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2023, ebook
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50 pages
1 file
Salute e sofferenza possono essere considerate solo nell’orizzonte epistemologico di un’unica scienza dell’uomo che, mantenendo viva la ricerca di senso delle tradizioni sapienziali, sappia servirsi del know how dell’era tecnologica, dominandone l’aspetto violento e le implicazioni disumanizzanti per quel che riguarda sia la vita biologica che quella noetica. Il nuovo corso della civiltà contemporanea, che sembra travolgere culture, religioni e popoli nel processo della globalizzazione, si inserisce sulla trama di antichi miti ricorrenti, immagini archetipali, fondamento della struttura antropologica, la cui potenzialità non può essere ignorata. Proprio il mondo immaginale dei miti può illuminare di luce radiante modalità fondanti dell’esistere (come bellezza, salute, felicità, dolore, follia, lavoro e festa, vivere e morire), sottraendole al pensiero calcolante e all’aspetto annichilente e burocratico della tecnologia e restituirle alla vita dei singoli e delle comunità.
Le tradizionali griglie di comprensione antropologica, sociologica, psicologica, ampiamente insufficienti, descrivono un mondo in via di sparizione e dunque non sono in grado di illuminarci sulla lettura di quei fenomeni che si stanno spiegando sotto i nostri occhi. È urgente dunque innanzitutto assumere nuovi modelli teorici, strumenti concettuali rinnovati capaci di leggere le realtà di oggi in rapida e talvolta sconvolgente trasformazione.
da I fogli di Oriss, 5, 1996, pp. 29-56) Tra modernità e tradizione.
Mythos. Costruzione e percezione dei racconti tradizionali nel Mediterraneo antico
2015
The aim of this contribution is to discuss the ethical function of suffering in Manzoni’s Storia della Colonna infame as a means for catharsis and as a persuasive rhetorical argument addressed to the reader. By representing both physical and moral suffering Manzoni states that evil corrupts not only the perpetrators but also the innocent. The author therefore critiques the wilful use of pain as a means to force others’ mind. Although Manzoni unfolds logical argumentation to argue his thesis, he finally accepts to justify the suffering of the innocent as a sort of redemptive sacrifice within the frame of Providence. In the article Manzoni’s conception of suffering will be analysed also by referring to texts which investigate suffering from the standpoint of existential philosophy (Camus and Pareyson) and from that of literary anthropology (Girard).
2001
1. Ringrazio innanzitutto per l'onore di introdurre questa discussione sul postmoderno. Per cercare di illustrare il senso di ciò che viene designato con il termine postmoderno, le sue conseguenze filosofiche e i compiti che pone utilizzerò come prospettiva quella che desumo dal titolo del progetto di ricerca che accomuna quanti sono qui presenti: quali implicazioni ha il postmoderno per ripensare concetti come quelli di libertà, giustizia e bene?
Percorsi della dialettica nel novecento. Da Lukacs alla cibernetica, ed. by M.L. Lanzillo and S. Rodeschini, Roma: Carocci, 2011, pp. 93-124, 2011
MARIA. LAURA LANZILLO oppone un identico e opposto no (il divieto cioè di sottrarsi al suo ordine), dà luogo alla possibilità di una condizione politica radicalmente nuova, percbé segnata sia dalla scomparsa del signore sia da quella del servo".
This paper focuses on the potential reaction of "postmodern" people vis-a-vis an emerging age of economical scarcity, with higher and higher probabilities of fast growing social conflicts, and possible genocides.
Negli ultimi quindici anni di ricerca e insegnamento i temi e i soggetti a cui abbiamo rivolto la nostra attenzione, a partire da posizioni e con traiettorie indipendenti, hanno mostrato un denominatore comune che si può indicare nel mito. Ogni volta, nell'affrontare con strumenti e sguardi di volta in volta monografici o tematico-discorsivi, oggetti disparati legati alle dimensioni della politica, della società, dell'economia, dell’identità, dell’immaginario, della memoria, della storia, delle credenze, la questione del mito – di cosa fosse, cosa sia, come si generi, come si trasformi, come agisca, cosa produca – si è posta come centrale e urgente. A partire dal 2011 la nostra collaborazione sul tema del mito ha dato vita a una riflessione specifica che si è materializzata nella pubblicazione di un volume collettaneo, curato dai sottoscritti e con circa trenta collaboratori, dedicato al mito nel XX secolo: Filosofie del mito nel Novecento, Carocci, Roma 2015. L'impianto generale di questo numero della rivista e alcuni articoli derivano da quel cantiere di lavoro, inteso come una vasta ricognizione sul mito e sul modo di rivolgersi a esso nella cultura contemporanea. Filosofie del mito nel Novecento, che può essere considerato il fratello maggiore di questo numero, consiste in un percorso storico-storiografico per autori e temi, strettamente legato alla filosofia, all'antropologia e alla storia della religioni: diversamente gli articoli qui proposti, dopo un inquadramento filosofico (teoretico e politico al tempo stesso) dei curatori, prendono in considerazione alcuni snodi trasversali della miticità contemporanea, in ambiti diversificati come quelli dell’arte visiva, della critica letteraria, del cinema, delle scienze cognitive, della storiografia, dell’esoterismo. Abbiamo invitato studiosi e studiose di differenti ambiti a scrivere testi relativamente brevi, a metà tra un saggio e una voce di enciclopedia, chiedendo un apporto teorico che non va inteso in senso completistico o riassuntivo. Ogni tema è dunque stato declinato mediante la scelta di un percorso o uno studio di caso, significativo ed esemplare. Nel caso di arte, letteratura e cinema, curati rispettivamente da Martina Corgnati, Giulia Boggio Marzet Tremoloso e Giampiero Frasca, si tratta, come è immaginabile, di mostrare gli aspetti estetici e poietici del mito nella cultura del Novecento, con tagli e prospettive che sono propri di ogni ambito, nel riferimento al mito come repertorio di soggetti e temi o strumento analitico, ma anche come generatori di nuova e specifica miticità. Il saggio di Gianluca Solla su Kantorowicz, nel contesto del George-Kreis e della cultura nella Repubblica di Weimar, nella sua singolarità mostra come anche la scienza storica, nella sua prassi scritturale e metodologica, possa essere strettamente intrecciata alla dimensione mitologica e si inscriva in cortocircuito tra passato e presente, che richiede anche sorveglianza. In una sorta di antipodo, il saggio di Francesco Baroni illumina in termini storico-storiografici e di storia delle idee un ambito in cui il mito, nella produzione testuale di figure come Guénon e Evola, consuma l'intero spazio del reale, della storia e del divenire fino a trasformarsi in contro-mondo finanche allucinato e ideologizzato, dove la dimensione metafisica tende ad azzerare o sovradeterminare quella sensibile e materiale. Il saggio dedicato alle neuroscienze cognitive, scritto da Edoardo Acotto mostra un'approccio biologico, evoluzionista e in qualche modo neo-trascendentale al mito, innovativo e tendenzialmente recente, almeno per gli standard italiani, che apre prospettive particolarmente interessanti che non possono non essere problematiche per chiunque si rapporti alla dimensione del mito in termini “classici” e metafisici. Contro i fanatici rimitizzatori e per avvertire gli ingenui demitizzatori, pensiamo sia opportuno guardare al “mito” o meglio al MITO, nelle sue declinazioni – mitologie, miticità, mitopoiesi, mitodinamiche; per tracciarne gli slittamenti, le intermittenze e le folgorazioni, inseguendoli negli ambiti delle pratiche sociali in virtù delle quali i vincoli collettivi trovano stabilità e fondamento. Con l'idea che in questo quadro si inscriva parte significativa del modo in cui i moderni narrano sé stessi e definiscono portata e limiti del luogo, supposto altro, abitato dal mito.
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