(284-305) fu il più grande statista dell'Impero Romano dopo Augusto e prima di Costantino. Creatore della tetrarchia, dal 286 divise l'Impero tra sé-a cui riservò l'Oriente-e Marco Aurelio Valerio Massimiano (286-305; 307-308; 310), quale...
more(284-305) fu il più grande statista dell'Impero Romano dopo Augusto e prima di Costantino. Creatore della tetrarchia, dal 286 divise l'Impero tra sé-a cui riservò l'Oriente-e Marco Aurelio Valerio Massimiano (286-305; 307-308; 310), quale imperatore associato-cui diede l'Occidente, con la qualifica per entrambi di Augusti; pose poi in posizione subordinata due imperatori col rango di Cesari, l'uno accanto a sé per il governo dei Balcani, ossia Gaio Galerio Valerio Massimiano, conosciuto semplicemente come Galerio (286-311), e l'altro accanto a Massimiano, ossia Flavio Giulio Costanzo I Cloro (286-306), che resse le Gallie, la Britannia e le Spagne. A Diocleziano e Massimiano abdicatari nel 305 subentrarono come imperatori Augusti i due Cesari, che si diedero altri due imperatori subordinati, ossia Flavio Valerio Severo II (306-307) in Occidente e Gaio Galerio Valerio Massimino II Daia (305-313, poi augusto dal 310). E' davvero drammatico che un uomo così grande come Diocleziano sia stato anche uno dei più accaniti persecutori del Cristianesimo, da lui combattuto con una ferocia degna di uno Stalin inaugurando una stagione sanguinosa che fu detta era dei martiri. In realtà l'Imperatore fu a lungo tollerante verso la Chiesa e consapevole ad un tempo della sua importanza crescente, visto che alti funzionari dello Stato, impiegati di Corte e persino la moglie Prisca e la figlia Valeria, sposa di Galerio, erano cristiani. Tuttavia ad un certo punto l'Imperatore subì l'influsso culturale di Ierocle, l'intellettuale suo consigliere, pugnace polemista anticristiano, e quello politico del suo Cesare, Galerio appunto, pagano fervente e assertore convinto della necessità di uniformare religiosamente e moralmente la popolazione dello Stato. Fu così che Diocleziano, ovviamente in piena consapevolezza come conveniva alla sua forte personalità, decise di vibrare un colpo decisivo nei confronti dei cristiani, votandoli allo sterminio di massa. L'antica religione romana, richiamata da lui nell'editto del 295 sul matrimonio e in quello del 297 contro i manichei, doveva essere il mastice della restaurata unità sociopolitica dell'Impero, il cui fondamento stava nella militarizzazione della vita pubblica. La consapevolezza che alcuni cristiani erano infatti potenzialmente ostili alla politica militare dello Stato allarmò non poco Diocleziano: nel 295 Massimiliano, in Numidia, si era rifiutato di prestare servizio militare, mentre nel 298 il centurione Marcello, in Mauritania, non volle rinnovare il giuramento di fedeltà ai due Augusti, Diocleziano stesso e Massimiano, perché intitolatisi rispettivamente Giovio ed Erculio. Tra il 298 e il 302 Tipasio e Giulio, veterani degni di decorazioni, le rifiutarono perché su di esse erano effigiati i sovrani in aspetto divino. Il vessillifero mauritano Fabio, nello stesso periodo, rifiutò di portare le insegne degli Imperatori defunti divinizzati. Fu così che nel 300, pensando di rafforzare l'esercito, Diocleziano stabilì che tutti i soldati dovessero sacrificare agli dei oppure dimettersi. Vi fu poi un netto salto di qualità quando, in seguito ad un responso mancato in aruspicina e a quello dell'oracolo di Apollo Milesio, Diocleziano, consultato il concistoro imperiale, promulgò, nel febbraio 303, l'editto generale di persecuzione, controfirmato anche dagli altri Imperatori, per cui le chiese andavano abbattute, i libri sacri consegnati e bruciati e le funzioni religiose cristiane vietate. I cristiani