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Congetture e colpevolezza

Abstract

In questa breve ricerca si vuole prospettare un differente modo di intendere il problema del rapporto di causalità in diritto penale. La questione causale, infatti, si pone ancora oggi all'attenzione di autori, operatori del diritto, studenti e quanti altri, con la stessa impostazione che è stata fornita ad essa sin dal diciannovesimo secolo 1 . Certo, da allora è stato detto molto sull'argomento e non si può tacere il fascino che hanno avuto alcune apprezzate teorie attorno alle quali si è sviluppato un quanto mai tormentato dibattito. Gli studiosi hanno elaborato, nel tempo, diversi criteri causali oggettivi, utili a dare risposta all'eterna domanda: quando un evento può dirsi conseguenza di una determinata azione (od omissione)? Ecco, qui non si prospetta un nuovo criterio causale, a guisa di quanto è stato fatto finora. Si tenta piuttosto di spiegare perché non sia possibile trovarne uno secondo lo schema consueto. Il tentativo operato a livello dottrinario è stato, appunto, l'elaborazione del criterio causale che si collocasse più coerentemente nel quadro della responsabilità penale ed in particolare della struttura del reato e, al contempo, soddisfacesse al meglio le mutevoli esigenze della prassi. Si dirà subito, però, che tale criterio causale deve permettere la riconducibilità dell'evento considerato alla condotta posta in essere dal soggetto prescindendo, per definizione, dalla valutazione della componente psicologica dell'ipotetico autore. Tenere ben fermo ciò è di fondamentale importanza per la costruzione del discorso che si intende portare avanti. In altre parole, l'impostazione tradizionale data al problema della causalità contempla un tale ordine di idee: la componente oggettiva del reato è distinta, autonoma rispetto a quella volitiva. Cioè, può essere considerata indipendentemente da quest'ultima. E' possibile stabilire se esiste una relazione causale, tra condotta e evento, senza bisogno di indagare circa la componente volitiva del soggetto che quella condotta ha realizzato. In concreto, se ci viene raccontato un caso, con presumibile rilevanza penale, in cui si descrivano una condotta, con le sue modalità, ed un evento (lesivo per qualcuno), possiamo determinare la sussistenza (o escluderla) del nesso causale tra condotta ed evento indipendentemente, ossia prima ancora, di rivolgere a noi stessi una qualunque domanda circa la colpevolezza del soggetto la cui condotta è all'esame. Prima verifichiamo la sussistenza del nesso, poi possiamo andare ad occuparci dell'elemento soggettivo. Ed è proprio applicando il criterio causale prescelto che possiamo fare questo, ossia stabilire la sussistenza (o meno) del rapporto di causalità tra la condotta e l'evento descritti. Così, almeno, è inteso allo stato attuale del dibattito: lo si evince passando in rassegna i vari manuali, monografie, articoli, saggi, commenti e in generale tutte quelle opere che affrontano la questione. Sono moltissime, in effetti. Proprio per questo, non potendo dar conto di tutto quello che è stato scritto sull'argomento, si è preferito dare maggior risalto ai lavori svolti nell'arco degli ultimi dieci anni: ragioniamo per come il tema della causalità è studiato in epoca attuale. D'altro lato, l'obiettivo di questa trattazione non è quello di illustrare le linee fondamentali del dibattito sulla causalità come storicamente determinatosi; si intende piuttosto dar conto di un errore di fondo nel modo di intendere e descrivere il problema. L'assetto delle teorie sul nesso eziologico è in disarmonia con il linguaggio contemporaneo, che utilizza -in un certo contesto, quello in cui si vuole attribuire qualcosa a qualcuno -le parole "colpa" e "causa" in maniera scambievole 2 . In tale contesto, che è poi quello di interesse per il diritto penale, il dominio della causa riflette quello della colpevolezza, ne costituisce l'esatta estensione ed in ciò si esaurisce: volendo formalizzare il meccanismo in termini matematici, dovremmo dire che la colpevolezza costituisce la variabile indipendente, mentre la relazione causale costituisce la variabile dipendente. In altri contesti, la parola causa viene utilizzata in modo eterogeneo, quando, adottando un particolare punto di vista, o logica di relazione, si vuole richiamare il legame necessario sussistente tra un antecedente, che chiamiamo causa, e ciò che segue, che chiamiamo effetto. Non stupisce che di recente si sia parlato, anche in termini espliciti da parte della dottrina 3 , di crisi del modello causale: la stessa giurisprudenza mostra il proprio disorientamento accogliendo, con le note sentenze probabilistiche, ora un criterio percentuale, ora un altro. Se una Sezione della Corte ritiene valido un discorso, in tema di rapporto di causalità, del tipo "il nesso causale risulta accertato in presenza di una probabilità del 30%" ed un'altra ritiene congrua una percentuale del 50%, altre ancora del 70-80%, significa che qualcosa non funziona, non è del tutto chiaro 4 . La crisi, dunque, è in qualche modo avvertita, ma non se ne conoscono, o chiariscono, le ragioni.