percorso e ha finanziato anche la presente ricerca. Leggendo questo volume e gli altri si resta particolarmente soddisfatti per quello che i nostri predecessori, fin dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia e anche prima, sono riusciti a costruire e a lasciarci in eredità. Era quindi doveroso lasciarne memoria scritta e cercare, con la nostra attività attuale e quotidiana, di proseguire in tutto questo a beneficio della nostra e delle future generazioni. Cittadella, autunno 2019 IL PRESIDENTE rag. Enzo Sonza PRESENTAZIONE

tesi di dottorato
XVI ciclo 2001 - 2004
tutors
STEFANO S. MUSSO
MARIA RITA PINTO
Università degli Studi di Genova, Napoli e Palermo
DOTTORATO DI RICERCA IN RECUPERO EDILIZIO E AMBIENTALE
presso il Dipartimento di Progettazione e Costruzione dell’Architettura, Facoltà di Architettura, Università di Genova

Con questa pubblicazione prosegue il lavoro pluriennale relativo alla storia delle rogge irrigue derivate dal fiume Brenta. Se i nostri impegni istituzionali ci vedono prevalentemente dedicati a compiti operativi nel campo della bonifica idraulica e della irrigazione, è giusto mantenere anche un profilo culturale e didattico; ciò è stato possibile grazie al contributo della Regione Veneto, che ha finanziato la presente ricerca. Per poter apprezzare il presente, infatti, non bisogna dimenticare il nostro passato, un'epoca difficile ma gloriosa per quello che si è riusciti a fare secoli fa, con mezzi nettamente inferiori a quelli attuali. Ma oltre alle opere, è illuminante cogliere ciò che vi era dietro: una grande visione che dava doverosa importanza all'acqua e alla sua gestione. È questo l'insegnamento più grande che deve restare e che cerchiamo di attualizzare e diffondere, con il nostro lavoro quotidiano e anche con le ulteriori indagini storiche che trovano spazio in questo libro, su iniziativa del direttore del Consorzio, ing. Umberto Niceforo, condotte dalla professoressa Antonietta Curci, la quale ci segue da tempo su questi temi, con passione encomiabile. Un grazie alla Regione per essere stata sensibile e disponibile anche su questo argomento. Cittadella, autunno 2018 IL PRESIDENTE rag. Enzo Sonza PRESENTAZIONE Consorzio di Bonifica Brenta 1 I saggi della stessa autrice sulle rogge in sinistra Brenta sono i seguenti: Prese irrigue e rogge: il caso della Roggia Dolfina, in Adaquar le campagne-Una storia scritta nel territorio, 2004, S. Martino di Lupari (PD), Le antiche porte dell'acqua, 2009, Cittadella (PD), Storia delle rogge Trona e Michela, 2010, Cartigliano (VI), Alla riscoperta dell'acqua perduta: il fossato di Cittadella, 2011, Cartigliano (VI), Origine ed evoluzione della roggia Rosà, 2014, Cartigliano (VI). Tutti gli studi citati e le relative pubblicazioni sono stati promossi prima dal Consorzio di Bonifica Pedemontano Brenta e poi dal Consorzio di Bonifica Brenta. 2 Curci A., Origine ed evoluzione della roggia Contarina, Cartigliano (VI), 2017.

A considerable collection of historical illustrated postcards is held by the Fattoretto family in Villa Badoer Fattoretto in Sambruson (Venice). It has been used by the authors to enhance some architectural, artistic, urban and landascape features in the Riviera del Brenta in the 19th and 20th century.
The patient collection work was started by Luigino and is still being carried on by his heirs.

Villa Badoer Fattoretto, standing on the right-hand bank of the Brenta River, was probably build in the mid-16th century by the powerful and influential noble family Badoer, and held by them till the fall of the Republic of Venice. After several passeges of property, after the WW2 it was bought by the Fattorettos, who are keeping it in decorous manner.
The book enhances some new documents and archival notices.

La vita del doge Domenico Contarini (1581-1675). Ricerca genealogica del ramo contariniano dei "Ronzinetti", da cui discende il doge, ed esame dei possedimenti di questo in terraferma. Lo studio si concentra sulle proprietà terriere e immobiliari a Motta di Livenza (TV), ancor oggi esistenti.

In the XXth century, the Palazzo Priuli Baldan in Piove di Sacco underwent at terrible period of decadence. Between the desire of the Municipality to make it a public building and the impressive efforts by the Soprintendenza of restoring it, the historical building could not avoid the dissemination of its artworks, the selling of all elements of cultural importance, the disastrous annihilation of its garden, and even a probably fraudulent fire.
After the second world war, the nearby area of the Palazzo was converted into a steel foundry. Later, the main portion was converted into a shop. The civilization of the villa had meanwhile almost totally disappear.
Today, the Baldan family keep it in decorous conditions and open it to the public.

La prima monografia storica sull'edificio di orgine cinquecentesca Villa Angaran Morosini Favero detta "San Giuseppe". Fortemente voluta dallo sventurato conte Giacomo Angaran del Sole, amico dell'architetto Andrea Palladio e destinatario dei Quattro Libri dell'Architettura, la villa fu iniziata nel 1588, restando tuttavia incompiuta per la morte del committente avvenuta nel 1595. Divenuta dimora degli Angaran delle Stelle, la vita è rimasta residenza nobiliare per oltre tre secoli, fino a quando, a inizio '900, è diventata casa per esercizi spirituali, di proprietà dei Padri Gesuiti. Con il nuovo millennio la villa ha iniziato una nuova vita, legata all'acccoglienza delle fasce più deboli e allo sviluppo di cittadinanza, diventando la prima villa iscritta a IRVV (Istituto Regionale Ville Venete) destinata all'inclusione sociale.
--------------
The first historical monograph on the 16th century Villa Angaran Morosini Favero, known as "San Giuseppe". Strongly desired by the unfortunate Count Giacomo Angaran del Sole, friend of the architect Andrea Palladio and recipient of the Four Books of Architecture, the villa was begun in 1588, but remained unfinished due to the death of the client in 1595. Having become the home of the Angaran delle Stelle, life remained a noble residence for over three centuries, until, at the beginning of the 20th century, it became a house for spiritual exercises, owned by the Jesuit Fathers. With the new millennium, the villa began a new life, linked to the welcoming of the weaker classes and the development of citizenship, becoming the first villa registered with IRVV (Istituto Regionale Ville Venete) destined for social inclusion.

L'articolo presenta il testo dell'inventario inedito della villa del console inglese Joseph Smith a Mogliano, redatto in occasione della vendita all'ambasciatore spagnolo Joaquin de Montealegre nel 1770. Questo documento getta luce su aspetti finora oscuri di quella che viene solitamente definita "seconda collezione Smith", ovvero le opere raccolte dal console dopo la vendita della sua eccezionale "prima collezione" al re d'Inghilterra Giorgio III. In particolare consente di sciogliere il nodo finora problematico dei rapporti fra Smith e il pittore bellunese Giuseppe Zais. La descrizione degli ambienti interni della villa permette inoltre di rileggere con maggiore consapevolezza le già note vedute della villa realizzate da Antonio Visentini, e quindi di riflettere non soltanto sull'evoluzione dei gusti di Smith in ambito pittorico, ma anche sulle sue scelte come committente di architettura.

Una stima approssimativa conta circa cinquemila Ville Venete disseminate tra Veneto, Friuli, Lombardia e Trentino. La maggior parte di esse risalgono a Settecento, molte al Seicento, poche al Cinquecento e solo un paio di centinaia al Quattrocento. Tra queste pochissime furono costruite ex novo, trattandosi in molti casi di castelli adattati al nuovo uso. Parlando di ville venete non si può non parlare di Palladio, delle sue ville e dell'enorme influenza che ebbe sull'architettura nei secoli seguenti; occorre però tenere presente che esiste anche un "prima" costituito dalle cosiddette ville prepalladiane cui il grande architetto non avrebbe potuto prescindere.

Il contributo presenta un lungo e interessante inventario di Villa Sardi a Rorai Grande di Pordenone, datato 1763. L’abitazione signorile, probabilmente cinquecentesca, dopo vari cambi di proprietà dieci anni prima era passata, insieme con l’annessa chiesetta di San Bernardino e un antico battirame (maglio), dalla nobile famiglia veneziana dei Lombria ai Sardi, anch’essi veneziani, forse discendenti
dell’architetto Giuseppe. L’inventario ci restituisce con grande precisione gli interni dell’edificio, nel quale erano presenti moltissimi oggetti, mobili, arredi, utensili domestici, quadri, attrezzi da lavoro e suppellettile religiosa.

The present paper provides an extensive and valuable inventory dated 1763 of Villa Sardi in Rorai Grande di Pordenone. This allegedly 16th-century manor went through several changes in ownership. Ten years prior to the inventory, the manor was transferred by the Lombria, a noble Venetian family, to the Sardi, also from Venice and possibly descending from architect Giuseppe Sardi, together with the attached small church of San Bernardino and an old copperwork. The inventory provides a truthful insight into the interiors of the manor, listing many items including furniture, furnishings, household goods, portraits, tools and religious material.

“Non a noi o Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria”, estrapolato da un salmo biblico , è conosciuto principalmente per essere il motto dell’ordine religioso dei cavalieri templari eppure è idealmente anche il motto di un edifico storico della Riviera della Brenta, posto sulla riva destra del fiume a Sambruson di Dolo, villa Molin-Camerata-Tito.
In particolare il saggio approfondisce (oltre esponenti della famiglia Molin e Tito) la figura di Francesco Camerata. Egli si trovò ad essere nel 1848 il “Ministro delle Finanze” del neonato governo provvisorio di Manin, in un momento delicatissimo della storia di Venezia.

Incaricato di trasformare un casino di caccia seicentesco in una moderna villa di campagna, Bottoni
decide di conservare la parte più preziosa della costruzione esistente, un sorprendente salone
affrescato dalle linee barocche e di inglobarlo nella nuova fabbrica. Il salone diventa così parte
integrante della nuova e modernissima costruzione e viene utilizzato come ingresso di
rappresentanza e salone da ballo in diretta comunicazione con il giardino.
Nel 1945 la villa viene occupata da un presidio militare tedesco. Per questo viene bombardata e
irrimediabilmente devastata.
Gli eventi bellici, il tempo e l‟abbandono hanno ridotto l‟edificio, mai restaurato nel dopoguerra, ad
una sorta di relitto verde dal cui fogliame appaiano frammenti architettonici di epoche diverse.
Il decreto di vincolo, ricevuto nel 1994, non ha, per ora, incentivato un intervento sulle cui modalità
e difficoltà sarebbe interessante discutere.

E’ questo il terzo palazzo la cui storia si intrecciò con quella della influente famiglia dei Marini, abitante a Venezia in un palazzo ancora esistente situato nelle fondamenta di San Girolamo, confinanti con il Ghetto Nuovo.
La sua origine è da ricercare in un precedente edificio di dimensioni minori databile al XV secolo (in una sala al pianterreno c’è un bel camino in pietra ascendente al primo Cinquecento), ampliato poi anteriormente e modificato nelle forme di porte e finestre e all’interno (le scale furono spostate almeno due volte), molto probabilmente nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Potrebbe anche coincidere con la casa murata, solerata e coperta a coppi collegata a un campo e un quarto di terra posta nella Contrada delle fontanelle, confinante a Est con con la “giara” e a Ovest con la strada, tenuta in affitto da un tale Bortolo Brunello per 18 ducati annui. Ha una stima censuaria di 259 lire alle quali si aggiungono altre 50 lire per la terra per un totale di 309 lire, ossia più delle 300 lire stabilite per un mulino, che era ritenuto una fonte importante di guadagno.

Il documento riepiloga e indaga gli esiti di uno studio e i riflessi concettualmente rilevanti nella dialettica tra progetto e processo di valorizzazione. La presentazione illustra l'approccio processuale all'elaborazione di scenari di valorizzazione di un bene pubblico di valore storico, come una Villa Veneta e si propone di indagare e verificare, compatibilmente alle caratteristiche fisiche della Villa, i segmenti di mercato, le funzioni d’uso, potenzialmente interessati allo sfruttamento economicamente vantaggioso degli spazi e la possibilità di attivare strategie e azioni sinergiche con altre Ville Venete o con altri immobili pubblici caratterizzati da valenza storico culturale.
L’esito atteso riguarda l’elaborazione di uno scenario di valorizzazione del bene caratterizzato da proposte funzionali e modelli gestionali in grado di fornire contenuti utili all’eventuale predisposizione di procedure di evidenza pubblica finalizzate a rendere operativo il progetto di valorizzazione.

I Beltramini di Asolo, da poco emersi tra le famiglie eminenti della società locale, sin dalla prima metà del XVI secolo avevano accumulato nei diversi paesi della podesteria asolana un patrimonio fondiario di oltre 550 ettari, con case, mulini, folli, magli e magazzini sparsi ovunque, dimostrando d’essere il casato più ricco della podesteria e quello che aveva il potere maggiore, grazie al controllo delle imposte del territorio.