2021, Immagini della scrittura e metafore dell'atto creativo, a cura di Cristiana Pasetto e Margherita Spadafora, Labirinti, Trento
Il saggio si propone di analizzare le motivazioni che guidano la sperimentazione linguistica di Amelia Rosselli. Ci si concentra sulla prima raccolta pubblicata, "Variazioni Belliche", silloge unanimemente riconosciuta come quella in cui sono più evidenti i tratti di originalità: dalla formazione della nuova forma metrica chiusa – teorizzata in "Spazi metrici" – all’uso di un vasto assortimento di figure retoriche, soprattutto di tipo morfologico. Coerentemente al tema del volume, si presta particolare attenzione all’immagine della scrittura rosselliana, in cui i sistemi delle tre lingue attraverso cui la poetessa organizza il proprio universo discorsivo – francese, inglese e italiano – vengono, per così dire, cortocircuitati. Il risultato non è, però, da intendersi come mescolanza delle logiche che dominano queste tre lingue, bensì come lo specchio linguistico della «disappartenenza» provata da Amelia, naufraga del mondo fin dalla nascita: la sua scrittura testimonia il suo essere ovunque ed in nessun luogo contemporaneamente. Dopo aver ripercorso brevemente la storia del grosso fraintendimento critico che, a partire dalla celebre "Notizia su Amelia Rosselli" scritta da Pasolini per «Il Menabò» nel 1963, ha immerso – contro la volontà esplicita della stessa poetessa – le poesie di Amelia Rosselli in un alone irrazionale, si cerca di mostrare come questa scrittura abbia forti radici razionali, ed anzi, come essa appaia un dispiegamento totale della razionalità, tesa fino ad incontrare la propria crisi. Per illustrare tale processo, dalle caratteristiche che Deleuze e Guattari attribuiscono alla cosiddetta «letteratura minore» si passa poi a individuare un precedente della sperimentazione rosselliana nelle manipolazioni linguistiche di Lewis Carroll. Si può notare così che, se la poesia di Amelia Rosselli tocca l’irrazionale, lo fa da un punto di vista molto diverso da quello che aveva in mente Pasolini: non c’è opposizione o rifiuto del razionale in favore di un caos psichico trasparente e immediato. L’irrazionalità è data casomai come risultato dello svolgimento razionale di un problema: è la stessa poetessa, infatti, a definire la sua scrittura come frutto di un «Mito del Razionale» più che di un «Mito dell’Irrazionale». Nella sezione conclusiva si pone in evidenza come, benché il procedimento adottato da Amelia Rosselli sia ricco di filosofia, sarebbe un errore leggerlo in chiave puramente concettuale: c’è infatti una forza percettiva che la attira verso la scrittura, la quale viene sentita come possibile cura ad un dolore universale.