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La simbologia sarebbe dunque la vera chiave per comprendere il mondo spirituale, psichico e materiale . L'uomo avrebbe infatti bisogno di simboli per afferrare ciò che altrimenti non sarebbe rappresentabile e li produrrebbe lui stesso inconsciamente e spontaneamente. Per C.G. Jung i simboli sarebbero infatti il linguaggio dell'inconscio.
Una sorta di storia fenomenologica della fenice iranica, ricostruita ricorrendo a spie emergenti qua e la dalla ricognizione e dalla ricucitura di dati sparsi e apparentemente eterogenei e irrelati, che costituiscono gli elementi in superficie di una storia "sommersa" della fenice stessa; senza rinunciare, nel contempo, a una perlustrazione abbastanza disincantata del sottobosco che, viceversa, adeguatamente problematizzi certe "evidenze": e una possibilita che proveremo a verificare ancora una volta, con l'apporto di qualche elemento "nuovo".
Negli anni trenta il tedesco Wilhelm Schaefer insieme ad un collega di nome Kuen posero le basi per realizzare qualcosa di molto simile a ciò che oggi conosciamo come "lastra alveolare". Si trattava di una lastra strutturale coibentata costituita da uno strato alveolato di calcestruzzo di pomice racchiuso fra due strati di normale calcestruzzo armato. Dopo anni di tentativi e di modifiche all'impianto di produzione, solo tra la fine degli anni quaranta e l'inizio dei cinquanta l'impianto "Schaefer" ebbe qualche successo. Furono vendute licenze di produzione a cinque società in Germania Ovest, ad una società in Germania Est e ad una società in U.S.A.
2003
Una sorta di storia fenomenologica della fenice iranica, ricostruita ricorrendo a spie emergenti qua e la dalla ricognizione e dalla ricucitura di dati sparsi e apparentemente eterogenei e irrelati, che costituiscono gli elementi in superficie di una storia "sommersa" della fenice stessa; senza rinunciare, nel contempo, a una perlustrazione abbastanza disincantata del sottobosco che, viceversa, adeguatamente problematizzi certe "evidenze": e una possibilita che proveremo a verificare ancora una volta, con l'apporto di qualche elemento "nuovo".
Taittiriya Upanishad, 2025
La Taittiriya-Upaṇiṣad è così chiamata perché è una recensione (sakha) del Krishna Yajurveda al quale essa è allegata. E' la più popolare e la più nota di tutte le Upaṇiṣad in una parte del paese, dove la maggioranza dei Brahmini studia il Taittiriya come recensione dello Yajurveda; è anche una delle poche Upaṇiṣad che sono ancora recitate con il regolamentato accento e intonazione che la solennità del soggetto, inessa trattato, genera naturalmente. L'Upanisad è stata tradotta da parecchi studiosi tra cui il Prof. Max Muller; l'ultima traduzione, quella dei Signori Mead e JC Chattopadhyaya, della Blavatsky Loggia della Società Teosofica di Londra; è la più "piena di sentimento" di tutte, e allo stesso tempo la più economica. Sono quindi necessarie poche parole per spiegare l'oggetto della trattazione che andiamo a fare. Sankaracharya ed Suresvaracharya sono certamente scrittori della massima autorità, appartenenti a quella che è stata fimo ad oggi contrassegnata come Advaita, la scuola del Vedanta. Ogni studente del Vedanta sa che il primo ha scritto commenti sulle Upaṇiṣad classiche, sulla Bhagavad-Gita e sulla Brahma-sutra, oltre a un numero di manuali e trattati che parlano della Filosofia Vedanta;, tra le opere del secondo, che hanno recentemente visto la luce, possono essere menzionate: (1) il Brihadaraṇyaka-Upaṇiṣad-bhāṣya Vārtika , (2) il Taittiriya-Upaṇiṣad-bhāṣya-Vārtika, (3) il Manasollāsa, (4) il Praṇava-Vārtika1, (5) il Naiṣhkarmya-siddhi. I primi quattro sono professatamente commenti sui lavori di Sankaracharya, mentre l'ultimo è un indipendente manuale di condotta con alcuni fondamentali domande sul Vedānta. Poichè il soggetto è trattato nel Brihadaraṇyaka Upanishad da diversi punti di vista e in grande dettaglio, questa Upaṇiṣad, nel commentare, Sankaracharya, evidentemente cerca di presentare una esaustiva razionale esposizione della Religione Vedica, completamente spiegando ogni posizione così com'è, esaminandola da parecchi punti di vista; nei suoi commentari su altre Upaṇiṣad il contenuto è una semplice spiegazione dei testi e mostra, solo dove necessario, come essi supportano la sua dottrina advaita contro le altre dottrine che cercano il supporto di altre Upaṇiṣad. E' certamente per questo motivo che Suresvaracharya, ha intrapreso a spiegare, migliorare, amplificare e integrare gli insegnamenti di Sankaracharya il cui pensiero si adatta ad una ulteriore esposizione dell'ultimo commento alla Brihadaraṇyaka Upaṇiṣad. Questa esposizione costituisce l'opera colossale conosciuta come il Brihadaraṇyaka-Upaṇiṣad-bhāṣya Vārtika, che,,come autorit,à non può essere considerata inferiore a quella del bhāṣya stesso ed è più frequentemente citata dai successivi scrittori come punto nodale dell'Advaita, nell'esporre la sua filosofia con maggiore precisione. Bisogna riconoscere a Suresvaracharya una meravigliosa energia nell'esposizione, cosa che i lettori hanno già rilevato diventando familiari attraverso il Manasollasa, che è solo una dichiarazione condensata dei primi principi del sistema come sviluppato nel commento all'Upaṇiṣad e delle principali linee di argomentazione. Non abbastanza esaustive, tuttavia, sia quelle di Sankaracharya che quelle di Suresvaracharya nel commento alla Taittiriya-Upaṇiṣad. L'unico motivo per quest'ultimo di scrivere un vārtika sul bhāṣya delle Upanishad mi sembra sia di grande importanza per la conoscenza di questa classica Upanishad, non esclusivamente come trattato ma, tra le altre cose, per avere introdotto la teoria delle cinque Kośas (guaine) del Sé. Siccome la dottrina dei Kośas è la dottrina cardine del Vedanta, sia nel suo lato teorico che nel suo lato pratico, gli studenti del Vedanta dovrebbero essere completamente familiari con essa prima di procedere ulteriormente nei loro studi. Di conseguenza, nel tentativo di presentare al pubblico dei lettori inglesi la Dottrina Vedanta come esposto dai due grande Maestri, è opportuno innanzitutto leggere la Taittiriya-Upaṇiṣad.
Nel 1934 Krishnamurti disse: "Perché volete studiare sui libri invece di studiare la vita? Scoprite che cos'è vero e che cos'è falso nell'ambiente in cui vivete, che è opprimente e crudele. Solo così scoprirete la verità".
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Studia universitatis hereditati, znanstvena revija za raziskave in teorijo kulturne dediščine, 2019
, ki obravnavajo istrsko-dalmatinske tematike obmejne kulture in so posebej povezana s temo odnosa med identiteto in kulturo, zlasti med literaturo in ozemljem. Motiv mnogovrstnih identitet, ki je danes zelo razširjen, je v teh romanih natančno zarisan: istrska rdeča zemlja je simbol kulturne raznolikosti, ki se bogati s soobstojem in prepletanjem več jezikov, pri čemer se protagonisti ne odpovedo svoji identiteti, temveč se z njo bogatijo. Kjučne besede: migracija, istrska literatura, mnogovrstna identiteta, Tomizza This paper analyzes some texts by Fulvio Tomizza (Materada, 1960; La miglior vita, 1977; Il sogno dalmata, 2001), based on the Istro-Dalmatic themes of frontier culture and specifically linked to the relationship between identity and culture and particularly between literature and territory. The theme of multiple identity, which is now very widespread, is fully configured (in other words) in these novels: the Istrian red earth is the root of the subject who writes and symbol of a culture of diversities which, coexisting and intertwining, are enriched without canceling themselves, but empowering themselves.
Tratto dalla versione inglese della "Astasahasrika Prajnaparamita", E.Conze, Asiatic Society di Calcutta, 1958. www.mahayana.it Breve introduzione I Sutra della Perfezione della Saggezza o "Prajnaparamita" sono un gruppo di Sutra Mahayana fondamentali, dei quali si conoscono molte versioni sia in sanscrito sia in cinese, nonché in tibetano. Sono in forma di dialoghi e i principali interlocutori sono tre dei discepoli più conosciuti di Buddha: Subhuti, Shariputra e Ananda. La Prajnaparamita in 8000 linee contiene due versioni del testo: una in versi e una in prosa. La traduzione qui prospettata è quella in Versi dal titolo:"Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha" e consiste in 302 "Versi sulla perfezione della Saggezza che è la Raccolta delle Preziose Virtù", dove le Preziose Virtù sono quelle della "Madre dei Buddha", come è specificato nella versione cinese. L'editore della versione originale del testo tradotto da Conze è Haribhadra, grande esperto e conoscitore della Prajnaparamita, vissuto nell'ottavo secolo, sotto la dinastia buddhista dei Pala che regnava nel nord-est dell'India. Con ogni probabilità Haribhadra fece riferimento ad un testo già citato da Candrakirti verso il 600 d.C., sotto il titolo di "Arya Samcayagatha". Comunque il commentario di Haribhadra: l'Abhisamayalankaraloka, è utilissimo e chiarificante per comprendere la Prajnaparamita. Il Prof. Conze ha usato tale commentario come riferimento per la traduzione. La nostra versione in Italiano si basa in gran parte sulla traduzione di E. Conze.
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Oro, argento e porpora. Prescrizioni e procedimenti nella letteratura tecnica medievale, a c. di Sandro Baroni, pp. 69-86, 2012
Antropologia E Teatro Rivista Di Studi, 2012
SCIENZE, FILOSOFIA E LETTERATURA NEL MONDO IRANICO, 2024
in: Mario D'Onofrio (ed.), Romei & Giubilei. Il pellegrinaggio medievale a San Pietro (350-1350), Milaan 1999 (tent. cat. Rome, Palazzo Venezia 1999-2000).
Dialoghi Mediterranei, 2019
Oro, argento e porpora. Prescrizioni e procedimenti nella letteratura tecnica medievale, pp. 87-104, 2012
S. Piano / V. Agostini (a cura di), Atti del Sesto e del Settimo Convegno Nazionale di Studi Sanscriti (Venezia 23 novembre 1990 - Palermo, 20-21 maggio 1993), 1998