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2018, in S. Benedetti, R. M. Dal Mas, I. Delsere, F. Di Marco, Gustavo Giovannoni. L'opera architettonica nella prima metà del Novecento, Campisano, Roma 2018, pp. 11-53, ISBN 9788898229864
Revisione e coordinamento redazionale a cura di Maurizio Caperna, Marina Docci e Maria Grazia Turco O Copyright 2005 by Bonsignori Editore s.r.1. Viale dei Quattro Venti, 47 00151 Roma ISBN 88-7597-372-5 Progetto grafico delle parti illustrate a cura di Marina Docci La direzione del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura ha autorizzato la pubblicazione dei documenti conservati nell'archivio dell'Associazione. La riproduzione dei disegni è di Paolo Gherardi. Stampa: Grafica Artigiana -Via Luca Valerio -Roma I1 presente volume è stampato con il contributo dell'università degli Studi di Roma "La Sapienza"
La mostra viene inaugurata il 4 febbraio 2016 e rimarrà aperta fino al 15 marzo 2015.
Archistor, 2014
The essay is intended to highlight the links between Samonà and the "Roman School", in part already analyzed in previous studies. In particular, we contextualize the six letters addressed to Gustavo Giovannoni between late 1929 and mid-1930, preserved in the Giovannoni Archive (Rome, Centro di Studi per la Storia dell'Architettura) and listed in full in the appendix. The letters are mainly related to the studies of Samonà on late Renaissance architecture in Sicily, conducted in 1927 at the suggestion of Ernesto Calandra, which would then be gathered into four essays published between 1932 and 1935, profoundly influenced by the historical-critical 'giovannoniano' method. The epistolary contacts with Giovannoni, as well as promoting cultural growth and the rise of the career of teaching, not well structured at the time, show his attempt to get closer to Rome.
2019
R. Parisi, Gustavo Giovannoni e l’architettura per l’industria nell’Italia del primo Novecento, in «Atti dell’Accademia Nazionale di San Luca», Quaderni degli Atti a cura di G. Bonaccorso e F. Moschini, 2019, pp. 327-332,
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(in Gustavo Giovannoni e l'architetto integrale, Roma, Accademia Nazionale di San Luca), 2019
Protagonista del dibattito europeo della prima metà del Novecento, Gustavo Giovannoni propone una visione originale della città, alla confluenza di scienza, tecnica e arte, come sintesi di apporti eterogenei, di cui sono stati studiati i modelli e le influenze (a partire da Camillo Sitte e Josef Stübben). Il presente contributo focalizza un orizzonte diverso di relazioni: quello con i teorici francesi dell’urbanistica, in primo luogo Marcel Poëte e Gaston Bardet. Nell’intento di far luce su temi, ipotesi, riferimenti ancora poco esplorati, ma di un certo interesse per ricollocare la figura di Giovannoni nel contesto internazionale, si esaminano in chiave comparativa alcuni aspetti della riflessione giovannoniana come la teoria del diradamento, l’idea di città-organismo (ed il ruolo della metafora nei discorsi e nei progetti), le trasformazioni delle città storiche, le relazioni centro-periferia, la razionalità e la forma del piano urbanistico, la conoscenza e l’analisi della città, la definizione di una figura professionale (“architetto integrale” versus planner), il rapporto con la politica. L’elaborazione giovannoniana intorno al rapporto “vecchie città ed edilizia nuova” viene confrontata in particolare con la “scienza delle città” secondo Poëte e con l’urbanistica come scienza sociale secondo Bardet. Da questa comparazione emerge la figura di Giovannoni urbanista europeo, il quale innesta sul tronco della riflessione italiana un insieme di apporti che trovano chiare corrispondenze nei teorici francesi: la teoria della “persistenza del piano”, la città come opera d’arte collettiva, l’evoluzione urbana, il tema della continuità, il rapporto storia-progetto (in cui la storia assume una connotazione pragmatica, in funzione della pianificazione). Nello scambio a distanza tra Giovannoni, Poëte e Bardet si delineano i tratti concordi e discordi di un approccio all’”urbanistica come scienza” diffuso in Europa nel periodo tra le due guerre, rilevando analogie e differenze (puntuali e metodologiche), specificità nazionali e convergenze internazionali. Al di là di un destino comune – una marginalizzazione durata quasi mezzo secolo – ciò che emerge con chiarezza è la complessità del pensiero di questi autori. Una ricchezza che, oltre a distanziarli dalla trattatistica e dalla planotecnica corrente, testimonia l’interesse di visioni dell’urbano non misurabili con il metro del successo in una fase più o meno lunga della storia disciplinare, ma piuttosto per la capacità di accogliere e di sollecitare una pluralità di letture e di interpretazioni nel tempo; di rimettere in gioco in senso alto la sensibilità e la cultura dell’urbanista.
Rivista di archeologia, 1993
Il criptoportico rinvenuto intatto a Vicenza nel 1954 a lato della Piazza Duomo 1non ha sinora goduto di tutta l'attenzione critica che un impianto ditale regolarità avrebbe meritato, specie in una area dell'ha ha dove è molto raro disporre di planimetrie complete di edifici privati urbani, e ancor più di averne di ancora così conservati, cioè su due piani. Nulla fu esplorato del livello superiore dell'edificio di cui faceva parte, al piano terra antico a 3 m. di profondità, livello al quale sicuramente sopravvivono ampi tratti di superfici pavimentali2 e di tracciato murario, nonostan te le favorevoli circostanze della completa ricostruzio ne dell'edificio soprastante. La planimetria nota però consente ugualmente, grazie a opportuni confronti, di ipotizzare una convin cente immagine dell'impianto a livello superiore che risulta estremamente interessante per la sua qualità formale, tanto che qualora dovesse risultare conferma ta, ne verrebbe certamente perfezionato il quadro dell'evoluzione stilistica dell'architettura privata roma na, anche, come si cercherà di suggerire alla fine di questo lavoro, in un quadro geografico molto globale. Questa ricostruzione, oltre a compensare provviso riamente la lacuna attuale nella conoscenza di questo edificio, potrà forse risultare utile anche quando final mente si iniziassero nuove ricerche archeologiche nel l'area, nonché, magari, a suggerirne l'intrapresa. Nessuno ha finora messo in dubbio che questo piccolo cripotoportico urbano a tre bracci ad U rego lare, con bocche di lupo verso l'interno sia appartenuto ad un edificio privato. Come è già stato osservato, per consentire l'illuminazione i lati finestrati dovevano prospettare verso l'esterno, cioè verso un cortile chiuso. Poichè è pure verosimile che su queste facciate i sostegni della struttura superiore si fondassero su gli intervalli fra le bocche di lupo, risulta che questo spazio scoperto interno, un quadrato, fosse un proba bile peristilio ad almeno tre bracci portificati, in perfetto accordo con la frequenza con cui i critoportici si ritrovano in posizione direttamente sottostante a peristili od ambulationes 3; si rammenti, fra tanti, il criptoportico della Peschiera a Villa Adriana.4 Questo tipo di criptoportici, quando racchiudenti uno spazio scoperto al loro interno, raramente svolgo no funzioni parallele di terrazzamento o sostruzione, come invece sempre quelli angolati, anche ad U, che lasciano lo scoperto al loro esterno, come quello della Villa dei Misteri di Pompei~, e che generalmente sono destinati a funzioni di servizio. Di solito questi criptoportici svolgono la funzione di ambulatio estiva, a volte, ma non in questo caso, collegata a veri triclini sotterranei, complementari quelli soprastanti. La cura dei dettagli decorativi e la qualità dei pavimenti nel seminterrato vicentino si accordano con questa ipotesi di destinazione, almeno alla fase originaria dell'impianto. Che, del resto, il criptoportico non abbia svolto una accentuata funzione di terrazzamento è confermato anche dall'assenza di altre finestre lungo i suoi lati.6 Tuttavia, si noterà che lungo il suo lato nord, al piano superiore doveva retrostare, nello spazio fra il braccio del paristilio e il verosimile transito, parallelo, del secondo decumano sud della città, una serie di ambien ti della domus, poiché è da qui che discende la scala di accesso. Su questo lato, però, non si aprono altri vani sul criptoportico, segno che qui le fondazioni della domus non dovevano necessitare di altre sostruzioni sottostanti, nè su quello opposto, lungo il quale però è possibile che ciò avvenga perché questo era un confine con una casa attigua. Diversi vani si aprono invece sul lato ovest del criptoportico, uno dei quali presenta una bocca di lupo rivolta pure ad ovest, dove dunque ci si poteva trovare di nuovo allo scoperto e all'esterno. È possibile allora che lungo questo lato qualche esigenza di sottoporre vani di sostruzione a quelli superiori vi fosse. Lo stesso asse della U del criptoportico, e la sua apertura verso la direzione opposta, a est, fanno supporre che la fondazione del criptoportico abbia accompagnato un riporto di livellamento crescente verso ovest, tale da necessitare fondamenta più basse lungo questo lato, ma poi proseguito anche oltre il limite della bocca di lupo rivolta in questa direzione. Il limite del riporto sembra essere segnato dal
Da case popolari a case sperimentali. Un secolo di architettura nell’edilizia residenziale pubblica della provincia di Perugia, 2012
R. LIZZI TESTA – P. BROWN (edd.). Pagans and Christians in the Roman Empire: The Breaking of a Dialogue (IVth-VIth Century A.D.) Proceedings of the International Conference at the Monastery of Bose (October 2008), Münster , 2011
On the base of the evidence offered by the sources, the article examines the role of the early Christian bishops for the erection not only of Christian Basilicas but – when needed – also of civic and military buildings, drawing the differentiation in responsibility between administrative and technical direction.
Edilizia Residenziale Pubblica Storia Cronaca Attualità, 2021
Era stata dimenticata, ormai accantonata fra le tante questioni irrisolte del nostro paese. La casa in affitto ha occupato poche righe dei programmi elettorali di tutti i partiti nelle recenti elezioni, in genere con ipotesi molto superficiali e poco credibili. Ma la “questione casa” ritorna in una dimensione unitaria laddove è sfuggita la sua stretta connessione con la qualità urbana, la crisi economica e sociale più generale e diventa, oggi, uno dei temi rilevanti nella riqualificazione delle periferie, sia come luoghi fisici prodotti dalla costruzione massiva del dopoguerra, sia – indipendentemente dalla distanza dal centro cittadino - dalla dimensione immateriale della carenza dei diritti di cittadinanza. Il libro, frutto di una ricognizione per forza di cose non esaustiva delle iniziative che hanno generato alcune scelte sulla politica della casa, è diviso in tre parti: la prima descrive il tema della casa nelle politiche statali del novecento, ripercorrendo un arco temporale che va dal “Piano Marshall” e dal “Piano Fanfani” al trasferimento delle competenze in materia di politica abitativa alle Regioni alla fine degli anni ’90, con la soppressione del Comitato per l’Edilizia Residenziale e la liquidazione della gestione unitaria statale; la seconda ripercorre l’evoluzione della locazione che da sempre ha costituito un settore delicato e sensibile, anche sotto il profilo della coesione territoriale e sociale; la terza, passando dalla “storia” alla “cronaca” della casa, affronta i nuovi fabbisogni abitativi che – sebbene annunciati e già in parte visibili nel secolo scorso – si sono proposti con forza negli ultimi anni anche, ma non solo, a causa della crisi economica, ambientale e sociale dell’ultimo decennio. Ma il punto di caduta del ragionamento sull’attualità non può che essere prospettico, sviluppando le motivazioni per le quali, alla luce di una profonda trasformazione politica segnalata anche dalle recenti vicende politiche, è necessario ricostruire in una forma e con dimensioni completamente diverse un governo dell’abitare realmente sussidiario ed efficace, utilizzando al meglio le risorse disponibili.
Rassegna di architettura e urbanistica, n° 149, pp. 65-72, 2016
Per l’architetto-ingegnere Angiolo Mazzoni (1894–1979), impiegato del ministero delle comunicazioni durante il Ventennio e autore di prestigiosi edifici ferroviari e postali italiani, la figura e le teorie urbanistiche di Gustavo Giovannoni (1873–1947) costituiscono un punto di riferimento privilegiato della sua formazione professionale. L’articolo ricerca il rapporto fra teoria urbanistica e intervento architettonico, specie fra la concezione dell’ambiente di Giovannoni e la percezione scenografica dello spazio urbano di Mazzoni. Il confronto non solo segna l’urbanistica moderna in Italia in un momento decisivo della sua formazione, ma pone in luce l’architettura di Mazzoni, opera determinante per il rinnovamento dell’infrastruttura nazionale.
Scienze dell'Antichità, 27.1, pp. 327-341, 2021
The following study aims to analyse a series of inscriptions, related to the construction of public buildings by private benefactors, that indicate the ownership of the land within the text. The topic, which is part of a wider research study based on the superposition of buildings for spectacula on structures with private functions and use, allows us to develop a series of considerations both from an urban and juridical point of view. Particularly significant is a small group of buildings for spectacula whose epigraphs mention the ownership of the place where the public monument is erected by its benefactor.
2013
Le particolari caratteristiche dell'area archeologica di Solunto, la sua importanza nella storia, ma soprattutto la mancanza di un'opportuna valorizzazione sono le corrette motivazioni per utilizzare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie per una migliore fruizione, tutela e valorizzazione del sito archeologico. Sistema modulare le insulae. La città e le sue architetture
2021
Giovannoni e il beton armè nell’architettura della Peroni di Roma, in Emanuele La Mantia, (a cura di), Concrete2021. Criteri di manutenzione degli edifici esistenti e di nuova progettazione nel XXI secolo, atti del convegno, Venezia-Mestre, gennaio 2021 (maggio 2022), Università degli Studi del Molise, Campobasso, pp. 337-350.
Quali valori e quale bellezza per l'architettura italiana nell'epoca della comunicazione globale? Questa è la domanda che fa da sfondo al volume. L'intenzione è quella di scomporre strumentalmente la complessità dell'argomentazione attraverso il ricorso a questi due termini, ambigui, sfuggenti e per certi versi difficilmente separabili l'uno dall'altro: la bellezza, infatti, non è forse un valore in sé stessa? E nell'evidenza di un valore di riferimento non si realizza, implicitamente, l'epifania del bello nell'opera? I contributi raccolti in questo libro sono emblematici dei differenti modi di intendere il rapporto tra riflessione teorica e progetto e rappresentativi di come nella ricerca si possano praticare strade anche distinte, tuttavia assolutamente legittime per il raggiungimento degli esiti. Essi dimostrano anche come l'articolazione plurale delle posizioni, e quindi delle tecniche di ricerca, sia una ricchezza fondamentale per una comunità scientifica che si occupa di architettura. Perché sia chiaro che possiamo farci ancora latori di un messaggio che, su entrambe le parole chiave, appartiene da un lato alla tradizione italiana (intesa come l'insieme degli studi che l'hanno caratterizzata e delle opere che ne sono testimonianza) e dall'altro al futuro, per la costruzione del quale lavoriamo nella formazione, nella ricerca e nel progetto. C0n un testo di Edoardo Albinati.
2005
La storiografia sull'architettura residenziale palermitana in età barocca ha sofferto a lungo dell'impossibilità di delineare efficaci quadri di orientamento, a causa dell'esiguità di approfondimenti monografici, supportati da ricerche archivistiche, che consentano di datare le vicende costruttive e di individuare gli artefici 1 . È mancata inoltre la possibilità di inquadrare storicamente il rapporto tra residenze e committenti, tra stagioni politiche e stagioni costruttive. Alla luce degli studi più recenti 2 , mirati ad attenuare le difficoltà dell'indagine storiografica sul tema, risulta tuttavia possibile delineare nuovi quadri di riferimento, di certo provvisori, da cui ripartire per una più attenta lettura della produzione architettonica.
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