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Da sempre i bronzetti sardi hanno costituito un unicuum estraneo alla produzione in serie, ecco come un ritrovamento fortuito sul Web può mostrare ad un occhio esperto la mano di un artista dell’Età del Bronzo e i prodotti del suo atelier.
"I Ligari. Disegni dalle collezioni private", a cura di A. Dell'Oca e G. Angelini, Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, Sondrio 2008, pp. 10-13., 2008
Inedito, 2006
Uno sguardo parziale sulle linee della poesia italiana nel secondo Novecento Marco Zulberti E' indubbio che la poesia del secondo Novecento poetico sia ancora da inquadrare, comprendere e valorizzare pienamente. Un magma di movimenti, correnti, raccolte, poeti, riviste sta dietro di noi e aspetta di essere dipanato, organizzato. A partire dal 2000, convegni, seminari, saggi, antologie, organizzati per lo più da riviste e case editrici hanno cominciato ad affrontare il tema anche con l'uscita di antologie come I poeti del Limbo di Marco Merlin, fondatore di «Atelier», una delle operazioni critiche intellettualmente più coraggiose tentate sulla poesia contemporanea, proponendo una prospettiva completamente rinnovata su cui è necessario riflettere e anche sollevare osservazioni critiche.
2010
I media hanno cambiato pelle. La loro progressiva diffusione li ha portati non solo a occupare ogni interstizio della nostra quotidianità, ma anche a costituire l’orizzonte entro cui ci muoviamo. In questo senso essi non appaiono più come strumenti di cui servirsi, ma piuttosto come un ambiente – anche al plurale: ambienti in cui operare. Questa trasformazione impone un profondo riaggiustamento mentale. I vecchi concetti servono a poco: fanno riferimento a situazioni semplificate che, letteralmente, non si danno più. Pensiamo ad esempio allo schema emittente-recettore: hanno forse ancora una direzione univoca – e più radicalmente hanno una direzione – le parole che circolano in rete? O pensiamo al concetto di spettatore: a cosa ‘assiste’ chi davanti ad uno schermo televisivo segue un programma e contemporaneamente lo commenta su un social network? O pensiamo all’idea di effetto: quando un messaggio è rielaborato dal basso attraverso pratiche di re-cut o il mash-up, si può ancora dire che ‘causi’ un comportamento, o piuttosto bisogna pensare che esso funzioni da semplice pre-testo? L’idea stessa di comunicazione vada stretta a questo paesaggio mediale. Nelle due grandi aree oggi in crescita, rispettivamente quella dei social network, che offrono ad un soggetto soprattutto una vetrina in cui esporsi agli altri, e quella dei locative media, che offrono ad un soggetto la possibilità di orientarsi in un territorio fisico, non si ‘comunica’ nel senso tradizionale del termine; ci si mette in scena, si gode dell’essere guardati o letti, si evita di perdersi, si individua una meta, si accumulano ‘amici’ che non si conosceranno mai ecc.; ma non c’è più – o almeno non sembra esserci – quel senso dell’incontro e dello scambio tra soggetti che ha costituito il nucleo concettuale della parola ‘comunicazione’.
Nel lessico giuridico romano il termine recitatio insieme con la relativa forma verbale recitare viene usato spesso per indicare la citazione di testi normativi compiuta ad alta voce nelle aule giudiziarie direttamente dalle partì o dai loro avvocati durante un processo; per designare la stessa attività si trova talvolta anche il meno tecnico legere e, molto raramente, prò/erre1; nel lessico giuridico della lingua greca viene adoperato il verbo òvayiyvaiGKSiv e, più raramente, Àéyeiv2.
Alla ricerca delle tracce: da San Juan a Borges, in Per Cristina Campo, All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano, 1998
racconta di aver tradotto alcune pagine del poeta spagnolo San Juan de la Cruz.' Insieme alla predilezione per lo scrittore era stata un'impellente richiesta editoriale quella che l'aveva spinta al lavoro, nonostante la stanchezza e l'accumularsi degli impegni;^ i testi tradotti furono pubblicati infatti in quello stesso 1963, con lo pseudonimo Giusto Cabianca,* nel volume J mistici curato da Elémire Zolla."* E l'impegno non doveva essere stato poco, considerata la quantità dei brani antologizzati. Si trattava di versi e di prose (offerti nella sola traduzione italiana); i primi corrispondevano a tre strofe della Subida del Monte Carmelo [Salita al Monte Carmelo),^ alla Noche oscura [Notte oscura), alla Llama de amor viva [Fiamma d'amor viva), aUe Coplas hechas sobre un éxtasis de harta contemplación [Strofe scritte sopra un'estasi di alta contemplazione) e, infine, alla seconda parte della «letrilla» Suma de la perfección [Somma della perfezione)] le seconde, più numerose, erano tolte dalla Subida del Monte Carmelo, dalla Noche oscura e dai Dichos de luz y amor Avisos y sentencias espirituales.^ La versione delle prose che Cristina Campo offriva al lettore era assolutamente fedele alla lettera del testo spagnolo; e del pari fedele era quella delle poesie,' attenta non solo al significato, ma anche al ritmo e alla musicalità dei versi," che si sforzava di rispettare sia nella rima che nel numero delle sillabe (settenari, endecasillabi, ottonari, decasillabi).' Se ci soffermiamo su queste traduzioni risulta evidente che alla sensibilità per l'armonia dei suoni si accompagnava la preoccupazione per la valorizzazione della potenzialità semantica dell'originale e per la sua resa eulta. Ne sono esempio il juntaste tradotto con il più indiretto «accompagnasti», Vaire daha espresso con un «ventilava» intenzionalmente in allitterazione con «ventaglio», i due predicati quedéme tplvidéme invertiti per assecondare la rima e trasformati nei più oggettivi «acquetato» e « dimentico »;'° o analogamente, il rompe la tela convertito nel più delicato «rompi il velo», il recuerdas sostituito da un «riposi» che, legato al successivo «nel mio seno», sottolinea lo stato di assoluto abbandono dell'anima a Dio*' o, infine, gli indeterminati se sube e se entendta personalizzati in «salivo» e «intendevo».'^ Scelte lessicali suggerite, forse, più che da un'attenta riflessione, da quell'« orecchio intemo » per la lingua italiana che Cristina Campo confessava di utilizzare sopra ogni altra cosa come guida nel tradurre.'^ Questa sensibilità, considerata con modestia nei suoi limiti,'^ non le impediva però di essere cosciente dei complessi problemi connessi all'arte del tradurre, della necessità di calarsi ogni volta nel diverso mondo linguistico e letterario dell'autore,'' della doverosa « evasione» da compiere rispetto all'inerte traslitterazione del testo.'^ Ed è proprio la parola, come sintesi di esattezza e di espressività, l'elemento che la Campo valorizza nella stessa opera di San Juan de la Cruz, dove il verbo appunto non perde «nulla della sua porpora» pur offrendo, al pari del « più perfetto repertorio scientifico », la « ratifica tecnica di ogni singolo attimo 172 di vita spirituale».'^ Esemplare le appare inoltre la fusione di dimensione ascetica e di capacità di «magistero» che caratterizza l'opera del santo spagnolo e che lo porterà a costruire un «sistema» del percorso mistico." Cristina Campo ritorna infatti più volte sull'importanza dei tre libri in prosa che compongono la Subida del Monte Carmelo (scritti a completamento e commento dei versi della Noche oscuraY^ e che, sciogliendo il significato di metafore, simboli, allegorie, si presentano come uno strumento indispensabile per avvicinare al difficile percorso spirituale anche il lettore più inesperto: Le canzoni d'amore di san Giovanni della Croce. Se non avesse scritto quei tre immensi trattati per spiegarcene il senso, che ne avremmo pensato? D'altronde l'adesione al misticismo aveva portato la Campo, al di là delle già alluse traduzioni, a conoscere profondamente i testi di San Juan, e a citarli più volte nella sua opera. È significativo, a questo proposito, come alcuni versi del Cantico espiritual compaiono fuori contesto per esemplificare il fondersi, nella letteratura mistica, di erotismo e di spiritualità (un incontro di opposti non parimenti perseguito dall'amore umano): «los ojos deseados / que tengo en mis cntraiias dibujados».^' Ostinato e felice dimorare dei mistici nel linguaggio erodco. Mentre così pochi amanti osano quello sopranaturale." O ancora altri versi siano evocati come momenti di un difficile iter di formazione che vede la sofferenza dell'asceta equiparata (in una sintesi del tutto personale di interessi e di letture) a quella dell'eroe di una fiaba. Va notato anzi come la Campo isoli i titoli Noche oscura e Subida del Monte Carmelo e li trasformi in sintagmi autonomi che applica poi, per la loro sinteticità espressiva (al pari di una qualsiasi perifrasi metaforica), a situazioni completamente diverse. Li ritroviamo infatti a connotare una sua personale vicenda (l'impedimento alla lettura provocatole dalla malattia e dal soporifero effetto dei farmaci): È stato un mese di circa 300 settimane, durante il quale i viaggi agli Inferi e le salite al Carmelo sono state le mie passeggiate quotidiane. Terribile il tutto-ma spesso non inutile," ma anche a ribadire !'«itinerario mistico perfetto» di un romanzo della Contessa de Ségur: [È] la saga del buon piccolo Enrico, che per pietà filiale ascende la montagna improba, in cerca della pianta della vita, è una salita al Carmelo descritta, con impeccabile sapienza, nelle sue sette stazioni," o a delineare le ardue vicissitudini di un personaggio letterario coronato dalla finale vittoria: Al termine della sua discesa agli Inferi, della sua salita al Carmelo, lo attende la misura traboccante, il mondo per soprammercato, o infine a legare il talamo nuziale, elemento di perseguita fusione deU'anima con il suo Creatore, al citato mondo della fiaba. In questo parallelismo di generi, anzi, solo la posizione del lettore le sembra diversa, giacché nella fiaba egli viene m privato di ogni guida (ne usufruisce invece chi si avvicina all'opera mistica) per essere lasciato solo a risolvere il mistero e l'incognita della narrazione: La descrizione del letto di nozze « de cuevas de leones enlazado / de mil escudos de oro coronado».^^ Così i narratori di fiabe ci descrivono le loro notti oscure, le loro salite al Carmelo. Solo i commentari essi tralasciano. Spetta a noi ricomporli.^' L'analogia tra Viter d'iniziazione intrapreso per raggiungere Dio staccandosi dalle tentazioni terrene e il viaggio avventuroso dell'eroe che procede verso la conquista dell'ignoto è fin troppo esplicitamente dichiarata: Il Cantico spirituale di san Giovanni della Croce è una classica storia d'amore e di viaggio alla ricerca del Principe incomparabile. Vi si parla di monti e di riviere, di tane di leoni e di isole strane, di superfici argentee nelle quali affiorano occhi, di letti nuziali difesi da scudi d'oro. Si fa voto partendo di non cogliere i fiori, di non temere le fiere, di non valicare fortezze e frontiere." D'altronde, mentre l'aura d'attesa, d'incognita e di coi^quista che accompagna colui che intraprende l'accidentato percorso mistico equivale alle sorprese, alle insidie e alla finale vittoria riservate al protagonista della fiaba,^ la stessa identità dei personaggi finirà per confondersi e-nel comune isolamento, smarrimento, anelo di ricerca-lo «sposo» sarà identificato con l'immaginario principe: Un vuoto ricolmato di silenzio [...] è ciò che ci descrive san Giovanni della Croce-e che altro sussurra la fiaba, della quale egli usa così regalmente le figure? Il principe perduto del Cantico spirituale lo si ritrova facendo di sé pellegrino e mendico, l'uomo di cuore vuoto, il morto per terribile amore [...].'° E se in questo caso è la tensione verso la «rieducazione [dell']anima»*' a suggerire alla Campo l'affinità tra tesa e generi letterari diversi, altre volte è invece l'aspetto più esteriore della religiosità spagnola ad offrirle l'occasione di un confronto esemplare. Così il ricordo degli ultimi atti con i quali John Donne volle fissare l'immagine della sua morte è definita « un tratto da grande teatro mistico spagnolo», una «scenografia da Escuriale», degna cioè del più appariscente e lugubre memento mori^^ o, analogamente, la sua opera è ricollegata, per i comuni «postulati spirituali ed estetici» ispiratori, ora all'«apparizione di Ignazio di Loyola, puro spettro in cammino al centro della sua tomba d'oro e lapislazuli », ora alla tetra visione del Finis gloriae mundi di Juan Valdés Leal dove « i pesanti ornamenti pontificali del vescovo scheletrito » sono « posati su un piatto di bilancia irredimibilmente leggero mentre l'altro e inclinato dal solo cuore infiammato di Cristo »,** ora infine al solenne Entierro del Conde de Orgaz di Diego Velàzquez dove «l'umidore sepolcrale» ne «raggela le trine».*'* E se di questo pittore ricorda anche i «tragici specchi», «rotondi» e «concavi», dove «V imago mundi si restinge» raccogliendo «vaste stanze momentaneamente invisibili »," la solennità e la purezza di Goya vengono fissati come elementi caratterizzanti della sua stessa progettata poesia: Io vorrei scrivere certi versi che ho in mente da tanto tempo. Una specie di Cantico dei Cantici rovesciato. [...] dovrebbe essere solenne e puro-e anche qualcosa di terribilmente vivo-come un piccolo Goya.**
Le tracce dell'ateo. Da Lessius a Descartes via Vanini, Mersenne e Petit Emanuela Scribano 1. Mersenne e Petit. Mersenne presentò a Cartesio una serie di obiezioni che, nella traduzione francese delle Meditationes de prima philosophia, vennero attribuite a «diversi teologi e filosofi» 1 . Sotto questa etichetta si celava Mersenne stesso 2 . Tuttavia, la presentazione delle obiezioni come opera di «diversi teologi e filosofi» è apparsa meno dissimulatrice di quanto si sarebbe potuto credere dopo che, in un dotto articolo, Claudio Buccolini ha fatto risalire gran parte delle obiezioni avanzate da Mersenne contro le Meditationes, soprattutto quelle di carattere teologico, alle Objections che Pierre Petit aveva formulato contro il Discours de la méthode tra il 1637 e il 1638 3 . Gli imprestiti di Mersenne nei confronti di Petit riguarderebbero: 1. Le critiche contro la prova cartesiana dell'esistenza di Dio a partire dalla sua idea. Più in particolare, le critiche contro l'innatezza dell'idea di Dio. L'idea dell'ente sommamente perfetto potrebbe ben provenire dalla collezione di più perfezioni osservate nell'uomo stesso o nel mondo, o dall'educazione. Il possesso dell'idea innata di Dio sarebbe smentito, tra l'altro, dall'assenza di quell'idea in popoli «sylvestres» 4 . 2. La critica contro la tesi cartesiana secondo la quale la certezza in qualunque ordine di conoscenza, e segnatamente nelle conoscenze matematiche, dipende dalla conoscenza dell'esistenza di Dio 5 .
La relazione di stima va espletata seguendo lo schema di massima sotto riportato.
Cosa rappresenta, nel contesto di una riflessione sulla costruzione dell’identità personale, il ricordo del sentiero che si percorre per raggiungere la scuola? Riflessioni a partire da Gargani e Bernhard.
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in riv. Archeologia dell’architettura, n° 9 2004 (2006), ISSN 1126-6236, pp 9-31
Aquileia Nostra 78, 2007
Rivista dell’Osservatorio Outsider Art, Université de Palerme, n° 9, printemps 2015, p. 88-97., 2015
Umberto Maria Semino, 2020
Ritorno alla terra / Back to Earth, 2013
HAL (Le Centre pour la Communication Scientifique Directe), 2020