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Albinia è situata in Maremma lungo la costa tirrenica, presso la foce del fiume Albegna -da cui il toponimoall'estremità settentrionale deltombolo della Giannella, che collega la terraferma con il promontorio dell'Argentario. La frazione dista circa 30 km da Grosseto e poco più di 10 km dal capoluogo comunale.
ZoneModa Journal. Vol.13 n.2 (2023), 2023
Four decades after the death of Walter Albini, this study proposes a monograph based on archival research at the CSAC, Center for Studies and Archives of Communication at the University of Parma, focusing on the figure of the stylist Walter Albini, recognized as the precursor of prêt-àporter. Through archival research, the author explores one of the most significant archives of the stylist, consisting of 4191 heterogeneous materials. Focusing on the men's collection Fall-Winter 1975-1976, presented at the Ristorante Angolo in Milan in March 1975, the analysis reveals the pioneering concept of gender introduced by Albini, highlighting an identity short circuit with the model Emy Vincenzini. In the second part, the author analyzes the concept of Camp, following the paths opened by Christopher Breward and the theorizations of Susan Sontag. It examines the citation of the Twenties and Thirties, the passion for Art Nouveau, the interest in the figure of the dandy and Marlene Dietrich, as well as the sensitivity to the aesthetics of the androgynous. Through a camp perspective, Albini emerges as a creator who subverts binary gender conventions, emphasizing identity transformations during his fashion shows.
L'articolo offre alcune precisazioni riguardo alla carriera e le residenze monastiche di Agostino Lampugnani, individua e trascrive una sua lettera a Costantino Gaetani, propone infine una serie di giunte e correzioni al catalogo delle sue opere letterarie.
Poveri e povertà nel Medioevo, 2016
Giuliana Albini, professore ordinario di Storia medievale nell'Università degli Studi di Milano, ha pubblicato numerosi saggi sulle strutture demografiche, sociali e istituzionali del Basso Medioevo italiano. Ha dedicato particolare attenzione alle emergenze sociali presenti nel mondo urbano (secc. xi-xv) e alle pratiche, individuali e istituzionali, di carità e di assistenza. Tra i volumi pubblicati, Città e ospedali nella Lombardia medievale (Bologna 1993) e Carità e governo delle povertà: secoli xii-xv (Milano 2002).
Il Bene comune , 2020
Sulle recenti vicende della Biblioteca Albino
Paesaggi d'Acque. La laguna di Orbetello e il Monte Argentario tra Preistoria ed età romana, a cura di N. Negroni Catacchio, M. Cardosa e A. Dolfini, 2017
Studi Piemontesi, 2016
Melanges De L Ecole Francaise De Rome Antiquite, 2002
prima dell'età triumvirale, al massimo alla metà del I sec. a.C. (un problema resta comunque la menzione della censura in un tempo in cui si ritiene non fosse stata ancora istituita come carica indipendente: R. Meiggs, Roman Ostia, cit., 175). Bisognerà ben ammettere un intervallo, pur ridotto, tra l'apprestamento della iscrizione e la sua distruzione e conseguente riuso: perciò, a meno che il blocco non appartenga ad un restauro più tardo, sembra dif cile che il tempio possa datarsi prima del 40/30 a.C. L'iscrizione predetta appartiene a un [L.?Co]rnelius L(uci) [f(ilius)] duo vir iter (um), cens(or), che il R. Meiggs, Roman Ostia, cit., 512 considera "Augustan". In effetti si tratta di una famiglia che non ha altro spazio nella prosopogra a ostiense, e che perciò deve essersi presto estinta o avere abbandonato la città. Il personaggio deve certamente venir messo in relazione con il P. Cornelius, arcitectus Catuli, per il quale anni fa (F. Zevi, Monumenti e aspetti culturali di Ostia repubblicana, in P. Zanker (ed.), Hellenismus in Mittelitalien (Kolloquium in Göttingen 1974), Göttingen 1976, 52-83, spec. 62) ho supposto una probabile origine ostiense in virtù della tribù Voturia, e di una iscrizione di Ostia con il nome di Lutazio Catulo in genitivo, che penso riferibile ad una espressione come architectus Q. Lutati Catuli o simili: forse una statua erettagli a Ostia (post mortem?) da un discendente. Alla famiglia potrebbe appartenere, sempre in età tardorepubblicana, il P. Cornelius P. f. Trupo (sic), di CIL, XIV 23 = I 2 1423, cfr. p. 981, la cui attività di mensor ben si aggancerebbe a quella dell'architetto; e in una tabella de xionis, compare una Chreste serva ornatrix di una Cornelia (CIL, XIV 5306 = I 2 3036), la cui domina per avere una propria parrucchiera doveva contare tra le grandi dame della colonia. Ma, nella ristabilita sua cronologia repubblicana, è soprattutto l'iscrizione dal foro che mostra, nella generazione dopo l'architetto, il rango del ramo della famiglia rimasto ad Ostia, e la cui origine, ritengo, non sarà azzardato riportare a clientes del dittatore, installati nella colonia forse con le proscrizioni antimariane, probabilmente segnalati per qualità di tecnici anche militari, e rimasti legati agli ambienti sillani (Q. Lutazio Catulo): cfr. Zevi 2002, p. 56. Forse è solo una coincidenza la presenza a Ostia, secoli più tardi, di un P. Cornelius Architectianus di età severiana, probabile discendente di liberti (CIL, XIV 5), che potrebbe aver voluto riecheggiare nel cognome l'attività di un personaggio celebre. Diversa e più complessa la ricostruzione proposta da S. Panciera (Fabri tignarii, in Epigra , epigra a, epigra sti, 1, Roma 2006, 449-52) sulla base di un frammento epigra co urbano: P. Cornelius Architectus sarebbe stato fabro tignario a Roma, tra gli honorati degli anni 159-168, mentre suo glio P. Cornelius Thallus sarebbe stato mag. qq. dei fabri a Ostia, e quivi avrebbe posto la dedica a Fides di CIL XIV 5 nel lustro XXVII del collegio (tra 190 e 194), in nome del glio Architectianus adlectus tra i decurioni. I Corneli ostiensi repubblicani, che si presentano con posizioni di grande prestigio, presto scompaiono, per una o altra ragione, dalla vita pubblica della città: quanto meno l'architectus Catuli, evidentemente in virtù della sua attività professionale, non risiedeva più in Ostia ed è stato sepolto a Roma. Quanto al nostro Cornelio, la congettura più probabile è, tutto considerato, che fosse il (o uno dei) magistrati costruttori dell'edi cio sottostante il capitolium, datato alla metà del I sec. a.C. (cfr. infra, note 9 e 10) e distrutto pochi anni dopo insieme con le iscrizioni che ne ricordavano la costruzione.
ALBERICO DA BARBIANO: ALCUNE RIFLESSIONI (Testo della conferenza nel quadro della manifestazione Alberico da Barbiano. Grande condottiero, presso il Circolo "Villa Bolis" di Cotignola -RA-la serata del 15 settembre 2017© dell'autore) Quando si parla, anche soltanto sotto forma di conferenza come accade fra noi stasera, di Alberico da Barbiano e anche in modo disteso fra amici rinunciando al classico e severo apparato critico, che conferisce un timbro, se non vogliamo dire di "scientificità" almeno di maggiore precisione e verificabilità a ciò che si va dicendo, bisogna tuttavia, pure in un'occasione non accademica come questa, ricorrere inevitabilmente ad alcune precisazioni metodologiche.
2021
Sull'utilizzo di archi e frecce da parte dei Celti e loro tipologia abbiamo al momento scarse informazioni. Dal punto di vista archeologico la gran parte dei reperti consiste in punte di freccia e resti di guarnizioni metalliche di faretre mentre per quanto riguarda la storiografia, la fonte più ricca resta il De Bello Gallico di Cesare. Raffigurazioni in forma di graffiti rupestri di arcieri, in situazioni sia di caccia che di combattimento risalenti all'età del ferro, sono state scoperte in diverse località dell'arco Alpino; scene di caccia con l'arco si possono osservare su decorazioni di situle e altri oggetti bronzei, altre ancora su frammenti ceramici. Forse non erano le armi più rinomate tra queste popolazioni come potevano esserlo per i popoli orientali, ma non vi è dubbio che ne fecero largo uso. 1-L'archer de la Guerche (Cher) Arciere gallico da un frammento ceramico conservato al Musée d'Archéologie Nationale Saint-Germain-en-Laye-Da G.Renoux 2010. L'arco è del tipo semplice "a bastone" piegato anche a livello dell'impugnatura. Si può notare la "maniglia di carico" all'estremità superiore. " … per riempire poi i vuoti fra le sue milizie impone alle varie nazioni un certo numero di soldati, fissandone la quantità e il giorno della loro consegna nell'accampamento; tutti gli arcieri, numerosissimi in Gallia, devono essere arruolati e spediti a lui." (1) (Cesare, De Bello Gallico VII, 31) Così narra Cesare le misure adottate da Vercingetorige per colmare le perdite di Avarico. Da ciò si evince che oltre che per la caccia, erano largamente ed efficacemente utilizzate anche in battaglia al punto che alcuni tra i popoli della Gallia erano famosi proprio per l'abilità e l'efficacia con cui utilizzavano arco e frecce. E' sempre Cesare che durante l'assedio di Alesia, ce ne da un indizio: "Finchè i Galli erano lontani dalle nostre linee, avevano più successo per l'imponenza dei loro tiri". (2) (Cesare, De Bello Gallico VII, 31) Un accenno all'uso dell'arco da parte dei popoli gallici ci viene anche da Strabone nella sua Geografia descrivendo l'armamento dei Belgi: "Fra tutti i Galli si dice che sono valorosissimi i Belgi … L'armatura di che fanno uso questi popoli è commisurata alla grandezza dei loro corpi: però hanno una lunga spada che si distende al loro destro lato: anche lo scudo ch'essi usano è lungo, con lance proporzionate. Portano inoltre una specie di picca denominata mataris; ed alcuni fanno uso eziandio di archi e di fionde." (Strabone, Geografia, libro IV, cap. IV) Per quanto riguarda l'utilizzo di arcieri in combattimento, si denota una certa flessibilità nelle tattiche. Oltre che in situazioni statiche come assedi e assalto a postazioni nemiche, difesa, controllo di passaggi ecc, erano impiegati anche in ruoli molto più dinamici in azioni di guerriglia e battaglie in campo aperto, spesso mischiati alla cavalleria, tattica molto utilizzata anche dai Germani.
"il verri", 2017
Prigionieri, 2006
C.Megale, F.Ghizzani Marcía (ed.), Materiali per Populonia, 8, Pisa 2010, pp. 269-280., 2010
Bollettino ASAC, 2013