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L'identità in facciata si pone come obiettivo quello di investigare sulla possibile costruzione dell'identità del luogo usando come medium le facciate mediatiche e come mezzi la narrazione e la partecipazione. Si è deciso di cominciare con la definizione di città secondo un approccio umanista e sistemico, che possa evidenziare nuove problematiche e potenzialità, quali la globalizzazione e il decentramento urbanistico. Questi fenomeni hanno infatti portato a un'attenzione sempre maggiore sul senso del luogo, inteso come tutte quelle tematiche che hanno a che fare lo spazio e l'essere umano che lo usa e ci abita. Partendo dalla stretta relazione presente tra ethos del luogo e memorie sociali e personali, si è proceduto all'investigazione del tema della narrazione, intesa non solo come tecnica atta alla creazione di storie ma anche come processo cognitivo che influenza la percezione del mondo che circonda la persona che lo compie e incide sull'immagine che questa ha di sé. Per compiere un percorso comunicativo di memorie e narrazioni sul luogo, si è ritenuto opportuno lavorare sulla partecipazione, in modo tale che il risultato possa essere ritenuto il più inclusivo possibile. La partecipazione non è vista qui solo come la possibilità di permettere agli utenti di un mezzo di creare il proprio contenuto, ma permea l'idea progettuale stessa, al fine di coinvolgere più entità possibili nell'organizzazione e nella definizione di contenuti. Si è scelto di lavorare sulle facciate mediatiche perché le si ritiene un mezzo per sua natura pubblico e progettato per essere installato in un luogo urbano. Questa scelta, dettata anche dall'esperienza da me fatta presso BRENNEREI, ha determinato una riflessione ulteriore su quale potrebbe essere il ruolo di uno schermo in un luogo pubblico e urbano. Il progetto che si ipotizza in questa tesi, ID:BVS, si pone come percorso flessibile, partecipato e pubblico che possa portare gli utenti del luogo a riflettere su cos'è il luogo in cui sono. La modifica della percezione di un elemento esterno potrebbe portare le persone a cambiare anche il modo in cui agiscono nel mondo reale, dando forma così a ciò che siamo abituati ad avvertire con i sensi. Il sorprendente interesse mostrato dalle realtà educative e associative presenti nel quartiere scelto ha, da una parte, confermato l'esigenza di un lavoro sull'identità del luogo che vada al di là del branding e dell'urbanistica, mostrando dall'altra parte uno spontaneo sospetto sul ruolo commerciale che uno schermo del genere potrebe avere.
Eraldo Affinati, scrittore e giornalista, insegna italiano ai minorenni non accompagnati della Città dei Ragazzi. Marco Aime insegna Antropologia culturale all'Università di Genova. Ha condotto ricerche sulle Alpi e in Africa occidentale. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia presso l'Università di Parma, dirige la rivista «La Società degli individui». Erri De Luca, scrittore, alpinista, collabora a diversi giornali, scrive anche sulla montagna. Rita Messori è docente di Estetica al Dipartimento di Filosofia dell'Università di Parma. Massimo Quaini, geografo umanista e storico della cartografia nell'Ateneo genovese, è consulente per la pianificazione territoriale. Davide Sapienza è scrittore, traduttore, giornalista e viaggiatore. Giuliano Scabia è drammaturgo e romanziere, dal 1973 è docente di drammaturgia al DAMS di Bologna. Italo Testa, saggista e poeta, è docente di Storia della filosofia politica all'Università di Parma.
Come sia possibile divenire se stessi e affermare se stessi è sempre stato un problema che come soluzioni ha avuto le più disparate visioni da parte di molti pensatori. Nella nostra vita possiamo identificare un inizio così come una fine, nascita e morte, ma nel momento in cui andiamo ad interrogarci su di esse si fa largo una sfumatura che ci annebbia la questione. Quello a cui possiamo fare maggiore riferimento quindi è il nostro vivere tra questi due confini indefiniti e non tracciabili geometricamente. La nostra esistenza come la storia di una vita che abbiamo la voglia e la necessità di raccontare e affermare, a volte perché ci viene richiesto, a volte perché ce lo richiediamo. La nostra identità sta tra il corpo e la mente. Ci percepiamo corporeamente nella nostra estensione cartesiana misurabile e ci percepiamo pensanti come esseri razionali. Il corpo tangibile, la mente inafferrabile. Che cosa determina quindi noi stessi? Cosa possiamo arrivare a dire sulla nostra identità che rimanga tale nel corso del tempo? Ricoeur identifica due tipi di identità, una idem e l'altra ipse 1. Quella idem che riguarda la medesimezza del nostro essere invariati nel tempo, per esempio il nostro nome; quella ipse che invece riempie e allo stesso tempo cela le infinite possibilità del nostro poter essere. Siamo quindi due identità distinte che condividono la stessa esistenza? Una res cogitans e una res extensa incomunicabili tra loro? Ecco, Ricoeur risolve questo apparente dualismo con la narrazione. Il racconto della nostra vita che unisce idem ed ipse e permette loro di entrare in contatto. Nella narrazione che facciamo di noi stessi raccontiamo la nostra esistenza e la parte del racconto che acquista maggiore importanza è l'intreccio stesso che Aristotele nella " Poetica " chiamava mythos 2. L'inanellarsi delle azioni permette di produrre, di creare come distruggere e dare origine al racconto. Potrebbe considerarsi la parte più logica della tragedia che allo stesso tempo ha a che fare con necessità e casualità. Così come la tragedia, anche la nostra vita è in bilico tra necessità e casualità, tra ciò che è concordante e ciò che è discordante. Questo mescolamento fa si che la vita proceda, che le azioni si susseguano e conseguano e che cambiamenti e svolte si presentino. Risulta quindi chiaro che la nostra identità non potrà mai essere statica ma sempre in divenire ed in continuo cambiamento, perché il racconto che facciamo da piccoli 1 P. Ricoeur L'identità narrativa (traduzione di Anna Baldini) 2 Mythos: è un termine greco che significa, in origine, semplicemente: parola, discorso.
Desidero unirmi ai ringraziamenti già espressi dal prof. Ancillotti agli organizzatori di questo Convegno, al quale partecipo con entusiasmo. Cercherò di svolgere con voi una riflessione sul tema dell'amore per il nemico e questa mia riflessione prenderà avvio da un concetto, quello di differenziazione. La ragione è la seguente: il concetto di differenza, infatti, è intrinsecamente connesso a quello di identità e cercherò di spiegare la ragione.
Narrazioni e identità, 2012
Non siamo più quelli che eravamo e dobbiamo moltiplicare le nostre identità. Spesso però si ignora che c'è un altro aspetto della molteplicità che riguarda il presente: nella definizione di noi coesistono diverse parti e l'esperienza dell'incertezza nasce proprio dal fatto che non solo non ci possiamo identificare stabilmente nel tempo, ma nell'istante dato non siamo in grado di identificarci totalmente con una sola di queste parti, e in ogni caso dobbiamo scegliere.[...] Si assiste a processi di rinaturalizzazione e risacralizzazione dell'identità, insieme all'emergere di forti disuguaglianze nelle capacità di individuazione. Identità stabili e chiuse, fondamentalismi religiosi o tenici, tendenze alla massificazione, sono l'altra faccia dei processi appena descritti. […] l'identità si configura sempre più come un campo piuttosto che come una realtà essenziale, come un sistema di coordinate o di vettori di significato, con possibilità e limiti che possiamo riconoscere e che contribuiamo a definire." (Melucci, 1991, pp.107-108) Nelle scienze umane e sociali i concetti, le teorie e i metodi vivono alterne fortune, anche oltre alle questioni epistemologiche e i dati empirici che le sostengono e che contrappongono i vari orientamenti della ricerca e della conoscenza (delle considerazioni di sintesi si trovano in Sparti, 2002).
Le avventure dell'identità ai tempi delle compravendite aziendali Introduzione Alla fine del secolo scorso è risultato evidente che il processo di deindustrializzazione iniziato in Italia sommessamente dopo lo shock petrolifero degli anni '70, e più decisamente dopo la caduta del muro di Berlino (1989) era arrivato ad un punto di svolta. Le attività manifatturiere si trasferivano in Paesi a più basso costo del lavoro, e con minori vincoli ambientali. Si assisteva anche ad una costante attività di organizzazione delle aziende, caratterizzate da ristrutturazioni, cessioni ed acquisizioni di rami d'azienda. Il modo di produzione fordista, che era quello tipico della grande industria, ha prodotto una ben precisa cultura del lavoro, ed anche questa è stata messa in crisi dal cambiamento che a partire dalla fine degli anni '80 ha interessato le strutture produttive. In epoca industriale il lavoro ha rappresentato molto di più che un mezzo di sussistenza, ma un obbligo sociale, dignità della persona, riconoscimento e definizione di sé. E naturalmente molte altre cose: controllo sociale, e linee guida per indirizzare le energie fisiche e mentali della società. "Fino a una generazione fa era al lavoro che si affidava la realizzazione delle proprie aspirazioni, la propria collocazione nella società, anche il proprio contributo alla società. In
Libro , 2011
Il titolo di questo seminario mi sembra singolarmente indovinato. Quel che è emerso con più chiarezza in questo centocinquantenario dell'Unità italiana (com'è stato definito impropriamente il centocinquantenario della costituzione dello Stato italiano) è infatti proprio il senso di una ritrovata identità nazionale. Questo "ritrovamento" non era affatto scontato. Lo dimostra un confronto con quanto avvenne nel 1961, in occasione di un anniversario ben più rotondo: il centenario di quella costituzione, che fu largamente celebrato, ma non ebbe un esito in alcun modo paragonabile. Lo stesso termine "nazione" suscitava allora molte diffidenze e l'aggettivo "nazionale" suonava ancora, anche se del tutto indebitamente, come un epiteto "nostalgico", legato a un vituperevole passato, ancora abbastanza recente per essere dimenticato, in cui il riferimento alla nazione era stato usato e abusato da un regime che si era macchiato di crimini e misfatti sia all'interno del Paese (dal delitto Matteotti alla repressione violenta di ogni opposizione, dal più becero culto del capo alle obbrobriose leggi razziali), sia sul piano internazionale (dalle guerre di repressione in Libia e di conquista in Etiopia al maramaldesco intervento nella seconda guerra mondiale contro una Francia che sembrava già in ginocchio: una guerra da cui il Paese uscì non solo distrutto, ma disonorato). Quel che è cambiato negli ultimi cinquant'anni (e, più particolarmente, negli ultimi decenni) concerne sia il contesto generale, italiano e internazionale, sia la natura e l'orientamento dei principali soggetti attivi in ambito politico e culturale. Per quanto concerne il contesto generale, i tre principali elementi di tale cambiamento sono stati: 1) il processo di globalizzazione da tempo in corso, ma accelerato prima dalla nuova divisione internazionale del lavoro sollecitata dalla crisi petrolifera degli anni '70 e poi, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 dalla caduta dei regimi dell'Europa dell'Est; 2) il processo di europeizzazione, ormai da tempo spintosi ben al di là di quanto fosse anche solo lontanamente immaginabile nel 1961, a quattro anni dal Trattato di Roma che aveva istituito la Comunità Economica Europea, inizialmente comprendente sei soli Paesi, tutti dell'Europa occidentale. Oggi l'Unione Europea, che le è subentrata con competenze ben più vaste e di carattere anche direttamente e schiettamente politico, comprende ben ventisette Paesi, molti dei quali dell'Europa orientale, un tempo nemica, ed è ancora in via di estensione, salvo i possibili ma improbabili esiti disgregativi dell'attuale crisi economica e finanziaria; 3) la trasformazione dell'Italia da Paese di emigrazione a Paese d'immigrazione: l'Italia, che nel suo primo secolo di storia era stata il primo Paese europeo di emigrazione (con 26 milioni di emigrati all'estero, pari alla sua intera popolazione del 1861 e alla metà di quella del 1961), è diventata una delle principali mete dell'immigrazione extraeuropea, con arrivi che negli ultimi anni hanno superato quelli di tutti gli altri Paesi europei e sono stati secondi nel mondo (sia pur a una consistente distanza) solo a quelli degli Stati Uniti d'America, un Paese 30 volte più grande e 5 volte più popoloso, con un prodotto interno lordo pro capite quasi doppio. Inoltre nel 1961 erano ancora in corso in Italia quelle prepotenti migrazioni interne (principalmente dal Sud al Nord, ma anche dal Nord Est al Nord Ovest, verso il triangolo * Testo originale elaborato per il seminario "L'identità ritrovata", organizzato dall'Accademia di Studi Storici Aldo Moro (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 19 dicembre 2011).
Francois Perroux, in Pour une philosophie du nouveau développement del 1981 contrappone nettamente due visioni, centrate nei campi semantici di due insiemi di parole. Il primo insieme, quello a cui Perroux oppone una fiera critica, è quello composto da: marché independent, croissance, principe de solvabilité, mécanique. Il secondo, quello che auspica come centro di una nuova visione, si sviluppa in modo articolato attorno alle parole homme, développement, principe de solidarité, thermodynamique.
Provincia Autonoma di Trento, Piano urbanistico provinciale, Allegati. Materiali di supporto alla pianificazione territoriale. Temi e documenti, 2007
Provincia Autonoma di Trento Piano urbanistico provinciale Materiali di supporto per la pianificazione territoriale-TEMI E DOCUMENTI
Redazione scientifica luigi Cicala, Bianca Ferrara, luigi vecchio i volumi della collana sono sottoposti al Consiglio Scientifico del Centro interdipartimentale di Studi per la Magna Grecia e al processo di peer review, affidato a specialisti anonimi, la cui documentazione è disponibile presso l'editore.
Scoprire una terra e la sua storia attraverso i nomi dei luoghi. È il senso della ricerca toponomastica, le cui esplorazioni linguistico-etimologiche permettono di ridare alle denominazioni, rese talvolta opache dall'accumularsi dei secoli, una trasparenza ed un significato. Per questo, pur essendo la toponomastica una scienza del linguaggio e delle lingue, non va mai dimenticato il suo ruolo di scienza storica. Lo stesso vale per la toponomastica dialettale, il cui obiettivo è quello di consolidare e tramandare la conoscenza del tessuto urbano ripercorrendo i mutamenti delle denominazioni, in passato legati alla funzione stessa degli spazi. L'orizzonte storico che il nostro lavoro ha potuto indagare è tuttavia limitato, misurabile in poche e recenti generazioni, in quanto non abbiamo una tradizione di scritture, composizioni o testi in dialetto e tantomeno ci aiutano le mappe topografiche, raramente corredate da compendi di termini e da delucidazioni. Ciò non toglie validità alla ricerca, che è stata l'occasione per mettere un po' d'ordine alle nostre talvolta frammentarie conoscenze.
Malighetti R. (a cura) 2007, Politiche dell’identità, Meltemi, Roma
Le riflessioni dell’antropologia contemporanea hanno prodotto nuovi approcci ai concetti di cultura e identità, non più definibili come attributi quasi-naturali di conchiuse e indifferenziate realtà sociali. Delocalizzate e deterritorializzate le culture e le identità emergono come prodotti artificiali, dinamici e aperti, di rappresentazioni contingenti, precarie e parziali. Fondandosi su tali prospettive, i saggi raccolti in questa antologia considerano il concetto di identità come il prodotto caleidoscopico e congiunturale di strategie attivamente articolate da differenti gruppi a vario livello: costruzioni del passato, invenzioni della tradizione o della cultura. Invece che rispecchiare realtà immutabili, “naturali” e “originarie”, l’identità è concepita come una vera e propria “finzione”, una costruzione simbolica continuamente reinventata dall’interazione tra differenti interlocutori e reinterpretata a seconda degli obiettivi e delle circostanze. Partendo dalla discussione di diversi casi etnografici, provenienti dal Baluchistan, dal Nepal, dal Gambia, dall’Iran, dal Messico e dal Brasile, il testo esplora gli aspetti politici dell’identità all’interno di complesse arene in continua effervescenza. Analizza le differenti posizioni e gli interessi in gioco, riflettendo sulla produzione e riproduzione delle forme culturali nell’intreccio fra sistemi simbolici e dimensioni del potere: considera chi crea e chi definisce o chi manipola nella contingenza e a quale scopo i significati culturali, attraverso quali dinamiche e investendo quali elementi, secondo quali concezioni della storia e della cultura.
"In questa conferenza rifletto sulla duplicità di aspetto del corpo (vissuto e oggettivato). Per esemplificare il carattere conflittuale, non conciliato, potenzialmente tragico, di questo punto di vista duale propongo alcune considerazioni sul fenomeno dell’anoressia. In conclusione, segnalo come questa ambivalenza sia insita nell’idea stessa di amare il proprio corpo. In this lecture, I reflect on the twofold aspect of the body (lived and objectified body). To illustrate the conflicting, not reconciled, potentially tragic character of this dual viewpoint, I articulate some thoughts on anorexia. In conclusion, I point out how the same ambivalence is implicit in the very idea of loving one’s own body. "
rivista quadrimestrale pubblicata sotto gli auspici del centro pio rajna direzione: bruno basile, renzo bragantini, roberto fedi, enrico malato (dir. resp.), matteo palumbo ANNO XXXVII fascicolo i gennaio-aprile 2012
2020
Il presente volume raccoglie gli Atti del Convegno internazionale di studi Alpe Adria. Letterature e immagini di confine, tenutosi presso l'Università di Klagenfurt dal 16 al 18 maggio 2018, ed apre la Collana Alpe Adria e dintorni, itinerari mediterranei, dedicata a narrazioni letterarie e filmiche legate a questi territori fisici ed acquatici. In questo primo volume, in particolare, il confine acquista una fisionomia mutevole e complessa, all'interno di territori che, in seguito alla dissoluzione dell'Impero asburgico e alla seconda guerra mondiale, sono distribuiti tra Italia, Austria, Slovenia, Croazia e le regioni o gli stati limitrofi. I saggi affrontano il complesso e dinamico rapporto tra l'identità-stratificata, composita, fluida-e i confini mobili di questi territori, privilegiando la necessità del dialogo e la vocazione alla pluralità. In questo quadro l'attenzione degli studiosi ha riservato una particolare attenzione alla circolazione di uomini e libri, alle identità plurime, diverse, ricostruite e stratificate assieme a forme di sconfinamenti e commistioni. Il Convegno ha riscosso anche l'adesione ufficiale della MOD (Società italiana per lo studio della modernità letteraria), che per la prima volta ha sostenuto un convegno che si è svolto al di fuori dei confini nazionali. Sul complesso e dinamico rapporto tra identità e confini riflette in apertura Cristina Benussi, che prende specificamente in considerazione gli scrittori della Venezia Giulia (comprensiva di Trieste, l'Istria e la costa dalmata), una regione etnicamente e culturalmente mista per la compresenza italiana, slovena e croata, e nella quale, solo per parlare del secolo XX, il confine si è spostato diverse volte e ragioni ideologiche e politiche hanno impedito o resa dolorosa quella convivenza che, se pur problematica, il dominio asburgico aveva comunque assicurato. Sui confini e sui conflitti, ma anche sui contatti e sugli scambi che hanno caratterizzato la Trieste del primo Novecento e del secondo dopoguerra, plasmandone tra Ponente e Levante l'odierna identità multiculturale, ha scritto pagine significative il triestino Vladimir Bartol (Trieste 1903-Lubiana 1967), uno dei maggiori scrittori sloveni contemporanei. Ne parla Miran Košuta, che si sofferma particolarmente su alcune sue opere, poco note e studiate, che restituiscono l'immagine della Trieste della finis Austriae e del periodo del governo militare alleato. Roberto Norbedo e Lorenzo Tommasini mostrano l'interesse di Scipio Slataper per il mondo sloveno e il suo sincero tentativo di comprensione a fronte | Luoghi e voci di confine Open Access.