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Vive a lungo a Londra e Parigi, insegna letteratura in Italia ed è ghostwriter (saggi critici) per il Dipartimento di Lingua Italiana della Columbia University. Una sua lettera viene pubblicata in un'antologia nel 1988. Poi, il silenzio. È troppo impegnata a leggere per affrontare ciò che per lei è divino, la parola scritta. Ma nel 2007 inizia, con una nuova consapevolezza, a scrivere il suo primo romanzo, Lettera scritta dagli occhi, che esce nel 2010 per Antigone. È pubblicata regolarmente da dieci anni sul blog letterario "Nazione Indiana", con lo pseudonimo di Anna Giuba che ora ha smesso di utilizzare. In questi ultimi anni, scrive più di cento racconti, qualche romanzo. Due raccolte poetiche: Ritratto di famiglia esce nel 2020 per Oèdipus. Nel 2013 esce l'antologia Trema la terra, edizioni Neo: Rossana è presente con il racconto La donna in nero, che viene messo in scena da M. Palmese al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli. Tra il 2014 e il 2018 è editor per aspiranti scrittori privati. Nel 2014, l'artista concettuale americano Josh Tonsfeldt le propone un reportage letterario sulla città di Dublino, in inglese. Ora Attempt at reporting an Irish skyline si trova presso il Museo d'Arte Contemporanea della capitale irlandese (Temple Bar Gallery+Studios). La sua poetica si può concettualizzare nella ricerca dell'umano nel disumano. La prosa può ricordare Agota Kristof. Lo stile è asciutto, paratattico, fatto di "cristallina visionarietà", come ha scritto Francesco Forlani. Rossana Valle vive a Torino. Sinossi del romanzo Jukebox Jukebox è un romanzo formato da sette capitoli, che includono sei racconti legati tra di loro da un filo familiare. Nel capitolo introduttivo, il romanzo si apre con la morte della madre di Natalia e Maddalena Diodato. Natalia, ricevuta l'eredità paterna e materna, deve fare lo sgombero dei garage ereditati. I garage si rivelano un tempio della memoria familiare e storica. Natalia salva sei oggetti simbolo che diventano il titolo per i racconti successivi. Il calendario del 1941 è un racconto di guerra inusuale. La famiglia paterna di Natalia accoglie, durante la seconda guerra mondiale, la famiglia dell'allora notissimo scrittore ebreo Dino Segre, in arte Pitigrilli. Ma Pitigrilli è in realtà una spia del regime, e usa la famiglia per i propri traffici. Il racconto è storicamente documentato. La foto di Elena. I protagonisti sono la quattordicenne Elena ("amica del cuore adolescente" di Natalia), e suo padre Giorgio Michel, insegnante di Storia del Ventennio all'università di Torino. L'anoressia di Elena e le paure del padre si intrecciano nell'atmosfera cupa degli anni di piombo, tutto accade nel 1978, anno dell'assassinio Moro. Elena è il primo caso della malattia alimentare ancora sconosciuta, e quest'ultima si rivela una metafora del sistema Italia durante gli anni del terrorismo. Il quadro di Paolo. Paolo Diodato, cugino di Natalia, è un giovane chimico con una viva passione per la pittura e per l'arte. Diventa falsario di Jackson Pollock per il mercante d'arte Pierre Gonçart. Ma il denaro non è la ragione di vita di Paolo, questo crea problemi estremi che obbligheranno Pierre a farlo sparire e ucciderlo. Il racconto è un attacco critico e feroce al mondo dell'arte. Le chiavi arrugginite. Il protagonista è Pietro, zio materno di Natalia. Vive la sua iniziazione sessuale e sentimentale in un bordello, con grande pena della famiglia. Ambientato nel 1945, è uno spunto per raccontare l'atmosfera di miseria e speranza di quel tempo. Pietro si innamora di una prostituta e questo cambierà l'intero corso della sua vita. La ciocca di capelli scuri. Silvana è la madre di Natalia, già comparsa bambina nel racconto precedente. Costretta dalle figlie, per la propria salute, a essere rinchiusa in una casa di riposo, in quest'ultima trova un amico, Gigi, che accende in lei un amore senile. Il libro d'Ore di Rainer Maria Rilke. Ambientato durante la pandemia, è la storia di Maddalena, sorella di Natalia, il cui amante muore a causa del virus. Ginecologa e poetessa, Maddalena. La narrazione viene interrotta da testi poetici contemporanei dedicati all'amante. Si tratta insomma di un prosimetrum. Nella seconda parte del racconto, le due sorelle si ritrovano la sera di Natale e tirano le fila di tutto il romanzo. Lo stile è volutamente asciutto, limpido e preciso, poetico. Sono presenti poche subordinate, la prosa è quasi del tutto paratattica. Jukebox a) Corsero, Natalia e Maddalena, lungo il corridoio lieve di neon della notte dell'ospizio. Corsero fino al limitare della porta: era afflosciata sulla carrozzella, nel cappotto cammello, i tubicini dell'ossigeno nelle narici. Natalia riuscì a urlare Mamma. Poi Maddalena la riversò sul letto che odiava tanto e iniziò il massaggio cardiaco, Cento al minuto! gridò Maddalena all'infermiere e poi la ventilazione, poi l'adrenalina. Ma lei era sempre più pallida e crudele, allora Natalia la prese tra le braccia e continuò a dire Mamma in un pigolio sconnesso. È già il passato remoto, le parole inutili. Maddalena si accasciò sulla sedia sfinita, disse Basta agli infermieri e agli oss che invadevano la stanza. Il loro sale piovve su pelli già vecchie, sulle mani degli infermieri e degli oss, sul viso di lei e sui suoi occhi chiusi. Ti copro con lo scialle rosa, non devi avere freddo. Aveva detto alle figlie che non voleva morire qui, tra le altre cartapecore malate, due ore prima avevano visto il suo viso oltre la parete di plexiglass, ascoltato la sua voce che il microfono rendeva un colpo di fucile. Ti accompagniamo nell'impossibile, che poi è la sola vera casa, e ancora il tuo alito caldo di madre vibra nella stanza, tra i tuoi vestiti e i tuoi pochi oggetti. Ancora l'amore cresceva e lei era con loro nel travaglio del cielo notturno, lo stesso travaglio che le aveva viste nascere. Sonno e tormento, poi di nuovo la caducità del giorno nel gelo di gennaio. Posi un fiore sulla lapide partigiana, come fai sempre nelle passeggiate. Continuava a far vivere il suo grammo di eterno, aldilà del male dell'uomo, al di sopra della linea spezzata delle montagne lontane che pregava dal balconcino. Accarezzo la testa disperata di Maddalena, me la stringo al petto come faresti tu. La notte dell'ospizio avanzava lenta. Natalia si chiese che cosa facevano lì, tutte e tre, nella stanza anonima che odorava di soluzione finale. Si disse che non si sarebbe mai perdonata la scelta, e i pochi oggetti di lei sul comodino, la sveglietta a forma di gufo, un vecchio Einaudi di quelli con le striscette rosse urlavano un lamento di cane nella città. Maddalena disse che se non fosse stata lì sarebbe successo prima, guardò a lungo Natalia con occhi pieni di lacrime come i suoi. Sei bellissima, mamma, il tempo non scalfisce il tuo sorriso, né la tua voce limpida che ha ancora la forza che noi non abbiamo più. Ecco, l'opalescenza dell'impossibile non aspettava. Le onde del dolore del mondo schiaffeggiarono i muri duri della stanza. Poi Natalia le prese una mano, e l'appoggiò alla guancia, e disse Lasciateci qui, ancora un momento. b) Nell'abitacolo della macchina di Maddalena, seduta sul sedile posteriore, Natalia stringe in un abbraccio ligneo le sue ceneri e la sua poesia e i suoi fiori. Non c'è un paesaggio preciso in questo viaggio per le campagne che già sanno di Langa, ha le mosche nel cervello e non sente niente, non respira bene. Il dolore di oggi e di ieri è cementato nell'ospizio, nei lunghi mesi della prigionia di lei. È in questi giorni che cominci a diventare evanescente, chiamo e chiamo la reception, e sento Qui è un inferno, voglio tornare a casa, perché mi fate questo. Ti sai malata, ma non ti senti malata. È una fatica salire sugli autobus, compilare i fogli anticovid, per poi vedere il tuo viso attraverso il plexiglass, senza poterti sfiorare le mani e le guance. Appena posso, corro da te, ma solo e quando lo permettono. È lungo e profondo, questo smarrirti e sradicata dai minuscoli tabernacoli che orlano i tuoi mobili, e lumini per chi non c'è, e ancora fame di oggetti e di fotografie, di erbette e di parole scritte con la gioia che uccide l'inquietudine. Questo mattino è lo splendore di gennaio. Lo squarcio del cielo si spezza sulle Alpi e le loro nevi, è un trascolorare di azzurri. Dalla collina del cimitero, le campagne riarse d'inverno tacciono la morte apparente della natura come la madre diceva la sua. Scendono dall'auto, Maddalena la prende per mano mentre la ghiaia sfrigola sotto le suole. La sostiene e Natalia si riconosce viva. Hanno voluto gli iris e gli anemoni, i fiori del ricordo che amava, rose rosse d'amore, e gigli verginali perché lei ha amato un solo uomo. L'aspetta, quest'uomo, dietro la foto in cui sorride, Maddalena chiede al muratore con voce minima se stia usando calce o cemento. Cemento, risponde lui, ma adesso il cemento non è lo stesso dell'ospizio, ora lei è libera, lo dice la sua presenza nei sonni. Natalia ha trovato un posto che non è quello della sua cenere. Cammina loro accanto, Natalia e Maddalena la tengono per mano. La quale mamma fummi, e fummi nutrice poetando, dice Stazio a Dante. Lei risponde con un verso suo. E le rose del partigiano tacciono, colme di grazia nell'aver dato. Camminano in silenzio oltre i boschi e le colline, sulle acque dello stagno incuranti delle biche, le loro mani si intrecciano fino all'orizzonte, anche oltre. Camminano di orizzonte in orizzonte, le dita forti di Maddalena intrecciate alle sue, stella di luce azzurra, loro pellegrine ad intuire l'eterno, nel velluto di un tramonto alla Chaplin. Scrivi al crepuscolo e nella notte, poesia lieve per le tue campagne e la loro luna, le tue campagne blande di mestizie di autunni nebbiosi, e di neve di guerra, e dell'onda del grano giovane e biondo in cui nasci. Ti ascolto, verso sera, leggerti sul divano del salotto, allora sì che siamo madre e figlia, voliamo alto nel pianto e nell'amarezza. Poi i globuli azzurri della tua ironia, che ha lo sguardo di Dio, e il...
L'idea del "fabbro musicante" circola ampiamente nel mondo antico: dal mito biblico del fabbro Tubal-Kain, fratellastro di Iubal, inventore di strumenti musicali (lira, salterio, flauto), alla leggenda tramandata nella letteratura elleno-latina che attribuiva a Pitagora la scoperta degli intervalli musicali mentre passava dalla fucina di un fabbro. Nell'Europa cristianizzata di epoca medievale-rinascimentale, il nesso tra musica e metallurgia, associato alle figure del fabbro biblico e del filosofo greco, viene sottoposto a signifi cative rielaborazioni, tanto nella tradizione figurativa quanto nella letteratura a tema musicale. L'indagine etnologica offre dal canto suo numerose esemplificazioni di pratiche musicali associate al lavoro di forgia presso società africane e asiatiche, mentre per il folklore europeo spicca il caso del martinete, ossia il canto ritmato dai colpi del martello sull'incudine che i Gitani andalusi reputano una delle tonás originarie del cante jondo. La più significativa persistenza del mito che associa l'origine della musica al battere dei fabbri sull'incudine si rileva tuttavia in Sicilia: dalle testimonianze raccolte intorno all'inizio del Novecento dal musicista-etnografo Alberto Favara a quan to è stato possibile documentare con strumentazione moderna negli ultimi trent'anni. 1 Forge Music. From Tubal-Kain to Sicilian Blacksmits. The idea of the "blacksmith musician" was widely spread in the ancient world: from the biblical myth of the blacksmith Tubal-Kain, half-brother of Jubal, inventor of musical instruments (lyre, psaltery, flute), to
terzo contraente (C. 7319/1993). Secondo la giurisprudenza la ratifica del contratto concluso dal rappresentante senza poteri si verifica non solo quando il dominus chiede in giudizio l'esecuzione del contratto, ma anche quando ne domanda la risoluzione; in quanto anche in questa ipotesi si avrebbe una manifestazione inequivoca circa la volontà di far proprio il contratto. In applicazione dei principi generali, la ratifica dovrà rivestire le stesse forme prescritte per la conclusione del contratto (art. 1399). La ratifica deve essere fatta in forma scritta sotto pena di nullità ove concorra a determinare trasferimenti, costituzioni, modificazioni o estinzioni di diritti reali immobiliari (C. 3225/1995). In conformità ai principi generali dovrà ritenersi che il terzo e colui che ha contrattato come gestore possano di comune accordo sciogliere il contratto prima della ratifica (art. 1399, 3 o co.). Durante la pendenza la controparte può altresì fissare un termine per la ratifica, scaduto il quale si intende liberata (art. 1399, 4 o co.). Prima della ratifica, né il gestore, né il terzo possono però recedere unilateralmente. Per l'esercizio del diritto di ratifica non sono previsti termini, salvo il termine decennale ordinario di prescrizione (art. 2946). La ratifica ha effetto retroattivo, ma in conformità ai principi generali vengono fatti salvi i diritti dei terzi di buona fede che abbiano acquistato diritti in relazione al bene oggetto della gestione (art. 1399, 2 o co.). In ogni caso il gestore che abbia concluso il contratto in nome di un altro senza averne il potere ed in mancanza dei presupposti tipici della gestione d'affari risponde del danno che il terzo contraente abbia subito per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto (art. 1398).
La cinetica chimica tratta la velocità della reazione chimica. Tale studio ha un'utilità pratica, in quanto consente di sapere quanto velocemente un sistema raggiunge l'equilibrio chimico. Inoltre ha una rilevanza teorica in quanto si occupa del meccanismo della reazione. La cinetica è divisa in tre parti: una parte fenomenologica, il cui fine è la determinazione sperimentale della velocità di reazione, una parte interpretativa, il cui fine è la spiegazione dei dati sperimentali in base a modelli di meccanimi di reazione e una parte teorica, il cui fine è il calcolo dei parametri delle leggi cinetiche sperimentali.
Meltemi, Roma, 2008
In quanti e quali modi si può parlare di musica? Si può farlo per interrogarsi sui suoi significati, sui suoi meccanismi di funzionamento, sulla sua ragion d’essere in un determinato orizzonte storico, ma anche per esprimere una valutazione, un giudizio critico. Gli scritti raccolti in questo volume ci restituiscono una mappa articolata dei discorsi sulla musica che popolano il panorama della riflessione contemporanea, tenendo conto della molteplicità di situazioni, destinatari e contesti mediatici che di volta in volta sono chiamati a veicolarli. Gli interventi degli studiosi – che si concentrano sul tema della divulgazione musicale e sulla necessità di sviluppare strategie di discorso utili ad affinare gli strumenti interpretativi di un ascoltatore privo di competenze tecnico-specialistiche – si intrecciano con quelli dei professionisti della comunicazione, che quotidianamente presentano la musica alla radio e in televisione, e con le testimonianze di musicisti, poeti, attori, registi che nell’ambito della loro attività artistica si sono misurati con la sfida di raccontare e testualizzare l’esperienza musicale. Una polifonia di riflessioni che ci aiuta a comprendere come l’immagine dei suoni riflessa dagli specchi testuali produca stratificazioni di senso destinate a condizionare in modo determinante la nostra attitudine d’ascolto. Il volume raccoglie interventi di Valerio Magrelli, Anna Proclemer, Antonio Sardi de Letto, Giampiero Moretti, Arrigo Quattrocchi, Giordano Montecchi, Massimo Acanfora Torrefranca, Talia Pecker Berio, Cecilia Panti, Franco Piperno, Giovanni Giuriati, Pierluigi Petrobelli, Antonio Rostagno, Stefano Zenni, Stefano Catucci, Silvia Boschero, Renata Scognamiglio, Agostino Ferrente, Mario Tronco, Luca Marconi, Susanna Franchi, Nicola Campogrande, Simone Caputo, Francesco e Max Gazzé , Luca Signorini e Susanna Pasticci.
Fonologia delle lingue morte, 2019
Introduzione Le pagine che seguono costituiscono la prima parte di un lavoro che riprende, sia pure con qualche consistente novità e sensibili differenziazioni, un tema complesso al quale chi scrive ha già dedicato almeno due studi 1. Nel testo che qui segue si espone dapprima, sotto il titolo L'aporia dei neogrammatici, il modo corrente di interpretare la struttura fonetica e/o fonologica di testi composti in lingue morte, delle quali dunque si ignora la pronuncia reale. Si esamina quindi, sotto il titolo Il parlato e lo scritto, l'ortografia standard di alcune lingue moderne, delle quali dunque sono ben note la fonetica e la fonologia, e si evidenziano le più diffuse scelte ortografiche che si discostano dalla pronuncia corrente, al fine di mettere in luce gli inevitabili errori e fraintendimenti nei quali si può incorrere negli studi tradizionali di grammatica storica. Seguono estemporanee Considerazioni teoriche e la Bibliografia. Il primo dei due argomenti, che nella trattazione talvolta s'intrecciano, è in essenza un'aporia tanto diffusa nella pratica quanto insostenibile sul piano teorico: noi continuiamo a interpretare, studiare e descrivere, sia sul piano sincronico, sia sul piano diacronico, la fonologia di testi scritti in lingue delle quali ignoriamo la pronuncia come se le lettere usate per scrivere le parole si potessero leggere esattamente secondo il valore fonetico che noi attribuiamo loro nella lettura dell'alfabeto. In altri termini, noi attribuiamo a ogni grafema un suo proprio valore fonetico e/o fonologico, il che va (forse) bene finché si parla di alfabeti, ma non funziona più quando si tratta di veri e propri testi continui scritti con quell'alfabeto. Un semplice esempio per chiarire di che cosa si parla. In: ÂÚÇάЦÒΕ = ÂÚÇÜÐÍÒÅ = v ú z ü r i t e (oppure v ŭ z ĭ r i t e) 'osservate' (imperativo) 2 si procede a una traslitterazione, in corrispondenza biunivoca, di determinati grafemi in alfabeti diversi cioè glagolitico, cirillico e infine latino; la traslitterazione latina tuttavia viene usata, in actu exercito, come se fosse anche una trascrizione fonetica, sulla quale si basano poi massicce riflessioni linguistiche e fonetiche sulla storia della lingua in esame. Che una traslitterazione non sia né possa essere una trascrizione fonetica, lo dimostra questo banale esempio russo: il cirillico <голова> viene normalmente traslitterato con il latino <golova> la cui trascrizione fonetica è grosso modo [gəł|va] 3 ; come ben si vede, non è un grosso problema passare dal cirillico al latino 4 , ma per giungere a [gəł|va] si deve purtroppo sapere esattamente come la parola viene davvero pronunciata e, horribile dictu, questa pronuncia vera e reale non ha molto a che fare con una banale lettura, 'così come è scritta', 'lettera dopo lettera' della parola in questione. In base a questa parola e alla sua 1 Mi riferisco a Rinaldi 2005 e Rinaldi 2014. 2 Si tratta della prima parola di Matt. 6,26-29, presa da Leskien 1919, che alle pp. XXXIV-XXXV presenta questo testo evangelico prima in glagolitico e quindi in cirillico; la traslitterazione latina è quella che egli usa nel corso della trattazione, mentre quella tra parentesi è usata da Vaillant 1950-1958. 3 Qui e in seguito useremo <|> per indicare che la sillaba seguente è tonica. 4 Lo stesso vale ovviamente per qualunque alfabeto, sia esso l'armeno, il gotico o il devanāgarī del sanscrito.
Il rapporto tra Dante e la musica è molto più complesso di quanto non appaia a un sommario approccio alla lettura della sua opera e, in primo luogo, della Divina Commedia. La critica dantesca si è soffermata ad analizzare tale rapporto soprattutto nella terza cantica, il Paradiso, laddove la musica è equiparata alla poesia per esprimere l'ineffabile e le immagini musicali si manifestano più attraverso il movimento che i suoni.
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Lo spazio letterario del medioevo. 1. Il medioevo latino, vol. 2, La circolazione del testo
Le pubblicazioni con dischi allegati e la diffusione della cultura musicale in Italia dal 1964 al 1993. Esposizione di opere complete, copertine e dischi in vinile, allegati. , 2019