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2021, Shejzat - Pleiades
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The article examines the story of Franco Tagliarini’s archive dedicated to the promotion of Albanian cultural heritage. Witnessing to his father’s activity in Albania during the Fascist era, the archive treasures rather important documents. Photographic documentation forms an important part of the archive which is of particular interest to scholars of various disciplines. In the archive resides also documentation of legislation, displaying Tagliarini’s intense activity in the construction of a tourist network in Albania.
Sefer Yuhasin, 2013
Starting from the translation of a piyyut by Zevadyah, “A Groom’s Yozer”, this paper aims to provide some background informations about this otherwise unknown paytan. Linguistic and thematic clues suggest that Zevadyah was a paytan from southern Italy, because his piyyutim show similar features to those by Amittay ben Shefatyah. Moreover, it seems that Zevadyah’s work was used by Amittay as a source for his own piyyutim. The author then suggests that the former lived in Oria in the first half of the 9th century.
Saydnaya Al Napoli Teatro Festival il 23 settembre 2020 è andato in scena uno spettacolo insolito, con protagonista la martoriata Siria, cui talvolta concediamo apparentemente tanta attenzione, da questa parte del mondo, talaltra dimentichiamo anche che esista. L'indifferenza è una causa, ma non l'unica. A essere onesti è difficile farsi un'idea precisa della situazione politica che ha provocato danni sempre maggiori a quella terra straordinaria e al suo popolo, e tanto più difficile è sapere che cosa stiano vivendo oggi. Ammesso poi di farsene un'idea, chi può essere certo che corrisponda alla realtà? Perciò è tanto più interessante ascoltare la voce/testimonianza dell'attore siriano in collegamento, da cui la rappresentazione prende le mosse. Abita ancora in Siria, un paese dal quale l'Europa respinge l'accesso, quindi la sua presenza in scena è da remoto, come tanti eventi in tempi di pandemia. Ramzi, l'attore siriano, la cui voce dà inizio allo spettacolo, e la voce dell'amico Jamal, incaricato di raccontare dal vivo la sua storia, sono soltanto il punto, su cui insiste l'immaginario compasso, che finisce col disegnare un cerchio molto più ampio, dedicato all'incrocio fra culture, al senso di sradicamento, a chi nasce in un paese diverso da quello dei suoi genitori, a chi vive sentendosi lontano da casa. Non è soltanto storia siriana, è storia di tanti, storia di sempre. Saydnaya è la prigione, trenta chilometri a nord di Damasco, in cui scoppiò una terribile rivolta il 27 marzo del 2008. La maggior parte dei prigionieri di questo carcere sono detenuti politici, appartenenti a correnti laiche di opposizione. Fra le sue mura sono rinchiuse oltre 1300 persone, è praticamente un paese stipato in se stesso, che cova rabbia e che si è trovato in guerra aperta al momento della rivolta, partita da un detenuto, che staccò il filo della corrente in corridoio, lasciando al buio l'intera struttura. Per sedare la rivolta, all'inizio del mese di luglio del 2008 fu chiesto l'intervento dei militari, che giunsero in numero superiore ai carcerati e che furono fatti entrare nelle celle. I detenuti riuscirono comunque a prendere in ostaggio 200 soldati e 4 ufficiali. Le ali della prigione erano sotto il loro controllo. Il prigioniero politico Quanti sono incarcerati in Siria per motivi politici perdono i diritti civili, diventano simili a ombre. Aver sfilato a una manifestazione pacifista può essere ritenuto un motivo politico sufficiente a condannare al carcere, alle torture, a chissà a cos'altro. I prigionieri non possono parlare di se stessi, delle proprie passioni nemmeno tra loro, devono farsi trovare dalle guardie con le mani sugli occhi, perché non è loro permesso neppure di guardare. Anche se ne escono vivi, è difficile che qualcuno vada loro incontro, s'interessi a loro, abbia relazioni di qualunque genere con loro, perché rischierebbe in prima persona di essere interrogato e di subire delle conseguenze nocive. Dalla segregazione carceraria questi prigionieri possono passare a quella domestica, molti non riescono a conservare l'equilibrio mentale, qualcuno preferisce il suicidio. Può bastare una battuta di spirito sull'accento del Presidente a far finire in una delle prigioni più dure della Siria. L'ironia è messa al bando, perché è considerato vilipendio ridere di un comportamento qualunque di chi detiene l'autorità. Questo è quanto è successo a Rami, fratello di un attore di Damasco, che si racconta attraverso il palco. E poi c'è la musicista, che riesce a uscire dalla prigione, mentre suo marito resta dentro. Per nove anni non può nemmeno fargli visita. Poi finalmente ottiene il permesso per dodici minuti da lontano. Ogni diversità rispetto alla maggioranza si sente in pericolo, oltre a convincersi di essere espressione di una malattia. L'unica medicina è dentro di te, Gesù ti ama come sei: queste parole sono l'unico annuncio sensato che un prete riesce ancora a pronunciare rivolto all'angoscia di un giovane omosessuale. Qualcuno si decide a
Siamo abituati a considerare le parole, le immagini, i suoni come strumenti espressivi dell uomo e della sua cultura. Uno strumento è tale perché è un mezzo per raggiungere un fine, è subordinato a una meta, a qualcosa che va oltre lo strumento stesso. Anche nella nostra esistenza siamo abituati a subordinare il viaggio alla meta, il percorso alla stazione di arrivo, la gara al suo esito. E corretta o è limitata, riduttiva o sbagliata questa abitudine di pensiero e di vita? Credo che non tenga conto che le parole, le immagini, i suoni hanno un loro valore intrinseco così come il viaggio, il percorso, la gara sono momenti vitali in sé indipendentemente dalla meta prefissa. Spesso impieghiamo molto più tempo a viaggiare, a percorrere una strada che a fruire della meta, del traguardo, che possiamo, come a volte capita, anche non raggiungere. Le parole, le immagini, i suoni non sono semplici strumenti, ma sono avvenimenti essi stessi con un loro valore intrinseco. A un rabbi fu chiesto di raccontare una storia. «Una storia», disse il rabbi, «va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto». E raccontò: «Mio nonno era storpio. Una volta gli chiesero di raccontare una storia del suo maestro. Allora raccontò come il santo Baalshem solesse saltellare e danzare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò, il racconto lo trasportò tanto che ebbe bisogno di mostrare saltellando e danzando come facesse il maestro. Da quel momento guarì. Così vanno raccontate le storie», riferisce Martin Buber ne I racconti di Chassidim.
Rivista Feltrina, 2017
Parliamo della vicenda della capra di Bepi Fent rapita da un ragazzo di Croci? Parliamo dei ruderi che circondano la località? Parliamo delle bellezze paesaggistiche? Potremmo cominciare dai libri che parlano di Croci. Negli anni scorsi il dott. Plinio Zatta ne aveva pubblicati ben due, intitolati entrambi Croci. Quaderni di ricordi della vita di un paese1. Vi sono poi delle pubblicazioni scientifiche a cura dei C.A.I: Il Grappa, un patrimonio da salvare2 del 1984 e Il paesaggio dell’abbandono nel massiccio del Grappa (settore Nord-Orientale)3 del 1999. Anche una rappresentazione cartografica può essere una lettura. Ad esempio la Kriegskarte di Anton Von Zach realizzata tra 1798 e il 18054 e la carta asburgica realizzata nella seconda campagna di rilevamento militare tra 1806 e il 1869. Infine, è possibile ricorrere alle fonti orali e, perché no, a quelle fotografiche; in questo senso la fortuna di essere originario di Croci e di avere nonni con molte informazioni è indubbiamente un vantaggio importante. Tanti dati, tanti racconti, tante esperienze dirette ma condensare tutto è complicato. Una bella passeggiata (un vero e proprio survey) può aiutare a cogliere le cose che leggendo sfuggono o semplicemente sembrano irrilevanti.
Mariapina Mascolo (a cura di) כתב ,ספר ,מכתב KETAV, SEFER, MIKTAV. La cultura ebraica scritta tra Basilicata e Puglia, Di Pagina, Bari 2014, pp. 329-333., 2014
A short intro to Amittay's world, followed by transcription and translation of one piyyut
Note biografiche su uno dei più importanti personaggi dell'India del XVIII secolo
Il Sā m khyā स ां ख्य e i 25 tāttvā तत्त्व Tratto da:
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Ancora su poteri, relazioni, guerra nel regno di Ferrante d'Aragona, 2018
Annali di Ca' Foscari (serie orientale 28), 1997
ean Cayrol, dalla notte e dalla nebbia. La scrittura dell’esperienza concentrazionaria, (a cura di) Marina Galletti, 2010
I CELTI IN FRIULI: ARCHEOLOGIA, STORIA E TERRITORIO IV. 2004, 2004