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MARIA ROSA GIACON, Dante nella Licenza francese e veneziana Composta da due capitoli del «libro della memoria» dannunziana, l'uno per larga parte steso in Francia nel 1914 e l'altro a Venezia nei mesi dell'«ombra», la Licenza alla Leda senza cigno è il prodotto dell'operazione di accorto montaggio effettuata dal poeta fra la tarda primavera e l'estate del 1916. Collegate da elegiaci raccordi, le due sezioni ritrovano interna unità in una singolare testura del «frammento» entro la quale si palesa il consumato distacco di d'Annunzio da qualsivoglia narrato in senso tradizionale. Tuttavia, unitamente agli agganci strutturali, agenti sul piano sistemico dell'autotesto memoriale, vanno presi in considerazione altri elementi di coesione fra cui spicca l'eredità di Dante quale campione di civiltà, non l'italiana solamente, ma la latina per intero. Presenza dichiarata, dalla citazione al recupero linguistico e stilistico, nel nucleo raccontativo delle faville francesi, per lo più soggiacente alla filigrana del testo nell'ode alla malinconia veneziana, l'artefice del nostro «parlar materno» viene piegato a una fruizione differenziata e però non disgiunta. In particolare, nella Licenza francese la persona dell'esule fiorentino e la rilettura dantesca del mito di Ulisse appaiono reinterpretate, in conformità con l'acceso interventismo dannunziano, all'insegna d'un simbolico riscatto della patria «inerme e irresoluta»; nella sezione veneziana, al ricorso al mito icario predominante nella superficie del testo è sottesa, in contaminazione con l'antico, la figura dell'ultimo degli Ulissìdi: il navigatore del cielo Giuseppe Miraglia, cui il poeta dedica uno struggente epicedio durante la visita a San Michele del 21 giugno 1916. E, se qui immediata non è la tematizzazione dantesca, lo è però la lingua: il ricordo dell'inumazione dell'amico, luogo fondamentale della seconda sezione, è costellato di voci attinte al thesaurus della tradizione o tanto bene presenti nel lessico di d'Annunzio, ma recanti dantesco imprimatur. In conclusione, nel suo complesso francese-veneziano, la Licenza configura la composizione d'un moderno classicismo che già sembra preludere all'emulazione dantesca del Libro segreto. Si considerino premessa a questo contributo i seguenti saggi: Maria Rosa Giacon, "1914 nella Licenza e nei Taccuini dannunziani", in "L'anno iniquo. 1914: guerra e letteratura europea" (Atti Convegno, Venezia, 2014); Id., ID, "Fra pre-testo e intratesto: la circolarità complementare di Notturno, Licenza e Taccuini dell'artista soldato", in "D'Annunzio, la guerra, l'Europa " (Atti Convegno, Pescara, C.N.S.D., 2014.
Integrazioni all’esegesi dantesca nel cinquecentenario della morte di Bernardo Bembo, a c. di A. Sorella, Firenze, Cesati, 2021
La presenza dei testi di Dante nella cultura veneziana del 1600
2023
Recensione di Dante nelle letterature straniere. Dialoghi e percorsi, a cura di Emilia Perassi in collaborazione con Simone Ferrari e Alice Nagini, Milano, Ledizioni, 2021 (« di/segni », 38), pp. 316.
Dante, l’italiano, a cura di Giovanna Frosini e Giuseppe Polimeni, Firenze, Accademia della Crusca-goWare edizioni, 2021, pp. 299 (Settimana della lingua italiana nel mondo), 2021
Nel canone tradizionale Omero, Dante e Shakespeare formavano il trittico dei classici mondiali. Oggi nuove tendenze critiche hanno dato luogo a valutazioni diverse sui grandi della letteratura universale, ma senza dubbio Dante conserva saldamente il suo posto, come dimostrano la sua presenza negli studi internazionali, le molte traduzioni anche in lingue e culture lontane dall'influenza (oggi calante) della cultura occidentale e, cosa non meno significativa, il continuo lavorio di adattamento e transcodificazione che hanno dato e danno vita a una quantità di rivisitazioni, dai fumetti alle interpretazioni cinematografiche, televisive e multimediali. A questa constatazione se ne accompagna un'altra, apparentemente contraddittoria: alla rapida diffusione della Divina Commedia, attestata già nel XIV secolo dal gran numero delle copie manoscritte, dai commenti, dalle citazioni, il capolavoro dantesco non ha imitatori, diversamente da ciò che si verifica con Petrarca e Boccaccio, gli altri due classici della letteratura in volgare delle origini. È sufficiente ricordare l'Acerba di Cecco d'Ascoli, poema dottrinale che l'autore compose proprio in polemica con Dante: davvero povera cosa, almeno dal punto di vista poetico. Non è dunque sul piano del genere letterario che si misurano il ruolo e le funzioni della Commedia e le ragioni della sua vitalità perdurante. Per rimanere nel XIV secolo, tutt'altro panorama risulta infatti dalla presenza della Commedia negli altri due classici del secolo: grande ammiratore di Dante, Boccaccio ha reimpiegato nel Decameron un'infinità di spunti danteschi risemantizzati e reinterpretati coerentemente con la logica compositiva delle cento novelle, i cui fondamenti sono diversissimi da quelli della Commedia. Nello stesso secolo, il dialogo con Dante poeta affiora anche in alcuni componimenti del Canzoniere di Petrarca. L'influenza di Dante è estesa e ramificata, e sarà possibile indicare solo pochissimi episodi. In area italiana, un autore come l'Ariosto attinge più volte alla Commedia nell'Orlando Furioso; ancora più marcata è la presenza dantesca nelle sue bellissime Satire, anche in dipendenza del genere letterario, più vicino del poema cavalleresco a un lessico e a contenuti realistici. Cambiando tempo, luogo e argomenti, dopo la Riforma luterana le critiche dantesche al Papato furono strumentalizzate come anticipazioni del nuovo credo luterano e più generalmente protestante, con distorsioni che ebbero lunga vitalità.
A cura di Paolo Chiesa e Federica Favero 🔗 https://www.sismel.it/pubblicazioni/1904-il-latino-di-dante Nella tradizione degli studi, le opere latine di Dante hanno a lungo sofferto di una certa subalternità rispetto a quelle in volgare, soprattutto nell’analisi dei loro aspetti linguistici e stilistici, penalizzati da una visione ideologica che giudicava il latino strumento scolastico privo di creatività ed espressività. Oggi tale visione può considerarsi definitivamente superata, ma ha lasciato dietro di sé qualche inevitabile ritardo negli studi in questo campo. Il volume si propone come un contributo al superamento di tale ritardo, grazie all’approfondimento di alcuni temi specifici legati alle singole opere latine di Dante e alla presentazione di iniziative scientifiche in corso sull’argomento. I testi pubblicati derivano dagli interventi tenuti al convegno annuale della Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino, svoltosi in forma virtuale nel dicembre 2020, nell’imminenza del Centenario dantesco; gli autori sono Gabriella Albanese (sul progetto del Vocabolario Dantesco Latino), Benoît Grévin (sull’impiego del dictamen nelle Epistole), Riccardo Macchioro (su alcune particolarità lessicali nella Monarchia), Marco Petoletti (sul latino delle Egloghe), Diego Quaglioni (sul latino giuridico di Dante). 📚 Traditionally, Dante’s Latin works have long suffered from a certain subordination compared to those in vernacular language, especially in the analysis of their linguistic and stylistic features, which were penalized by an ideological vision that considered Latin language a scholastic instrument, lacking in creativity and expressiveness. Though nowadays such vision can be considered definitively outdated, it caused some inevitable delays in this field of studies. The volume is intended to be a contribution to overcoming this delay, thanks both to the in-depth study of some specific themes related to Dante’s individual Latin works, and to the presentation of ongoing scientific initiatives on this topic. The texts published herein derive from the papers delivered at the annual conference of the Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino, which took place in virtual mode in december 2020, in proximity to Dante’s Centenary; the authors are Gabriella Albanese (on the Vocabolario Dantesco Latino project), Benoît Grévin (on the use of the dictamen in the Epistles), Riccardo Macchioro (on some lexical peculiarities in the Monarchy), Marco Petoletti (on the Latin of the Eclogues), and Diego Quaglioni (on Dante’s juridical Latin).
Nel III canto del Paradiso Piccarda Donati rivela a Dante che la perfetta disposizione del regno dei cieli prevede una gerarchia rigorosa tra le anime dei beati che il pellegrino andrà incontrando lungo il suo itinerario. Alla gerarchia celeste corrisponde una distinzione tra altrettanti gradi di beatitudine, ciascuno dei quali è commisurato ai meriti delle anime secondo un criterio infallibile di giustizia distributiva. Nella città di Dio non vi è alcuna invidia per questa diseguaglianza: anzi, è essenziale alla condizione stessa dei beati tenersi stretti alla volontà del Padre secondo una concordia assoluta che fa coincidere la volontà di ogni suddito con la volontà dell'ineffabile Imperatore. Nella chiusa del suo discorso, Piccarda menziona un principio che costituisce il punto di saldatura tra metafisica della giustizia e ontologia, ovvero la distinzione tra ciò che Dio «crea» e ciò che la natura «face»: E 'n la sua volontade è nostra pace: ell'è quel mare al qual tutto si move, ciò ch'ella cria e che natura face.
2021
Lettura e commento della lettera apostolica Candor lucis aeternae di papa Francesco dedicata a Dante nel settimo centenario della morte
Critica letteraria, rivista d'italianistica, 2015
avec affection.
Ithaca: Viaggio nella Scienza, 2021
Quest'anno, come è noto, ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri (1265-1321). Qui si vuole ricordare la sua visione dell'Universo, collegandola alla Geometria che, come egli dirà nell'ultimo canto della Divina Commedia, è scienza che più di ogni altra può avvicinarsi a una pallida rappresentazione degli attributi trinitari: "Qual è 'l geometra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond'elli indige," (Par XXXIII, 133-135) Non si parlerà invece del collegamento con la Fisica (in particolare con la Teoria della Relatività), che pure ha suscitato interesse in studiosi [1]. Dante Dante vuole conciliare la cosmologia aristotelica, che pone la Terra al centro, con la visione cristiana, che pone al centro Dio, quindi cercare di conciliare la visione geocentrica con quella teocentrica, il visibile con l'invisibile, la materia con lo spirito. Questo tentativo, secondo alcuni studiosi, sembra che abbia portato Dante a superare la geometria euclidea concependo un universo curvo. A mio avviso, questa visione geometrica rimane però una interpretazione di una mirabile intuizione poetica, che in ogni caso ci sorprende.
Dai pochi ai molti Studi in onore di Roberto Antonelli
Dante e l'Arte, 2018
Presentation and coordination of the dossier Dante & Comic Books of the journal Dante e l'Arte. Contributions by: Brian Ireland, Penelope James, Ursula Winter, Daniela Pietrini, Mario Tirino, Lorenzo di Paola, Raul Ciannella, María Antònia Martí Escayol, Adolfo Fattori, Francisco Saez de Adana, Gino Frezza, Ivan Pintor.
2021
La presente tesi si propone di individuare ed esaminare l'intertestualità dantesca della Vita nova e della Divina Commedia, testi cardine per la storia della lingua e della letteratura italiana, all'interno dell'opera di Gérard de Nerval, nom de plume di Gérard Labrunie, poeta e scrittore francese e figura di spicco del Romanticismo letterario della prima metà dell'Ottocento. In particolare, essa approfondisce la presenza di Dante nell'ultima opera di Nerval, Aurélia, ou le rêve et la vie.
Idee su Dante, 2013
Da quasi sette secoli la Commedia dantesca suscita ininterrottamente l’attenzione dei lettori di tutto il mondo. Ma dove si origina questo interesse? Nel suo poema Dante affronta il problema che si trova «in fondo a tutte le religioni e le filosofie», una questione «profondamente seria» che interessa immediatamente ogni lettore, lo inquieta e lo avvince: «il destino eterno della persona». Ecco perché, accanto alla lunga storia di lecturae Dantis, la Commedia vanta anche una ricca tradizione di studi critici, particolarmente intensa tra xix e xx secolo. Per afferrare l’opera di un autore che lancia «agganci verso tutte le direzioni», gli interpreti contemporanei hanno riletto il poema da vari punti di vista e con metodi diversi, delineando una realtà molteplice e dinamica. Con l’intento di offrire uno spaccato delle prospettive interpretative di alcuni tra i più influenti critici della Commedia, il 9 e 10 maggio 2012, presso l’Università degli Studi di Milano, Esperimenti danteschi ha promosso un convegno dal titolo Idee su Dante. Autorevoli studiosi del poema e di critica letteraria hanno affrontato da un punto di vista originale le tesi di Francesco De Sanctis, Benedetto Croce, Erich Auerbach, Charles S. Singleton e Gianfranco Contini. Il presente volume ripropone il testo delle cinque conferenze.
Dante a Bismantova , Viaggio alla montagna del Purgatorio + Medioevo n. 326 marzo 2024, , 2021
Sulle tracce dell'esule illustre. Il reggiano Guido da Castello e l'astuto vescovo di Reggio Enrico Casalorci, già consigliere di Bonifacio VIII
Virgilio spiega a Dante che vi sono due >pi di amore: naturale e d'animo. Il primo può essere rivolto solo a Dio; il secondo invece può spingere l'uomo a peccare per "malo obbie&o", "poco di vigore" o "troppo di vigore". A questo principio si conforma la stru&ura del Purgatorio.
Bollettino [del] Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 2022
Fenomeni linguistici presenti nei rimatori siciliani e documentati anche nei poeti successivi (Dante compreso), collocabili in una prospettiva di continuità, di solito sotterranea e non dichiarata dai protagonisti. L’eredità dei Siciliani rappresenta per i poeti delle generazioni seguenti un serbatoio di ampia disponibilità, funzionale all’utilizazione che essi ne fanno.
Dante e le leggende in Istria. Com'è nato il mito di Dante, vate delle terre irredente?, 2021
Dante è stato in Istria oppure troviamo l’Istria nei versi danteschi? Chiedendo “ces fastus” passando per Pola, fermandoci alla grotta di Tolmino, scendendo per la riva scoscesa del castello di Duino saltiamo sullo scoglio di Dante? Andiamo a Isola d’Istria, dove la tradizione dei codici danteschi riecheggia tra le pagine vergate dal tropeano Campennì? Scritte nell’edificio posto dirimpetto alla casa Delise, dove nell’ottobre del 1308 Dante vi riposò per una notte… Dante, l’esule che qui cercò dimora o protezione, s’inebriò dell’Istria tanto da volerla rendere eterna nei suoi versi immortali, e noi ne seguiamo le orme … Scritto che aleggia tra mito e leggenda, la dantista ha cercato di raccogliere tutte le notizie certe e meno certe, sui passaggi veri o verosimili del poeta ramingo. Un percorso che offre anche un guida ai luoghi danteschi sospesi tra storia e realtà.
"Bollettino dantesco", 3, 2014
Bollettino dantesco», numero 3, settembre 2014 rossella bonfatti
Conferenza ACi, 2019
Dante e l'ebraismo. Dante e il mondo ebraico. All'inizio del suo breve saggio su Dante e gli ebrei (1893), il rabbino Flaminio Servi, facendo eco a una tendenza diffusa nell'ambito degli studi ebraici anche in Italia, all'interno della cosiddetta "scienza del giudaismo", ricordava l'amicizia di Dante con Immanuele Romano, il più importante poeta ebreo del Trecento; rilevava i punti di contatto che hanno i due poemi l'Inferno e il Paradiso di Immanuele e La Divina Commedia, e soprattutto poneva l'accento non solo su "quanto il divino Poeta attinse dalla Bibbia", ma anche, in particolare, su "la stima ch'avea degli ebrei". Erano convinzioni diffuse tra gli studiosi ebrei di fine Ottocento e primo Novecento, convinti, fra l'altro, che l'amicizia tra il poeta fiorentino e l'autore romano o l'imitazione del poema in alcuni autori ebrei del passato fossero segnali di una sincera apertura di Dante verso il mondo ebraico. Per la comunità ebraica ottocentesca, soprattutto italiana, nel momento in cui l'emancipazione, nell'età postrisorgimentale, doveva scontrarsi con accentuate espressioni di antisemitismo, l'esistenza della possibile 'disponibilità' del padre della lingua italiana verso l'ebraismo poteva assumere un significato molto particolare, offrire una sorta di sostegno ideologico nel processo di integrazione ebraica nell'unità d'Italia. In tale contesto, nonostante le riserve di Samuele David Luzzatto, del Collegio rabbinico di Padova, che riteneva inconciliabile la visione dantesca con lo spirito ebraico, si era già avuta la prima edizione del poema di Moshé da Rieti, Il piccolo santuario, da parte di Jacob Goldenthal (1851), proprio con il titolo di Dante ebreo; era apparsa una traduzione in ebraico del poema dantesco da parte del triestino Saul Formiggini (1869); vi furono vari saggi del Soave, del Modona, del Debenedetti, del D'Ancona; più tardi quelli di Attilio Momigliano, poi confluiti nel commento alla Commedia del 1945-47, e quelli di Mario Fubini. Fu una stagione di interessi particolari nell'ambito della produzione ebraica, se pur marginali nella storia della critica dantesca, prima che, attraverso la Difesa della razza, il fascismo volgesse in senso razzista e antisemita i versi di Dante, cercando nel poeta un appoggio autoritario alla propria ideologia. Il contrasto tra le due posizioni, pur considerando le evidenti forzature interpretative, chiaramente strumentali, è legato certo a un preciso momento storico; riproponeva però, nell'età moderna, ancora una volta, l'annoso problema, che costantemente si ripresenta, sulla reale posizione dantesca nei confronti del mondo ebraico, su come giudicare certi passaggi fondamentali della Commedia, sulla presenza di certi "ebraismi" nei suoi versi. Ancor oggi l'affermazione del Servi sulla "stima" che Dante aveva degli ebrei, pur legata a un preciso contesto, richiede dunque un'attenta riconsiderazione e i rapporti dell'autore della Commedia con il mondo ebraico vanno analizzati sotto molteplici prospettive, senza la presunzione di poter giungere a una conclusione da tutti condivisa. L'analisi può avviarsi proprio da uno dei passi più noti del poema: Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte, si che 'l Giudeo di voi tra voi non rida! È certamente vero che permane talora, nei versi della Commedia e in alcuni passi delle opere in prosa, una particolare attenzione di Dante al rigore con il quale gli ebrei, che pure hanno solo il Vecchio Testamento e non sono illuminati dalla 'verità' del Nuovo, rispettano con costanza le norme indicate dalla Torà. Il poeta non ne trae, però, motivo di positiva valutazione, bensì sfrutta quella rigorosa
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