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Narrazione e autobiografia nella famiglia adottiva

2009, Rivista Italiana di Educazione Familiare

Abstract

Nel corso degli ultimi cinquant'anni la famiglia adottiva ha compiuto dei grandi cambiamenti. Il nostro paese ha cessato di essere un luogo di emigrazione e di origine dei bambini adottivi e in poche decine di anni ha intrapreso un percorso di sempre maggiore riconoscimento dell'infanzia, dei suoi bisogni e dei suoi diritti; a partire dal dopo-boom economico, sono cominciate convinte riflessioni dirette a diminuire l'istituzionalizzazione dei bambini orfani e abbandonati e sono cresciute le adozioni nazionali. Negli anni Novanta del Novecento le pratiche di adozione sono fortemente aumentate e si sono dirette sempre più spesso all'accoglimento di bambini da altri stati. Questa ultima fase ha conferito alla questione adottiva maggiore visibilità pubblica e ha al contempo mutato in profondità la configurazione di questa tipologia di famiglia che in grande maggioranza oggi si connota come multietnica, una famiglia dove si vive consapevolmente una doppia (o tripla, …) appartenenza culturale e identitaria. Si può quindi affermare che sia stata decisamente abbandonata una situazione di anonimato e invisibilità (e anche di nascondimento, se non di vergogna) per passare a più chiara affermazione dell'identità della famiglia adottiva (anche se è ancora aperta e non unanime la discussione su cosa realmente si intenda con questa affermazione; cfr. March, Miall, 2000, pp. 359-362; Catarsi, 2006). È stato un percorso meno lineare di quanto qui si possa mostrare, anche solo per accenni, sempre sottoposto a tensioni e mutazioni, in parte riflessi nelle discussioni parlamentari, nella dottrina giuridica, nella giurisprudenza, e in parte circolanti nell'immaginario collettivo e nel mondo dei mass media. È da sottolineare il fatto che per lunghi anni la stessa famiglia adottiva ha negato le sue radici, la sua intima struttura e origine, celando/nascon