Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
…
3 pages
1 file
Il termine ermetismo venne attribuito, in senso dispregiativo, da Francesco Flora, alla nuova poesia nata negli Anni Venti del Novecento. Essa deriva dal simbolismo francese di Mallarmé, Valéry, Verlaine, Rimbaud ed è parte integrante della poetica decadente. Questo nome, che deriva da Ermete (o Mercurio), dio delle scienze occulte, sta a significare la difficoltà di penetrazione di una poesia che, al primo approccio, è ardua da interpretare. Del resto tutta la poetica decadente, della quale l’ermetismo è parte, era aliena dalla preoccupazione di rendere comunicabili i propri messaggi, che provenivano dalla profondità del subconscio...
Il grande recupero della tradizione platonica, e con essa della prisca philosophia, iniziò significativamente con la traduzione, sempre per merito del Ficino, dei testi relativi alla gnosi ermetica. Era stato Cosimo il Vecchio a chiedere al giovane Ficino di tradurre gli scritti attribuiti a Ermete Trismegisto, e di farlo prima di iniziare il lavoro su Platone. Da parte di Cosimo vi era certamente grande interesse per i testi ermetici greci, i quali, infatti, furono destinati subito alla traduzione, non appena arrivati in Italia, portati dalla Macedonia da un monaco, Leonardo da Pistoia detto anche Leonardo Macedone. Il manoscritto che il monaco aveva riportato conteneva i primi quattordici trattati del Corpus hermeticum, e il desiderio di conoscere l'antica sophia proveniente dal mitico Egitto doveva essere molto diffuso nell'ambiente fiorentino poiché, subito dopo la traduzione del Ficino, venne immediatamente reso in volgare da Tommaso Benci, nel settembre dello stesso anno, ossia il 1463. Dopo una vasta circolazione manoscritta finalmente nel 1471 si ebbe l'editio princeps del Corpus hermeticum tradotto dal Ficino, stampato per la prima volta a Treviso per i tipi di Van der Leye con il titolo: Pimander: liber de potestate et sapientia Dei, corpus hermeticum I-XIV. Il libro ebbe un'immensa diffusione e uno strepitoso successo: vi furono addirittura ventiquattro edizioni tra il 1471 e il 1641. Nel 1505 Jacques Lefèvre d'Etaples ristampò il Corpus hermeticum, raccogliendo in un solo volume il Poimandres ficiniano e la traduzione dell'Asclepius attribuita ad Apuleio. Erano, infatti, questi due testi ermetici a essere considerati "i più divini" e sarà in questa forma che circolerà in Europa per tutto il Cinquecento e oltre. L'ermetismo si conosceva già nel Medioevo tramite l'Asclepius, la cui traduzione latina veniva erroneamente attribuita ad Apuleio. Questo scritto, che era variamente circolato in Europa, doveva parte della sua fama alle citazioni di Agostino e di Lattanzio. Condannato e considerato testo magico, l'Asclepius fu poi presente massicciamente nella speculazione del XII e XIII secolo, quando cominciarono ad emergere l'interesse per le corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo e la curiosità per i fenomeni naturali. Il Cusano ne era stato un attento lettore, desumendo da quel testo il tema dell'uomo magnum miraculum e incuriosito da quanto il Trismegisto insegnava riguardo ai rapporti tra uomo e Dio. Nell'operetta De beryllo, scritta attorno al 1458, il cardinale di Cusa riportava un'affermazione di Ermete, secondo la quale l'uomo altro non era che un «secondo Dio». Comunque, nel Medioevo, si conoscevano alcuni testi magici riferiti al Trismegisto, in particolare il Picatrix, che a metà del Quattrocento iniziò a circolare in traduzione latina. Una grande attesa, dunque, circondava la riscoperta del Corpus hermeticum, la grande opera del Trismegisto, considerato, per la sua presunta antichità, come fosse una sorta di Bibbia non cristiana, una Genesi pagana dovuta alla rivelazione di colui che ormai tutti consideravano un Mosè Egizio. In effetti, ciò che si ricercava nella rivelazione di Ermete era la certezza che vi fosse una convergenza tra la teologia pagana e una certa visione del cristianesimo. Collocato nella più remota antichità, Trismegisto pareva confermare una visione del mondo e dell'uomo in piena armonia col messaggio di Cristo, come in effetti si leggeva nell'interpretazione che i Dottori della Chiesa, quelli di matrice neoplatonica ovviamente, ne avevano dato. Considerata come l'autentica e più antica rivelazione divina, la gnosi ermetica appariva, nel Quattrocento platonizzante, come una sorta di religione razionale del genere umano, l'origine stessa di tutte le fedi e le dottrine, capace di costituire la sorgente unificatrice di ogni teologia e di ogni filosofia. Era quella la fonte cui avevano attinto Platone e i neoplatonici, i saggi d'Oriente e d'Occidente, l'Egitto e la Grecia.
Pubblico un numero della rivista Airesis concernente il rapporto tra alchimia ed ermetismo "L'alchimia non è soltanto un'arte o una scienza per insegnare la trasmutazione metallica, ma una vera e solida scienza che insegna a conoscere il centro di ogni cosa, ciò che nel linguaggio divino si chiama Spirito di Vita" (Pierre-Jean Fabre 1636). In realtà, parlare di alchimia oggi suscita solitamente il riso perché l'alchimista viene considerato o una sorta di stravagante illuso, che tentava di arricchirsi trasformando con la magia il piombo in oro, oppure un chimico alle prime armi, capace più di far saltar per aria alambicchi che di reali scoperte. Ma gli alchimisti non furono né l'una né l'altra cosa, essi furono gli adepti di una filosofia spirituale, devoti ad essa come a una religione. L'Alchimia è un sistema filosofico esoterico di antichissima datazione. Tre sono i grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti: 1. Conquistare l'onniscienza 2. Creare la panacea universale, un rimedio cioè per curare tutte le malattie, per generare e prolungare indefinitamente la vita 3. La trasmutazione delle sostanze e dei metalli. Già si conoscono tracce del pensiero alchemico fin dalla età del ferro ed in particolare nell'antica cultura della Cina. L'Alchimia Cinese si fondò sulla base dell'alternanza di due principi complementari detti YIN e YANG che generavano un'unione di opposti:
E nell’espressione figurata del “naufragar” è doveroso annoverare un pensiero idilliaco di Emanuele Marcuccio: «Che meraviglia! È la mia poesia preferita, di tutte quelle mai scritte. Ogni volta che la rileggo, mi perdo in quel mare di Infinito». E quel suo perdersi nell’immensità del sentire, del silenzio e della quiete, crea una poesia cosmica che si realizza sulla percezione e si risolve in esiti di elevata dialettica e singolare dolcezza.
Le similitudini tra la lirica di Rilke e quella della Ferraro risiedono nelle menzioni sugli aspetti della natura e delle stagioni, i sembianti intimistici, i riferimenti agli abbandoni estatici e alle malinconie, la fugacità del tempo, i sentimenti austeri e la sensibilità ricapitolata in una scontentezza che va a scoprire l’atemporalità dei vissuti.
2018
The aim of this paper is to examine one of the essential mechanisms in the verbal humour of Enrique Jardiel Poncela's theatrical works, specifically focusing on one of his plays: Cuatro corazones con freno y marcha atrás (1936). In this text, the use of the pun is almost always present and it is often the basis upon which misunderstanding is produced by exploiting the language polysemous potentialities. In some cases, this strategy results as self-sufficient with respect to the action; in others, it unfolds along with the events, thus highlighting their effects.
Rivista di Studi Ungheresi, 2022
Nel breve spazio a disposizione si cerca di fornire una panoramica generale della presenza in traduzione della letteratura ungherese in Italia. In ordine cronologico si cerca di evidenziare i traduttori più attivi e gli autori più tradotti durante il Risorgimento, il ventennio fascista, in conseguenza della Rivoluzione Ungherese del 1956 e, in epoca più recente, a partire dalla fine della Guerra Fredda. Viene confermato che, nel corso dei secoli, raramente si è fatto ricorso alla traduzione differita. Questo fatto è dovuto alla presenza attiva professionalmente di un gran numero di traduttori, tra il Risorgimento e la Seconda guerra mondiale, per lo più di origine fiumana, mentre in tempi più recenti si tratta di studiosi formatisi nelle varie cattedre di magiaristica in Italia. Per quanto riguarda la fortuna della letteratura ungherese in Italia, senza dubbio il "Secolo d'Oro" è stato il periodo interbellico, ma già nel corso del Risorgimento vengono poste le basi per la successiva vicinanza letteraria. L'interesse e la solidarietà suscitati in Italia dalla Rivoluzione d'Ungheria non sembrano in grado però di portare la letteratura ungherese alla popolarità di cui godeva nell'epoca precedente. Dopo la Caduta del Muro di Berlino il successo delle belle lettere ungheresi sembra stabile e duraturo, naturalmente legato alla fortuna di Eszterházy e soprattutto di Márai, "scoperto" dall'Occidente proprio in Italia.
I capolavori cinematografici del neorealismo, da Fellini a De Sica e Pasolini, sono sempre accompagnati dal termine "poesia". L'espressione rende ovviamente giustizia del contenuto "lirico" che è evidente nelle opere di questi Maestri, tanto che dal concetto di "poesia del neorealismo" si è concettualizzato parlando di una vera e propria "poetica neorealista". Tuttavia non ci si è chiesti da dove nasca il contenuto poetico del neorealismo perché non si è rintracciato finora il trait d'union tra la grande poesia ermetica ungarettiana e montaliana degli anni Venti e la letteratura impegnata del decennio successivo, quegli anni Trenta che videro con Tre operai di Carlo Bernari l'esordio delle tecniche narrative neorealiste. Il "Frammento 1927" del giovanissimo poeta Carlo Bernari, all'epoca diciottenne, comporta l'evoluzione del taglio storico saggistico e veristico del primo Bernari narratore verso l'elaborazione di una scrittura influenzata dalla poesia ermetica. Il neorealismo nascerebbe dunque all'insegna di una "poetica" basata non solo sul "documento" o sull'impegno critico, ma su una vera e propria dimensione lirica.
Éva Vígh, 2022
Il letterato veneziano e allievo di Tiziano, G.M. Verdizzotti è famoso soprattutto per la sua raccolta di favole (Cento favole morali) che, nella tradizione rinascimentale della favolistica esopica, integrava il testo delle favole e l'immancabile breve morale con l'efficace uso delle imprese da lui eseguite. Verdizzotti, combinando la sua inclinazione poetica con la vena artistica, realizzava a pieno la tesi oraziana dell'ut pictura poesis. Il saggio, attraverso alcune favole, analizza l’esecuzione consapevole dei parallelismi verbali e visivi, esaminando la coerenza interna della formulazione poetica e della rappresentazione iconografica.
Appunti per una proposta ermeneutica
Atti della sessione ennodiana del Convegno Auctor et Auctoritas in Latinis Medii Aevi litteris Benevento, 12 novembre 2010 a cura di Silvia Condorelli e Daniele Di Rienzo MARINO NERI TRACCE DI LINGUA POETICA NELLA PRIMA BENEDICTIO CEREI DI ENNODIO (OPUSC. 9 HARTEL = 14 VOGEL): TRA PAIDEIA CRISTIANA E WELTANSCHAUUNG CLASSICA In un celebre locus dell'Orator, Cicerone, trovandosi a valutare quali siano le caratteristiche precipue della prosa rispetto alla poesia, esprime in qualche modo il suo imbarazzo nel dover rilevare come i due ambiti, lungi dall'essere rigorosamente separati, si trovino molto spesso a essere comunicanti: Quicquid est enim, quod sub aurium mensuram aliquam cadit, etiamsi abest a versu -nam id quidem orationis est vitium -numerus vocatur, qui Graece rJ uqmov " dicitur. Itaque video visum esse nonnullis Platonis et Democriti locutionem, etsi absit a versu, tamen, quod incitatius feratur et clarissimis verborum luminibus utatur, potius poema putandum quam comicorum poetarum apud quos, nisi quod versiculi sunt, nihil est aliud cotidiani dissimile sermonis. Nec tamen id est poetae maxumum, etsi est eo laudabilior quod virtutes oratoris persequitur, cum versu sit astrictior. Ego autem, etiamsi quorundam grandis et ornata vox est poetarum, tamen in ea cum licentiam statuo maiorem esse quam in oratoris faciundorum iungendorumque verborum, tum etiam nonnullorum voluntate vocibus magis quam rebus inserviunt 1 .
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.
Studi secenteschi, 2018
AMICIZIA, VERITÀ E FELICITÀ NELL' "ETICA NICOMACHEA" DI ARISTOTELE, 2023
«Sinestesieonline», XIII, 44, dicembre (numero speciale), 2024
Signum, v.23, n. 1, 2022
Atti (a cura di Fernanda Roscetti, Letizia Lanzetta, Lorenzo Cantatore) del Convegno Il classico nella Roma contemporanea: Mito, modelli, memoria, 2002
La modernità letteraria e le declinazioni del visivo Arti, cinema, fotografia e nuove tecnologie, 2019
Semicerchio LVIII-LIX (2018/1-2), 2019
Sade tra formazione di compromesso letteraria, Illuminismo e Contro illuminismo, 2023