Il divario Nord-Sud dalle origini a oggi. Evoluzione storica e profili economici 1.1Le origini del divario meridionale Prima dell'Unità esistevano differenze fra aree all'interno della nuova nazione, ma non c'era un vero divario economico fra Sud e Nord» Con le loro analisi, hanno segnalato una differenza nei redditi pro-capite tra il Nord e il Sud di circa il 7% nel 1891, mentre vi sarebbe stata una trascurabile disparità tra le due aree dell'Italia, pari a non più del 5% fino al 1881, e una parità sostanziale, se non, addirittura, un minimo vantaggio, nel PIL pro-capite del Mezzogiorno nel 1861, il divario si sarebbe, invece, notevolmente accresciuto nel 1913, passando al 20%. Ultimamente, Alessandro Brunetti, Emanuele Felice e Giovanni Vecchi hanno stimato un divario iniziale ben più consistente, indicando una notevole inferiorità del PIL pro-capite meridionale nel 1871, con un differenziale massimo del 25% rispetto alle regioni del Nord-Ovest. In un'elaborazione aggiornata, Vittorio Daniele e Paolo Malanima hanno precisato il loro giudizio:«A nostro avviso il divario fra le due parti del paese ha origini relativamente recenti. Si profila alla fine dell'Ottocento, quando inizia la crescita moderna dell'Italia, e costituisce una delle caratteristiche del processo di sviluppo che si è verificato nell'ultimo secolo e mezzo. La tesi che sosteniamo è che differenze, anche profonde, esistevano fra le regioni del Nord e quelle del Sud già alla data dell'Unità. Queste differenze erano, tuttavia, assai minori di quelle esistenti all'interno del Nord e del Sud. Un vero e profondo divario economico si presentò soltanto a partire dall'industrializzazione del paese, che viene oggi collocata negli anni Ottanta dell'Ottocento» In ogni caso, anche se emergono differenze di vedute sull'origine del divario, la posizione generalmente accolta è proprio quella secondo cui la "questione meridionale", intesa come cronica disparità nello sviluppo delle due parti del Paese, si sia accentuata dopo l'unificazione e nel corso dell'evoluzione industriale dell'Italia. Come ha affermato Saraceno: «Che la società italiana fosse definibile dualistica, con altre parole, che tra Mezzogiorno e il resto del Paese vi fosse un divario rilevante nelle condizioni di vita economiche e sociali, sono enunciazioni che non hanno mai suscitato obiezioni. Correnti di pensiero definibili meridionalistiche si formano, può ben dirsi, in modo deciso subito dopo l'unificazione politica del nostro Paese» Dopo il 1861, infatti, lo squilibrio tra Nord e Sud non è stato più dovuto all'antica differenza di civiltà dei regimi pre-unitari,ma a un processo caratterizzato da un sempre più profondo dualismo economico, operante all'interno di un meccanismo di sviluppo nazionale, che funzionava con componenti di tipo capitalistico sempre più estese: quella che era solo una diversità dei tempi e del ritmo di espansione divenne, allora, una contraddizione interna al processo di crescita politica, economica e civile del nuovo Stato. Il problema delle "posizioni di partenza", per questo motivo, ha assunto una notevole importanza ed è stato oggetto di un vasto dibattito, a cominciare dalla polemica tra Giustino Fortunato e Francesco Saverio Nitti, fino alle elaborazioni del "nuovo meridionalismo" sul tema dell'accumulazione e dello sviluppo produttivo. Secondo l'opinione ricorrente, il Sud si presentava, al momento dell'unificazione, in condizioni di inferiorità, sia pure non eccessiva, rispetto alle altre aree del Paese. Le analisi di Richard S.Eckaus e di Pasquale Saraceno hanno mostrato uno squilibrio in