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2016, Ermeneutica, estetica, ontologia. A partire da Maurizio Ferraris, ed. T. Andina and C. Barbero, Bologna, Il Mulino, 65-76.
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Per quanto le avanguardie ci abbiano invitato ad allargare i confini dell’opera musicale, non c’è ragione di pensare che qualsiasi oggetto o evento possa presentarsi come un’opera musicale. Questo problema è stato affrontato in base ad alcuni principali argomenti: 1) storico/concettuale (senza che ci sia l’idea di opera non ci possono essere opere); 2) ontologico (perché ci sia un’opera occorrono determinate caratteristiche oggettive e strutturali); 3) estetico-valutativo (è opera un oggetto musicale che, di fatto, viene concepito alla luce di un circuito di valutazione). Ripercorreremo queste piste per cercare di capire quale, in fin dei conti, si rivela essere la più pertinente nel delimitare l'effettivo modo di funzionare dell’opera musicale. Questa riflessione dovrebbe permetterci di chiarire in certo modo i rapporti fra estetica e ontologia, e in particolare il primato che è stato talvolta accordato alla seconda nello stabilire un quadro di riflessione di pertinenza estetica.
n. 23, "Azione", 2014
Il cinema, la semiologia e lo studio dell'"intera vita, nel complesso delle sue azioni" metà degli anni sessanta, quando il dibattito internazionale è perlopiù incentrato sullo sviluppo di una semiologia del linguaggio audiovisivo. Di certo incauto e a tratti contraddittorio nell'elaborazione della sua teoria -tanto da l'intenzione di pensare la semiologia del cinema nell'alveo di una semiologia generale capace di analizzare indistintamente le comunicazioni verbali e i gesti che caratterizzano l'azione degli uomini nella società:
Paul Ricoeur e la musica come caso-limite nella sinfonia delle arti 1 Starting from Arts, Language and Hermeneutic Aesthetics. Interview with Paul Ricoeur. Conducted by Jean-Marie Brohm and Magali Uhl, and from the Ricoeurian idea that music is a limit-case between arts, this essay tries to rethink the idea of the "symphony" of the arts: a symphony in which different languages are placed in crescendo and decrescendo, according to their representative and/or iconic capacity. Within this frame, then it remains to understand why music «donne à penser», and consequently what is the specific "gift" that music can give to philosophy, to current language and to our existence. Partendo da quanto Ricoeur scrive nel testo/intervista Le arti, il linguaggio e l'estetica-ermeneutica, ovvero dall"idea che la musica sia un caso-limite tra le arti, questo saggio prova a ripensare l"idea di una "sinfonia" in cui i diversi linguaggi sono posti in crescendo e decrescendo, a seconda della loro capacità rappresentativa e/o iconica. All"interno di questa cornice, resta poi da capire qual è il dono specifico che la musica, dando a pensare, può fare alla filosofia, al linguaggio corrente e all"esistenza. «La musica dà a pensare» è un"espressione di Paul Ricoeur, presente nel Saggio/intervista 'Arts, langage et herméneutique esthétique' (20 settembre 1996) 2. Non è certamente un filosofo della musica, Ricoeur. Nell"elenco sterminato delle sue pubblicazioni edite ed inedite, tra i titoli dei suoi corsi e dei suoi manoscritti, non appare nemmeno un lavoro dedicato alla musica. Ma nella sua ricerca/dialogo, aperta ad ogni forma di linguaggio 3 , non poteva mancare la domanda relativa alla specificità del linguaggio musicale 4. Cenni al mondo della musica sono presenti in diversi scritti 5 , ma, in particolare, 1 Una prima versione di questo articolo è comparsa in A. Caputo, L'arte nonostante tutto, ed. CVS, Roma, 2012, pp. 25-42. 2 P. Ricoeur, Le arti, il linguaggio e l'estetica-ermeneutica. Intervista a cura di M. Brohm, M. Uhl, tr. it. di A.Caputo in "Logoi", 2015, I, 2, p. 53 (versione originale in http://www.philagora.net/philo-fac/ricoeur.php). 3 Rimandiamo per questo al nostro Editoriale. 4 Basterebbe pensare alla centralità che ha la poesia, per Ricoeur, sin dall"inizio della sua produzione, e in particolare quella che egli chiama la "lirica" (sottolineando proprio la connessione tra linguaggio poetico e linguaggio musicale). A livello di letteratura secondaria gli unici lavori (a noi noti) su Ricoeur e la musica sono di R. W. H. Savage (di cui un saggio è qui tradotto in "Logoi": La musica è mimetica? E un altro abbiamo già tradotto nel primo fascicolo di "Logoi"). L"Autore, però, non prende in considerazione Arts, langage et herméneutique esthétique, bensì alcuni passaggi di Tempo e racconto (opera capitale di P. Ricoeur, in tre volumi: Temps et récit, Seuil, Paris 1983-"85; tr. it. di G. Grampa, Tempo e racconto, Jaca Book, Milano 1986-"88) e alcune pagine di P. Ricoeur, La critique et la convinction, Entretiens avec François Azouvi et Marc de Launay, Calmann-Lévy, Paris 1995; tr. it. di D. Iannotta, La critica e la convinzione, Jaca Book, Milano 1997 (pagine a cui faremo riferimento anche noi). 5 Ricoeur stesso in La critica e la convinzione, agli intervistatori che gli chiedevano ragione della sua grande passione per l"arte e la musica e-a confronto-delle sue poche pagine dedicate a questo tema, Ricoeur rispondeva: «Ho una grandissima ammirazione per l"arte del XX secolo: nella musica la mia predilazione va a Schönberg, Berg, Webern, tutta la scuola di Vienna» (op. cit., p. 239; ma in generale sulla musica è da vedere tutta la sezione di questo testo, pp. 239-257, dal titolo: L'esperienza estetica). Una riferimento imporante a Schönberg e al suo Mosè e Aronne è in P. Ricoeur, L'unique et le singulier (intervista con E. Blattchen) Alice Editions, Bruxelles 2000, tr. it. di E. D"Agostini, L'unico e il singolare, Servitium ed., Sotto il monte BG, 2000, pp. 16-21.
In quanto popular music, e nonostante la sua specificità storica e -se vogliamo -geografica, il rock è legato intimamente alla storia delle altre musiche, in particolare di quella europea, e all'interno di questa della musica vocale e della tradizione rappresentativa istituita dal melodramma e dall'«opera» in senso stretto. La cosiddetta contaminazione, insomma, è inscritta nel codice genetico del rock, che dall'opera ha ereditato materiali, forme, funzioni, sotto certi aspetti ricreandone nella seconda metà del ventesimo secolo le condizioni primitive, via via sottomesse (nel corso del diciannovesimo secolo, e oltre) dalla trasformazione dell'opera intesa come spettacolo in opera intesa come opus, come Werk. Con tutte le cautele possibili, si può dunque suggerire che il rock costituisca un aspetto importante della sopravvivenza dell'opera (dei suoi materiali, delle sue forme, delle sue funzioni) nella seconda metà del ventesimo secolo, a sua volta soggetto all'estetizzazione e alla trasformazione in «opera d'arte». Processo del quale sono ottimi esempi (per la loro significativa ridondanza) i tentativi di realizzare «opere rock».
2020
IT): A partire dalla riflessione sui concetti di ritmo e ripetizione, questo contributo propone di investigare la musica come "arte del limite", in accordo ad una riflessione che salvaguardi inevitabilmente la liminarità del nostro stare al mondo. Per comprendere meglio la nozione di "limite", si farà riferimento alla riflessione filosofica di "spazio potenziale", come è stato definito da Donald Winnicott in "Gioco e realtà" o "spazio del tra", quello spazio dominante in alcune esperienze, come nell'arte, proprio perché è segnato e segna la soglia tra mente e mondo, dalla quale scaturisce non solo la prassi linguistica ma qualsivoglia esperienza culturale: l'arte, la religione, la filosofia, la musica, ecc. Per quanto riguarda l'analisi di questa "zona limite" o "area intermedia all'agire", si assumerà una prospettiva filosofico-linguistica, analizzando un termine che appartiene all'ambito musicale, il ritmo, e che, a nostro avviso, evoca a sua volta un altro concetto, quello di ripetizione, così da far emergere quel legame tra ritmo e coazione a ripetere di cui parla Freud, che è alla base di qualsivoglia esperienza ritmica.
Published in: M. La Matina, F. Focosi (ed.), Musica, Filosofie dell’esperienza e Forme di vita, De Musica, XXI , 2017
Quanti presupposti implica la comprensione della musica in quanto opera? Per rispondere è necessario esaminare l'apparato categoriale che orienta l'at-tenzione dell'ascoltatore. Il " sentire come opera " sembra richiedere almeno due capacità fondamentali: 1) cogliere nei suoni che vengono ascoltati una struttura re-identificabile con valore normativo e 2) dirigere l'attenzione sulle proprietà artistiche sopravvenienti su una base costituita dalle proprietà espressive (a loro volta sopravvenienti sulle proprietà fisico-fenomeniche). Le conoscenze storico-artistiche e più generalmente contestuali costituiscono il principale catalizzatore in grado di rendere effettiva tale esperienza.
Questo glossarietto è tratto dal volume collettivo Insegnare il melodramma. Saperi essenzali, proposte didattiche, a cura di Giorgio Paganone, Lecce-Iseo, Pensa MultiMedia, 2010 (ISBN 978-88-8232-806-1), pp. 201-263, ed è riprodotto in questo sito col gentile consenso dell'Editore, che ne detiene i diritti (www.pensamultimedia.it • [email protected]).
Technical reproducibility and recording have had important consequences on the production of musical works. The ontological identity and aesthetic functioning of the latter are explained in this article in the light of three main ways of organisation of musical cultures: oral, written, and phonographic. A solution to the difficulties and the conceptual conflicts arising from their overlap is identified in the analysis of the contexts of production and reception of the different devices.
gli articoli che rispondono a Calls for papers e i contributi inviati liberamente dagli autori. La valutazione avviene di norma nell'arco di 3-6 mesi, da parte di almeno due referees. L'elenco dei valutatori è pubblicato ogni due anni nel numero di dicembre della rivista.
Musica Docta, 2011
I percorsi metodologici utili a favorire la comprensione e l’apprezzamento dell’opera lirica devono tener presente l’inevitabile confronto/scontro con le realta visive e mediatiche che dominano attualmente la vita dei bambini, degli adolescenti e degli adulti. Tutti noi sappiamo che cinema e televisione ci hanno da tempo abituati a percepire la realta “rappresentata” con scansioni temporali e con modalita ben diverse da quelle necessarie per fruire l’opera. Da qui le strategie che e necessario mettere in atto per far capire le, per noi ovvie, differenze che intercorrono. Nel contempo la comprensione e l’apprezzamento dello spettacolo operistico vengono a scontrarsi anche col teatro di parola, in rapporto al quale il teatro melodrammatico ha, anche qui, piu diversita che affinita.
Improvvisazione in danza. l'arte di scegliere, 2012
Attraverso un esperimento svolto nel 2011, riprendendo la teoria di Turner sui fenomeni liminoidi in relazione ai drammi sociali, sono andata alla ricerca del dramma sociale rappresentato attraverso le performance di improvvisazione in danza. L’esperimento ha quindi coinvolto 6 performer in un workshop dando vita a un ciclo di 12 performance all’aperto nel centro storico di Firenze, durante le quali è stato intervistato il pubblico di passaggio sulle impressioni e parole chiave che le performance suscitavano in loro. Dalla ricorrenza di alcuni termini è stato evidente il collegamento con il concetto postmoderno di libertà. Secondo Bauman viviamo in una società in cui è stato guadagnato in libertà individuale perdendo però quella sicurezza che teneva insieme la società moderna. Nel mondo postmoderno vige la frammentazione e la mancanza di un quadro, sembrano mancare gli strumenti concettuali per esaminare la situazione in modo coerente e integrato. La vita individuale è concepita più che altro come un opera o come un’impresa, come qualcosa che va sviluppata, perfezionata e rielaborata fino a raggiungere il massimo potenziale. Al giorno d’oggi sembra che anche semplici scelte, come quale detersivo comprare, ci mettano di fronte a una crescente incapacità di scegliere. Nel gioco di specchi dell’improvvisazione come fenomeno liminoide possiamo quindi vedere chiaramente quali sono i nessi tra questa pratica performativa e la società postmoderna: il performer, improvvisando, si definisce nel presente della performance, compiendo le sue scelte passo dopo passo sulla scena. Si pone in una situazione di “precarietà creativa”, di “crisi volontaria”, come se avesse riprodotto una “scenografia postmoderna”. Sembra che l’arte abbia proposto uno spazio protetto in cui potersi liberare dall’ansia della scelta, in cui le parole chiave sono accettazione, ascolto e mancanza di giudizio. Sembra inoltre aver riportato l’attenzione su un nodo cruciale: la scelta non è quasi mai razionale, è intuitiva e sociale.
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Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio
Lecturae tropatorum, 2020
Estetica dei nuovi media, 2022
Futurismo e musica, una Futurismo e musica, una relazione non facile, Atti della giornata di studi (Roma, Biblioteca Casanatense, 23 Giugno 2009), a cura di A. Rostagno - M. Stacca, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2010., 2010
Essay - program note, 2012
S. Scarrocchia, G. Arcidiacono (a cura di), Il Memoriale italiano ad Auschwitz, Sestante edizioni (collana Dialoghi anticocontemporaneo), 2014
Borders Itineraries on the Edges of Iran
Grammatica della musica, grammatica della percezione, 2016