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Prolegomeni ad un’ontologia della grande dimensione urbana

Abstract

Prolegomeni ad un'ontologia della grande dimensione urbana È la grande dimensione il destino della modernità urbanistica? In che senso? Che cosa diciamo in realtà quando diciamo grande dimensione? Già in un precedente numero di BLOOM (vol. 8, n. 1, 2011) vi sono stati interventi teorici e approfondimenti su questo tema. In questo contributo vorrei riprendere la questione esplorandola in termini ontologici. La domanda diviene quindi: quale modo d'essere si annuncia e si manifesta in ciò che esperiamo come 'grande dimensione'? E come è in relazione con il modo d'essere dell'uomo? Se l'uomo è quell'essere collocato nel medio fra l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, la grande dimensione è ciò da cui è escluso e che gli si impone? Ma questo non implica anche che la grande dimensione viene ad essere solo nel medio di quel medio che l'uomo è? Vi può essere grande dimensione solo perché vi è l'uomo in quanto welt-bildend 1 ? Ma se la grande gigantesco. Ed esso non è un tratto fra gli altri ma una caratteristica essenziale della modernità. Invero, nel saggio di Heidegger cui qui ci si riferisce 2 , esso è l'approdo dell'argomentazione, ciò che appare nell'ultima pagina. Das Riesige è ciò in cui si manifesta quel processo di conquista del mondo come immagine, come configurazione [Gebilde] del pro-durre rappresentazionale 3 , che contrassegna la scienza-ricerca in quanto elemento fondamentale del moderno. E gli esempi di das Riesige forniti da Heidegger spaziano (se spazio v'è nell'epoca di das Riesige!) dai numeri infinitesimali della fisica atomica, all'annientamento delle distanze operato 1 M. Heidegger, Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt -Endlichkeit -Einsamkeit (1929/30), Gesamtausgabe 29/30, Vittorio Klostermann, Frankfurt am-Main, 1992. 2 M. Heidegger, Die Zeit des Weltbildes, in Holzwege, Vittorio Klostermann, Frankfurt a.-M., 1994. 3 Ibidem, p. 94.