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La Scala 46 (1992) 123-138
Negli ultimi decenni Efrem il , il più importante teologo del cristianesimo di lingua siriaca del quarto secolo e il massimo poeta dell'epoca dei Padri, attira sempre di più l'attenzione dei patrologi e teologi [1]. La pubblicazione e traduzione delle sue opere conservate nel siriaco originale, realizata principalmente da Edmund Beck, ha reso possibile l'attuale riscoperta dell'opera teologica e spirituale di questo testimone ineguagliabile della tradizione del cristianesimo semitico. Benché abbia scritto dei commenti scritturistici in prosa e delle omelie metriche (mēmrē), la sua opera è essenzialmente poetica: ha composto centinaia di madrāšē, componimenti ritmici di singolare qualità poetica che costituiscono la fonte principale per la nostra conoscenza del suo pensiero poetico-contemplativo.
Rivista Psicologia Analitica. , 2022
Efrem Siro nasce nel primo decennio del IV secolo (306 ca.) a Nisibi, sul confine dei territori della Roma imperiale. Nel 363, dopo la cessione della città ai Sasanidi a seguito della sconfitta dell'imperatore Giuliano, Efrem si trasferisce a Edessa (oggi Urfa, Turchia), capoluogo di ormai consolidata tradizione cristiana e centro, in quegli anni, di vivaci controversie dottrinali. Efrem muore il 9 giugno dell'anno 373. Il poeta Giacomo di Sarug (449-520/521) lo descrive come diacono al servizio di una delle comunità ascetiche secolari "proto-monastiche" (1) dette bnay wa-bnāṯ qyāmā, figli e figlie del patto", congregazioni composte da uomini e donne uniti da comune voto di celibato. Tra la produzione riferita con certezza a Efrem (2) vi è una vasta rassegna di Inni, (poesie strofiche: madrāšē), destinati al canto; ogni inno è introdotto dal riferimento a una precisa melodia musicale (qālā) di cui, tuttavia, non è sopravvissuta alcuna testimonianza diretta. Gli Inni sulla perla (3) sono cinque madrāšē (4) posti quasi al termine del più esteso ciclo degli Inni sulla fede (HdF), dedicato al tema polemico contro le eresie e, in particolare,
La Scala 48 (1994) 9-24
Giovanni Costa Non vi è accordo tra i vari dotti sul numero e sul genere dei tropi poetici; Tryphone, nel ne enumera ventidue, di cui quattordici che mostrano una condizione particolarmente nobile. Elio Donato, grammatico latino, nel suo DE TROPIS, ne distingue tredici; Quintiliano, latino anche lui, nella sua INSTITUTIONE ORATORIA, ne distingue pure tredici 1 ΠΕΡΙ ΤΡΟΠΩΝ 1. Cosa sono i tropi poetici. 2. I tropi poetici della Sacra Scrittura secondo Giorgio Cherobosco. 3. I tropi poetici della Sacra Scrittura secondo S. Cirillo Alessandrino. 4. Bibliografia.
The paper analyses the question of the birth of political philosophy starting from the platonic condemnation of mythical and poetical knowledge and the resulting statement affirming that political life can be reordered only by means of logos. With this founding act, political philosophy is staged for the first time with its methods , languages and instruments, but it can't be considered without the previous sacrificial act excluding a language based on " irrational " thought. The platonic condemnation sanctions not only the separation between philosophy and poetry, but also one of the strongest and long-lasting axis of western political philosophy: the idea that politics can be reordered only by rational means.
in “Hagiographica” 8 (2001), pp. 165-190
Francesco d'Assisi scrittore?
Nelle opere di Platone sia la figura del filosofo che la figura di Socrate stesso sono cangianti e spesso addirittura contradditorie. In questo paper esamino la questione traendone una conclusione armonica.
Symbolon, 2022
[RECENSIONE] M. VISCOMI (2018), Il sacro in Martin Heidegger. I “venturi” e “l’ultimo Dio”, Germanica Orthotes Editrice, Napoli 2018, (Critical Hermenutics), 2019
Il tremore rompe la calma del silenzio. Sorge la parola. L'opera di parola che scaturisce a tal modo lascia apparire la co-appartenenza del Dio e dell'uomo. La poesia rende testimonianza del fondamento della loro co-appartenenza, testimonia il Sacro M. Heidegger, La poesia di Hölderlin La questione del Sacro, non immediatamente centrale all'interno della riflessione heideggeriana e degli studi critici su di essa formulati, svolge invece, nella proposta ermeneutica di Marco Viscomi, giovane dottore di ricerca in Filosofia, «una delle architravi della sua meditazione sull'Essere» (Viscomi 2018: 15), un termine imprescindibile in quanto, nella sua inattualità, continua a destare dal sonno dogmatico di un mondo sempre più funzionalizzato ogni essere umano che decide di incamminarsi sui sentieri del pensare originario, lasciandosi così interpellare dalla domanda filosofica fondamentale sull'essenza dell'umano, del divino e dell'intera realtà che lo circonda. L'alveo dal quale si dipana l'impegno di ricerca dell'autore prende avvio dai famosi Contributi alla filosofia del filosofo di Messkirch, stagliandosi però aldilà di essi, in direzione del nostro presente e in vista della formulazione di nuovi possibili orizzonti futuri: è necessario, infatti, andare aldilà del linguaggio brachilogico e impervio heideggeriano per non rimanere invischiati nei limiti della sua Recensione 272
All'uomo è concesso e lecito servirsi del reale per contemplare il vero e per questo fatto e per questa licenza il linguaggio ha coniato la parola poesia.
La Letteratura degli Italiani. Rotte confini passaggi, a c. di A. Beniscelli, Q. Marini, L. Surdich, Sessioni parallele, DIRAS (DIRAAS), Università degli Studi di Genova. (Panel: Contaminazione tra generi nella letteratura religiosa del Cinquecento, coordinatrice Maria Luisa Doglio) , 2012
La figura di Gregorio Comanini, canonico lateranense nato a Mantova intorno alla metà del Cinquecento, pur non godendo di una fama pari ai più grandi letterati della sua epoca, è stata oggetto di un interesse critico piuttosto rilevante nel corso del Novecento. È soprattutto nell'ambito della storiografia artistica che l'autore è stato studiato 1 per il ruolo di primo piano ricoperto nel dibattito controriformistico sul "fine della pittura" grazie al trattato del 1591 Il Figino dedicato principalmente alla tradizionale opposizione tra "utile" e "diletto" nella finalità dell'arte.
Paideia, 2013
UNA LECTURA DI OV. EX PONTO 3,8 L'ultima epistola dell'esule Ovidio a Paolo Fabio Massimo (già destinatario di ex Ponto 1,2 e 3,3) 1 , citato solo col nomen nel pentametro del penultimo distico, precede immediatamente ed è preliminare all'epilogo, metaletterario, della Gedichtsammlung ex Ponto I-III. Il riferimento all'elevato rango del destinatario, degno di argento e di oro, il richiamo alla 'porpora' simbolo dei ruoli ricoperti in magistratura, soprattutto il consolato insieme con Q. Elio Tuberone dell'11 a.C., l'anno precedente al consolato del fratello, Africano Fabio Massimo, la scelta di frecce scitiche come possibile dono da inviare all'amico, e cioè gli spicula uipereo felle di Pont. 1,2,16, e ancora i mordaci spicula felle di Pont. 3,3,106 (entrambe queste epistole ugualmente destinate a Fabio Massimo), armi solitamente in uso agli abitanti del Ponto, i dardi intinti di amaro fiele di vipera contrapposti, in 3,3, in modo abnorme, alla disponibilità della gens Fabia: quelle referenze nobilissime e 1 A questo autorevole personaggio dell'aristocrazia romana dedica l'intero capitolo VIII della sua History in Ovid, Oxford 1978, pp. 135-155, R. SYME; cfr. anche ID., L'aristocrazia augustea, tr. it. di Carmen DELL'AVERSANO, Milano 1993 (= The Augustan Aristocracy, Oxford 1986), pp. 598-623 (cap. XXVIII).
Il mondo errante: Dante fra letteratura, eresia e storia. Centro Italiano di studi sull'alto medioevo. Spoleto, 2013. Pp. 537-45.
La Chiesa ha insistito nel post-Concilio Vaticano II sull'importanza della Liturgia delle Ore come preghiera dei religiosi e dei ministri ordinati, per i quali ne è dichiarata obbligatoria la recita 1 , ma non ha mancato di insistere anche sull'esortazione ai laici stessi a recitare l'Ufficio Divino 2 . La recita dell'Ufficio Divino, nella Sacrosanctum Concilium, fu teologicamente vagliata in tutte le sue dimensioni spirituali, ecclesiali e liturgiche; basti una breve citazione 3 :
in «Ti do la mia parola. Sette saggi sul tradimento», a cura di Alessandro Bendassi e Serena Pezzini, con un’introduzione di Paolo Godani, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2017
La Scala 48 (1994) 373-383
Gli Inni sulla Natività di Efrem il , pubblicati da Edmund Beck osb. in Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium 186 (Lovanio 1959), si compongono di ventotto componimenti che celebrano la nascita del Signore. Anche se ci sono indizi assai chiari che alcuni di questi inni sono opera di seguaci di Efrem, la loro maggioranza sembra essere della mano del grande poeta-teologo siriaco. Nel numero di gennaio di questa rivista abbiamo già presentato la traduzione italiana del terzo inno di questa raccolta, il quale descrive con immagini sempre nuove i benefici dell'incarnazione salvifica del Signore e mostra quanto Efrem trova piacere ad accentuare i paradossi della fede nel Dio fatto uomo. Ora presentiamo l'inno 23, il quale, per il suo linguaggio, le sue immagini, il suo stile, è assai simile al terzo inno; per evitare delle repetizioni, ci prendiamo la libertà di rimandare alcune volte a delle spiegazioni che si trovano nelle note dell'articolo precedente.
2019
ELVIRA MARGHERITA GHIRLANDA «Poema a fumetti» Il gioco del sacro Αἰὼν παῖς ἐστι παίζων, πεσσεύων• παιδὸς ἡ βασιληίη 1 1. «Poema a fumetti. Un serissimo gioco» oema a fumetti esce nel 1969, ricevendo «strane accoglienze» dal pubblico e dalla critica, 2 non senza però lo stupore di Buzzati stesso che, come esplicita il titolo dell'articolo in cui l'autore commenta l'uscita del suo libro, si aspettava «di peggio», si aspettava «reazioni di scandalo». Così, con positiva sorpresa, Buzzati registra, invece, come Poema sia stato «preso in generale molto sul serio», nonostante fosse «fatto più di disegni che di parole» (un testo, cioè, che non poteva collocarsi né tra i romanzi illustrati, né tra i fumetti e che oggi è ritenuto tra i primissimi esperimenti di Graphic Novel italiano). 3 I dubbi circa l'accoglienza dell'opera erano dunque relativi alla sua stessa concezione, a quella contaminazione, cioè, di «parole» e «disegni». Ed è precisamente in ragione di questa opposizione, di questo «sperimentalismo» che in sede critica Giannetto definisce Poema un «serissimo gioco»: Un libro singolare che si avvale di molti di quegli ingredienti che oggi qualcuno definirebbe "postmoderni", ma che sono in realtà individuabili nell'arte di tutti i tempi: la contaminazione dei generi, il riuso di motivi e stilemi di altri artisti o di grandi tradizioni letterarie, il gioco delle autocitazioni. [...] Ed è pronto a scommettere [Buzzati] che molti ignoreranno deliberatamente il suo serissimo gioco. 4 1 Eraclito, B 52; si cita da I frammenti e le testimonianze, a cura di C. Diano, Milano, Mondadori, 1980, p. 27. 2 D. Buzzati, Col «Poema a fumetti» mi aspettavo di peggio, «Corriere della sera», 8 febbraio 1970, p. 13: «Sapevo in partenza che Poema a fumetti, libro fatto più di disegni che di parole, rischiava di avere, anche da parte dei critici, strane accoglienze. Prima di tutto: quali critici? Quelli letterari? O i critici di arte? Siccome l'assunto era fondamentalmente narrativo, si è seguita la consuetudine che vige per i romanzi. [...] Confesso che mi aspettavo reazioni di scandalo, di disapprovazione, e anche di silenzio, dato che era umano un critico si trovasse seriamente imbarazzato a dover parlare di un prodotto simile. [...] Ci sono stati sì dei settori di completo silenzio, sinonimi appunto di imbarazzo, se non di fastidio o disprezzo. Ma coloro che si sono occupati del libro l'hanno preso in genere molto sul serio, con una comprensione che non avrei osato sperare. Naturalmente qualcuno, apprezzando il mio lavoro, non ha mancato di rimpiangere il mio me stesso di una volta, come se lo avessi tradito. E in questo non so dargli ragione. [...] Parecchi mi hanno rimproverato l'eccessiva frequenza, nelle pagine di ragazze nude disegnate con accento libertino. [...] Tra parentesi, nonostante il noto boom del sesso, regna ancora da noi una curiosa pruderie, per cui basta una donna svestita a far parlare di pornografia».
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Bites, 2019
La penna e la cetra sono gli emblemi di un agone poetico sospeso tra arte e fede che percorre come un filo rosso cento anni cruciali per la storia della cristianità occidentale e per la letteratura italiana del Rinascimento. Le vicende dei volgarizzamenti biblici e della censura ecclesiastica tra Riforma e Concilio si intrecciano con l’affermarsi del petrarchismo spirituale e di forme poetiche che trovano nella Scrittura il principale fattore di rinnovamento. Dai sette salmi dello Pseudo-Dante ai sonetti penitenziali di Francesco Bembo, passando per le numerose riscritture, i poeti moderni si misurano con la voce di David, «dolce cantore di Israele», in un arco cronologico che coincide con la più ampia parabola delle traduzioni bibliche in Italia. Questo libro unisce una ricostruzione della «poetica davidica» basata sul triangolo fondamentale di autore, testo e pubblico a un’indagine stilistica mirata a delineare il «ritmo della riscrittura». La prima sezione propone un esame dei metodi e degli oggetti di traduzione, parafrasi, ricreazione, insieme a una classificazione delle tipologie del libro poetico di salmi e a un profilo dei lettori. La seconda parte si rivolge alla semantica traduttiva delle forme, esplorando il rapporto dinamico tra metro, sintassi e ipotesto nelle numerose tradizioni metriche coinvolte.
N. Conati, Lo spirito e la follia in Benedetto Croce, 2013.
Vorrei proporre una piccola riflessione sulla concezione della follia e dello spirito in Benedetto Croce. Il punto di partenza della nostra ricerca è il saggio “Un indagatore del mistero dell’universo”, risalente al 1905.Croce entra in corrispondenza con questo Luigi Martinotti: egli mostra come in un tipo molto strambo, riusciva a distinguere il lato filosofico, da quello caratterizzato da una leggera pazzia.In questo nostro percorso dobbiamo sempre ricordarci che in Croce, non c’è alcuna ragione di distinguere spirito sano e malato, per il fatto che lo spirito è sempre sano, o detto più chiaramente,lo spirito non può mai essere malato.
Milano, 6-7 ottobre 2005 BIBLIOTHEC A ERUDITA www.vitaepensiero.it Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, 20122 Milano,
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