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Metafore del viaggio: testi, identità, generi in movimento

Forse perché il turismo di massa ha fatto del viaggio un'esperienza quasi banale o forse perché la civiltà dell'immagine ha reso familiari le genti e i paesi più lontani, oggi si parla molto del viaggio, quello che, almeno agli occhi del grande pubblico, conserva ancora il fascino dell'avventura, dell'incontro, della scoperta della diversità. Non solo ne trattano con insolito interesse i mass-media, ma il tema del viaggio è diventato una moda anche per la cultura. Se ne occupano infatti studiosi di diversa formazione, con ricerche, dibattiti, convegni, e questo perché senza l'esperienza del viaggio la storia dell'umanità si svuoterebbe di contenuto. Migrazioni, campagne militari, missioni diplomatiche e religiose, viaggi commerciali formano l'ossatura di quel grande processo che nel corso dei tempi storici ha portato i popoli che in precedenza si erano semplicemente distribuiti sulle terre emerse seguendo le loro prede a riconoscersi, a identificarsi e a instaurare rapporti di convivenza civile. Attraverso i resoconti di viaggio le grandi civiltà del passato hanno preso coscienza di sé e dell'esistenza di altre genti, hanno modellato ognuna la propria immagine del globo e dell'ecumene, integrando di continuo le proprie concezioni cosmografiche e geografiche con i dati delle esperienze odeporiche. Nella prefazione a uno studio sui viaggi, missioni e spedizioni esploratrici, Eric J. Leed introduce una distinzione tra il viaggio dei nostri tempi, che "è libertà, è un metodo per sviluppare se stessi razionalmente" e quello del passato, che a suo parere gli "antenati preindustriali" interpretavano "in termini di fato e necessità". Tuttavia, come tutte le distinzioni troppo nette, anche questa ha un fondamento di verità ma anche un limite pericoloso. È vero, infatti, che la quasi totalità di coloro che partivano per una spedizione militare o per l'esilio o erano deportati, se avessero potuto scegliere, non l'avrebbero fatto. In tal senso si può parlare di "viaggi non voluti", anche se non per questo vissuti sempre come ineluttabili fatalità. Ma è piuttosto curioso ridurre le motivazioni di altri viaggi, come ad esempio quelli di Colombo o dei missionari cristiani medievali, al desiderio di rendere un servizio al proprio Dio, in nome del quale essi sarebbero stati disposti a sacrificarsi e a subire ogni sorta di patimento, accettando la fatalità del proprio destino. D'altra parte, anche in passato vi è stato chi viaggiava per diletto, per "investigare qualche particella di questo nostro terreno giro", come dichiara Lodovico de Vartema, uno dei più simpatici giramondo dell'età moderna, nella dedica del suo Itinerario, mentre i nostri giorni hanno visto e vedono imprese di tipo esplorativo che non hanno affatto lo scopo di "riconoscere se stessi e trovare una libertà interiore", ma che rappresentano invece l'eterna sfida al limite delle possibilità dell'uomo nell'esplorare luoghi ancora poco conosciuti, raggiungere le vette delle grandi montagne, compiere insomma imprese odeporiche di tipo tradizionale, nello spirito e con la coscienza di contribuire a migliorare la conoscenza del nostro pianeta. Per sgombrare il campo da ogni equivoco, sarebbe opportuno semmai includere in una categoria tutta particolare, sconosciuta al passato meno recente, i viaggi turistici, resi possibili dall'avvento dei mezzi di comunicazione moderni. Questi viaggi sono un fenomeno di massa senza alcuna relazione, se non raramente di dipendenza con il sapere geografico. Certamente, ciò che accomuna il viaggio di oggi con quello del passato è la definizione intrinseca del viaggiatore: egli è, cioè, colui che costituisce, spostandosi, una distanza. Postulando che egli abbia una dimora, un luogo di stato abituale, egli se ne allontana, si pone in uno stato distante da quello di partenza. La costituzione di questa distanza spaziale ha inoltre una sua durata (e postula una attesa di riavvicinamento). Il viaggio è lontananza anche nel tempo (passato e futuro) dal proprio, dal noto, dal familiare; confronto con l'altro e il diverso, e, attraverso questo confronto, conquista dell'identità, visione di sé. E la lettera di viaggio, intesa nel senso più generale di ragguaglio