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2021, Midrash Tehillim. Libro primo: Salmi 1-41
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46 pages
1 file
Brani tratti dal Midrash Tehillim sui Salmi 1-41 (Primo libro dei Salmi). Il volume è stato licenziato per la stampa in ottobre 2021.
2020
Traduzione italiana del Midrash sui Salmi 146-150
Erinna (di cui abbiamo già parlato mesi fa) è una delle figure più affascinanti ed enigmatiche della letteratura greca. Gli autori antichi danno notizie contraddittorie sulla sua vita. Nacque, visse e morì in un'isoletta -nesídion -, che potrebbe essere Télos o Ténos. Alcune fonti la dicono amica e discepola di Saffo, ma ciò è impossibile. Altre testimonianze ne collocano il floruit verso il 350 avanti l'era volgare, ma la critica moderna tende oggi ad adottare una cronologia alta: è assai probabile che la poetessa sia vissuta tra il 410/400 e il 390/380. La sua fama e il suo fascino sono legati a un'unica opera, un poemetto di 300 versi (secondo le testimonianze), dal titolo Alakáta (la Conocchia) in cui lamentava, con accenti disperati, la tragica fine della sua amica d'infanzia Baucide (Baukis), annegata insieme al marito subito dopo le nozze (la nave che portava i novelli sposi a casa fece naufragio). Tale fu il dolore di Erinna che anch'ella morì (appena diciannovenne) seguendo nella tomba l'amica che tanto aveva amato. Gli antichi parlano con commozione della poetessa fanciulla, distrutta dal dolore eppure capace di scrivere versi di tale, incomparabile bellezza da spingere serissimi e severissimi commentatori a paragonarla addirittura a Omero. Fino al 1928 Erinna era per noi una leggenda letteraria e nulla più. La sua triste storia era nota ma della sua opera rimanevano soltanto cinque versi, più tre epigrammi, di cui uno sicuramente spurio. Ma un papiro ossirinchiano (PSI 1090) ci ha restituito gli ultimi cinquantatrè versi del poemetto Alakáta (sappiamo che constava di 303 versi, dunque le notizie tramandate dalla tradizione sono confermate). Il reperto è molto danneggiato e le ricostruzioni fantasiose che se ne sono tentate hanno sviato generazioni di lettori. Oggi, finalmente, siamo in grado di interpretare correttamente quel relitto, davvero fortunosamente giuntoci: chi lo ha letto nella nota 'traduzione' di Salvatore Quasimodo avrà una bella sorpresa... Erinna scrisse in lingua dorica (venata di eolismi: doveva essere un'ammiratrice di Saffo). Dallo stile si evince che conosceva bene i tragici, la poesia corale (Alcmane) e Omero. Il genio di questa bambina prodigio sta nell'essere riuscita a creare un genere nuovo: la sua Alakáta è al tempo stesso un epicedio, una tragedia, un canto lirico e un poema epico. Gli alessandrini videro in lei una sorta di caposcuola, anche se i versi di Erinna hanno un sapore e un fascino arcaico rispetto a quelli, poniamo, di Callimaco. La sua opera ebbe un successo immediato e vastissimo, ma il fatto che fosse scritta in una lingua diversa dalla koiné ne determinò alla lunga il naufragio. Il fortunato ritrovamento papiraceo cui si è accennato sopra ci permette di farci un'idea dell'arte di questa antica poetessa. Nei versi di Erinna si coglie un rimpianto ossessivo che sconfina nella disperazione; i frammenti in nostro possesso comunicano un senso di infinita dolcezza, di elegiaca tristezza, di straordinaria musicalità (le allitterazioni, le ripetizioni -quel ritornello: 'aiai, Bauki talaina'...) e fanno rimpiangere amaramente la perdita di gran parte dell'opera. Offro qui la mia versione di quanto resta di sicuramente attribuibile a Erinna. Aggiungo, a mo' di presentazione, una selezione di testimonianze su Erinna e qualche nota a commento dei suoi versi. Testimonianze scelte Etimologico Genuino (IX secolo dell'èra volgare), sub voce: Erinna. Erinna, la poetessa. Il suo nome vuol dire 'amabile', ma potrebbe anche voler dire 'primaverile'. Asclepiade (Antologia Palatina, VII, 11) Questa è la dolce fatica di Erinna, niente affatto lunga, scritta da una fanciulla di diciannove anni, ma molto più efficace di tante altre opere. Se Ade non l'avesse rapita così presto, chi godrebbe di tale fama?
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Annotazioni in merito ad Anfore Dressel 20 ritrovate nella villa di Arianna nell'antica Stabiae.
Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti a Chicago nei primi giorni di maggio del 1886, passati alla storia come il massacro di Haymarket (dal nome della piazza in cui si tenne il raduno dei lavoratori). L'1 maggio 1886, nella piazza di Haymarket a Chicago, durante uno sciopero di operai che chiedevano la riduzione dell'orario di lavoro a otto ore, scoppiarono violenti tumulti. Fu lanciata una bomba su un gruppo di poliziotti. Lo scoppio dell'ordigno e il seguente conflitto a fuoco portarono alla morte di sette agenti e di almeno quattro civili. In seguito si individuarono quali responsabili dell'episodio otto operai anarchici. Di questi, quattro subirono la pena dell'impiccagione, gli altri l'ergastolo. Il mondo dei lavoratori criticò aspramente la sommarietà del processo ma la sentenza fu comunque eseguita. Pochi anni più tardi, la stampa internazionale definì i condannati i «Martiri di Chicago», perché risultarono innocenti; tre di loro, ancora in vita in prigione, furono rilasciati. Pochi giorni dopo i lavoratori della città tennero un'imponente manifestazione di lutto. Questo episodio concorse tre anni dopo (1889) a individuare la data dell'1 maggio quale giornata della festa internazionale dei lavoratori.
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M. DAVID - A. MELEGA, “I pavimenti antichi dei mitrei ostiensi. Riesame della documentazione”, in Atti del XXV colloquio dell’Associazione italiana per lo studio e la conservazione del mosaico (Reggio Calabria, 13-16 marzo 2019), a cura di C. Cecalupo e M.E. Erba, Roma, Quasar, 2020, pp. 299-311
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Tra Cultura, Diritto e Religione. Sinagoghe e cimiteri ebraici in Lombardia, a cura di Stefania T. Salvi, pp. 10-21, 2013