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Poetarum silva, 25 agosto 2015, disponibile all'URL: https://poetarumsilva.com/2015/08/25/dalla-parte-di-fantozzi/
Fantozzi. L'eterno ritorno, 2018
The idea behind this videoessay is that actor Paolo Villaggio has been gradually “swallowed” by his most famous character, the humble accountant Ugo Fantozzi, of which Villaggio, in his television debut, told the misadventures using third person narration. In 1975, when Fantozzi became a movie character, Villaggio decided to assume in first person the main role. But the intensive exploitation of the character, coupled with the rapid exhaustion of his creative vein, have forced the author-actor to a draining repetition of the same gags. While Fantozzi gradually loses its satirical characteristics to become a more childish and cartoonesque figure, Villaggio’s body, on the contrary, becomes visibly older and weaker, physically unable to support the role. Following the transformations of the character and its creator-interpreter, our work intends to propose a journey through the Fantozzi’s saga. An audiovisual essay built as a sort of medieval polyptych, in which each chapter can be considered autonomously and, at the same time, as a stage in a wider discourse around one of the most popular figures of postwar Italian cinema.
in Atti della undicesima Giornata amaduzziana, a cura di Paola Delbianco, Cesena, Società Editrice «Il Ponte Vecchio», (Collana delle opere e degli studi di Giovanni Cristofano Amaduzzi e sul suo tempo, XI), 2015, pp. 15-53.
Nel corpo di una dea: FridaKahlo «Quando Frida Kahlo entrò nel suo palco nel secondo ordine del teatro un tintinnio di sontuosa gioielleria coprì tutti i suoni dell'orchestra, ma qualcosa oltre il mero suono ci costrinse tutti a guardare in alto e a scoprire l'apparizione che si annunciava con un incredibile palpitare di ritmi metallici, e finalmente si rivelò l'essere che i sonanti gioielli e il silenzioso magnetismo avevano anticipato. Fu l'ingresso di una dea azteca. Forse Coatlicue, la dea madre dalla veste di serpenti, che ostenta le mani lacerate e sanguinose come altre donne sfoggerebbero una broche. Forse Tlazolteotl, la dea della lordura e della purezza nel panteon indio, l'avvoltoio femmina che deve divorare l'immondo per sanare l'universo. O forse eravamo dinanzi alla Madre Terra spagnola, la signora di Elche, radicata al suolo dal pesante elmo di pietra, gli orecchini come ruote di carro, i pettorali che le divorano il seno, gli anelli che le ...
Minima&moralia: blog di approfondimento culturale, 2021
Il 3 luglio scorso ricorrevano i quattro anni dalla morte di Paolo Villaggio, inventore e interprete di una straordinaria maschera ribelle: il ragionier Ugo Fantozzi. Nell’immaginario collettivo italiano la maschera di Fantozzi rappresenta alla perfezione il ruolo dello sfruttato: ma fa riferimento a un passato lontano o a una condizione che ci riguarda molto da vicino? Siamo sicuri di avere capito il significato che quei film avevano per gli spettatori di allora? E qual è l’eredità di quelle storie per gli spettatori millenials di oggi?
Il romanzo Bertozzi è un'avventura su due livelli: sul bersaglio e il magico. Il figlio di un capitano dell'esercito fascista, l'intellettuale italiano eredita una missione che è quello di ripristinare ai suoi proprietari originali un papiro archeologico. Questo papiro ha una formula attraverso la quale può disintegrare la materia e ricostruirà. Mussolini aveva rapito per l'uso come arma, ma come la fine, e non essere in grado di trovare un modo per farlo funzionare decide di sbarazzarsi di lui. Bertozzi, il carattere è il risultato di preoccupazioni e domande dell'autore, Julio Carreras, sul piano metafisico, che si materializzano nella realtà attuale e le loro esperienze che cambiano. (Patrizia Iezzi)
NUOVA ANTOLOGIA , 2020
Frammenti di una vita infranta: il funzionario parlamentare Carlo Finzi dalla Camera ad Auschwitz
Clionet. Per un senso del tempo e dei luoghi, 2017
La dipartita di Paolo Villaggio ha fatto inevitabilmente esplodere una ridda di articoli, che quasi indistintamente si sono affollati nel ricordare la malcelata genialità di un artista capace di creare una autentica maschera nazional-popolare: il rag. Ugo Fantozzi, le cui patetiche, e sempre sofferenti, gesta sono entrate nel vocabolario nostrano quali sineddoche di una cronica inadeguatezza alla spietatezza crescentemente cibernetica del mondo moderno. Pur tuttavia, malgrado il volume degli scritti, la qualità è rimasta generalmente molto bassa e il livello dell’interpretazione ha raramente incrinato la superficie del luogo comune. Molte analisi, per prescia e imperizia, si sono addirittura avviluppate in abbagli clamorosi: come l’assurda pretesa di accomunare il comico genovese e il “principe” Antonio de Curtis in una medesima dissociazione uomo/personaggio. In tal modo confondendo una trasfigurazione – ovvero una proiezione attoriale assoluta che conserva le sue caratteristiche fondamentali a prescindere dal contesto filmico, adattandosi a tutti i registri, dal macchiettistico al poetico – come quella di Totò e dei suoi vari alias (Ferdinando Esposito in Guardie e Ladri, Gennaro Vaccariello ne Il Coraggio, Felice Sciosciammocca in Miseria e nobiltà, ecc.); con una lacerazione eminentemente artistica che, invece, vede Fantozzi fagocitare inesorabilmente, e contro ogni volontà, il resto della non risibile produzione di Paolo Villaggio, costruita con Fellini, Ferreri, Olmi, Monicelli, Loy, Wertmüller, Salvatores (per una esperienza che, in questo senso, si avvicina molto più al morboso rapporto instauratosi fra Charlot ed il suo creatore, Charlie Chaplin). Ma ancor più fuorvianti risultano le conclusioni avanzate da taluni altri commentatori, che hanno inteso le vicissitudini “fantozziane” come una dissacrazione dell’impiego pubblico, misconoscendo incredibilmente che il ragioniere lavora in una azienda privatissima e dai tratti assolutamente padronali. La questione non è affatto di poco conto, poiché il solco fondamentale dividente lo “statale” italiano dal resto dei “dipendenti” suoi compatrioti è storicamente determinato proprio dall’assenza della “licenziabilità”: ovvero di quella spada di Damocle che invece mantiene Fantozzi e tutti gli altri salariati dell’elefantiaca Megaditta "ItalPetrolCemenTermoTessilFarmoMetalChimica" in una costante sottomissione disumanizzante. Non a caso, il riflesso incondizionato del vocabolario fantozziano di fronte ai vituperi dei potenti e alle angherie dei più forti risulta essere masochisticamente: «com’è umano, Lei!». In definitiva, una postuma versione dell’atavica dialettica signore/servo, ormai derubricata a mero giogo sociale perché depauperata di qualsivoglia fattore intrinseco di potenziale emancipazione. Ecco, nella capacità di descrivere (e scarnificare) una subalternità lavorativa attualizzata all’alienazione metropolitana e consumerista del post-miracolo economico italiano, sta la più grande condizione di merito della satira di Villaggio. Si fa qui riferimento ai primi due episodi della saga (Fantozzi, 1975 e Il secondo tragico Fantozzi, 1976), non a caso gli unici diretti da un maestro della commedia grottesca come Luciano Salce, prima che la palla passasse a un semplice mestierante del botteghino, quale è Neri Parenti: parliamo dei soli film tratti integralmente dai romanzi e dei soli in grado di vivificarne in termini visuali l’analisi dissacrante e costantemente “politica”, senza cedere – come invece accadrà da Fantozzi contro tutti (1980) in poi – alla lusinga del demenziale e dei tormentoni alla moda.
Milena Vukotic racconta del suo ruolo di moglie del più celebre ragioniere italiano.
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Medioevo E Rinascimento Annuario Del Dipartimento Di Studi Sul Medioevo E Il Rinascimento Dell Universita Di Firenze, 2006
Santi, giullari, romanzieri e poeti
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