Chiese E Pievi

Nella Toscana centrale un complesso esteso ma non dimentichiamolo lungo il tracciato della via francigena senese di cui San Gemignano era una tappa fondamentale, il complesso treabsidato di recente acquisizione giusta abstract dell'Università belga di Lovain in rete (recentemente un lungo articolo in Archeologia Viva della Giunti di Piero Pruneti gennaio 2025) Il nostro scetticismo in merito un esponente italiano della Cattolica i toponimi della località rimandano ad aree plebane (Aiano Fosci) Forse era un mercato in corrispondenza d'una Pieve rurale toscana centrale

Il saggio cerca di ricostruire le caratteristiche dello scomparso monumento funebre di Verde Pepoli, moglie di Giovanni Castelbarco, defunta nel 1364 ; il sarcofago, originariamente collocato sulla facciata dell'edificio romanico della pieve di Brentonico (TN), venne distrutto negli anni Sessanta del XIX secolo.
Nota: diversamente da quanto qui riportato, in uno studio successivo chi scrive ha dimostrato che Verde fu la prima e non la seconda moglie di Giovanni e che certamente non fu la madre di Azzone Francesco Castelbarco: si veda C.A. Postinger, "Al tramonto di una dinastia: Azzone Francesco ed Ettore Castelbarco di Dossomaggiore", in "Il castello di Avio e la Vallagarina dai Castelbarco alla Serenissima",  a cura di D. De Cristofaro, 2023

RECENSIONI 229 ingerenze esteme sempre più invadenti da parte dei nuovi poteri signoriti (deìla Scala. da Carrara, da Este, da Collalto) cui si aggiunse più tardi l'istituto della commenda. Non mancarono tentativi di riforma anche ambiziosi da parte delle autorità ecclesiastiche (papi e vescovi) che però non ebbero il successo spemto. Il più importante fu quello di Benedetto XII che nel 1336 con la trlla detta Be edictina cercò di sotloporre ad un controllo sistematico tutto il variegato e frastagliato mondo del monachesimo tradizionale nero. ln realtà 1a vera rinascita verure dal basso e cominciò già in pieno Trecento ad opera di oÌivetani e camaldolesi che in sintonia con l'episcopato locale promossero la rinascita di numerosi monasteri. Ma fu all'inizio del Quattrocerto, da S. Giustina di Padova, che prese l'avvio un vero e proprio moyimento di riforma del monachesimo benedettino nero. Ne fu artehce il veneziano Ludovico Barbo che fu spinto dal successo conseguito in quel monastero a ripristinare l'osservanza benedenina anche in altre abbazie in crisi. Ne nacque con il sostegno dei pontefici una congregazione detta «de Observantia S. Iustinae de Padua>, fortemente acceltuata, che riuscì nel corso de] secolo ad aggregare e rilanciare la vita monastica in un gran numero delle maggiori abbazie della penisola. Erano una cinquantina (fra cui 11 neì Veneto) quando nel 1505 la congregazione incoqporò anche Montecassino. culla del monachesimo benedettino. Completa I'opera il contributo di F. CAVAZZANA RoMANELLT, Fondi monastici negli archivi veneti. I viaggt delle carte, p.201-215, quasi a sottolineare la funzione e il ruolo insostituibile della documentazione archivistica nel progresso della ricerca storica. Ciò è tanto più vero per gÌi archivi monastici considerato che essi contengono «documentazione di grande pregio, sovente Ia più antica in assoluto fla quelìa conservata presso i nostri istituti

Percorrendo la Statale 146 che collega Pienza a Montepulciano l’antico rudere della Roccaccia si intravede appena ma, anche se coperta dall’edera fino alla sommità, la torre diruta ci racconta una storia millenaria.
Dell’antica rocca di confine oggi non restano che frammenti murari poco riconoscibili ma un tempo questo luogo costituiva, insieme agli insediamenti vicini, un sistema difensivo e rurale assai importante. La zona, già abitata dagli Etruschi e dai Romani e percorsa dalle loro antiche strade, fu pieve contesa tra Arezzo e Siena, frontiera medievale nelle guerre tra la repubblica senese e Firenze, parrocchia del santo decapitato giunto dall’Africa (San Regolo), comunello del Gran Ducato di Toscana, centro rurale fertile e produttivo fino agli anni ’50 del Novecento. Fabbrica Piccolomini, Sciano Guidi, Cacciaconti, Massaini ed altri antichi nomi si sono susseguiti nelle terre intorno alla Roccaccia e le vestigia di insediamenti abitati e fortificati restano ancora oggi testimoni della storia passata.

Genti locali e straniere, incontri e scontri, celebrazioni e proteste, scambio di merci e di pensieri: questa è la complessa e varia umanità che si aggrega nei luoghi pubblici delle città e delle campagne nell’antichità classica e nel medioevo e che, pur nella difformità, è in grado di elaborare sintesi che trovano espressione nel senso di identità e appartenenza. Il tema del confronto costituisce l’argomento del Progetto di Ricerca di Ateneo (PRA) 2020-2021 dell’Università di Pisa “Costruire gli spazi dell’aggregazione: le dinamiche del confronto dall’Antichità al Medioevo”, di cui in questo volume si raccolgono i risultati. Un nutrito gruppo di storici, archeologi e architetti ha indagato aree e strutture di uso pubblico per tentare di trarre da queste, mediante la loro stessa conformazione spaziale, gli apparati architettonici e decorativi, gli oggetti utilizzati, carichi talvolta di forti valenze simboliche, le dinamiche con cui avvenivano l’incontro e il confronto tra coloro che frequentavano quei luoghi.

L'opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons: Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 4.

Il presente intervento, dedicato ai bassorilievi in arenaria di alcune antiche pievi toscane, in particolare quella di San Vito (Corsignano, Pienza) e quella di San Quirico in Osenna (San Quirico d’Orcia), nasce come premessa all’interpretazione del simbolismo animale. Si tratta di appunti preliminari e considerazioni di natura iconologica che, alla luce degli esempi sopracitati, si condensano intorno a tematiche ricorrenti e si estendono al fenomeno nel suo complesso. Il fine dell’intervento è quello di saggiare l’originario codice portante, senza il quale ogni tentativo di decrittazione viene oscurato da considerazioni contigue, ma non sempre pertinenti, riguardanti la storia o lo stile delle sculture delle pievi. La riflessione permette di intuire un disegno unitario – sottostante all’apparente proliferazione dei significati simbolici, indecifrabile nella sua capziosa frammentazione – che rimanda a una sacra rappresentazione.

This paper proposes a new interpretation of the animal symbolism in some of the romanesque churches in Tuscany, such as that of San Vito (Corsignano, Pienza) or San Quirico in Osenna (San Quirico d’Orcia). These notes pertain to iconology and, in light of the aforementioned examples, extend to the phenomenon in its entirety, in order to unveil its main code, without whose support, every attempt at exegesis is obscured by adjacent – though not always pertinent – considerations about history or style. A clear, uniform design – underlying the apparent proliferation of symbolic meanings, indecipherable in its specious fragmentation – emerges from this analysis: that of a sacred mise-en-scène.

Le principali fonti per la conoscenza della storia di San Pietro ad Asso provengono dai documenti sintetizzati ed editi da Ubaldo Pasqui tra il 1899 e il 1937, in tre volumi dal titolo Documenti per la storia della città di Arezzo nel medio evo 4 , e da quelli di Luigi Schiapparelli pubblicati tra il 1929 e il 1933 5 . Questi documenti dipingono una storia della diocesi di Arezzo e delle proprietà dei territori circostanti (parrocchie, chiese, castelli, monasteri e schiavi) dall'anno 650 al 1385. Mentre le fonti scritte ci forniscono alcuni indizi sulla natura di San Pietro ad Asso nei secoli, lo scavo serve a verificare la natura di tali informazioni e a creare nuove fonti archeologiche. I documenti, oltre a creare un'impalcatura cronologica, si pongono come un racconto parallelo a quello che è stato ricostruito in questa prima fase del progetto. É interessante l'anomalia della relativamente abbondante raccolta di documenti studiati dal Pasqui e dallo Schiapparelli per l'area geografica posta tra Arezzo e Siena, per un periodo che generalmente ha poche testimonianze dalle fonti storiche. Infatti, come ha sottolineato Wilhelm Kurze, nella Historia Longobardorum di Paolo Diacono la Toscana è menzionata solo tre volte. Kurze, raccogliendo un gran numero di fonti disponibili per quest'area della Toscana, ha individuato la lista dei monasteri di fondazione regia durante i 150 anni di presenza longobarda. Nonostante questo sforzo nel riorganizzare il materiale, emergono dalla sua ricerca una serie di domande in attesa ancora di una risposta. Monasteri di fondazione

La seconda metà del XII secolo, porta a grandi cambiamenti. Il clima è migliorato. Aumenta la popolazione e si mettono a cultura terre nuove. Si impongono le grandi città manufatturiere, come Piacenza, Milano, Lodi. e lì i grandi feudatari perdono gran parte del loro potere, ma lo mantengono intatto nei loro feudi di montagna.

A castle, two dioceses and three main churches: the unique ecclesiastical framing of “Poggio Bonizzi” (1156-1270)

The castle of Podium Bonithi, founded by count Guido VI Guidi under an agreement with Siena and the abbey of St. Michele di Marturi, was intended to be served by the senese baptismal church of St. Agnese. Some time before 1174 the nearby florentine baptismal church of St. Maria di Marturi moved to the top of the Podium and first of all claimed her pastoral rights against St. Michele. In 1176 Florence and Siena came to an agreement about populating Podium Bonithi. The persistent rivalry between the churches of St. Maria and St. Agnese was settled in 1203, by declaring that the first was the only one baptismal church of the castle.  Nevertheless S. Agnese continued to be the parish church of the senese core of the Podium, and St. Michele, though located ouside its walls, housed the “general council” of the Commune.

Quantificare in architettura. Un'introduzione 13 Janet DeLaine, Quantifying manpower and the cost of construction in Roman building projects: research perspectives 21 Mirella Serlorenzi, Stefano Camporeale, Anatomia di un muro romano: dati preliminari sullo smontaggio e quantificazione di alcune strutture in laterizio di epoca adrianea dallo scavo di Piazza Dante a Roma 35 Javier Á. Domingo, José R. Domingo, El coste del Arco de Caracalla en Theveste (Tébessa, Argelia): verificación empírica de una metodología de cálculo 55 Alexandra Chavarría Arnau, Costi, tempi e processi costruttivi di una chiesa tardoantica 63 Aurora Cagnana, Le murature delle basiliche paleocristiane e protobizantine di Mitropolis (Gortyna -Creta). Ipotesi di quantificazione del lavoro 71 Paola Greppi, Architetture di culto a Milano dal IV al XII secolo: approcci metodologici quantitativi e nuove possibilità di ricerca 85 Gian Pietro Brogiolo, Enrico Cavada, Stefano Camporeale, con Elisa Bernard, Francesca Parisi, Per un approccio quantitativo e sistemico allo studio delle architetture e dei procedimenti costruttivi medievali. Il caso della Pieve di Lomaso (Trentino sudoccidentale) 101 Danilo Vitelli, Applicazioni di 'GIS verticale' per la quantificazione delle opere architettoniche in muratura e i loro tempi di realizzazione: il caso del castello di Drena 113 Marie-Ange Causarano, Quantificare le architetture. I materiali da costruzione nei grandi cantieri medievali di Siena 123 Roberto Farinelli, Un approccio quantitativo allo studio dei cantieri tardo-medievali. La costruzione di quattro fortezze senesi nei secoli XIV e XV 133 Federico Giacomello, Francesca Parisi, Sonia Schivo, Una proposta di metodo per l'interpretazione del reimpiego del mattone romano tramite analisi GIS CASI DI STUDIO 149 Michele Coppola, Procedimenti costruttivi e disegno nel tempio di Ramesse II ad Antinoe. Il contributo dei metodi archeologici per lo studio delle colonne 163 Andrea Arrighetti, Alessio Cardaci, Dario Gallina, Antonella Versaci, Nuovi dati per la rilettura e la conoscenza di un 'rudere monumentale': la chiesa 'longobarda' di Sant'Eusebio a Pavia 179 Daniele Ferdani, The archeology of castle seigneuries in the diocese of Luni 193 Federica Matteoni, Edilizia storica nella Provincia orientale di Bergamo: Tecniche edilizie e rappresentazione del potere locale 205 Mauro Cortelazzo, La "Gran Masun" di Carema (TO): indagine su una casaforte del primo Quattrocento 227 Marie-Ange Causarano, Mensiocronologia e produzione dei laterizi a Siena in età medievale e moderna (XII-XIX secolo) Per un approccio quantitativo e sistemico allo studio delle architetture e dei procedimenti costruttivi medievali. Il caso della Pieve di Lomaso (Trentino sudoccidentale) Archeologia dell'Architettura XXII 2017, pp. 85-99

La Sfera di Giovanni Sacrobosco fu uno dei libri di testo più utilizzati in Europa fra Medioevo ed età moderna per lo studio della Terra e del sistema solare. Per secoli venne commentato e stampato in centinaia di edizioni. Anche se antiquata nei contenuti, che continuavano a proporre l'astronomia geocentrica di Tolomeo, la Sfera di Sacrobosco svolse un ruolo importante nel costruire le basi infrastrutturali di un sapere scientifico comune, condiviso e cosmopolita. Se il concetto di comunità scientifica viene abitualmente legato alla rivoluzione copernicana, le sue radici affondano invece proprio in questo testo della tradizione geocentrica. Schiere di commentatori, traduttori, editori, stampatori e lettori continuarono per secoli a plasmarne la forma e i sussidi didattici, creando collettivamente un network di saperi, precursore della moderna comunità scientifica. Evento digitale in diretta streaming.

Premessa Nelle grandi città, ma non solo il calo della pratica religiosa e la conseguente diminuzione dei fedeli, ha ridotto l'uso e il bisogno di molti edifici di culto; a questo si aggiunge la crescente diminuzione del clero, che in molte zone sta portando ad accorpare o fondere parrocchie, così che si crea un sottoutilizzo e talvolta anche l'abbandono di molte chiese. Secondo le norme del diritto canonico, la chiesa si qualifica essenzialmente come un edificio destinato al culto divino cattolico (can. 1214), per cui, cessando legittimamente tale destinazione al culto, non si ha più la chiesa. Partendo da questo principio, il codice di diritto canonico prevede la possibilità della riduzione di una chiesa a uso profano (can. 1222), purché sia seguita una particolare procedura e siano presenti determinate condizioni che lo consigliano. Queste condizioni, che costituiscono il presupposto perché sia adottata la procedura di riduzione, sono state indicate in un documento della Congregazione per il Clero, che costituisce insieme al codice uno dei principali riferimenti giuridici a cui l'Ordinario dovrà riferirsi per adottare il decreto di riduzione ad uso profano dell'edificio sacro. Illustreremo la procedura che deve essere seguita per la riduzione della Chiesa o dell'edificio della Parrocchia ad uso profano, ricordando che in alcuni casi, le decisioni da adottare dell'autorità ecclesiastica, possono essere oggetto di contestazione e ricorso da parte dei fedeli. E' infine necessario un breve accenno ai documenti che a livello di comunità statale e internazionale sono dedicati alla tutela dei beni culturali, di cui le chiese sono una parte prevalente: la comunità scientifica ha infatti sempre riconosciuto alla Chiesa un diritto-dovere di custodire il patrimonio storico-artistico destinato al culto e alla fede. Il decreto di soppressione di una Parrocchia e la riduzione ad uso profano dell'edificio di culto La procedura prevista dal codice è specificata in numerosi documenti della Santa Sede 1. Il punto di riferimento giuridico, che specifica i canoni del CIC, è costituito dalle Linee guida emanate dalla Congregazione del Clero 2 nell'aprile del 2013, in cui troviamo un'importante precisazione: "L'edificio chiesa, infatti, non può essere valutato solo in termini di prestazione funzionale. Il vuoto di una chiesa non si limita semplicemente ad accogliere qualcosa, ma è interpretabile come un contenitore di azioni che solo qui acquistano pieno significato e nello stesso tempo conferiscono al luogo un'identità immediatamente percepibile e perdurante".

Il problema della giurisdizione ecclesiastica sul territorio di Colle Val d’Elsa in epoca precedente all’erezione del vescovado. I fondamenti storici e giuridici della peculiare condizione di Terra nullius diocesis, la secolare disputa che oppose gli arcipreti di Colle ai vescovi di Volterra e le ragioni che determinarono l’istituzione della diocesi in epoca post tridentina. Contributo presentato al Convegno di Studi tenutosi il 22, 23 e 24 ottobre 1992, in occasione del Quarto Centenario della Diocesi e della Città di Colle Val d’Elsa.

Desidero innanzitutto ringraziare il dott. Nicola Mancassola per avermi avviato allo studio della pieve di Santa Maria di Campiliola e aver pazientemente seguito il mio lavoro insieme alla professoressa Paola Galetti. Ringrazio i dottori Marco Cavalazzi e Stefano degli Esposti per essersi sempre attivamente interessati alle mie ricerche, dandomi spesso spunti ed indicazioni fondamentali, e la professoressa Maddalena Modesti per l'aiuto nel lavoro paleografico. Intendo poi ringraziare l'Archivio di Stato, la Biblioteca Municipale Antonio Panizzi e l'Archivio Capitolare della Cattedrale di Reggio Emilia per avermi fornito la maggior parte dei materiali utili alla stesura di questa tesi ed in particolare il dott. Fernando Miele per la disponibilità e l'ospitalità.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte, ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale. Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico e solo messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine. Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica, segno a U o arco, ankh, spirale, pigna, uroboro ed altro.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte,  ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale.  Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine.
Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica,  segno a U o arco, ankh,  spirale, pigna, uroboro ed altro.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte,  ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale.  Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine.
Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica,  segno a U o arco, ankh,  spirale, pigna, uroboro ed altro.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte,  ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale.  Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico e solo messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine.
Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica,  segno a U o arco, ankh,  spirale, pigna, uroboro ed altro.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte,  ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale.  Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico e solo messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine.
Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica,  segno a U o arco, ankh,  spirale, pigna, uroboro ed altro.

Ho raccolto in queste pagine il tema trattato in due incontri, tenuti dallo scrivente nell’ottobre 2017 dentro la Pieve di Codiponte,  ove ho parlato dei segni e simboli presenti in queste tre chiese della Lunigiana Orientale.  Sono circa una quindicina di segni convoglianti a mandare un unico e solo messaggio…..Un messaggio che svelerò solo alla fine.
Si parlerà di questi segni: Losanga, Fiore della vita, Segni d’acqua, segno a cuore, segno a M, segno a Y, segno a X, mani in alto, segno dell’infinito, svastica,  segno a U o arco, ankh,  spirale, pigna, uroboro ed altro.

I l paese di S. Vito dista da Rimini circa dieci chilometri. La pieve sorgeva poco fuori l'attuale centro abitato, vicino ai resti del ponte romano sul fiume Uso ( . La pieve di S. Vito è una delle più antiche della diocesi di Rimini: fin dalle prime testimonianze scritte del IX secolo è già ricordata come pieve, ossia come chiesa battesimale, matrice di altre chiese e cappelle esistenti nel proprio ambito territoriale. Essa è nominata in quattro documenti anteriori all'anno Mille: i più antichi sono due registrazioni contenute nel Codice Bavaro, risalenti agli anni 889-898, seguiti da una pergamena del 940, conservata nell'Archivio Arcivescovile di Ravenna, e dal solenne diploma di Ottone III del 996, attualmente custodito nell'Archivio Capitolare di Rimini, che restituisce al vescovo di Rimini chiese e monasteri sottratti ingiustamente alla Chiesa locale 1 . Per il periodo compreso tra l'XI e il XII secolo (fig , i documenti sulla pieve di S. Vito sono circa una quarantina: sei riguardano nello specifico il secolo XI, mentre sono venti le attestazioni nel Liber instrumentorum del Capitolo dei canonici della cattedrale di Rimini. Inoltre, a partire dall'XI secolo, molte notizie sul plebato provengono, oltre che dalle carte ravennati, da pergamene scritte per la maggior parte a Rimini e conservate negli archivi Capitolare e di Stato 2 .

Nello studio delle pievi trentine si deve tener conto sia della scarsità della documentazione (le prime notizie certe risalgono al XII secolo e un quadro completo si ha solo alla fine del XIII), sia della capacità del sistema pievano di durare a lungo nel tempo. Ciò rende difficoltoso l’uso della bibliografia: quella di carattere generale spesso descrive l’epoca altomedioevale o al massimo l’XI o XII secolo; gli studi locali hanno invece privilegiato epoche più vicine e meglio documentate, proiettando indebitamente all’indietro nel tempo le caratteristiche della parrocchia del XIX o del XX secolo. Altre chiese, costruite da singoli, famiglie e collettività al di fuori dello schema pievano, affiorano nella documentazione in modo ancora più frammentario: solo a partire dal pieno XIII secolo è possibile avere notizie della loro esistenza e delle dinamiche che legavano al sistema pievano.

La Chiesa, come istituzione, ha rappresentato il legame più forte tra il mondo classico e il mondo medievale ed è stata il garante della preservazione del carattere urbano della società medievale. Allo stesso tempo ha costituito l'elemento più innovativo dell 'età di transizione e uno dei principali agenti del cambiamento» (1). SON IA VIR GILI modesto comprensorio della media e alca valle del Potenza, tra le odierne città di Treia e Fiuminata (2). 2. Pievi e città romane: trasformazioni e sopravvivenze tra l'età clas-sica e l'alto medioevo Il tema della continuità di vita delle città romane, rispetto al riassetto amministrativo occorso nella nostra penisola con la creazione dei ducati longobardi, è uno dei remi più dibattuti dall'odierna archeologia medievale e ha trovato una convincente soluzione nell'ambito dei centri urbani di maggior risonanza (Roma, Ravenna, Milano, Brescia, Verona), lasciando tuttavia numerose lacune nei territori periferici o di confine, interessati da studi localizzati e troppo raramente supportar i da dati arche-ologici significativi. La nostra regione rientra a pieno titolo rra quelle colpire da questo disagio, potendo comare, tuttavia, su una crescente edizione di dari scientifici che l'archeologia di emergenza sra raccogliendo nel sottosuolo di tessuti urbani a continuità di vita (Ascoli Piceno, Senigallia, Pesaro, Camerino) o di quelle città che, invece, sembrano esaurire la loro capacità attrattiva nei primi secoli del medioevo o compiono uno spo-stamento fisico nell'ambito dello stesso comprensorio (Potentia, Suasa, Trea, S. Angelo in Vado, Urbisaglia). In questo senso vale la pena analizzare i dari in nostro possesso, per inquadrare il problema della nascita del sistema plebano all'interno della maglia poleografica e urbana cardo-romana, fino alla definizione dei distretti parrocchiali basso-medievali , all'interno del territorio preso in esame. (2) Il presente studi o e le riflessioni che si propongono in ques ta sede, sono parte di un più ampi~ lav~ro su~li insediamemi ,c ivili_ e relig iosi della med_ ia e alta valle del Potenza mera medievale , svolco nell ambtto del dorcoraro in scien-ze dell 'anci chirà presso l'università degli Srudi di Udine , sorra la supervisione della prof. S. Ming uzzi: S. VIRG ILI , lmediamenti civili e religio1i tkl/a media, alta vallata d,I Potenza ( M C), Firenze, 201 3. Sebbene molti lavori di sintesi siano sta-ri effettuati già dag li ultim i decenni del secolo scorso sull'argomento delle pievi, riteniamo che nuove osservazioni sui si ngoli conres ti o su più piccole unità ter-ritoriali, possano e debbano_ essere condotte con un approccio multidisciplinare,

MALE AND FEMALE IN SYMBOLIC DEPICTION IN HIGH LUNIGIANA Angelina Magnotta, Italy - President of Archeoclub A.L.A.T.E. page 40-42



Among the most frequent depictions found by Archeoclub ALATE, (Apuan Ligurian in the Tuscan-Emilian Apennine), in the prehistoric rock carvings of High Lunigiana, are carvings related to sexuality, even in the form of abstract expression. The sexual fusion, even when naturalistic, may be considered as symbolic, like the case of a cult throne (solium)  likely used for religious fertility rites, and like a kind of lingam, believed to represent an abstract symbol of the divine, which is preserved in human fertility.

The remarkable number of drawings of the floor plans of sacred buildings preserved in vols. II, III, V, VIII, XI, XIV and XV of the Pieve di Olginate-Garlate (Section X), at the Archivio Storico Diocesano in Milan, has provided the inspiration for this article, which sorts by volume the various floor plan drawings of churches and oratories in the Upper Brianza and Lecco area, reconstructing the appearance of the buildings in the course of pastoral and apostolic visits made in the age of Saint Carlo Borromeo (1566, 1570, 1576, 1577, 1583). The article sets out to provide a tool of research and historical interpretation for these buildings, seldom preserved, partly lost and for the most part completely rebuilt, or their original structure substantially changed, between the 17th and 19th centuries./
La notevole serie di disegni di planimetrie di edifici sacri conservata nei voll. II, III, V, VIII, XI, XIV e XV della Pieve di Olginate-Garlate (Sezione X), presso l’Archivio Storico Diocesano di Milano, ha dato spunto al presente studio, che raccoglie per volumi le diverse realizzazioni grafiche di piante di chiese e di oratori dell’alta Brianza lecchese, ricostruendo l’aspetto degli edifici nel corso delle visite pastorali e apostoliche compiute nell’età di san Carlo Borromeo (1566, 1570, 1576, 1577, 1583). Scopo del contributo è fornire uno strumento di ricerca e di interpretazione storica per questi edifici, raramente conservati, in parte perduti, in gran parte completamente ricostruiti o stravolti nell’assetto originario tra XVII e XIX secolo.

Sintesi manualistica dedicata al tema, con intenzioni divulgative. Prima parte dedicata a pievi e cappelle nel Trentino in età medioevale; seconda parte su parrocchie e curazie nel Trentino nel tardo medioevo e in età moderna. L'appendice documentaria, che era stata costituita da fotocopie di altri volumi, non è compresa.

Il primo obiettivo della ricerca consiste nel riordino e nella verifica dei racconti e delle interpretazioni via via sviluppate da due secoli a questa parte circa la storia della parrocchiale di Isera, in modo da accertare innanzitutto quali siano – in ultima analisi – i dati certi ad oggi effettivamente disponibili; il secondo nel tentativo di guardare alla storia della chiesa, una volta ricuperata la testimonianza autentica delle fonti, in modo diverso, non isolando l’edificio ma ricollocandolo dentro il contesto di cui esso è parte integrante; l’ultimo infine nella proposta, se non di una ricostruzione documentata, perlomeno di un modello interpretativo che permetta di intravedere il possibile percorso evolutivo della chiesa di San Vincenzo anteriormente al XVII secolo.

L'incontro con una cinquecentesca chiesa in Pallerone di Aulla, dedicata a san Thomas Becket, ci ha offerto la possibilità di esaminare, seguendo il "nostro" percorso di Sigerico, l'influenza della Francigena in vari campi della società medievale, sia nelle dedicazioni, che nell'arte e altro.

Durante i lavori di restauro della Fortezza di Poggio Imperiale (Poggibonsi-SI) si è proceduto allo svuotamento e alla pulitura di Porta della Fonte e Porta di Calcinaia. La lettura degli elevati, condotta da parte dell’Università di Siena, ha evidenziato le tecniche di costruzione impiegate: le pareti della porta esterna furono eseguite per prime, poi la costruzione proseguì con l’edificazione dei muri laterali della camera interna, ai quali a loro volta si appoggiava la parete di fondo con l’arco interno. Nell’area in prossimità di Porta della Fonte, è emersa una struttura muraria di notevole lunghezza in blocchi di travertino. Il ritrovamento ha dato l’avvio ad uno scavo che ha interessato una superficie di 14x3,50m. All’interno dell’area sono stati individuati resti riferibili ad un edificio probabilmente a carattere abitativo di età medievale, con corte interna, solo parzialmente indagato.Tra gli elementi più interessanti si segnala uno dei muri perimetrali con due gradini di accesso, che delimita un ambiente con piano in malta. Lo scavo ha permesso la definizione di quattro macrofasi: 1prima fase dell’edificio medievale:  realizzazione della struttura e della corte interna attraversata da una canaletta; 2 seconda fase di vita dell’edificio medievale: ridefinizione degli spazi legata alla costruzione di un pilastro nella corte e all’obliterazione della canaletta;3 abbandono della struttura e successivo innalzamento e livellamento del piano, mediante la posa di una massicciata in pietrisco e laterizi, collegata alla costruzione della fortezza medicea e alla nuova funzione dell’area; 4 fase di abbandono caratterizzata da tagli di grandi dimensioni.Tra i reperti un denaro di Lucca (seconda metà XII-inizi XIII sec.) ed alcuni frammenti di maiolica arcaica (fine XIII-prima metà XIV sec.). L’edificio potrebbe far parte di un’area abitativa posta a sud del quartiere medievale e della chiesa di S.Agostino, già scavati dall’Università di Siena, situandosi ad una quota notevolmente più bassa.

febbraio 2016 la GAZZETTA del RUBICONE 12 Sogliano Al Rubicone Una pieve dimenticata: S. martino in murisiano a Ginestreto Nel panorama delle pievi della diocesi di Rimini nel medioevo si scopre tra carte e documenti d'archivio la presenza di un edificio misconosciuto: l'antica pieve di S. Martino in Murisiano, situata nel paese di Ginestreto, al di là dei fiumi Marecchia e Uso, sui colli nei pressi di Sogliano. Poche sfuggenti notizie si hanno di questa pieve. Essa viene nominata indirettamente per la prima volta nel Codice Bavaro: la registrazione n° 28 riguarda la richiesta all'arcivescovo di Ravenna Petronace (818-834) del fondo Spino Albedo. Una nota di aggiornamento successiva, databile tra la fine del X e l'inizio dell'XI secolo, precisa che il fondo è tenuto dall'arciprete de Murisiano e dai suoi fratelli: tale titolo spettava soltanto a chi reggeva una pieve. Con il nome di S. Martino in Mulisiano, la pieve è ricordata nella concessione del 1059, nella quale il vescovo Uberto concede al conte Everaldo e a sua moglie Marozia, assieme ad altre proprietà nella diocesi, i fondi Squinciano, Monasteriolo, Tabernula, Gritiano, Saviniano, Feno e Capilione. Stando a quanto appena affermato, la pieve doveva trovarsi in prossimità del castello di Calbana, di cui oggi si è persa ogni traccia, e quindi doveva appartenere alla diocesi di Rimini, molto vicino al confine con quella del Montefeltro. Nel castello doveva già esistere la cappella di S. Apollinare.