Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
2020, e Biblicum 6 (Salmi Giobbe)
Vetera Christianorum 42/1, 73-102, 2005
Il Salmo 21, come rilevato da Westermann 1 , appartiene al genere delle lamentazioni individuali: esso si distingue dagli altri salmi di tal genere, in quanto è seguito da un inno di rendimento di grazie o preghiera descrittiva 2 . La titolazione del Testo Masoretico, confermata dalla LXX e dalla Vulgata, ne attribuisce la paternità a Davide (1003-971 a.C.) 3 . Strack e Billerbeck 4 hanno dimostrato come, a partire dalla metà del II sec. d.C., in varie traduzioni e commenti, il lamento del Salmo 21 sia riferito a Davide, laddove la maggioranza dei commentatori, di epoca anche anteriore, lo riteneva applicato alla drammatica storia di Esther 5 . Solo più tardi, dal X secolo in poi, è possibile cogliere un'interpretazione messianico-escatologica del Salmo, senza tuttavia una diretta menzione del Messia 6 . Questo ritardo è dovuto, verosimilmente, alla virulenta polemica anticristiana portata avanti da alcuni rabbini 7 . Echi del 1 midrashica generalmente datata al XII sec., che però utilizza in questo caso materiale più antico dal Pessiqta Rabbati, 36-37 (III-VII sec.); J. J. Brierre-Narbonne, Exégèse midrashique des prophéties messianiques, Paris 1935, 112-113 (testo e traduzione). Per le citazioni del testo giustineo mi sono avvalso dell'edizione critica di Ph. Bobichon, Justin Martyr. Dialogue avec Tryphon. Édition critique. Volumes I-II, Fribourg 2003. 7 A. Ceresa-Gastaldo, Aspetti e problemi di ermeneutica biblica: l'interpretazione del salmo 22 (21), Giornale di metafisica 2 (NS), 1980, 233-245.
Commento al Salmo 130 Salmo 130 "1. Cantico dei gradini. Dalle profondità ti ho gridato a te, Signore. 2. Signore, ascolta la mia voce, siano le tue orecchie tese alla voce delle mie suppliche. 3. Se serbi le colpe, Signore, Signore, chi resisterà? 4. Ma presso di te è il perdono affinché tu sia temuto. 5. Ho sperato, Signore, la mia anima ha sperato e ho atteso la sua parola. 6. La mia anima è tesa verso il Signore più che le sentinelle al mattino, le sentinelle al mattino. 7. Spera, Israele, nel Signore perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di Lui è la redenzione. 8. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe."
Ho Theológos, 2011
The article assumes' the " theological apophatism" as a medium ecumenical between East and West. Starting to emphasize the themes of continuity / discontinuity with respect to the philosophy of Plato, the contribution raises the value of the apophatic theology of the mystery of faith and its conceptual expression. in this perspective, the purpose of the disclosure is not the clear and distinct knowledge of God, but rather the recognition of him in the glory that he displays in his works.The apophatic way of knowing God then arises as overcoming of the reduction of truth to its linguistic formulations, at the same time the mystery of the Incarnation of Christ, for which the Word of God was made flesh in the finite and not denying the limits of the finiteness of the world gives us a chance to watch by the apofatism the voice of the silence of God.
Lettura interconfessionale di 1 Re 19, 11-13 prefazione di … postfazione di … 2009 Collana PNEUMA «Tutte le parole non sono che briciole cadute dal banchetto dello spirito» recita un passo di Kahlil Gibran. Per dare voce a quanto non possiamo tacere e, spesso, non sappiamo dire, la collana Pneuma (Spirito) propone, e ri-propone, alle donne e agli uomini dei nostri tempi, l'invito a guardarsi nella propria totalità. 1. SANTA MARIA MADDALENA DE' PAZZI, … come un agnello condotto al macello (Is 53,7). La passione di Gesù in santa Maria Maddalena de' Pazzi, a cura delle MONACHE DI VITA CONTEMPLATIVA di Carpineto Romano (Rm), 2006, pp 150. 2. BRUNO SECONDIN, Santa Maria Maddalena de' Pazzi. Una mistica che sa ascoltare e annunziare, 2007, pp 24. 3. CHARLÒ CAMILLERI, Desiderio e passione. L'amore di Dio nell'esperienza mistica di santa Maria Maddalena de' Pazzi, prefazione di DONNA ORSUTO, 2007, pp 80. 4. ROBERTO RUSSO, Elia profeta della passione, compassione e amicizia, prefazione di BRUNO SECONDIN, postfazione di ERIC NOFFKE, 2007, pp 118. 5. BRUNO SECONDIN, Comunità orante e profetica in un mondo che cambia. Rileggere la Regola del Carmelo oggi, 2007, pp 92. 6. CHARLÒ CAMILLERI, Imparare a conoscere il cuore di Dio. Schemi per la lettura orante della Parola, introduzione di ALEXANDER VELLA, nota finale di ANTHONY CILIA, 2008, pp 64. 7. PAOLO VI (1963-1978), Voi siete «figli dei santi». Paolo VI ai carmelitani, prefazione del CARD. AGOSTINO CACCIAVILLAN, introduzione di LUIGI BORRIELLO, appendice di FALCO J. THUIS, 2008, pp 80. 8. sr MARIA GRAZIA ISRAELE, Testimoni di speranza nel Carmelo, prefazione di LUIGI BORRIELLO, postfazione di ADOLFO LIPPI, 2008, pp 64. 9. CHARLÒ CAMILLERI, Con la passione incisa nel cuore. Riflessioni e pensieri sulla «Passione incisa» di Albrecht Dürer (1471-1528), prefazione del prof. rev. PETER SERRACINO INGLOTT, saggio finale di GIUSEPPE SCHEMBRI BONACI, 2009, pp. 120. www.graphe.it catalogo, libri in uscita, interviste, commenti, blog
Il silenzio eloquente nella Parafrasi di Nonno di P anopoli «Tot linguae quot membra viro. Mirabilis ars est quae facit articulos ore silente loqui».
La voce ( ) divina nella Parafrasi di Nonno di Panopoli di Arianna Rotondo «In effetti, si tratta di intendere: intendere il nostro orecchio ascoltare, vedere il nostro occhio guardare ciò che al tempo stesso li apre e in questa apertura si eclissa». (J. L. Nancy) 1 5 Come risolvere l'aporia dell'interscambiabilità di linguaggio e immagini tra la saga di Dioniso e le vicende del Cristo giovanneo? Uno sfondo cristiano è rintracciabile nelle Dionisiache, stilemi «dionisiaci» o «paganeggianti» nella Parafrasi (cf. E. LIVREA, Il poeta e il vescovo. La questione nonniana e la storia, Prometheus 13 [1987] 102): se questo in passato alimentava le teorie dei , oggi suggerisce senza equivoci la contemporaneità dei due poemi, opera dello stesso autore, in cui è assente un qualsivoglia spirito di contraddizione. Dunque nei versi di Nonno nessun intento polemico (cf. P. CHUVIN, Nonnos de Panopolis entre paganisme et christianisme, BAGB 45 [1986] 394), come hanno dimostrato le analisi svolte sui loci paralleli, raccolti da Golega prima (J. GOLEGA, Studien über die Evangeliendichtung des Nonnos von Panopolis. Ein Beitrag zur Geschichte der Bibeldichtung im Altertum, Breslau 1930, 28-61) e da Vian dopo (F. VIAN, Nonnos de Panopolis. Les Dionysiaques, Tome I, Chants I-II, Paris 1976, XIII-XIV)
The Angel’s apparition to David after che census has always been interpreted as a thread against the people of God. The Angel of the Lord «with a drawn sword in his hand» appears only on three occasions: 1Chr 21, Num 22 and Josh 5. The lexical analysis of these texts reveals some common elements and refers to other passages that suggest a new interpretation of the event. The Angel threatens the Jebusite city of Jerusalem and could destroy it as it did with Jericho, but David pleads for the Jebusites and saves it, acquiring the right to be the king.
BEATI I PACIFICI Atti del XXII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa Bose, 3-6 settembre 2014, 2015
La parola greca “Diatessaron” significa “attraverso i quattro” e fin dal II secolo fu utilizzata in relazione ai Vangeli. Come indica il resto del titolo, “Le varianti testuali dei più antichi manoscritti dei Vangeli”, quest’opera è un commentario che presenta le varianti nel testo degli antichi papiri greci, dei grandi onciali su pergamena e delle più antiche traduzioni dei Vangeli in altre lingue (siriaca, latina e copta) tenendo anche conto del parere dei più grandi luminari in materia, come Bruce M. Metzger, Philip W. Comfort, gli Aland e altri. Con i metodi della critica testuale propone una revisione dell’odierno testo scientifico standard, il Nestle-Aland/UBS, che è alla base di ogni traduzione moderna dei Vangeli.
Parole di Vita, 2019
La vicenda tragica di Nabot è un'efficace riflessione sulla forza devastante del desiderio che spinge l'uomo alla violenza a cui si oppone soltanto la parola profetica di Elia. di Cristiano D'Angelo La forza travolgente del desiderio di possedere è un'esperienza che, prima o poi, ogni uomo o donna sperimenta, o nella forma del desiderio inappagato che induce a fuggire e rinchiudersi in se stessi, come il re Acab che indispettito dal rifiuto di Nabot «volge la faccia da un lato» (1Re 21,4), o nella forma della prepotenza che si accaparra dei beni altrui, incurante di ogni diritto e della verità, come la regina Gezabele che fa uccidere Nabot per impossessarsi della sua vigna. È questo il tema del racconto del cap. 21 del primo libro dei Re che narra la storia di Acab, potente re di Israele, contro Nabot, piccolo proprietario terriero che difende la sua vigna dalle mire del re che la pretende per sé, solo per soddisfare il suo desiderio di ingrandire i territori della corona e di abbellire il suo palazzo. Il racconto, da un punto di vista storico, conserva il ricordo della grande espansione del regno di Israele sotto i re Omri (885-874 a.C.) e Acab (874-853 a.C.), durante i quali un fiorente sviluppo economico e una serie di campagne militari produssero ricchezza ma anche disuguaglianze sociali e ingiustizie. La vicenda di Nabot diventa così un caso emblematico dell'avidità del potere che, pur di realizzare i suoi obbiettivi, non conosce valori, non rispetta la giustizia, perverte la religione. Contro questa tracotanza del potere si erge la parola profetica di Elia che, in nome di Dio, rivela la falsità e l'arroganza del re. Il racconto tuttavia non è solo una denuncia della malvagità del re e dei potenti; è anche una parabola della condizione umana, soggetta alla prepotenza del desiderio di possedere. All'ombra dei potenti L'inizio del racconto-«Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria» (21,1)-mette al centro della frase la vigna e il palazzo, agli estremi i personaggi, ottenendo l'effetto di contrapporre nella mente del lettore l'immagine verdeggiante della vigna, simbolo della benedizione di Dio e della fecondità della terra, con l'austerità imponente delle mura del palazzo, immagine del potere regale. Le parole con cui Acab si rivolge a Nabot delineano il ritratto di un re che si crede onnipotente e che agisce come agirebbe un Dio: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto perché è confinante con la mia casa». Il palazzo ha diritto a uno spazio vitale; vicino al palazzo non possono esserci territori di altri; la volontà del re di rendere magnificente la sua dimora e di assicurarne il sostentamento valgono più di ogni altra ragione; il rispetto per la memoria dei padri, con cui Nabot rifiuta la richiesta di Acab, non è preso in considerazione dal re. La brama di avere e la prepotenza del potere illudono il re di essere come Dio, rendendo l'uomo insensibile ai diritti degli altri e alle esigenze della giustizia. Il desiderio del re, le sue ambizioni, la disponibilità di denaro lo fanno sentire in diritto di chiedere e ottenere ciò che vuole, a dispetto di ogni tradizione e affetto. Quella del re a Nabot non è una richiesta, ma un ordine mascherato di buone maniere: «Dammi la tua vigna». Il re non chiede di vendere, ma di dare, e il prezzo o la permuta che propone a Nabot appaiono più una concessione di favore che una compravendita. Il re parla e agisce come se fosse un Dio, perché secondo la Bibbia è Dio che dà la terra (Dt 4,21.38) e la divide tra le tribù di Israele (Gs 11,23); ed è Dio che fa di Eden un orto (Gen 1,30) per nutrire gli esseri viventi. La proposta di Acab a Nabot è apparentemente sensata: egli offre in cambio della vigna di Nabot «una vigna migliore» (1Re 21,2) o, se Nabot preferisce, gli darà un corrispettivo in denaro. Il desiderio di possedere produce la presunzione di essere noi a decidere ciò che è buono o cattivo per gli altri, così Acab è lui che sa ciò che è buono o meno buono per Nabot; fino alla farsa di apparire addirittura generoso, dando in cambio una viglia migliore di quella stessa di Nabot! E se Nabot preferisce del
Alla luce delle Scritture. Studi in onore di Giovanni Odasso, 2013
Dalla critica testuale il salmo 16 è considerato la “crux interpretum” del salterio. La prima difficoltà è costituita dalla traduzione dell’enigmatico termine miktām che, come in altri cinque salmi (dal 56 al 60), appare nell’iscrizione; la soluzione è stata in genere trovata o nel ricorso ad una mera traslitterazione o nella ripresa di una delle molte traduzioni proposte sin dalla prima esegesi ebraica. Superato questo ostacolo lo studioso deve affrontarne di ben maggiori: i principali sono dati dai vv. 2-4, sulla cui corruzione testuale vige un consenso quasi universale; nei vv. 5-11, inoltre, le stesse consonanti si prestano ad una pluralità di interpretazioni grammaticali e/o sintattiche. La prima parte dell’articolo – che rimanda ad uno studio inedito (Signore, il mio Signore sei tu, tu sei il mio bene. Problemi di critica testuale e di traduzione del salmo 16; Tesi di licenza in Teologia Biblica, Pontificia Università Gregoriana, 2008, pp. 133) – propone un’interpretazione contestuale-poetica del termine miktām e una lettura dei vv. 2-4 che, ad eccezione di due piccole modifiche, resta fedele al testo masoretico. La seconda parte, incentrata sui versetti successivi, si sofferma sulla dimensione mistica della composizione, che fa del salmo 16 un vero gioiello. Textual criticism considers Sal 16 the “crux interpretum” of the psalter. The first difficulty is constituted by the translation of the enigmatic term miktām which, as other five psalms (from 56 to 60), appears in the inscription; the solution has been generally found either in a sheer transliteration either in the revival of one of the many translations proposed since the Hebraic tradition. When overcome this obstacle, the scholar has to deal with much more difficult ones: the bigger come from the text of vv. 2-4, nearly universally considered corrupted; in the vv. 5-11, furthermore, the same consonants favour a plurality of grammatical and/or syntactical interpretations. The first part of the article – which recalls to an unpublished study (God, my God is you, you are my good. Problems of textual criticism and translation of psalm 16. Thesis of licence in Biblical Theology, Pontificia Università Gregoriana, 2008, pp. 133) – proposes a contextual-poetic interpretation of the term miktām and an interpretation of vv. 2-4 which, except two little changes, remains faithful to the Masoretic text. The second part, centered on the subsequent verses, dwells upon the mystical dimension of the composition, which makes Psalm 16 a true jewel.
Silenzio, polifonia di Dio, 2020
Dal percorso compiuto in questo studio la “teologia” emerge come ascolto eucaristico, conoscitivo, orante e silenzioso. La parola “teologia” (da θεὸς λόγος), che nasce con Platone, nel pensiero greco rimanda a un discorso “su” Dio, dove Dio è l’oggetto della speculazione. Nella Bibbia il termine “teologia” non esiste e, poiché le parole composte con אל hanno Dio come soggetto, se esistesse rimanderebbe piuttosto a un discorso “di” Dio, al quale dovrebbe corrispondere l’ascolto dell’uomo. Sin dalla prima volta che Dio si rivolge all’uomo “parlando” – nella traduzione della LXX θεὸς τῷ Αδαμ λέγων (Gen 2,16a) – non viene però ascoltato: la donna, dopo aver ascoltato invece il serpente, avidamente “prende”, “mangia” e poi “dà” all’uomo il frutto dell’albero “della conoscenza del bene e del male” (o “del conoscere bene e male”). Nonostante i continui richiami dei profeti la storia che segue continua ad essere una sequenza di parole di Dio inascoltate, il lungo racconto di una “teo-logia” che non si realizza. Perché questo avvenga Dio va ancora oltre: si incarna, si fa parola che si offre in cibo. Nel Nuovo Testamento, nel racconto di Matteo sull’ultima cena (Mt 26,26 e paralleli), e poi nel finale del vangelo di Luca (Lc 24,30.41), riappaiono i verbi “prendere”, “dare” e “mangiare” della Genesi, ma con opposto significato: qui il Figlio, che vive nel perenne ascolto del Padre, “dà” se stesso per i discepoli i quali “prendono” e “mangiano” insieme il pane benedetto e spezzato per loro. In questo modo essi – nel Figlio – ascoltano Dio e lo riconoscono, mentre si conoscono come creati per accogliere il cibo della vita, l’eucaristia, da condividere con gli altri. Nel seguito dell’articolo vengono esaminati altri passi del Nuovo Testamento nei quali la “teo-logia” si conferma come ascolto che si realizza nell’eucaristia, fonte di conoscenza teologica che anela alla preghiera la quale nutre il silenzio che, a sua volta, si nutre di ascolto, eucaristia, e preghiera. Lo studio si conclude con un breve ricordo dell’esperienza mistica di due santi, diversi e complementari: Tommaso d’Aquino e Faustina Kowalska. From the path accomplished in this study “theology” emerges as a eucharistic, cognitive, prayerful and silent listening. The word “theology” (from θεὸς λόγος), which is born with Plato, in Greek thought refers to a discourse “on” God, where God is the object of the speculation. In the Bible the term “theology” does not exist and, since the words composed with לא have God as subject, if it existed it would rather refer to a discourse “of” God, to whom the listening of the man should correspond. From the first time that God addresses to the human being “speaking” – in the translation of LXX θεὸς τῷ Αδαμ λέγων (Gen 2,16a) – he is not heard: the woman, after having listened instead to the serpent, greedily “takes”, “eats” and then “gives” to the man the fruit of the tree “of the knowledge of good and evil” (or “of knowing good and bad”). Despite the constant calls of the prophets the following history continues to be a sequence of unheard words of God, the long story of a “theology” which is not realized. For this to happen God goes even further: he incarnates himself, he makes himself a word offered in food. In the New Testament, in Matthew’s account on the Last Supper (Mt 26,26 and parallel), and then in the final of Luke’s Gospel (Lk 24,30.41), reappear the verbs “take”, “give” and “eat” of Genesis, but with opposite meaning: here the Son, who lives in the perennial listening of the Father, “gives” himself for the disciples who “take” and “eat” together the bread blessed and broken for them. In this way they hear – in the Son – God and recognize Him, while they know themselves as created to receive the food of life, the Eucharist, to be shared with others. Hereafter the article examines other passages from the New Testament in which the “theo-logy” is confirmed as a listening that is realized in the Eucharist, source of theological knowledge that yearns for prayer which nourishes the silence which, in turn, feeds itself with listening, Eucharist, and prayer. The study concludes with a brief reminder of the mystical experience of two different and complementary saints: Thomas d'Aquinas and Faustina Kowalska.
Da un lato gli intrighi della madre, dall'altro la preferenza di Dio che viene da lontano, dal momento in cui gli veniva imposto il nome, fanno ritrovare il giovane Salomone alla guida del numeroso popolo di Dio. Com'è naturale, egli si sente impreparato e inesperto. Attraverso un sogno e una richiesta, Dio lo mette alle strette: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Nell'arco di una notte Salomone deve imparare a scegliere, per sé e per il popolo che è chiamato a governare. Il giovane re capisce che deve chiedere a Dio la fonte da cui scaturisca la capacità del discernimento. E chiede «un cuore in ascolto».
Relazione per il convegno dei cori della Diocesi di Asti- 21 febbraio 2016, 2016
"Atto di canto, atto di fede" (Hameline) Che cosa significa "cantare" nella celebrazione eucaristica? Quali dinamiche mettono in campo le forme artistiche della musica e del canto nella "Messa"? Questo intervento tenuto ad Asti in occasione del convengo dei cori della diocesi nel 2016 prova a fare sintesi tra alcune principali questioni per passare dalla musica "sacra" in chiave testuale a una musica come pragmatica efficace sacramentalmente.
Bollettino Ceciliano, II, 2024
A lezione con Walter Marzilli, XIV (W. Marzilli) 41 ORGANOLOGIA L'organo nei giornali del seIe-oIocento (Giosuè Berbenni) 48 VITA NOSTRA Vita nostra: prossimi appuntamenL, un servizio e/o contribuL all'Associazione, rinnovo iscrizione e/o adesione all'Associazione 54 congresso nazionale:
L'esperienza della prossimità di Dio veicolata dal termine Shekinah assume diverse sfumature anche apparentemente contraddittorie, a riprova di quella coscienza -che accompagna inscindibilimente l'esperienza della vicinanza -della più radicale differenza tra la divinità e la sua creatura, tra il Dio d'Israele ed il suo popolo. In questo contributo ci chiediamo quali eventuali punti di contatto esistano e in cosa le tradizioni rabbiniche e quella cristiana espressa nell' Apocalisse si discostino l'una dall'altra nella descrizione dell'esperienza di un rapporto con Dio pensato e sognato nella sua dimensione più intima.
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.