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Da incontro svolto nel 2021 nel luogo del castello di Ghino
Dal volume DANTE E LA POLITICA dal passato al presente, eds. F. Silvestrini, F. Maiolo, L. Marcozzi, Roma3 Press, con molti importanti contributi al link: https://romatrepress.uniroma3.it/wp-content/uploads/2022/12/sant-mms.pdf
Tertulliano, De resurrectione mortuorum VIII, 6-7
Ocula, 2022
I versi 22-45 del XXVIII canto dell'Inferno sono problematici per le traduzioni in lingue che predominano in paesi prevalentemente islamici. Tali versi, infatti, descrivono il castigo che Dante immaginò per Maometto e Alì. La severità della loro punizione si esprime, in particolare, attraverso la figura del volto diviso in due, contrappasso per coloro che, secondo Dante, commisero il peccato di dividere la cristianità. Il volto è onnipresente nel capolavoro dantesco. L'articolo ne riassume la semantica in riferimento anche ai quasi sinonimi di viso, faccia, e sembiante, distilla la bibliografia saliente sull'argomento e propone che l'itinerario del viator attraverso le tre dimensioni della dannazione, della purgazione, e della beatitudine sia anche e soprattutto un itinerario fatto di volti che il viator incontra, il suo volto pure trasfigurandosi mano a mano lungo il percorso di santità.
«La letteratura italiana a Congresso. Bilanci e prospettive del decennale (1996-2006)». Atti del Congresso Annuale, Capitolo (Monopoli) 13-16 settembre 2006, a cura di Raffaele Cavalluzzi, Wanda De Nunzio, Grazia Distaso, Pasquale Guaragnella, Lecce, Pensa Multimedia, 2008, vol. II, pp. 351-359, - ISBN/ISSN: 9788882325831
Gli Autori esaminano il tema del ne bis in idem: anzitutto, sottolineano l'importanza di tale principio, che rappresenta un valore fondamentale della società democratica e moderna; in secondo luogo, si concentrano, in maniera critica, sul concetto di ne bis in idem e lo inquadrano quale garanzia essenziale del sistema giuridico. Ulteriore passaggio è quello dedicato alla differenza tra il ne bis in idem sostanziale e quello processuale. La trattazione si conclude, da un lato segnalando i profili di merito del "dialogo" in atto sullo specifico tema tra le Corti e dall'altro lato facendo cenno alle soluzioni future per scongiurare la duplicazioni dei procedimenti e dei trattamenti sanzionatori.
L'uomo su cui riflette sant'Agostino e l'uomo cantato da Dante lungo tutta la sua opera sono accomunati da un medesimo desiderio: essere felici. La felicità coincide con Dio, desiderio sommo di ogni uomo, e dona all'uomo quella pace che può essere raggiunta solamente compiendo un esodo.
Le più recenti polemiche sul conflitto tra Guido Cavalcanti e Dante hanno lasciato un vuoto nel quale si agitano tante domande non giunte a compimento.(1) L'originario spazio della Vita Nova ,come luogo esclusivo della verifica di posizioni opposte tra i due, ha in Donna me prega la risposta nella quale vengono puntualizzate le dottrine contese. C'è una puntuale rappresentazione dell'amore secondo legge naturale per una ontologia di origine filosofica e medica. Dante risponde con Doglia mi reca ne lo core ardire spostando il problema dalla fenomenologia dell'amore all'etica contrastando il disegno cavalcantiano su un altro piano. I due non si incontrano più e ciascuno parla del proprio mondo. L'amore come fenomeno fisico che non ha nulla in comune con l'etica. Fra loro l'incontro non c'è più perché ognuno dei due parla soltanto di sé, della propria poetica e della propria biblioteca mentale. Ma la battaglia continua e si intreccia con gli altri problemi imposti da una filosofia che non accetta compromessi intellettuali. L'antagonismo bisogna cercarlo all'interno del loro mondo poetico nel momento in cui Guido continua a fare poesia dentro un universo umano dominato dal dolore e dalla tragedia della mancata corrispondenza e Dante va a vivere in un altro universo nel quale la presenza della donna non viene mai meno e perciò è dolce rispetto all'altro amaro. Nel regno dell'amore nel quale non c'è mancanza di corrispondenza. L'importante è la possibilità di fissare dottrine concorrenti individuando la biblioteca nella quale stanno assieme a tutti gli altri principi filosofici. Una battaglia c'è già e Guido Cavalcanti e Dante vi si collocano con la propria personalità e la lingua poetica che permette di tradurre la filosofia in codici comuni. La chiave è sempre Guido Cavalcanti e la sua polemica palese con Dante. E' lui a gestire il conflitto mentre Dante è sulla difensiva. Si possono raccogliere tutti i testi di questo antagonismo e verificare in quale modo i due contendono la propria prospettiva intellettuale. L'astio di fondo è palese sul piano personale e si chiarisce anche quello intellettuale quando si confrontano i due mondi dei due poeti. Dante diventa il nemico che viene attaccato sul piano personale e non soltanto su quello dei principi. Soltanto nel contesto che si sta costruendo si può comprendere il conflitto tra un aristotelico-averroista e un neoplatonico guinizzelliano, il tradimento del secondo che abbandona la dottrina della species intelligibilis per fare proprio il principio dell'illuminazione neoplatonica. Questi poeti si comportano come una chiesa dalla quale vengono fuori degli eretici che mettono in discussione la dottrina fondamentale. Gli eretici vengono scomunicati. Il nemico è costui e soltanto restituendo la dottrina propria a ciascuno dei due si è in grado di definire le frontiere e le opposizioni. Se si prende atto che c'è un dissidio o un conflitto tra Guido Cavalcanti e Dante bisogna anche cercare il perché. Certamente non per motivi personali ma sullo stesso piano delle poetiche e delle dottrine che le sorreggono. I motivi personali non precedono la polemica intellettuale e poetica ma seguono. Sono una conseguenza e Guido Cavalcanti eccede i problemi intellettuali ed investe Dante di tutti i suoi umori sarcastici. A)Nemica di gentil natura.
2021
Tratto dalla mostra 'Dante e Maghinardo' svoltasi presso il Palazzo dei Capitani, Palazzuolo sul Senio (FI), 10-25 luglio 2021. Testo a cura di Alfredo Menghetti; appendice a cura di Francesco Pagliani Dante, durante il lungo esilio, ebbe frequenti rapporti con la Romagna. Nell’Alto Mugello, che verosimilmente egli attraversò, nacque e volle essere sepolto Maghinardo, detto anche il ‘demonio’ del ‘Pagan’ o, più gentilmente ‘il lioncel dal nido bianco’. Indagare i rapporti fra Dante, Maghinardo e parte della folla di personaggi che popolano le cantiche della Divina Commedia è lo scopo di questa mostra. Attraverso legami personali, eventi e monete si cercherà di intrecciare la figura del poeta a quella del condottiero, lasciando al visitatore gli indizi per provare un legame finora mai testimoniato.
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la Biblioteca di Via Senato, 2019
RIVISTA DI STUDI INDO-MEDITERRANEI, 2017
L'eclettico, 2020
La fabbrica dei cammei. Leonado de' Vegni (1731-1801) genio incognito del secolo dei Lumi. Architetto, erudito, inventore dell'Arte plastica dei tartari, 2022