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2014, Ma il sindacato chi rappresenta?
L'elaborato analizza l'andamento storico del tasso di sindacalizzazione in Italia ed in Europa, concentrandosi sui motivi della crisi attuale. Dopodiché viene preso in considerazione il tasso di copertura sindacale. Infine, si approfondisce l'annosa questione della misurazione e certificazione della rappresentanza sindacale nel settore privato in Italia, alla luce dei recenti accordi e delle autodichiarazioni rese dagli stessi sindacati, mettendo in luce problematiche e contraddizioni.
XII, 2020/1 (gennaio-marzo), 2020
Ci sono pervenute varie domande che chiedono se è corretta l’espressione ordinanza sindacale, che si trova spesso negli atti delle amministrazioni comunali per indicare una disposizione emanata dal sindaco, o se non possa generare confusione, visto che l’aggettivo sindacale è normalmente riferito al sindacato (rappresentante sindacale, contributo sindacale, ecc.).
2020
Il saggio affronta le sfide del sistema sindacale italiano di fronte all'attuale scenario delle trasformazioni produttive. Dopo una breve descrizione delle recenti modifiche all'impianto legislativo e contrattuale collettivo, l'A. segnala i possibili rischi di un indebolimento della tutela sindacale nei luoghi di lavoro a fronte di un'eccessiva «flessibilizzazione» del mercato del lavoro e della struttura contrattuale del rapporto. Infine, si sostiene che da un'endemica e progressiva debolezza dell'azione sindacale non può che generarsi anche un sempre maggiore numero di «working poors», la cui debolezza economica è solo una proiezione dell'ontologica debolezza contrattuale dei lavoratori in genere. La sfida quindi è aperta, e in una prospettiva di cambiamento l'A. propone di estendere la tutela sindacale di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori, nonché i diritti di partecipazione di derivazione eurounitaria, anche per tutte le fattispecie contrattuali ai confini della subordinazione tout court, che finora ne sono state escluse. Tale strategia potrebbe da una parte contribuire a rinsaldare il ruolo del sindacato tradizionale a livello nazionale e dall'altra parte a rinnovare la capacità di quest'ultimo di essere efficacemente rappresentativo di interessi collettivi generalizzati anche all'interno delle realtà produttive. PAROLE CHIAVE: rappresentatività sindacale; lavoro povero; diritti sindacali; partecipazione 1. Il diritto del lavoro alla prova della competizione economica Le recenti politiche legislative hanno introdotto nel sistema contrattuale lavoristico elevate dosi di flessibilità strutturale. Ciò ha costretto anche il diritto del lavoro a mutare, seppur parzialmente, il suo codice genetico da disciplina orientata esclusivamente alla tutela dei diritti
Abstract Il saggio propone una storia delle relazioni industriali all'interno della Smalteria Metallurgica Veneta di Bassano del Grappa (VI), dal 1945 al 1975, data della messa in liquidazione dell'azienda.
Nel gennaio del 1927 venne posto in essere lo scioglimento del comitato direttivo della CGDL e questo determinò la definitiva liquidazione del sindacalismo libero nell'Italia fascista. In effetti, il sindacalismo libero era in difficoltà già da molto tempo. Dal punto di vista contrattuale il monopolio del sindacato fascista era stato stabilito dal patto di Palazzo Vidoni nel 1925, stipulato da CONFINDUSTRIA e la Confederazione dei sindacati fascisti presieduta da E. Rossoni. Con la legge del 1926 venne stabilita la validità erga omnes dei contratti di lavoro stipulati dai sindacati fascisti, con il completo monopolio della contrattazione collettiva da parte del regime fascista. La CGDL si sciolse in un clima di difficile sopravvivenza per vari motivi: le difficoltà incontrate dai sindacalisti a seguito della costituzione della dittatura, l'impossibilità di svolgere alcuna attività dal punto di vista contrattuale, per l'opposizione politica al regime e a seguito dell'atteggiamento filo fascista di alcuni dirigenti come Rigola e D'Aragona. In questo clima B. Buozzi segretario generale della CGDL (già segretario della FIOM, sindacato degli operai metallurgici) decise con altri sindacalisti riformisti di scegliere la via dell'esilio in Francia. Nel 1927 Buozzi partecipa alla fondazione a Parigi della Concentrazione antifascista con altri esponenti politici oppositori del regime. Oltre alla CGDL scomparvero altre organizzazioni sindacali: la CIL Confederazione italiana dei lavoratori di ispirazione cattolica (insediata nell'ambito rurale con la perdita di numerosi aderenti a seguito della diffusione del fascismo nelle campagne), la UIDL unione italiana del lavoro di ispirazione rivoluzionaria e repubblicana e l'USI unione sindacale italiana, scomparvero a seguito delle pressioni e dell'attrazione esercitata dal fascismo. Il destino del sindacalismo cattolico fu la dispersione e esso si riaffermò solo nel 1944 con la nascita delle ACLI (associazioni cattoliche dei lavoratori italiani). Il sindacalismo riformista socialista si ricostituì all'estero durante il regime fascista senza riuscire a svolgere una reale attività di proselitismo clandestino nel nostro paese. La CGDL fu, negli anni che precedettero il fascismo, una grande organizzazione di classe con un orientamento maggioritario riformista nonostante le spinte rivoluzionarie che si fecero più intense a seguito della nascita della nascita del Partito comunista nel 1921 a Livorno (dopo la scissione dal partito socialista). I comunisti dopo lo scioglimento della CGDL, la ricostituirono nella clandestinità in diretta dipendenza dal partito che aveva sede a Parigi. Così dal 1927 al 1936 si realizzò una particolare situazione: da un lato c'era la CGDL nella sua continuità ideale e politica a Parigi guidata da Buozzi con scarsi contatti con l'Italia, dall'altro c'era la rete sindacale clandestina comunista che, nonostante il regime fascista, riuscì a sopravvivere. I rapporti fra le due organizzazioni furono a lungo conflittuali fino al 1936 quando le due CGDL si riunificarono grazie all'accordo fra Buozzi e il comunista G. Di Vittorio tenutosi a Parigi. Nel frattempo miglioravano anche i rapporti fra il partito socialista e quello comunista: nel 1934 fu stipulato un patto di unità di azione, rinnovato nel 1941 a seguito dell'alleanza fra Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito. Per la rinascita della CGDL unitaria furono importanti anche i colloqui fra Buozzi e Achille Grandi che era stato segretario della CIL sino allo scioglimento. Confindustria e Confagricoltura fino al 25.07.1943 Durante il regime, le organizzazioni padronali CONFINDUSTRIA e CONFAGRICOLTURA ebbero una storia diversa. La prima si avvicinò gradualmente al regime fascista, infatti la politica economica degli anni trenta, i progetti corporativi e l'autarchia ottennero il favore degli industriali. La CONFAGRICOLTURA nacque nel 1920 e dopo aver tentato invano di avere una propria rappresentanza politica sotto forma di partito agrario nazionale (PAN), si convertì rapidamente al fascismo e ai suoi orientamenti corporativistici (intesi come strumento di azzeramento della conflittualità nelle campagne). Con il varo della legge sindacale del 1926, in CONFAGRICOLTURA confluirono anche la piccola proprietà coltivatrice e l'affittanza. l rapporti fra questa organizzazione e il regime, attraversarono fasi alterne (così come per CONFINDUSTRIA): tutto dipendeva dalle scelte di politica economica e tributaria. Tuttavia può considerarsi una organizzazione fortemente fascistizzata che godette quasi sempre nel ventennio fascista di una potente base economica rappresentata dalla federazione dei consorzi agrari.
2014
Il ruolo istituzionale del sindacato e la regolazione della rappresentanza sindacale .
2014
From the ISFOL-ISTAT survey on the professions, the “craft” of the unionleader appears to be similar to the one of the business manager, in whichskills as communication and staff management are prevailing.The vocational dimension of this “trade” is nevertheless strong and cannotbe neglected: the business model doesn’t seem to be an appropriate termof comparison to this “call” to the social justice.The notion of competency doesn’t similarly appear to be suitable to tell theunion “occupation” as ideologically marked in terms of competition andperformance, which are not part of the union trade mission.Inserted into the theoretical framework of “human capital”, competency isfunctional to productivity and profit, but if inserted into the theoreticalframework of “human development” instead, it becomes also part of the capability, i.e. the “capacity of social functioning” concerning the existentialrealization of the subject, beyond the economic component.
Operai e sindacato a Bologna. L'esperienza di Claudio Sabattini (1968- 74), a cura di Luca Baldissara e Adolfo Pepe, Ediesse, Roma 2010, 2010
La Fondazione Claudio Sabattini, sorta per iniziativa della FIOM nazionale e della Camera del lavoro di Bologna, intende valorizzare la figura del sindacalista bolognese, scomparso il 3 settembre 2003. A tal fine ha avviato il censimento e la raccolta in un archivio dei materiali che ne documentano l’intensa attività. La Fondazione promuove anche seminari e dibattiti, indagini e ricerche per portare un contributo di conoscenza e consapevolezza critica nello spirito che fu di Sabattini, per il quale lo sforzo di comprensione della realtà e l’azione per mutarla non andavano mai disgiunti. Questo volume è un esempio di tale modo di intendere la ricerca. Ricostruisce un periodo importante nella storia della città e del lavoro, restituisce a Bologna la rilevanza di un’esperienza sinora oscurata dalla prevalente attenzione per il conflitto di fabbrica nel triangolo industriale. Si rivela un quadro in cui la saldatura delle lotte in fabbrica e nel territorio diviene un modo di elevare la condizione operaia e salariata a metro di misura dei rapporti sociali e politici. Come mai prima di allora e come mai più dopo, in quella fase si pone la questione del nesso lavoro/democrazia non in termini formali, ma entro un dinamico processo di democratizzazione permanente. Ciò che può rappresentare un utile e importante elemento di riflessione per i giorni nostri.
Alternative per il socialismo n. 25, 2013
"Società e conflitto", 1990
Qualche cenno storico e alcuni nodi teorici fino al Sessantotto
Storicizzare la precarietà e il sindacato Nell'iniziare un contributo come questo occorre porre prima di tutto una serie di avvertenze. La prima inerente al concetto stesso di " storicizzazione " , che non significa prendere un fenomeno del presente e collocarlo nel passato, né tantomeno occuparsi di temi e problemi chiusi in un tempo che ormai non è più in maniera irrimediabile. Storicizzare significa semmai recuperare una visione in prospettiva dei fenomeni, ben sapendo che dove esiste il cambiamento esiste anche il tempo e dunque la storia, o, detto in maniera più semplice, rintracciare nel passato fenomeni ancora ben visibili oppure in corso nel presente in cui viviamo, senza proiettare le immagini del presente sul passato o l'inverso, ma contestualizzandoli dentro al loro tempo e al loro spazio. Da questa prima avvertenza ne discende la seconda, che vuole mettere in guardia dalla tentazione a sovrapporre in maniera semplicistica concetti, categorie e situazioni del presente sul passato. Concetti e categorie come quelle di precario, atipico, parasubordinato, per come li usiamo noi oggi, non possono essere trasportati su figure del passato così come sono. Occorre semmai ricercare qualcosa come delle corrispondenze o delle similitudini in quelle situazioni e posizioni del passato che possono rappresentare l'equivalente di altre nelle nostre epoche. Non a caso la comparazione si fa sempre per differenze, non per analogie. La terza avvertenza riguarda il tipo di lettura della storia qui proposta, che cerca di mettere in dubbio tutta una serie di assunti dati comunemente per scontati, ma fortemente messi in discussione dagli studiosi di scienze sociali e storiche che si occupano di questi temi, e che riguardano da una parte la linea dello sviluppo storico – che troviamo frequentemente letta come progressiva, eredità di lungo periodo del cosiddetto positivismo della cultura di matrice socialista – e dall'altra la visione di cosa sia il lavoro e di chi siano i lavoratori, di quali siano le forme di lavoro moderne e quali no, e di riflesso di cosa significhi l'essere sindacato, rispetto a chi e con quali forme di azione. Nella nostra cultura diffusa di norma ci riferiamo a questi fenomeni utilizzando le nostre conoscenze empiriche, derivate dalle epoche più recenti e vicine a noi, che irradiano una loro influenza e determinano lo sguardo che abbiamo, ma non sono né ovvie né univoche né inevitabili. Sono suggestioni che hanno preso corpo a partire dagli anni '70, e che più in generale riflettono l'immagine di uno sviluppo determinatosi dentro alla storia repubblicana e letto in maniera lineare. Ma la storia repubblicana fino agli anni '80 copre solo una delle tante, e lunghe, fasi del capitalismo. Dentro alla Repubblica ne è iniziata una nuova che ancora stentiamo a riconoscere come tale. Necessitiamo dunque di un processo di aggiustamento, di riconsiderazione, di superamento e abbattimento di resistenze culturali, segnatamente di culture sindacali radicate. Non vuol dire fare rinunce, questa è la leva che usa il paradigma ideologico neoliberista, che accusa di conservatorismo chiunque tenda a difendere diritti e tutele, ma semmai essere innovativi a nostra volta dentro al solco della nostra storia e delle nostre posizioni, viste con un'ottica di più largo respiro temporale e spaziale. Le innovazioni, in risposta al mutato assetto sociale ed economico ed alle trasformazioni produttive, hanno sempre caratterizzato le organizzazioni dei lavoratori, che si sono in più occasioni adattate plasticamente al contesto in cui erano situate. Oggi è di nuovo necessario percorrere tale strada, stando sulle spalle della lunga esperienza del passato, e farlo con un'adeguata visione prospettica delle trasformazioni economiche-sociali e del sindacato. Precarietà e flessibilità sono due termini che faticano a trovare uno statuto proprio ancora oggi, proprio perché descrivono situazioni e figure sfuggenti. Le lingue latine sono state le prime a introdurre il termine precarietà. In Italia è usato già dai primi '70, in particolare per parlare dei lavoratori delle piccole imprese marginali, mentre nel mondo anglosassone entra nell'uso corrente agli inizi di questo secolo. La precarietà non è una condizione di lavoro in senso stretto (muratore, operaio, insegnante, commesso...) ma definisce le condizioni oggettive in cui figure diverse si trovano a lavorare ed in cui si trovano i lavoratori. Dal punto di vista soggettivo va posta anche nella relazione che il lavoratore precario ha con i lavoratori stabili, relazione che oggi è senz'altro diversa da quella che poteva avere un bracciante alla fine dell'800. Con il termine precarietà noi oggi tendiamo a indicare un insieme di situazioni caratterizzate da una marcata mancanza di tutele e inquadramenti dentro un contesto di frammentazione normativa, nonché dalla scadenza predeterminata del rapporto di lavoro, a cui fanno seguito uno spiccato senso di insicurezza individuale e, spesso, un progressivo impoverimento. Mentre il termine flessibilità dovrebbe avere un connotato più
26 settembre 2016) 1. Il Comune come principale forma istituzionale per la rilevazione degli interessi territoriali. La rottura dello schema tradizionale della rappresentanza.
Giurisprudenza Commerciale, 2014
RIVISTA GIURIDICA ONLINE TEMILAVORO , 2013
L'Autore affronta lo spinoso tema della rappresentanza sindacale alla luce della stipulazione della recente Intesa recante indicazioni in tema di misurazione della rappresentatività, sottoscritta unitariamente dalle parti sociali per porre fine alle drammatiche divisioni verificatesi negli ultimi anni sul fronte endo-sindacale. Il Protocollo si pone in perfetta linea di continuità con il precedente Accordo Interconfederale del 28 giugno del 2011, differenziandosene, tuttavia, su alcune parti. Entro tale scenario, si analizza la recente pronuncia della Consulta sulla legittimità costituzionale dell'art. 19 dello Statuto dei Lavoratori oggi, ripercorrendosi le tappe di progressiva affermazione del nuovo orientamento giurisprudenziale volto a trovare soluzioni di compromesso per porre fine alla annosa questione della rappresentanza “irrisorta”, nell'ambito del vuoto legislativo in materia sindacale
P. Iuso (a cura di), La sindacalizzazione del pubblico impiego. Dalle origini delle rappresentanze alla Funzione pubblica CGIL, Ediesse, Roma, 2006
Sindacalismo e pubblico impiego furono, negli anni del fascismo, termini difficilmente conciliabili. Per gli ideologi e i vertici politici del regime non era ammissibile che alla «totalità» rappresentata dallo Stato si contrapponesse, in un conflitto sindacale, una «parte», l'impiegato pubblico. Lo Stato, custode e garante dell'interesse generale, avrebbe compreso entro di sé gli interessi e i bisogni dei vari segmenti della società, riconducendo la parte entro l'armonia del tutto. Non c'era dunque spazio, e non poteva essercene, nell'Italia fascista, per un sindacato degli impiegati pubblici, legittimato ad aprire vertenze e confronti con la controparte. C'era spazio semmai (e una forte necessità per il regime, soprattutto in seguito alla crisi degli anni trenta) per organizzazioni in grado di fornire benefici di natura assistenziale, tutele previdenziali, attività ricreative per il tempo libero senza però intervenire sullo svolgimento dell'attività lavorativa né sui livelli retributivi; così come di organizzazioni di inquadramento politico, di propaganda, di sostegno alle idee, alle politiche e alle iniziative del regime, in grado di supportare e affiancare l'attività del Pnf in rapporto a un settore vasto e per molte ragioni cruciale della società, quale quello del pubblico impiego; ma non c'era spazio alcuno né necessità di una vera e propria organizzazione sindacale. E infatti, dopo l'iniziale periodo di messa a punto istituzionale e normativa seguito alla marcia su Roma, di sindacati del pubblico impiego nell'Italia fascista non se ne ebbe più traccia. Si ebbero, invece, associazioni di dipendenti pubblici, tra le quali l'Associazione generale fascista del pubblico impiego fu quella dotata di più ampio radicamento sociale e maggiore peso politico.
Giustizia Civile.com, 2020
Il contributo offre una panoramica degli istituti giuridici che assegnano una funzione alle organizzazioni sindacali nell'amministrazione della giustizia e della risoluzione delle controversie individuali e collettive. Nonostante il sindacato sia sempre stato percepito come un attore marginale in questo ambito, l'autore osserva che i ruoli che questo può giocare sono diversi ed eterogenei, ma che la disciplina di riferimento risulta complessivamente incoerente e, in molti casi, poco efficace.
1949
Gli effetti, in un paese vinto e privo di autonomia statale posseduta dalla locale borghesia, delle influenze dei grandi complessi statali esteri che si punzecchiano su queste terre di nessuno, non possono mascherare il fatto che anche la Confederazione che rimane coi socialcomunisti di Nenni e Togliatti non si basa su di una autonomia di classe. Non è una organizzazione rossa, è anche essa una organizzazione tricolore cucita sul modello Mussolini.
in Emiliana Armano e Annalisa Murgia (eds.), "Generazione precaria, nuovi lavori e processi di soggettivazione", Bologna, Odoya-Libri di Emil, ISBN: 978-88-66800-95-8, chapter 8, pp. 167-183, 2014
2018
L’individuazione dell’elemento differenziale tra giurisdizione di legittimita e giurisdizione di merito, tuttora operata dalla giurisprudenza con formule aprioristiche e stereotipate, incentrate sulla presenza/assenza di valutazioni di opportunita e convenienza, e resa ancor piu problematica dalla introduzione di nuovi strumenti cognitori e di nuove azioni esperibili in sede di legittimita e dalla revisione delle nozione di discrezionalita, che porta a riconoscere l’esistenza di criteri giuridici (principi, clausole generali) idonei a sindacare l’operato dell’amministrazione nel suo contenuto intrinseco. La giurisdizione di merito, che non e mai stata una giurisdizione di opportunita e che ha perduto, col tempo, anche l’esclusiva di un accesso potenzialmente illimitato ai fatti di causa, puo ancora essere distinta da quella generale di legittimita solo perche al giudice e riconosciuto, per esigenze di tempestivita, il potere di sostituirsi all’amministrazione modificando direttament...
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