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Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 229 del 9.5.1996 Il volume viene stampato con un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Tutti i diritti riservati -All rights reserved Copyright © 2007 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Salerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. Direttore responsabile Luca Serianni Redazione Paola Manni, Nicoletta Maraschio, Giuseppe Patota, Pietro Trifone Segretario di Redazione Luigi Matt Comitato scientifico Aldo Menichetti (Friburgo), Michael Metzeltin (Vienna), Max Pfister (Saarbrücken), Edgar Radtke (Heidelberg), Serge Vanvolsem (Lovanio)
ra gli artisti ferraresi contemporanei di Garofalo, Ortolano risulta avere trattato solo temi religiosi, inventando quel « classicismo semplicemente naturalizzato » che la critica ha opportunamente associato a residui di spiritualità savonaroliana, coniando per il pittore l'appellativo di « Fra Bartolomeo ferrarese ». 1 Anche la produzione di Ludovico Mazzolino è di tematica prettamente religiosa: egli è l'erede piú smaliziato e intelligente del magistero di Ercole de' Roberti e non rinuncerà mai ad una vena nordica intemperante che si esprime al meglio nel quadro di formato ridotto in cui le storie si prestano ad acute divagazioni e a gustosi inserti caricaturali. Le opere di questo maestro, bene attestate negli inventari romani postdevoluzione, 2 si indovinano perciò molto apprezzate a corte, destinate forse a piccoli altari e a spazi privati del castello e delle dimore ducali.
Schede per Gino Belloni, a cura di S. Bellomo, R. Drusi, P. Vescovo, V. Vianello, «Quaderni veneti», n..s., II, 2014, 2, pp. 115-124
In principio c'è Ruzante. Nel iv atto della Piovana il famegio Bertevello è il pescatore che entra in scena ex abrupto e scioglie la trama della commedia grazie al ritrovamento della borsa di Nina, il tasco, con «i tondini da colo», e i «paternostri», le collane e i gioielli, «segnale da farme cognoscere a me pare, s'a' 'l cato vivo», fino appunto all'agnizione finale della giovane, preda del ruffiano Slavero, da parte del vecchio Tura, che alla fine riscopre in lei la figlia rapitagli da piccola.
Modelli di giudice, 2023
Nota redazionale co-autori M. Jori, A. Pintore, P. Di Lucia Il testo di Uberto Scarpelli qui pubblicato è un inedito. Esso deriva da una relazione a convegno che, a quanto consta dagli appunti personali, Scarpelli non tenne, non sappiamo per qual motivo. Dall’invito conservato tra le stesse carte private risulta si trattasse della relazione al Convegno sul tema La istituzione giudiziaria nel XXV anniversario dell’entrata in funzione del Consiglio Superiore della Magistratura. Esperienze e Prospettive, organizzato per il 6-9 giugno 1984 sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, presso l’Università degli Studi di Parma, Facoltà di Giurisprudenza (presieduta da Corrado Pecorella) e promosso dalla Cattedra di Diritto Costituzionale (titolare Nicola Occhiocupo), in collaborazione con l’Associazione Nazionale Magistrati.
Il parlato trascritto oggetto di questo contributo andrà inteso in modo restrittivo in riferimento a quei soli prodotti testuali che si originano da un processo di trasmissione impromptu del testo dall'orale allo scritto attraverso prassi consolidate di ascolto e di scrittura, ovvero attraverso speci che tradizioni discorsive attive nel tempo in determinati ambienti culturali. Rimangono dunque escluse, perché sostanzialmente estranee al nostro discorso, le questioni teoriche, pratiche e storiche relative alla trasposizione dal codice fonetico al codice ortogra co, interpuntivo e paragrafematico. Le circostanze relative al processo meccanico e tecnico di trascrizione potranno tuttavia essere prese in considerazione nella misura in cui condizionano e caratterizzano la speci cità culturale e soprattutto storico-linguistica del prodotto nale.
Catullus's book of poems starts with a small but controversial textual problem: in the second line of the first poem should modern editors write 'arido ... pumice' or 'arida ... pumice' (meaning 'with dry pumice-stone')? This article offers a fresh study of this problem, in the first place by re-examining the evidence available: the witnesses who write 'arido', the quotation of the passage by the fourteenth-century antiquarian writer Guglielmo da Pastrengo, who writes 'arida', and the testimony of Servius. I argue that the evidence of these testimonia is inconclusive, and on their basis alone one could write either form; however, the reading 'arido ... pumice' with 'pumex' used surprisingly in the feminine is strongly supported by the existence of a group of Latin nouns of the third declension the gender of which is also flexible. This article has appeared in "Quaderni Urbinati di Cultura Classica" 109 (2015), 137-152. The attached file contains a pre-publication version.
Il libro Marco Cavallo Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura racconta una delle più grandi evoluzioni del manicomio e del concetto di malattia mentale. Il simbolo di Marco Cavallo, un azzurro cavallo di cartapesta che nel 1973 viene portato fuori dalle mura del manicomio di Trieste insieme alla folla di internati, ha contribuito alla nascita, nel 1978, della legge 180 o legge Basaglia..
Il saggio esamina la tragedia di Marlowe Tamburlaine e mostra le analogie fra Tamerlano e il personaggio di Ercole nelle due tragedie senecane a lui intitolate. I tratti caratteristici del modello classico che si concentrano in Tamerlano sono il desiderio di potere, l’esercizio della violenza come segnale di valore eroico e la sfida alla divinità. Tuttavia, il valore fondante del modello classico si scontra con un’anomalia che caratterizza l’eroe moderno. Infatti il personaggio senecano è costruito su un’ambiguità: il forte individualismo si accompagna alla consapevolezza della propria diversità ed emarginazione dal mondo umano, il suo orgoglio si alterna al senso di inadeguatezza e al disagio della frustrazione nei confronti del mondo divino. Marlowe sceglie invece per Tamerlano una declinazione che isola la dimensione totalitaria dell’individualismo e le istanze di affermazione egotistica, dando forma a un personaggio privo di conflittualità e incertezze. Tale svolta conferisce a Tamerlano una dimensione di irriducibile monoliticità.
The Scarella Family from Garessio to Savona between Fifteenth and Sixteenth Centuries
In verità, certamente e senza dubbio, il di sotto è uguale al di sopra, e il di sopra è uguale al di sotto, per trarre i miracoli da una cosa. Così come tutte le cose derivano da Uno e dal pensiero dell'Unico, tuttavia tutte le cose nascono da questo Uno mediante la loro unione. Il loro padre è il Sole, la loro madre è la Luna, il vento li allevò nel proprio ventre e la nutrice fu la Terra. L'Uno è il padre delle meraviglie del mondo intero. La sua forza è possente quando si sviluppa in Terra. Separa la Terra dal Fuoco e il sottile dal grosso, dolcemente e soavemente. S'alza dalla Terra al Cielo e da qui ritorna alla Terra per ricevere la forza dall'alto e dal basso. Possederà la Luce di tutto il mondo, e le tenebre si allontaneranno. E' la forza di tutte le forze, penetra nel sottile e nel solido. Pertanto questo mondo è stato creato a somiglianza di un altro mondo più grande. Per questo si compiranno prodigi, per questo mi chiamo ERMES TRISMEGISTER Posso e posseggo i tre elementi della saggezza del mondo intero. Termina qui ciò che ho detto per opera del Sole. (tratto da: IL VELO D'ISIDE di H. P. BLAVATSKY) La tradizione afferma che sul corpo morto di Ermete a Hebron, è stata trovata da un "Isarim" o iniziato, la tavola con il nome di Smaragdina. Essa contiene alcune sentenze, la cui essenza costituisce la saggezza ermetica. E coloro che leggono soltanto con gli occhi corporei i precetti non diranno nulla di
Drammaturgia, 2023
ISABELLA INNAMORATI 256 Domenico Scarpetta, era ufficiale agli affari ecclesiastici del ministero borbonico e tra i suoi compiti rientrava la vigilanza sui teatri, dove, di tanto in tanto, portava con sé la famiglia. Ecco perché Eduardo fu uno spettatore precoce: varcò presto la soglia del teatro dei Fiorentini, assistendo con poca attenzione agli spettacoli di prosa delle maggiori compagnie italiane di passaggio per Napoli, e quella del teatro San Carlino dove invece si appassionò agli spettacoli comici, in dialetto, dinamizzati dal genio di Antonio Petito, interprete moderno della maschera di Pulcinella e di Pascariello. Fu precoce anche nell'ingresso professionale a teatro, che avvenne a quindici anni, in tristi circostanze e dietro pressanti necessità economiche: il padre Domenico si spense nel 1868 dopo una lunga malattia che aveva prosciugato i risparmi di famiglia. Eduardo si propose come attore alla compagnia del teatro Nuovo-dove recitava Antonio Petito-contando sulle buone relazioni del padre, ma senza successo. Ripiegò allora sulla nuova compagnia del San Carlino, capeggiata da Tommaso Zampa, dove recitava Antonio Natale, un altro attore amico, con l'impresa Mormone. E qui ottenne la sua prima scrittura il 22 ottobre 1868, il cui testo è parzialmente pubblicato nell'autobiografia. Stando a quanto vi si legge il giovane era ingaggiato «in qualità di generico di secondo filo, non escluse le ultime parti e quelle di poca o niuna entità». 4 Doveva, insomma, assolvere alle più disparate e marginali esigenze in qualunque tipo di spettacolo, compreso «ballare, tingermi il volto, essere sospeso in aria, se qualche produzione il richiedesse, ed in fine fare tutto ciò che mi verrà imposto, come anche cantare nei cori, e a solo, nei vaudevilles». 5 Sostiene di aver debuttato nella nuova rivista di Antonio di Lerma di Castelmezzano Cuntiente e guaie, ma il suo nome compare già in piccoli ruoli nelle locandine teatrali di altri spettacoli precedenti. 6 Quello al San Carlino fu, comunque, un ingaggio di breve durata perché l'impresa sciolse la compagnia nel marzo del 1869. Trovò, tuttavia, rapidamente un nuovo impiego grazie ai buoni uffici di due attori, Cesare Spelta e Giovannina Altieri, nella formazione del teatro Partenope, diretta dal capocomico Gennaro Pastena per l'impresa di Gennaro Falanga. Costui controllava un vero e proprio sistema teatrale, basato su tre distinte sale: Fenice, Partenope e Sebeto. Nel complesso l'offerta era molto variata, contemplando sia il dramma storico che la commedia, la farsa, la rivista e il ballo (l'impresa aveva costituito un vero e proprio corpo di ballo con primi ballerini, danzatrici, mimi, un maestro concertatore di danza, un maestro di musica e musicisti). La strategia impresariale era quella di far re
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Cesare Pavese. Testimonianze, testi e contesti. Quindicesima rassegna di saggi internazionali di critica pavesiana, a cura di A. Catalfamo, "I quaderni del CE.PA.M", Catania, CUECM 2015.