Giovanni Della Casa

Il saggio si pone l’obiettivo di ricostruire in modo organico le principali fasi di un percorso che ha portato alla formazione di una vera e propria tradizione critica sulle Rime del Casa durante il secolo e mezzo successivo alla loro prima apparizione veneziana nel 1558.
Come tale veniva già avvertita dagli autori di quegli scritti (lezioni accademiche, commenti, paralleli, lettere-dissertazioni, ecc.) che avevano contribuito alla sua costituzione, prima della sua ragionata sistemazione all’interno delle monumentali edizioni dedicate alle opere dellacasiane tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento. 
La ricostruzione viene condotta secondo una prospettiva che incrocia episodi noti, meno noti o del tutto sconosciuti alla critica contemporanea, seguendo le diverse direttrici della grande considerazione riservata al Casa dalla critica cinque-secentesca, in parallelo (ma soprattutto in alternativa) alla lezione petrarchesca, come modello di stile grave e magniloquente, come esempio di sublime “poesia degli affetti”, delle passioni dell’animo.

Il saggio si rivolge a chiunque voglia esplorare un campo di ricerca affascinante e tuttora poco noto in Italia: la (s)cortesia storica. Preceduto da un’introduzione teorica, in cui si presentano le innovazioni più recenti nei campi della pragmatica storica e della pragmatica della (s)cortesia, lo studio si impernia su una trasformazione chiave, vale a dire la progressiva erosione del cerimoniale di antico regime e la nascita della cortesia contemporanea nell'Ottocento, che viene esaminata sia dall'ottica prescrittiva dei trattati comportamentali, sia attraverso rappresentazioni fittizie della prassi (s)cortese storica. Si seguono le tracce di questa trasformazione in tre generi letterari “orali” – il dialogo teorico, il teatro e il romanzo – di autori (Castiglione, Bibbiena, Ariosto, Goldoni, Manzoni e Collodi) che usano gli scambi dialogici fittizi o per contestare le norme vigenti o per promuoverne delle alternative.

Nei decenni iniziali del Cinquecento, prima nella poesia latina e poi in quella volgare, il "lusus pastoralis" si afferma configurandosi come un genere libero da obblighi allegorici, quindi volutamente semplice, ma carico di potenziali valenze metapoetiche: ibrido originato dall’intersezione tra ecloga ed epigramma, esso dà luogo a un punto di contatto fra la tradizione poetica greco-latina e quella volgare che non sarà privo di risvolti polemici. Come per il genere cui appartiene, quello polimorfo della pastorale, da cui trae gli essenziali elementi figurativi e finzionali, l’impiego o il rifiuto del lusus rivelano una presa di posizione sul valore e sulle finalità della poesia e del poeta, sul rapporto che sussiste fra "res" e "verba", fra letteratura e verità. A tale presa di posizione se ne affiancano, soprattutto nell’ambito della lirica volgare, altre di ordine storico-letterario – l’esigenza di rinnovamento del modello petrarchesco – e retorico – l’opposizione stilistica fra gravitas e suavitas – che segnano confini precisi all’interno dei territori, spesso indistinti, della lirica cinquecentesca. Tramite trattazioni monografiche e analisi per lo più in ottica macrotestuale, mettendo in dialogo teoria e prassi, il libro cerca quindi di comprendere il significato del lusus nell’opera degli autori presi in esame e la funzione che, nel rapporto fra le parti e il tutto, singoli testi o più estese sequenze pastorali svolgono in alcune sillogi della prima metà del Cinquecento.

Ricostruisce il processo di formazione del modello italiano della conversazione, dalle sue remote genealogie medievali alla organica sistemazione di Pontano nel De sermone, alla grande stagione rinascimentale di Castiglione, Della Casa e Guazzo.

In scorciata sintesi, seguendo l'impostazione generale dell'opera edita dalla Treccani, il saggio descrive la fondamentale parte che il "Libro del Cortegiano" ha avuto nella pervasiva diffusione in Europa di una forma del vivere per il gentiluomo letterato di Antico regime. Un modello italiano reso universale dal "Galateo" di Giovanni Della Casa e dalla "Civil conversazione" di Stefano Guazzo.

Courtesy books have a special relationship to the age that produces them. By attempting to codify manners, styles, ideals and values of a society, they reveal the principles and presuppositions that shape and animate their world. Galateo does this brilliantly. It reflects the personal experience, wisdom, disappointments, and ambitions of its clerical but worldly-wise author as well as the fundamental values of his age. And, given that his age was that of the transformation from the High Renaissance in Italy to the world of the Counter-Reformation, and that Della Casa was an important actor in the events of his time, the lessons are particularly valuable and worth considering.

Archbishop Giovanni Della Casa (1503-1556) was an influential Vatican diplomat, papal nuncio to Venice, and instrumental in the establishment of the Venetian Inquisition and in its 1549 Index of Prohibited Books. He was also an accomplished poet, an arbiter of taste, and the most influential writer on social practice of his time. His book, Galateo, has in fact provided the modern Italian term for good manners: “not to know the galateo” is to have no manners at all!

ESPERIMENTI SULLA SESTINA NEL SECONDO CINQUECENTO Nel suo studio sulla sestina, Gabriele Frasca ha osservato che, dopo il panorama eterogeneo del XIV e XV secolo, in seguito alla codificazione petrarchista la norma compositiva del metro è ormai definitivamente assestata e il genere gode di buona diffusione nel Cinquecento. 1 Nelle antologie poetiche schedate nel database Lyra, le sestine sono 61, cui se ne aggiungono 6 doppie: non poche in proporzione alle 241 canzoni. Tra le sestine doppie sono ospitati anche due esperimenti estremisti di Claudio Tolomei e Muzio Manfredi che riducono l'alternanza a due sole parole-rima, variamente ordinate nelle diverse stanze, 2 ciò che accade anche in diversi sonetti, dove la ricerca dell'antitesi o del parallelismo assurgono a fondamento strutturale, al punto da imporsi sull'intero testo. È una pratica da ricondurre a una generale tendenza all'artificio, a quella riduzione manieristica del modello petrarchesco cui concorre buona parte della lirica tardocinquecentesca. La scelta di utilizzare un metro costitutivamente artificioso e costrittivo sembra favorire la ricerca di ulteriori virtuosismi formali, portando diversi autori a rispondere con nuove complicazioni.

Nel contributo è pubblicata la prima redazione conosciuta dell’Orazione con cui Giovanni della Casa nel 1549 chiese all’imperatore Carlo V la restituzione di Piacenza ai Farnese, loro sottratta dopo l’uccisione di Pier Luigi nel 1547. L’edizione documenta l’elaborazione d’autore con un apparato evolutivo del testo trasmesso dal manoscritto Vaticano Chigiano O vi 80.

This article provides an edition of the first known version of Giovanni della Casa’s request to the Emperor Charles V (1549) for the restitution of Piacenza to the Farnese family after Pier Luigi’s murder in 1547. This edition documents the Author’s working out with an evolutional apparatus of the text transmitted by the manuscript Chigiano O vi 80.

trasferì a Venezia in qualità di nunzio apostolico, nel settembre del 1544, si trovò nella città natale dell'ammiratissimo (ma, vedremo, poco frequentato) Pietro Bembo, a contatto con i suoi sodali ed amici (1): fra i quali si distinsero subito, per diretta raccomandazione del Cardinale, Girolamo Querini e (1) Sulla biografia di Della Casa rimane insostituito lo studio di L. Campana, Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi, in «Studi storici» XVI

Anno xxv, fascicolo n-m maggio-dicembre 2000 SOMMARI O ENRICO MALATO, In ricordo di Luigi Firpo 161 0TTAVIO BESOMI, Un nuovo testimone di 'Pamphilia' a Wolfenbiittel 165 AMEDEO QuoNDAM, Magna & minima moralia. Qualche ricognizione intomo all'etica del classicismo 179 BRUNO BASILE, La biblioteca del Tasso. Rilievi ed elenchi di libri dalle 'Lettere' del poeta 222 SAVERIO R ICCI, <<Fede» e «dissimulazione». Bnmo lettore di Machiavelli nella crisi delle guerre di religione 245 G INO BENZONI, Campanella e Venezia: qualche appunto, qualche spunto 263 GERMANA ERNST, Segni, virtii e onore nell'opuscolo 'De' titoli' di Tommaso Campanella . 281 FRANCO BARCIA, Per una bibliografia dei rtuirisri italiani (secoli XVI-XVII) . 302 MAURIZIO SLAWINSKI, Poesia e commercio librario nel primo Seicento: su alcune edizioni marini a ne ignote o poco noce . 316 EMANUELE ZINATO, Ironia, parodia, dissimu~ nei 'Di.smrsi' di Giovanni Alfonso Bore/li 335 DENISE Arucò, Il colore delle passioni. La 'Fi~iìa TMraie' del Tesauro tra gli aforismi di Salvator R osa 359 MARIA LursA DoGLIO, "Grandezze" e "merari 0 olie' dt:iL1 Sindone nella letteratura del Seicento . 418 RoBERTO FEDI, Le 'Veglie~ Tasso e Compagnoni 442 FEDERICA BRUNORI, Il re e la vittima. Un nwdeiL.~ ~ per l~delchi' di Alessandro Manzoni 457 DAVIDE Cowssi, Segnali di Della Casa in Leopardi: p..~ a Tinfìniro' 10-11 476 Indici analitici delle annate xxi-xxv (1996-zooo). a cura di PAOLO Po:-."TA-RI (Indice degli Autori, Indice dei libri recensiti o sdrednri. Irul!.a dei manoscritti citati, Indice analitico generale) 492 Indice dell'annata 515 La rivista adotta le seguenti sigle per abbreviazione: F.eC. = SEGNALI DI DELLA CASA IN LEOPARDI: POSTILLA A I:INFINITO 10-11 * I.

Il contributo si interroga sulla ricezione del Petrarca civile nella lirica cinquecentesca, soffermandosi sull’analisi di alcuni componimenti di produzione compresa tra gli anni Trenta e Cinquanta del Cinquecento che a vario titolo riportano la figurazione femminile dell’Italia attingendo rime, lessico e argomenti dalle canzoni politiche dei Fragmenta. Accanto alla continuità dello stesso codice retorico se ne segnalano le istanze di sperimentazione interna e i differenti contesti di riutilizzo.

Nel saggio si analizzano alcuni passi delle «Lectiones» e dei «Commentari»  vettoriani al trattato di retorica di Demetrio (pseudo-) Falereo, in cui il filologo fiorentino commenta la lingua, le metafore e le fonti della «Commedia»; anche per difendere l'opera dantesca dalle critiche rivolte alla lingua del poema da Giovanni della Casa nel «Galateo».

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 16065 del 13.10.1975 L'annata viene stampata con un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Tutti i diritti riservati -All rights reserved Copyright © 2014 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la ripro duzione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale o per estratti, per qual sia si uso e con qualsiasi mezzo effettuati, senza la preventiva autorizzazione scritta della Salerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

Recalling shift in paradigms for thinking about eclogues: deconstructing 'pastoral' as genre to recover 'epos' as frame in & against which Virgil worked through its three registers: bucolic/heroic & epical species in between, all of which manifest in eclogues III, IIII, IV, VI. But remembering teachers who helped to shape the course.

Io ti dico il vero, o Sannio: de la pidocchieria de le scienze son tanto satio che vorrei vomitarle quando potessi. Le lettre hoggi (mercé del cielo) sono ite tanto in basso, che tristo chi pensa haverne. Quanto l'huomo è più dotto e più carico di dottrine, più dolente e misero va piangendo. Hoggi i mecanici e gli artigiani, per quanto veggo, triomphano di questo mondo. E perciò havrei a caro d'apprendere qualche buon'arte. 1 ELIANA CARRARA Non a caso tra coloro che avevano accettato l'attribuzione del De elocutione a Demetrio Falereo, Vettori annoverava anche, e specialmente, la «certam magnamque auctorictatem» del Della Casa, il quale, poiché «in sinu semper ac manibus opusculum hoc haberet, de opifice ipsius nunquam secum dubitavit». 3 Quanta e quale fosse la considerazione che il Vettori nutriva nei confronti di Monsignor Giovanni ci viene ben chiarito da una lettera che il filologo fiorentino scriveva da Firenze al suo illustre interlocutore, il 29 giugno 1555, dopo il loro incontro avvenuto a Pesaro, 4 mentre il prelato si recava a Roma dalla sua residenza veneta: [...] illis ipsis studiis opera, sedulitateque tua ornamenti plurimum splendorisque attulisti. Cuius rei certa vestigia, testimoniaque extant pulcherrimi ingenii tui partus, qui uno omnium studiosorum, elegantiumque virotesto è stato riedito in P. VICTORII Epistolarum libri X. Orationes XIV. Et liber de laudibus Ioannae Austriacae, Florentiae 1586, pp. 96-105: 98; d'ora in avanti VICTORII Epistolarum libri (1586). Il brano in questione è citato anche in S. ALBONICO, Approssimazioni all'oratoria del Casa, in Per Giovanni Della Casa. Ricerche e contributi, Atti del convegno (Gargnano del Garda, 3-5 ottobre 1996), a cura di G. BARBARISI-C. BERRA, Milano 1997, pp. 437-456: 450. Sulle fasi di preparazione di quest'opera del Vettori si veda l'importante contributo di R. MOUREN, Le photocopillage au temps de l'imprimerie artisanale: Piero Vettori, Bernardo Giunti et le traité Du style, «Revue française d'histoire du livre», CXVIII-CXXI, 2003, pp. 409-420. Per i criteri adottati nella trascrizione dei testi sia manoscritti che a stampa, cfr. infra. 3 VICTORII Commentarii, cit. Su questo passo e sul ruolo che ebbe il De elocutione per monsignor Della Casa, cfr. C. SCARPATI, Osservazioni intorno al Frammento sulle lingue, in Per Giovanni Della Casa, cit., pp. 241-251: 250; ALBONICO, Approssimazioni all'oratoria, cit., pp. 450-452. E si veda anche la lettera che uno dei nipoti del Della Casa, Annibale Rucellai (su cui cfr. M. MARI, Le lettere di Giovanni Della Casa ad Annibale Rucellai, in Per Giovanni Della Casa, cit., pp. 371-417), scriveva, il 30 aprile 1552 da Venezia, al filologo per ringraziarlo dell'invio dell'opera; la missiva, oggi alla British Library di Londra (= d'ora in avanti BL), ms. Add. 10272, c. 5r è edita in A. SANTOSUOSSO, Le opere italiane del Casa e l'edizione principe di quelle latine nei carteggi vettoriani del British Museum, «La Bibliofilía», LXXIX, 1977, pp. 37-68: 45-46, e di nuovo in ID., The Bibliography of Giovanni Della Casa. Books and Critics 1537-1975, Firenze 1979, p. 97. 4 Lo ricordava il Vettori anche nell'epistola indirizzata ai lettori come premessa a IOANNIS CASAE Latina Monimenta, Firenze 1564, cc. b3r-A3v, pubblicati presso i Giunti: «[...] cum eo [scil. Della Casa] illo ipso tempore totum paene diem locutus sum in itinere, cum ille, pontificis litteris evocatus, Flaminia via Romam proficisceretur: occurri autem ipsi Pisauri» (c. b3v). Sul ruolo fondamentale avuto da Vettori nella pubblicazione di alcune delle composizioni latine del Della Casa, cfr. SANTOSUOSSO, Le opere italiane del Casa, cit., pp. 37-40, e ID., The Bibliography of Giovanni Della Casa, cit., pp. 91-94; MARI, Le lettere di Giovanni Della Casa, cit., pp. 376-379. 7 Si tratta della lettera datata 16 luglio 1552, oggi conservata nella BL, ms. Add. 10265, cc. 137r-138v: 137r-v. Cfr. infra, lettera XV. 8 Si vedano le missive del 17 e del 31 gennaio 1551: BL, ms. Add. 10265, cc. 128r-129v e 130r-131v; cfr. infra, lettere XI-XII e in particolare la nota 32. 9 Il brano, relativo al taglio delle chiome da parte di Elena in segno di lutto per la morte di Clitemnestra, venne interpretato come attuato in modo radicale dal Vettori, e in senso contrario dal Della Casa, che parlava di una ben più modesta spuntatina, data la vanitosità della figlia di Leda e Zeus; si vedano la missiva indirizzata dal Vettori al Della Casa in data 13 dicembre 1555 e la risposta di questi, del 22 gennaio 1556 (oggi conservata nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, ms. Clm. 734, cc. 129r-131v), edite in IOANNIS CASAE Latina Monimenta, cit., pp. 201-206 e 85-87. Le lettere compaiono anche in Epistolae clarorum virorum, quibus veterum autorum loci complures explicantur, tribus libris a Ioanne Michaele Bruto comprehensae, ac nunc primum in lucem editae, Lugduni, apud haered. Seb. Gryphii, 1561, pp. 1-11, 14-19, e (solo quella del filologo) in VICTORII Epistolarum libri (1586), pp. 59-61. Un'analisi puntuale della vicenda (e del secondo fra i carmi latini, che cita Elena al suo inizio) in G. PARENTI, I carmi latini, in Per Giovanni Della Casa, cit., pp. 207-240: 230-231 e nota 44.

Reviews: Niccolò Scaffai, in "Strumenti Critici", XXXII, 3, September-December 2017, pp. 465-469; Marta Arnaldi, "The Modern Language Review", vol. 112, no. 4 (October 2017), pp. 1012-1014; Francesco Vasarri, "OBLIO", VI, 24, December 2016, pp. 236-237; Giacomo Micheletti, "Rivista di studi italiani", XXXV, 1, April 2017, pp. 340-342; Eloisa Morra, in "L'indice dei libri del mese", XXXIV, 5, May 2017; Clara Cardolini Rizzo, in "Esperienze letterarie", 4, 2016; Jean Nimis, Altritaliani.net, 27 November 2016; Carlo Caruso, in "Corriere del Ticino", 18 ottobre 2016.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                               



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     


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The article examines the Latin poetic production of the Florentine Renaissance writer Giovanni Della Casa, addressing, on the one hand, its formal and thematic structures, on the other, its treatment of the sources, mostly of classical origin. Like Della Casa’s vernacular "Rime", the "Carmina" (also known as "Carminum liber") were written around 1550- 1555 and published posthumously in 1564. The article likewise aims at highlighting the numerous similarities in form and content, which intertwine the two works. Therefore, the analysis is carried on by looking at Della Casa’s poetic and aesthetic theorisation. This leads to a reflection on the way not only his vernacular but also his Latin poetic production transcends the limits of their respective models – be it the axis Petrarch-Bembo for the Italian vernacular poetry and Horace for the Latin poetry – by linking poetics with biographical experience. This union then allows the poet to articulate a unique reflection on morality. Ultimately, the article considers Della Casa as a ‘bilingual poet’, giving a small insight into the complex dialectic between Latin and Italian vernacular in the literary production of the Renaissance period.

Crocevia tra due modi di intendere e scrivere la poesia lirica, il dialogo Del concetto poetico di Camillo Pellegrino si presenta come un prezioso documento della poetica a cavallo tra Manierismo e Barocco. Scritta negli ultimissimi anni del XVI secolo, l’operetta è anche testimonianza di una fervida stagione della cultura meridionale. L’autore era stato infatti colui che aveva suscitato la prima vera e propria polemica letteraria dell’età moderna, cioè la querelle tra i sostenitori di Ariosto e quelli di Tasso scatenata dal dialogo Il Carrafa, o vero dell’epica poesia (1584). Nel Concetto poetico, invece, Pellegrino pone le basi per una poesia non piú legata al modello petrarchesco, ma incentrata sull’espressione ingegnosa e arguta del poeta, anticipando temi che saranno propri dell’estetica barocca. Non a caso, tra i personaggi figura un giovanissimo Giovan Battista Marino che non solo propone una rilettura di classiche liriche in chiave “concettosa”, ma anticipa alcune tecniche tipicamente mariniste: fra tutte, quella del “furto” letterario. Inedito fino al 1898, il dialogo viene ora proposto in una nuova edizione corredata di ampie note esplicative.

The essay aims to investigate the subject of visuality in 16th century’s theoretical reflection on the short story, through an analysis of the notion of evidentia or enàrgheia in works like Galateo, Cortegiano, Dialogo dei giuochi of Girolamo Bargagli and the Lezione sopra il comporre della novelle of Francesco Bonciani. It reveals the existence of a network of cross-references, that lead back to rhetorical models at the center of the contemporary theoretical discussion, including in particular the De elocutione of pseudo-Demetrius of Phalerum, in the commentary of Piero Vettori.

Le carmen qui occupe la vingt-neuvième position dans l'édition moderne des poèmes latins de Giovanni Della Casa est une ode saphique de forme classique, où l'auteur prie le dieu Apollon d'éloigner d'Italie les maux de la guerre et de la disette et de donner longue vie au pape Jules III. Le texte pose des problèmes d'attribution, soulevés depuis le XVIIIe siècle et encore non résolus. Ces doutes relatifs à la paternité du carmen proviennent du fait qu'au XVIIe siècle, l'ode fut publiée par certains éditeurs parmi les poèmes latins d'un autre auteur italien, Ippolito Capilupi. On pourrait être ainsi tenté de résoudre la question en attribuant le carmen à Capilupi, mais la présence d'une copie manuscrite de ce texte parmi les documents autographes de Della Casa nous empêche d'accorder la paternité de l'ode à l'un ou l'autre des auteurs de manière trop légère.

Dans cet article, nous chercherons à analyser cette question en détail, en soulignant les preuves qui pourraient nous permettre d'approcher une solution éventuelle. Toutefois, la résolution de cette crux philologique ne sera pas le but unique de ce travail, qui vise également à étudier de manière approfondie ce carmen, quel qu'en soit l'auteur ; cet hymne saphique à Apollon est en effet un exemple très intéressant de composition latine de la Renaissance. Sa forme classique, le jeu savant de références et d'allusions au modèle horatien, pour lequel le poète témoigne une rare connaissance, nous invitent à creuser cette ode en détail et à en interroger les enjeux. Par ailleurs, le texte se montre perméable aux suggestions de la poésie (latine et italienne) des contemporains, ce qui en justifie une analyse approfondie.

Forme e vicende delle vite dei poeti nel xvi secolo: alcune premesse N el Cinquecento italiano la biografia dei poeti conosce una significativa fortuna e offre un panorama piuttosto articolato; se già nei secoli precedenti le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio avevano ricevuto una precisa codificazione, per lo studio della quale è d'obbligo rinviare al volume di Bartuschat 1 , nel xvi secolo viene progressivamente acquistando rilievo la presenza di vite di poeti moderni, di autori, in altre parole, le cui vite sono scritte quasi a ridosso della loro morte e secondo una dichiarata strategia di legittimazione del presente. Con forme e caratteristiche diverse, determinate da molteplici fattori, quali le modalità della trasmissione dei testi -manoscritta o a stampa-, o la diversa altezza cronologica in cui vengono composte, le biografie diventano uno degli strumenti privilegiati per costituire, assieme ad altre tipologie di intervento critico (commento, lezione accademica, orazione funebre, trattatistica, ecc.), dei veri e propri tentativi di delineare una sorta di storia letteraria, mirata principalmente a definire un canone di poeti moderni di pari dignità rispetto ai grandi classici antichi.

Petri Bembi vita, Gasparis Contareni vita, Dissertatio adversus Petrum Paulum Vergerium.

Scritte in aureo latino nella fase finale della sua esistenza, dalla metà del 1550 al 1555-1556, la «Petri Bembi vita», la «Gasparis Contareni vita» e la «Dissertatio adversus Petrum Paulum Vergerium» rispondono a tre diverse esigenze della complessa figura di Giovanni Della Casa.

Dopo aver esaminato la questione filologica sollevata dal presunto autovolgarizzamento del De officis inter potentiores et tenuiores amicos latino - presente fin dalle prime stampe dell'opera del Casa -, per via linguistica si esclude la paternità casiana del volgarizzamento e si fanno alcune ipotesi sul possibile autore della traduzione.

Lo studio ricostruisce su base documentaria la controversa storia della chiesa veneziana di San Giovanni Elemosinario, sottoposta a una particolare forma di giuspatronato dogale, rivendicato dai dogi in tutte le opere d’arte commissionate per la chiesa, ma in modo più raffinato e cogente nella pala dipinta da Tiziano per l’altar maggiore.

After the conclusion, Croce adds an interesting appendix in which she presents the main characters of the puppet shows-Orlando, Rinaldo, Angelica, Gano, Carlo Magno, Ferraù, Malagigi, Nacalone, Milone e Bradamante-and the plots staged by the "Franco Cuticchio Figlio d'Arte Company," recently founded by Franco Cuticchio, Girolamo's son.

Premessa. Cap. I. Lo storico e il profeta. L’età di Savonarola nella visione di Guicciardini (1. Dal dubbio al silenzio. 2. De futuris contingentibus ». 3. «Pertinacia» e «ostinazione»).
Cap. II. Un’orazione per i posteri. Della Casa e Carlo V (1. Le due ragioni ». 2. Dopo Lorenzino. 3. «Questa pestilenziosa vipera»).
Cap. III. La tradizione del macaronico nell’età della Riforma. Dagli “erasmiani” a Rabelais (attraverso Folengo) (1. Il Chorus porcorum ». 2. Le Epistolae obscurorum virorum. 3. Gli umanisti e i pedanti. 4. Gargantua e le campane di Notre-Dame. 5. Prima e dopo Folengo. 6. Epilogo).
Cap. IV. La Vergine e il «rio furore». Ferrante Carafa e l’epopea di Lepanto (1. Nel segno dell’imperatore. 2. Sonetti epici. 3. «Maria, madre della Vittoria»).
Cap. V. ‘Contro gli astrologi’. Il trattato di Savonarola attraverso il commento di Tommaso Buoninsegni (1. Prologo. 2. Buoninsegni lettore di Savonarola. 3. Gli astri inclinano. 4. Il senso della battaglia).
Cap. VI. Le rime di Tasso per Matteo di Capua (1. Il manoscritto Barberiniano. 2. Rime della Terza Parte. 3. Tra Apollo e Marte. 4. L’«alta fortuna» alla «virtù congiunta»).
Cap. VII. L’ultima frontiera. La crisi dell’Occidente cristiano nella ‘Malteide’ di Giovanni Fratta (1. Una «vanteria frodolenta». 2. L’assedio assente. 3. Ottavio bifronte. 4. Belsole. 5. Indietro tutta).
VIII. Appendice. L’immagine “generativa” nel Quaresimale di Giacomo Lubrano (1. Il Quaresimale sulla scena. 2. Una mappa. 3. Il cannocchiale di loto. 4. La zecca del diavolo). Indice dei nomi.

Casa è però anche un raffinato poeta latino. I Carmina, la sua raccolta di 32 poesie latine composta tra il 1551 e il 1556 -in contemporanea all'ultima fase di stesura delle Rime -e pubblicata postuma nel 1564, sono una parte importante della sua opera e un unicum nella produzione poetica del secolo: Casa è infatti uno dei pochi a dedicarsi alla poesia latina in età matura e a darle pari dignità rispetto a quella volgare. I carmi latini conducono una riflessione morale sulla vanità dell'ambizione e delle passioni umane, alle quali il poeta oppone esempi di virtù, che rivolge a interlocutori amici, che sono a loro volta modelli virtuosi. Un ventaglio di temi e modalità, questo, che ricorre spesso anche nelle Rime.

A gostino C asu « TRANSLATA PROFICIT ARBOS ». LE IMPRESE '' ETEREE '' NELLE RIME DEL TASSO ... poëtarum consectari lumina ... instar lucidissimorum emblematum ... Paolo Giovio, De viris litteris illustribus 6.L uca Contile, Ragionamento sopra le proprietà delle imprese con le particolari degli academici Affidati,

Il saggio costituisce un primo contributo allo studio ritmico dell’endecasillabo nella lirica petrarchista del medio Cinquecento, e affronta la configurazione prosodica del verso delle Rime di Della Casa: a una prima parte di analisi delle costanti tipologiche, condotta secondo i vari schemi accentuativi, segue una seconda incentrata sull’assetto retorico-sintattico ed intonativo, attenta alle partizioni melodiche del verso. La notevole densità accentuale, che deriva dalla valorizzazione di tutte le sedi del verso, si accompagna in Della Casa ad una costante variazione del profilo intonativo: il rallentamento che ne discende pare avere l’esplicita funzione di moltiplicare le sedi di tensione ritmico-sintattica interne all’endecasillabo (con simultanee spinte centrifughe e centripete) e al contempo di deporre le più facili corrispondenze del petrarchismo di marca bembiana.