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During his life, Ludovico Dolce (1508/10 - 1568) was in charge of 356 publications. For this reason, Carlo Dionisotti said he was ‘a literature worker’ (‘un operaio della letteratura’), and Ronnie Tarpening, author of a recent Dolce’s biography, observed he was ‘one of the major transmitters of culture in Cinquecento Italy’. In fact, he devoted most of his life working for Gabriel Giolito, who published the 7 % of the book printed in Venice in the sixteenth century. In this paper, I focus on the translation of fifty Petrach’s famous epistolae published in Epistole di G. Plinio, di m. Franc. Petrarca, del s. Pico della Mirandola et d’altri eccellentiss. hvomini. Tradotte per m. Lodovico Dolce (1548, Gabriel Giolito, Venice). Then, I described one printed edition of this book (MILANO, Biblioteca Comunale Centrale, VET.F VET.484) and I created the critical edition, along with a study about the language and punctuation, of two letters.
2020
This essay will deepen the figure of Giuseppe Fracassetti (1802–1883), a lawyer, historian and scholar from Fermo who published and translated Latin Letters of Petrarch (and more), and his archive at the Biblioteca Spezioli in Fermo, through the study of unpublished correspondence with Giuseppe Valentinelli, who was prefect of Biblioteca Marciana in Venezia and his precious interlocutor in the studies of Petrarch manuscripts.
Dopo aver brevemente ripercorso le vicende legate alla riscoperta dei 'Geografi latini minori' in Italia, con particolare attenzione al ruolo svolto in tal senso da Francesco Petrarca, il contrbuto si concentra sulle note di lettura presenti nei margini di due manoscritti del 'De chorographia' di Pomponio Mela: il Parigino latino 4832 (XIVex.–XVin.) e il Ravennate Classense 279 (1448-1489). Si tratta di codici gemelli derivati da un perduto esemplare trecentesco, da cui i due manoscritti hanno ereditato il medesimo "corpus" di glosse. Tale "corpus" di annotazioni era stato attribuito da Giuseppe Billanovich a Guglielmo da Pastrengo (amico veronese di Petrarca). Attraverso dettagliati riscontri testuali, si mostra come le postille in questione risultino in parte effettivamente collegabili all’attività letteraria di Guglielmo da Pastrengo, ma anche come, in alcuni casi, esse presentino legami particolarmente significativi con opere e annotazioni autografe di Petrarca. Anche a partire dal dato che, come sottolineato dallo stesso Billanovich, con ogni probabilità Guglielmo da Pastrengo conobbe l’opera di Mela proprio attraverso un manoscritto passatogli da Petrarca, si ipotizza quindi che il perduto antigrafo del Par. lat. 4832 e del Rav. Class. 279 contenesse annotazioni di entrambi gli autori (passate poi indistintamente nei due apografi). Il contributo è accompagnato da tavole con riproduzioni dei manoscritti esaminati.
Petrarchesca, 2019
Segnala la presenza di due consilia di Gentile da Foligno diretti a Francesco Petrarca contenuti nel Ross. 974 e li contestualizza nel complesso rapporto tra Petrarca e i medici.
Intersezioni, 2007
Intersezioni: Rivista di storia delle idée. Anno XXVII, numero 3, dicembre 2007. Ed. Massimo Lollini. 475-486 La traduzione letteraria è stata usata storicamente per diversi scopi culturali ed è stata,di volta in volta, adattata ai bisogni particolari di un dato tempo e di un dato autore. Nel Rinascimento, la traduzione ha aiutato a colmare la lacuna percepita fra l'Antichità e l'era moderna; la traduzione romantica è servita ad alimentare un'esigenza della figura dello straniero ed a contribuire a determinare la Weltliteratur di Goethe; la traduzione modernista è servita da laboratorio per la formazione di nuovi stili.
Petrarca, l’Umanesimo e la civiltà europea, Atti del Convegno Internazionale (Firenze, 5-10 dicembre 2004), a cura di D. Coppini e M. Feo, in «Quaderni Petrarcheschi» 17-18, 2007-2008, 829-856
Based on the of dense series of handwritten notes found in the margins of some humanistic witnesses of Varro De lingua latina the paper shows that they date back to Francesco Petrarca. In addition to that it outlines Petrarch’s knowledge of Varro and his works, with particular regard to the De lingua Latina
L'Italianistica oggi: ricerca e didattica, Atti del XIX Congresso dell'ADI-Associazione degli Italianisti (Roma, 9-12 settembre 2015), 2017
Il contributo si interroga sulla ricezione del Petrarca civile nella lirica cinquecentesca, soffermandosi sull’analisi di alcuni componimenti di produzione compresa tra gli anni Trenta e Cinquanta del Cinquecento che a vario titolo riportano la figurazione femminile dell’Italia attingendo rime, lessico e argomenti dalle canzoni politiche dei Fragmenta. Accanto alla continuità dello stesso codice retorico se ne segnalano le istanze di sperimentazione interna e i differenti contesti di riutilizzo.
PhD Dissertation, 2020
Il primo a compilarne una descrizione fu il critico e filologo Francesco Novati a inizio Novecento, e pochi anni dopo il codice-allora milanese-venne incluso da Angelo Solerti nella lista dei principali testimoni di rime petrarchesche apocrife nella sua edizione delle Disperse (uscita postuma nel 1909). Esaminato poi dal Barbi in forza della ventina di rime dantesche in esso contenute, negli anni Quaranta gli dedicò attenzione Wilkins classificandolo tra i testimoni della «forma Malatesta», mentre in seguito Branca lo cita e descrive brevemente a proposito di tre sonetti attribuibili a Boccaccio invece che a Petrarca. Negli anni Sessanta, il codice venne descritto sotto l'attuale segnatura in ms. Bodmer 131 da Besomi nell'ambito del Censimento dei codici petrarcheschi nelle biblioteche svizzere, e nuovamente considerato per la sua parte dantesca da Contini, fino a che, in tempi recenti, compare nella edizione delle Rime dantesche di De Robertis, mentre Cavedon quattro e Pancheri due decenni fa ne hanno valutato il legame con altri codici a riguardo della tradizione manoscritta delle Disperse. 3 Grazie al progetto e-codices-Virtual Manuscript Library of Switzerland, tramite il quale hanno effettuato, nell'ultimo decennio, la digitalizzazione completa e consultazione in open access di ben 2,297 manoscritti dalle biblioteche e collezioni private svizzere, ora anche il nostro Bodmer 131 è consultabile alla pagina http://www.e-codices.unifr.ch/en/list/one/fmb/cb-0131. Accessibile alla pagina web si trova anche l'approfondita e precisa descrizione del codice compilata da Paola Allegretti nel 2003 per il Catalogo dei codici italiani della Bodmeriana, 4 alla quale rimando per la corretta fascicolazione («un duernio seguito da 23 fascicoli, tutti quaternioni tranne il penultimo che è di 6 carte. La prima carta del primo fascicolo e l'ultima
MUNUS, LENIMEN, RELIQUIA: LE FAMILIARI DI PETRARCA LETTE DAI LORO DESTINATARI Il 21 luglio 1368 Petrarca scriveva da Padova a Francesco Bruni -allora segretario apostolico di Urbano V, rientrato da pochi mesi a Roma -una lettera, poi Sen., XI 2, destinata ad accompagnare l'invio della Sen., XI 1, indirizzata al papa ma recapitata appunto al suo segretario. Lo pregava, nel congedo, di rispondere agli omaggi inviati per suo tramite da Coluccio Salutati, in quel momento alle strette dipendenze del Bruni, annoverandolo implicitamente tra i suoi amici (par. 22: «sed id amicis optare soleo quod michi»), anche se forse solo per estensione della categoria da Francesco Bruni al suo collaboratore più prossimo (qui definito infatti «participem» alle sue fatiche; sarà poi innalzato a «pape secretarium alterum» nella lettera a lui indirizzata) 1 . L'11 settembre dello stesso anno il Salutati, informato dal Bruni dell'attestato di stima espresso da Petrarca nei suoi confronti, prende la penna per scrivergli, ancora da sconosciuto («tibi totaliter eram incognitus»), ma rivelando di avergli già indirizzato una missiva, che forse a Petrarca -tournure attenuativa del rammarico di non aver mai ricevuto risposta -non era mai pervenuta: «Quanquam iandiu audaciter nimis atque pueriliter scripserim, nescio tamen si ad te littere pervenerunt». Il punto di più alto slancio dell'esordio è quello in cui Coluccio ricorda di essere stato chiamato "amico" nella lettera diretta al Bruni: «Vidi enim in fine litterarum tuarum, quas nuper a te recepit dominus meus, dominus 1 Sen., XI 2, 22: «Colucium, cuius me verbis salutasti, ut salvere iubeas precor et talem tibi operum participem obtigisse gavisurus magis, quamvis gloriosum laborem magnis delectationibus abundare non dubitem; sed id amicis optare soleo quod michi» [«Ti prego di salutare Coluccio, di cui mi hai mandato i saluti, e mi rallegro che ti sia toccato un simile collaboratore: mi rallegrerei di più se a entrambi fosse toccato il riposo, sebbene non dubiti che questa gloriosa fatica abbondi di grandi soddisfazioni; ma sono solito desiderare per gli amici quel che desidero per me»]: F. petrarca, Res Seniles, a cura di S. rizzo, con la collaborazione di M. berté, Libri IX-XII, Firenze, Le Lettere, 2014, p. 242.
Laureatus in Urbe, 2022
Nel saggio si ripercorrono i luoghi delle prime quattro divisioni della "Pωεtica" (1529) di G. G. Trissino in cui Petrarca è indicato come modello stilistico. In particolare, si dimostra come l’esemplificazione prodotta a partire dai "Fragmenta" (i cui schemi citati sono definiti di «frequentissimω uʃω») sia maggioritaria per quantità e qualità rispetto a quella desunta dagli altri autori antichi (di cui si propongono spesso testure dall’«uʃω quaʃi ignotω» e perciò «da schifar»).
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Petrarchesca, 2017
«In Verbis», anno VIII, n.2, 2018
Cuadernos de Filología Italiana, 1998
Manuel Castiñeiras González (ed.), Entre la letra y el pincel: el artista medieval. Leyenda, identidad y estatus, 2017
Luca Barbirati, 2021
Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze, 83, 2022