Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
L' Italia teme di essere un Paese tanto ricco di passato quanto povero di futuro. Questa collettanea, che tenta di raccogliere la sfida che l'assunto di cui sopra ci pone, vuole proporre, attraverso uno spaccato necessariamente parzialissimo e decisamente variegato, il lavoro di chi si occupa di ricerca scientifica e patrimonio storico artistico in Calabria, ossia nella parte d'Italia e quindi d'Europa tra le più depresse, in termini economici, e più sottosviluppate, in termini di progresso. Operare in questi contesti, magari anche da lontano, come fanno alcuni degli Autori, dà il vantaggio di imparare a esercitare e alimentare un ottimismo e una resilienza senza cui il superamento dell'assunto iniziale non può nemmeno tentarsi. Chi proviene da questi contesti o vi opera è consapevole che necessità deve tradursi in capacità; tocca insistere, resistere. Questo lavoro, articolato in quattro aree tematiche -quella delle idee (macro), quella dei processi (meso), quella delle pratiche (micro) e quella dei fenomeni (nano) -vuole pertanto ambire a essere esplicitazione di questa capacità, attuandosi nei modi probabilmente insufficienti di un libro ma che sono propri di chi quotidianamente vive la promozione della ricerca scientifica e la tutela del patrimonio storico e artistico come un'urgenza di civiltà.
Aedon , 2021
This essay investigates the support of cultural heritage from the perspective of private law. It compares the support carried out for profit, in particular through sponsorship, and that exercised in a purely altruistic manner, resorting to liberal acts. In this regard, the Author highlights how the latter activities: i) offer a greater contribution in terms of intensifying the link between individuals and the cultural life of the community to which they belong; ii) are more in line with the dogmatic meaning of cultural heritage, which represents a 'value' and not a 'utility'.
2017
Le più recenti statistiche culturali dell'Istat hanno registrato negli ultimi anni una contrazione del già limitato numero di visite a musei, mostre, monumenti e siti archeologici da parte dei cittadini italiani 1. Tenendo presenti questi dati, che peraltro evidenziano una forte difformità su base territoriale 2 , il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Pisa, che da tempo si occupa di questo ambito di studi 3 , ha ritenuto opportuno procedere con una ricerca più analitica allo scopo di mettere in luce quelle che sono le caratteristiche strutturali della fruizione del patrimonio culturale da parte degli studenti degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, situati nelle province di Livorno e di Pisa 4. Durante la prima fase dell'indagine, come principale strumento di ricerca è stato adottato un questionario strutturato, tradotto in formato digitale mediante uno specifico programma e in seguito somministrato in modalità online.
sta in "Inchiesta", rivista trimestrale, anno XXXXIV, n. 184, aprile - giugno 2014, edizioni Dedalo, pp. 24 - 31, 2014
Vengono affrontati i temi della nozione di bene culturale materiale vigente nelll'ordinamento italiano e delle problematicità della sua applicazione ai beni culturali immateriali, ai beni nativamente digitali e alle collezioni di pubblica lettura
Il valore intrinseco dei Beni Culturali, 2008
Metodologie di comunicazione e fruizione integrata dei centri storici tra nuove tecnologie e servizi alla persona. " Il modo migliore di prevedere il futuro è inventarlo " Alan Kay In Italia ci troviamo in una particolare contingenza che a seguito della crisi finanziaria ed industriale, dei flussi migratori e dei processi di globalizzazione economica e sociale, molte città hanno dovuto riconvertire il loro piano di sviluppo territoriale ed è qui che, grazie alle nuove tecnologie possiamo incidere sul nuovo concetto di accessibilità come servizio alla persona e alla comunità. La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006 ha introdotto un vero e proprio cambio di paradigma nell'approccio al tema della disabilità, fornendone una lettura improntata ad una nuova visione culturale, scientifica e giuridica. L'accessibilità, infatti, è un fattore particolarmente efficace per innescare e consolidare coerenti, durevoli e sostenibili processi di sviluppo infrastrutturale volti a promuovere stili di vita sani e ad elevare il capitale sociale ed economico delle comunità. Si può ammettere che l'assetto urbanistico di una città ha concorso, nel tempo, a rendere più o meno efficaci le interazioni pubbliche e forse " la città e ogni altra piattaforma: è costruita dagli essere umani ma poi diventa un contesto, un sistema di logiche che inquadra i comportamenti. Purtroppo buona parte delle nostre città sono state concepite volutamente non inclusive, la realtà italiana conta comuni e comunelli fortificati che si difendevano l'uno contro l'altro e che facevano dell'impedimento fisico un fattore di forza e il vantaggio competitivo per rimanere indipendenti dall'egemonia altrui. Oggi nel terzo millennio dobbiamo svolgere il lavoro inverso, ovvero partire dalla città antropizzata e non inclusiva per renderla maggiormente aperta e " comunicativa " ponendo l'accento su l'equilibrio tra la dimensione individuale e quella collettiva. Nel nostro tempo la comunicazione e la condivisione sono la forma di crescita delle comunità e del sapere dell'umanità, per questo l'apertura mentale e fisica è una necessità per ogni realtà: esiste pertanto uno stretto legame tra accessibilità/partecipazione e crescita collettiva, personale e sociale in qualsiasi attuale campo di attività. Accanto alla più tradizionale visione sostanzialista del patrimonio culturale, come insieme di beni statici e sedimentati da conservare e da trasmettere (si veda il D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, " Codice dei beni culturali e del paesaggio "), si sta gradualmente affermando un metodo più dialogico e interattivo di intendere il patrimonio come insieme di beni da fruire e condividere. Aumentare l'accessibilità di luoghi, beni e servizi significa rendere le nostre città più eque e vitali. In conseguenza di questo potremo ottenere indicatori socio-economici, diretti ed indiretti, più favorevoli come ad esempio l'aumento dei visitatori dei luoghi pubblici, un migliore uso del tempo da parte degli abitanti, la riduzione dei costi sanitari a carico della collettività indotta da stili di vita più sani e dalla diminuzione degli infortuni ed in genere la valorizzazione della qualità urbana. Una città non accessibile oltre ad essere una città ingiusta perché impedisce a tante persone di non coltivare le proprie aspirazioni è anche una città incompleta perché impedisce ad un segmento di popolazione di dare un contributo diretto alla crescita della città.
I Conference Diagnosis for the Conservation and Valorization of Cultural Heritage – 9/10 December 2010, 2011
Un bene culturale ha un intrinseco valore di relazione ovvero la sua identità, la sua unicità, è data dalle relazioni che si instaurano tra un bene e l’intorno, alla scala più ampia e diversificata. Proprio questo processo di riconoscimento da parte di una comunità, identifica un bene culturale e lo rende tale: il valore d’uso del bene è che possiede un valore di relazione. Si tratta del valore d’uso, che classicamente si intende come la capacità che un bene od un servizio possono esprimere per soddisfare un dato fabbisogno. Il fabbisogno è quello di procurarsi una esperienza, una conoscenza, una cultura e si è disposti a investire in tal senso, quanto più l’offerta è soddisfacente, tanto più si avrà l’impressione di aver investito correttamente. Per fare in modo che l’offerta sia soddisfacente, in termini di esperienza, conoscenza, servizi, informazione, è necessaria una operazione progettuale, coerente con il bene. Il piano della fruizione, quindi della relazione stretta con il bene è un piano che deve indispensabilmente funzionare e stimolare l’attenzione dell’interlocutore. In sostanza molto del valore di scambio può essere attivato e alimentato da azioni di comunicazione progettata, che non si limitino ad agire sullo storico binomio formafunzione, piuttosto su quello di forma-senso, per dare una forma a un sistema di significati. Per restituire un senso, per agire sul piano delle sensorialità in termini di linguaggio e di dispositivi. Secondo alcuni un bene è valorizzato quando contemporaneamente possiede valore d’uso e valore di scambio. Si potrebbe aggiungere che un bene è valorizzato quando i suoi contenuti sono resi fruibili a un ampio pubblico e non sono riservati a un gruppo di specialisti o esperti. Senza che questo significhi necessariamente lavorare sul piano della banalizzazione, della esemplificazione, piuttosto su quelli di una innovazione del linguaggio o dei dispositivi da adottare, della articolazione e della costruzione dei contenuti per la conoscenza. Una coerenza di azione, programmazione, comunicazione consente di rafforzare l’identità amplificando il rapporto tra contenuto e contenitore, ovvero tra valori sedimentati (la memoria, l’essere segno, …), acquisiti e attribuiti, iniziative e servizi programmati (esposizioni, percorsi didattici, comunicazione, …), e il contesto entro cui ciascun bene è collocato. Sia che si tratti di un edificio storico, esso stesso bene (al tempo stesso contenuto e contenitore) che di un’area vasta. Nel caso dei beni culturali l’identità è costituita da un complesso di elementi posti a scale differenti, che possono variare in base alla dimensione del bene stesso, oppure al contesto. I tre termini di tutela, gestione e valorizzazione (l’istanza unificante, Settis 2005) sono di fatto delle azioni che contribuiscono a definire una identità, a preservarla e comunicarla. Ovvero a fare in modo che una identità si rafforzi nel tempo (quindi sia valorizzata) e sia condivisa non solo in un contesto locale ma, alla scala più ampia possibile. Facendo in modo che tale identità sia rafforzata dai molteplici elementi che la costituiscono e che tali elementi siano percepibili, leggibili, fruibili. Se i tre termini dell’istanza unificante sono deboli, o se uno dei tre è più debole degli altri, inevitabilmente l’identità del bene ne esce indebolita. L’istanza unificante costituita dall’asse tutela-gestionevalorizzazione rappresenta una sorta di spina dorsale per il bene, uno scheletro indispensabile alla sua sopravvivenza. Ma è anche vero che esiste un complesso di valori senza i quali il bene non esisterebbe in quanto tale e che, d’altra parte, ingenerano dei processi di scambio, anche economico, virtuosi, per lo meno se sono controllati da un punto di vista della programmazione strategica e della progettazione dei processi.
L'abbiamo sentito dire sin dall'inizio della quarantena e ora che siamo nel bel mezzo della classificazione del lavoro in settori, si può esser certi che ben presto troveremo una netta divisione tra essenziali e non essenziali, soprattutto in ambito culturale. E così, senza accorgersene, il mondo dell'arte, potrà usare questo forzato tempo libero per pensare a quanto utile o necessaria sia effettivamente la nostra attività.
Palaver, 2019
The aim of this paper is to investigate, though three good practices, the consequences that culture, seen as a common good, can bring to places.
Convegno nazionale. Dalla proposta per la pubblica fruizione del patrimonio culturale dalla famiglia Rigirone al progetto del Polo archivistico-bibliografico come sistema integrato. Sei comuni si accordano per fare rete. Ferrandina (Matera), 28 aprile / Grassano (Matera), 29 aprile 2018
Istituto Lombardo - Accademia di Scienze e Lettere - Incontri di Studio, 2018
The cultural heritage of Italy is so widespread that it can not be managed bythe State alone. We must look at the heritage with the eyes of citizens, without giving upa single inch on the role of technical and professional skills. Research, protection,enhancement and management are four very different things, that go, however, hand inhand: because the research helps us understand the meaning of things; the protection tellsus how to safeguard them; enhancement tells us how to preserve the sense of the heritagedisseminating its social perception; the management tells us how to keep doing it.
Web Journal on Cultural Patrimony, 2006
The supply of cultu al goods determines an increment of social welfare in the ter itory, in terms of higher education of the civil society together with the restoring and conservation o goods and values inherited from the past. The good "culture" distinguishes from the fact that, in opposit on to the basic needs, it comes from relational needs, which are derived from social interaction being this relational goods "common goods" that ask for a common action also in the act of use, their effect on utility is not directly determined from an increment of quantity, like it happens for the majority o consume goods, but i could be mos ly connected to the modalities th ough which these goods are pu into the market.
PROGETTO CUMA - RISORSA CULTURA: MODELLI INTERNAZIONALI DI MANAGEMENT DEI BENI CULTURALI POR CAMPANIA 2000/2006 - Misura 6.4 FSE - Tipologia di azione: 5.5 - Tipologia di progetto:5.5.2, 2004
Al termine di un percorso formativo e di aggiornamento che ha coinvolto dipendenti della Pubblica Amministrazione Locale vengono messi in evidenza punti di forza e di debolezza della rilettura del territorio in funzione della individuazione del vantaggio competitivo e del ruolo essenziale che può svolgere la PA attraverso i suoi dipendenti che diventano Agenti di Promozione della Innovazione.
Patrimonio culturale, modelli organizzativi e sviluppo territoriale, 2019
SOMMARIO: 1. Premessa.-2. Tutela e valorizzazione. La necessità di una lettura in chiave di completamento.-3. La doppia natura della valorizzazione.-4.1. Gli strumenti utili alla valorizzazione economica dei beni culturali.-4.2. I nuovi strumenti.-5. La collaborazione pubblico/privato.-6.1. Organizzazione ammi-nistrativa e valorizzazione dei beni culturali.-6.2. Il compito della formazione.-7. Conclusioni. 1. Premessa Da sempre il tema dei beni culturali è oggetto di grande attenzione da par-te della dottrina giuridica italiana 1 , probabilmente anche perché il nostro Pae-se è caratterizzato dalla presenza diffusa di beni culturali, tradizionalmente ri-partiti in differenti categorie, sia quanto alla loro consistenza materiale (cose mobili, immobili, collezioni), sia quanto alla loro tipologia (beni d'interesse storico, artistico, archeologico, etnoantropologico). I giuristi hanno intuito ra-pidamente che le categorie tradizionali riferibili ai beni pubblici non potevano essere estese de plano ai beni culturali ed hanno iniziato ad analizzarne lo spe-cifico "giuridico", alla ricerca di un sistema coerente di riferimento. Dopo una prima fase di ricerche legata all'individuazione della categoria "bene culturale" e del suo regime giuridico, gli studiosi sono stati naturalmente portati ad occuparsi degli aspetti per così dire "statici" della materia, legati all'analisi delle forme di tutela di questi beni, ai procedimenti di vincolo o ai poteri 1 La letteratura in argomento è davvero vasta e la sede di questo lavoro consiglia l'uso di una certa sinteticità, per cui mi limito a citare in questa nota solo alcune opere di carattere ge-nerale: M. GRISOLIA, Tutela delle cose d'arte; Roma, 1952; G. PIVA, voce Cose d'arte, in Enc. Dir. vol XI, Milano, 1962; S. CASSESE, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in L'ammi-nistrazione dello Stato, Milano, 1976, 117; M.S. GIANNINI, I beni culturali, in Riv. trim. dir. pubb., 1976, 3; F. MERUSI, Commento all'art. 9 Cost., in Commentario alla Costituzione, a cura di Scialoja-Branca, Roma-Bologna, 1976, 434; G. ROLLA, Beni culturali e funzione sociale, in Le Reg., 1987, 67; V. CERULLI IRELLI, I beni culturali nell'ordinamento italiano vigente, in Beni cul-turali e comunità europea, a cura di M.P. Chiti, Milano, 1994; AA.VV., I beni culturali. Esigenze unitarie di tutela e pluralità di ordinamenti, a cura di L. Mezzetti, Padova, 1995; N. AICARDI, L'ordinamento amministrativo dei beni culturali. La sussidiarietà nella tutela e nella valorizzazio-ne, Torino, 2002; M. AINIS-M. FIORILLO, L'ordinamento della cultura, Milano, 2015.
Introduzione Si ipotizza qui un viaggio di Leonardo da Vinci nella Milano del XX secolo. il Maestro si chiede dov'è la fabbrica della cultura? Dove sono i principi e i mecenati? Perché le fondazioni e le banche preferiscono conservare piuttosto che creare il nuovo? Un club esclusivo di città come New York, Parigi, Londra, Berlino, Pechino, interpretano oggi le istanze di creatività e produzione di cultura. Altre regioni del mondo non sembrano essere all'altezza a fronte di una impressionante accumulazione di cultura antica che non la riflesso in una produzione contemporanea di uguale importanza. Asia, Africa, e Est Europa, Sud Europa. Il limite della conservazione va superato e la creatività artistica va recuperata per muovere avanti le frontiere della cultura in ogni sua espressione. Cap 1 Il patrimonio culturale è una risorsa per lo sviluppo economico. Questo è ovvio. La cultura è un capitale che può produrre reddito e posti di lavoro. Il capitale però va valorizzato con politiche appropriate altrimenti non dà frutti ne di tipo simbolico e identitario ne di tipo economico. Si danno principalmente due casi di politica culturale conservazione e produzione. Conservazione può voler dire più cose: 1 esercitare la tutela attraverso una tradizione giuridica conservativa costruita su norme e divieti. Si sottrae il patrimonio culturale agli interessi privati lo si difende contro le logiche dello sviluppo distruttore, dell'espansione edilizia. 2 difesa contro la pauperizzazione culturale di un territorio. Divieto di esportazione, di demolizione, di asportazione o distruzione. 3 mantenimento dell'integrità originaria dell'opera ossia restauro e manutenzione. 4 gestione e valorizzazione adeguate dell'opera d'arte. Supporto alla sua funzione di consumo visite turistiche turismo culturale. Produzione di cultura. In questi casi il valore economico non si estrae da un capitale fisico accumulato nei secoli ma se ne usa la componente intangibile, i saperi, la conoscenza tradizionale. L'obiettivo di questa seconda opzione e produrre cultura. Il modello della produzione può essere applicato non solo alla pittura contemporanea ma anche al cinema, alla televisione, alla letteratura, alla cultura materiale, alle arti dello spettacolo. In teoria i due modelli non sono di pari importanza. Quello della conservazione è sottordinato a quello della produzione per il semplice fatto che senza creazione non c'è nulla da tutelare. Osservando le politiche culturali delle grandi città, si nota una tendenza opacizzare il modello produttivo a favore di quello conservativo. I visitatori sono arbitro delle principali scelte strategiche. Si parla più di nuovi allestimenti di musei che di una nuova composizione musicale. I numeri divisa visitatori sono snocciolati come indice di successo commerciale per quanto risicato. Nel decennio fra 1990 and 2000 la crescita del valore aggiunto dei beni culturali è stata del + 87,1% ma in quello della produzione di cultura è stato del 37,4% ossia meno della metà. Si può parlare dunque di indice di redditività o indice di creatività culturale come del rapporto fra produzione di cultura e conservazione di cultura, comunque e si siano espressi. Quando l'indice diminuisce significa che il paese conserva più di quanto produce. Una situazione che nel lungo periodo indebolisce il contenuto stesso della conservazione. Un paese che non accumula cultura arretrata. Quando l'indice aumenta significa che il paese produce cultura. In diversi momenti della sua storia l'Italia è stata culturalmente più redditizia e creativa. Oggi attraversa una fase di debolezza. Nel 1990 l'indice di creatività culturale era pari a 24,4 nel 2000 era pari a 17,9. È evidente una situazione di declino. Facciamo un esempio tratto dal settore museale: un'impresa dell'industria tessile mette in vendita con terreno a fine attività. La città si interroga sulle prospettive. Nella logica dei due modelli illustrati le alternative sono uno investire per la conservazione culturale trasformando un sito in un museo dell'arte tessile due investire per produrre
Quotidiano Legale, 2023
Il lavoro analizza come le nuove tecnologie impattano sulla valorizzazione del patrimonio culturale attraverso l’applicazione dello sviluppo sostenibile.
Aedon, 2007
Ente di afferenza: () Copyright c by Società editrice il Mulino, Bologna. Tutti i diritti sono riservati. Per altre informazioni si veda https://www.rivisteweb.it Licenza d'uso L'articoloè messo a disposizione dell'utente in licenza per uso esclusivamente privato e personale, senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali. Salvo quanto espressamente previsto dalla licenza d'uso Rivisteweb,è fatto divieto di riprodurre, trasmettere, distribuire o altrimenti utilizzare l'articolo, per qualsiasi scopo o fine. Tutti i diritti sono riservati. Considerazioni sulla nozione di valorizzazione dei beni culturali (nota a Tar Lazio, Roma, sez. II, 23 agosto 2006, n. 7373) di Paolo Michiara Sommario: 1. Premessa: la trasparenza nei servizi di interesse generale.-2. La difficile apertura alla concorrenza dei servizi relativi ai beni culturali.-3. Il rilievo economico del servizio (pubblico) di valorizzazione.-4. La delimitazione della nozione di valorizzazione dei beni culturali.-5. Circa il difficile confine tra pubblici servizi e meri servizi.-6. Conclusioni. 1. Premessa: la trasparenza nei servizi di interesse generale E' opportuno, prima di procedere all'analisi delle diverse questioni affrontate dall'interessante sentenza del Tar Lazio che si commenta ed al fine di meglio comprendere la complessità dei temi, procedere ad una seppur breve descrizione delle vicende problematiche e quindi anche dei fatti dai quali è sorta la controversia. La sentenza che si esamina non è infatti che l'ultima di una serie di pronunce aventi ad oggetto l'affidamento, da parte del comune di Roma ed in favore di una medesima società "mista" dallo stesso comune "diretta" (società denominata Zètema Progetto Cultura a r.l.), di servizi di vario tipo e natura inerenti ai beni culturali. Si vedano, a questo proposito, le precedenti decisioni e cioè: a) Tar Lazio, Roma, sez. II, 17 novembre 2005, n. 11471, commentata in questa Rivista [1], nella quale sono analizzate, fra le altre cose, alcune questioni relative alle società miste degli enti locali, alla specialità della disciplina inerenti i beni culturali e alla "messa in concorrenza" dei servizi di supporto; b) Tar Lazio, Roma, sez. II, 24 febbraio 2006, n. 1385, che affrontasenza deciderle nel merito-svariate censure formulate da società operanti nel settore del restauro avverso l'affidamento, non preceduto da selezione concorsuale, di servizi e lavori riguardanti la valorizzazione, il restauro, la conservazione ed altro di beni culturali. Nel paragrafo successivo si darà pertanto conto di alcuni fatti e circostanze, desumibili dalle sentenze in questione, che possono essere considerati propedeutici all'analisi giuridica della decisione che poi si commenterà. Le parti sono infatti (grosso modo) coincidenti e l'oggetto del contendere, pur apparentemente diversificato e "sfaccettato", è riconducibile alla fin fine ad un unico aspetto problematico, non ancora risolto neppure a livello comunitario, e cioè con quali modalità attuare i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza [2] nell'ambito dei servizi di interesse generale tradizionalmente definiti di natura non economica [3]. Dalla ricostruzione dei fatti, estrapolati dalle diverse sentenze, troverà altresì conferma il convincimento-ormai diffuso-secondo il quale lo strumento societario, nell'ambito dei servizi in questione, risulta ora di non facile praticabilità, essendo in crisi, più in generale, il modello del partenariato pubblico-privato [4]. Si fa quindi presente, per maggior precisione, come gli affidamenti dei servizi in questione siano avvenuti prima della riforma del Codice dei beni culturali (decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 156) e pertanto fossero "governati" da una versione dell'art. 115 contente ancora l'espressa previsione, fra le forme di gestione, della società mista. Il caso che si esamina riguarda inoltre, come si vedrà, una società inizialmente "mista" ma poi divenuta pubblica nella sua interezza (100% del capitale sociale).
Archeomatica, 2012
Ogni frammento è testimone di un passato che in esso è racchiuso. Spesso però il suo essere degradato ne compromette la leggibilità. L'esigenza di 'capire' al fi ne di studiare ed intervenire in modo corretto sull'opera ha bisogno del duplice supporto storico e scientifi co. Per questo motivo la tecnologia può aiutarci in primis ad indagare la consistenza materica del reperto e successivamente a trovare soluzioni adeguate per la sua valorizzazione. Le nuove tecniche di documentazione, le analisi di laboratorio, i sistemi per la fruizione del patrimonio forniscono sempre più una serie di dati utili al processo di rifunzionalizzazione dell'opera. L'utilizzo della tecnologia ha permesso di introdurre modalità di analisi sempre più precise e dettagliate sia nei procedimenti che nei risultati. E' interessante quindi valutare come essa sia stata in grado modifi care gli sviluppi e studiare il suo impatto economico all'interno del processo di valorizzazione del bene. I n occasione del G8 2009, quando ancora c'era il progetto di organizzare il vertice sull'isola della Maddalena, la Presidenza del Consiglio propose di ospitare i Bronzi di Riace in Sardegna. L'idea scatenò un acceso dibattito soprattutto in relazione ai problemi di conservazione delle statue. Una delle proposte avanzate fu quella di realizzarne due cloni, che avrebbero dovuto accompagnare una mostra itinerante relativa alle tecniche di riproduzione degli stessi. Si sarebbe trattato di un procedimento all'avanguardia, in grado di coniugare perfettamente le nuove tecnologie con la conservazione del patrimonio. Per preservarne lo stato di conservazione, infatti, era stato proposto di creare un modello digitale tridimensionale, grazie ad un sistema di acquisizione a triangolazione laser, che permettesse di costruire un prototipo. In questo modo si sarebbe potuto ottenere lo stampo in cera da rifi nire successivamente in bronzo ). Se pur non portato a termine, il progetto dimostra la possibilità di intervenire su un bene così prezioso senza comprometterne l'integrità e di sviluppare una nuova strategia di comunicazione funzionale al processo di valorizzazione, che necessita di un'attenta analisi dell'oggetto e del contesto in cui esso è inserito. Per questo motivo è necessaria la costruzione di un vero e proprio programma, caratterizzato dall'integrazione dei diversi interventi e dalla partecipazione degli attori locali, che non si limiti esclusivamente al recupero fi sico del bene, ma che sia in grado di innescare un'azione di sviluppo del territorio.
360gradirivista.it, 2022
The author addresses the theme of the valorization of cultural heritage in a critical sense, highlighting how it hides the purpose of commercial exploitation of public cultural heritage by private entities, in line with the dominant mercantile religion at the turn of the 2nd and 3rd millennia, in conformity with the (true) intentions of the 2004 legislator. This is a form of transmutation of cultural assets into consumer goods, the effect of which in some ways is similar to that of the looting that has always characterized military conquests and subsequent colonizations. The commodification of cultural heritage, by the very fact of depriving the cultural heritage of its aura of sacredness, is a subtle way to undermine the foundations the society that recognizes itself in that community heritage, transforming it into a mass of isolated and therefore better manipulated individuals. The history of the "valorization" of the national artistic heritage is however the visible symbol of the cultural disintegration of our time. L'autore affronta il tema della valorizzazione dei beni culturali in senso critico, evidenziando come essa nasconda la finalità di sfruttamento commerciale del patrimonio culturale pubblico da parte di soggetti privati, in linea con la religione mercantile dominante a cavallo del II e III millenni, in conformità con le (vere) intenzioni del legislatore del 2004. Si tratta di una forma di trasmutazione dei beni culturali in beni di consumo, il cui effetto per certi versi è analogo a quello del saccheggio che ha sempre caratterizzato le conquiste militari e le successive colonizzazioni. La mercificazione dei beni culturali, per il fatto stesso di privare il patrimonio culturale della sua aura di sacralità, è un modo subdolo per minare dalle fondamenta la società che si riconosce in quel patrimonio comunitario, trasformandola in un coacervo di individui isolati e quindi meglio manipolabili. La storia della “valorizzazione” del patrimonio artistico nazionale è comunque il simbolo visibile della disgregazione culturale del nostro tempo.
Alessandro De Marco, 2024
Dal 2010, il Ministero della Cultura in Francia affida a INRAP, l'Istituto nazionale di ricerca archeologica preventiva, il coordinamento e la promozione delle Giornate nazionali dell'archeologia Nel 2019, le JNA (Journées nationales de l'archéologie, ovvero giornate nazionali dell'archeologia) hanno aperto le porte all'Europa. Vi hanno partecipato per la prima volta diciotto paesi. Dal 2020, le Giornate nazionali dell'archeologia prendono il nome di Giornate europee dell'archeologia (Journées européennes de l'archéologie o JEA). Con oltre 1.400 iniziative in Europa e la partecipazione di 26 Paesi europei, le JEA 2021 hanno riscosso un grande successo! Ancora una volta, i Paesi europei hanno partecipato con grande entusiasmo a questa edizione, proponendo oltre 830 iniziative e decretando il successo di queste giornate. Con oltre 1.500 iniziative in Europa e la partecipazione di 30 paesi europei, le JEA 2022 hanno continuato il loro sviluppo. Obiettivi: Sensibilizzare i cittadini europei alla ricchezza e alla diversità culturale dell'Europa; Rendere l'archeologia più visibile alle varie audience e ai media; Sensibilizzare il grande pubblico e le autorità politiche sulla necessità di tutelare il patrimonio archeologico; Consentire al pubblico di comprendere il mosaico delle culture europee; Attrarre nuovo pubblico che non sia abituato a visitare i luoghi in cui si fa archeologia; Valorizzare presso il pubblico l'intera catena operativa dell'archeologia, "dallo scavo al museo"; Favorire la condivisione delle conoscenze tra i professionisti dell'archeologia e i cittadini europei. A tal fine, le JEA si svolgono ogni anno il terzo fine settimana di giugno in tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa.
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.