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2020, Storia in Rete n. 172
Chi erano veramente i giovani piloti che nel Pacifico si lanciavano con i loro aerei contro la US Navy cercando di fermare la potentissima macchina bellica americana? Fanatici portatori di morte o ragazzi che compivano con mezzi estremi il loro dovere? Quali furono le ragioni che portarono alla nascita dei reparti kamikaze, come operavano e quale fu il loro apporto alla causa del Sol Levante? Cosa è rimasto di loro? Questo articolo cerca di rispondere a tutte queste domande
Vamba and «Il Giornalino della Domenica» during Fiume venture (1919- 1920).
Le Baccanti di Euripide messe in scena con un gruppo di sedici ragazzi dai 10 ai 13 anni con linee guida relative al guardare e all'ascoltare.
VesuvioWeb, 2023
THE VERGINI’S LAVA AND THE VESUVIUS’S ONE As reported in a recent article on the history and causes of flood disasters in Casamicciola Terme (Ischia), in the sixteenth century the stream that crossed the country was called “Rio della Lava”: it originated from many occasional creeks that flowed inside artificial gullies called “cave”. The propre name of the stream, still remembered in popular tradition, is omitted in the numerous publications dealing with Casamicciola and its thermal baths, evidently because the authors were convinced that the lava was only volcanic. But it is remembered that until a few decades ago was very famous a torrential moudy flow that invaded a Neaples’s borough during exceptional rains: the “lava dei Vergini”. And some other are mentioned in the Naples historical toponymy. And they are also remembered the “Cavoni”, the torrential gorges that crossed the city, in which the torrential lava flowed. The etymology of the torrential lava is outlined in some old authors and is taken up by important English etymological dictionaries, but it is completely ignored by the most important Italian dictionaries, which report only the volcanic lava. According to the latter, one could believe that the etymology of our torrential lava derives from the volcanic one, but it is exactly the opposite. In fact, the very first name of "lava" for the volcanic product, then universally accepted, was written in 1738 by Francesco Serao, in the description of the Vesuvius eruption of the previous year; and the same author specifies that he has taken the old term used by the local population.
LA SONATA Op. 23 DI W. T. MATIEGKA E I QUATRE DIVERTISSEMENS
I miei ringraziamenti vanno al M° Paolo Cherici per aver con pazienza seguito i miei mutevoli interessi in questi anni, incoraggiandomi sempre.
Fantozzi. L'eterno ritorno, 2018
The idea behind this videoessay is that actor Paolo Villaggio has been gradually “swallowed” by his most famous character, the humble accountant Ugo Fantozzi, of which Villaggio, in his television debut, told the misadventures using third person narration. In 1975, when Fantozzi became a movie character, Villaggio decided to assume in first person the main role. But the intensive exploitation of the character, coupled with the rapid exhaustion of his creative vein, have forced the author-actor to a draining repetition of the same gags. While Fantozzi gradually loses its satirical characteristics to become a more childish and cartoonesque figure, Villaggio’s body, on the contrary, becomes visibly older and weaker, physically unable to support the role. Following the transformations of the character and its creator-interpreter, our work intends to propose a journey through the Fantozzi’s saga. An audiovisual essay built as a sort of medieval polyptych, in which each chapter can be considered autonomously and, at the same time, as a stage in a wider discourse around one of the most popular figures of postwar Italian cinema.
I MAESTRI COMACINI, UN RIESAME DELLA LORO STORIA
I Maestri Comacini, chi furono veramente e perché furono chiamati in tal modo sono il tema di questo breve saggio che compara le opinioni più note su questi costruttori Altomedievali con considerazioni pratiche sul loro mestiere e sulle condizioni sociopolitiche nello Stivale, per il periodo in cui vissero. The Maestri Comacini, who they really were and why they were called as they were, are the subject of this short essay that compares the best-known opinions on these early medieval builders with practical considerations on their craft and the socio-political conditions in Italy, for the period in which they lived.
AsiaTeatro - rivista di studi online, 2022
Nel 1938 la compagnia di teatro musicale Takarazuka realizzò la sua prima tournée all’estero, in Germania e Italia. Incrociando le notizie fornite dai giornali italiani con quelle pubblicate dalla rivista mensile della compagnia, Kageki, possiamo ricostruire il percorso, il programma e la ricezione della tournée in Italia. La recensione di Renato Simoni sul Corriere della Sera fu l’unica a essere tradotta in giapponese su “Kageki”. Esamineremo perciò in particolare l’articolo di Simoni e la storia del suo interesse, non occasionale, per il teatro giapponese.
2019
5 1.1 -La biografia di Vegezio 5 1.2 -Il contenuto dell'opera 6 1.3 -La tradizione letteraria "De re militari" precedente 9 1.4 -Fortuna e ricezione dell'"Epitoma" tra Medioevo ed epoca moderna 14 Capitolo 2 -Gli Studi moderni 18 2.1 -Dal tardo Ottocento alla prima metà del Novecento: da Seeck a Mazzarino 18 2.2 -Gli anni '70: Gordon, Goffart e Barnes 20 2.3 -L'ultimo ventennio del Novecento: Da Sabbah a Richardot 29 2.4 -Il XXI secolo: da Paniagua a Colombo 42 Conclusioni 61 Bibliografia 62 INTRODUZIONE Sia sulla persona di Vegezio che sulla sua opera più importante, l'Epitoma rei militaris, nel corso degli ultimi due secoli sono state scritte molte parole. L'obiettivo di questa tesi è di presentare lo status quaestionis attuale sulla datazione e sull'imperatore dedicatario del De re militari. Il testo vegeziano è estremamente interessante perché è il punto di arrivo di una tradizione di letteratura militare estremamente fiorente come quella greco-latina e, allo stesso tempo, svolge il ruolo di auctoritas assoluta in campo militare nel Medioevo occidentale, venendo considerato come la summa del sapere degli antichi nell'arte della guerra. L'intenzione di questa tesi di laurea triennale è quella di ripercorrere le principali tesi dei vari studiosi, dai lavori di Otto Seeck, Carl Lang e Christoph Schöner, passando per i contributi di C. D. Gordon, Eric Birley, Walter Goffart, Guy Sabbah per arrivare ai più recenti di Michael Charles e Maurizio Colombo, offrendo una panoramica di come, lungo XIX, XX e XXI secolo ci si sia interrogati in profondità sul mistero che circonda l'opera ed il suo autore. Le ipotesi più polarizzanti vedono in Teodosio I e Valentiniano III i candidati principali che hanno messo d'accordo la maggior parte degli studiosi, mentre Onorio e Teodosio II hanno raccolto una parte minoritaria del consenso generale. Tuttavia la mancanza di dati certi ha contribuito a mantenere in una grande incertezza l'identità dell'imperatore a cui si è rivolto Vegezio. I pochi indizi a disposizione, sia interni che esterni al testo, hanno creato non pochi problemi nel trovare una posizione che potesse essere unificante. Gli unici due punti fermi su cui si è riusciti a giungere un accordo sono l'anno 383, visto come terminus post quem poiché l'imperatore Graziano, deceduto da poco, è chiamato col titolo di divus ed il terminus ante quem, stabilito nel 450, quando un certo Flavio Eutropio ha emendato, sine exemplario, una copia del testo di Vegezio a Costantinopoli. Il primo capitolo della tesi si propone di presentare la figura di Vegezio, contestualizzandola all'interno di quel periodo turbolento che l'impero romano stava vivendo; di analizzare la struttura ed il contenuto della sua opera per concludere spiegando le fonti della trattatistica militare precedente usate e l'importanza dell'Epitoma per il Medioevo e l'età moderna. Il secondo capitolo, seguendo un ordine cronologico, intende presentare i lavori dei diversi studiosi che hanno cercato di datare l'opera vegeziana e, di conseguenza, scoprire chi fosse l'imperatore dedicatario dell'opera partendo dalle prime ipotesi, del tardo Ottocento, di Carl Lang, Christoph Schöner e Otto Seeck. Le due sezioni successive riassumono le tesi della 4 seconda metà del Novecento, dove le opinioni di Gordon, Goffart e Birley puntano verso una datazione tarda, in epoca valentinianea, mentre Barnes, Sabbah e Marcone propendono verso una collocazione sotto Teodosio I. Posizioni di minoranza appartengono invece a Claudia Giuffrida, che vede in Onorio la soluzione ottimale. L'ultima parte invece intende presentare i lavori successivi agli anni 2000, dove sicuramente il più importante di questi è la monografia di Michael Charles che propende per Valentiniano III, mentre invece Maurizio Colombo, al contrario di tutti gli studi precedenti che vedono, per l'Epitoma, una collocazione occidentale, non solo ritiene che l'opera sia stata composta nella pars Orientis dell'Impero, ma che il misterioso imperatore sia Teodosio II. 5 CAPITOLO 1 AUTORE & OPERA 1.1 -La biografia di Vegezio Sulla persona di Publio Flavio Vegezio Renato si conosce molto poco, tanto che nemmeno il suo nome è del tutto confermato. I primi testimoni dell'Epitoma, una serie di estratti databili al VII secolo, lo indicano usando il genitivo 'P. Vegati Renati' mentre tutte le fonti della tradizione medievale utilizzano alternativamente il genitivo 'Fl. Vegeti Renati' oppure 'Fl. Vegati Renati'. 1 Iohannes Lydus, funzionario bizantino di epoca giustinianea, nel suo De Magistratibus lo nomina solamente Renatus. Nessuno studioso ha poi accettato la forma 'Vega-' per due ragioni: non vi sono attestazioni altrove riguardo questa forma e nessun nome latino può esservi prontamente connesso. Un altro dubbio è dato dall'ambiguità del genitivo 'Vegeti': il nominativo corrispondente è 'Vegetus' o 'Vegetius'? È opinione comune che la seconda opzione sia quella corretta e vari studiosi di onomastica sostengono che si chiamasse P. Vegetius Renatus e che adottò, o ricevette, il nome onorario di Flavius, un nome che poteva essere concesso, all'epoca, a persone che avessero scalato abbastanza in alto nella gerarchia del servizio imperiale. 2 Infatti la tradizione medievale tramanda il fatto che fosse non solo un vir illustris, ma anche un comes, titolo a cui una famiglia di manoscritti aggiunge sacrum, che può difficilmente essere altro che una corruzione di sacri stabuli o sacrarum largitionum. 3 Ciò che ci porta a credere che non sia mai stato attivo nell'esercito è la mancanza, nel suo trattato militare, di espliciti riferimenti agli aspetti pratici della vita militare a lui contemporanea; inoltre la classe sociale a cui apparteneva l'autore era esentata dal servizio militare: infatti il titolo di comes era riservato a membri di grado elevato sia della burocrazia sia dell'esercito. 4 Con le informazioni prodotte dall'Epitoma, quindi, è possibile concludere che fosse un funzionario abbastanza importante. 5 Secondo un'altra ipotesi l'autore dell'Epitoma era stato, prima di diventare 1 M. D. REEVE, Vegetius: Epitoma . Nello specifico si veda pag. 88. 6 burocrate, un «agens in rebus», ruolo che all'epoca era considerato come una «militia» vera e propria. 6 Questa linea di pensiero parte da un'analisi approfondita della Mulomedicina vegeziana. 7 Si crede inoltre che Vegezio fosse cristiano, visto che riporta la formula del sacramentum militare, cioè del giuramento su Dio, Gesù e sullo Spirito Santo, oltre che sull'imperatore (II, 5, 3); 8 inoltre il nome Renatus sarebbe un'ulteriore conferma in questo senso. Già nel prologo del libro I infatti viene nominato Dio, primo indizio, ben connesso alla struttura dell'argomentazione tipica del genere encomiastico, della cristianità dell'autore. 9 Vegezio fu autore di un trattato di veterinaria, tramandatoci col titolo accorciato di Mulomedicina, in quattro libri che presenta diverse affinità stilistiche, soprattutto nelle parti prefatorie, con l'Epitoma. 10 Anche se si potrebbe supporre che le due opere, Epitoma e Mulomedicina, siano state scritte da due autori diversi, poiché per la prima viene indicato come autore Flavius Vegetius Renatus mentre per la seconda Publius Vegetius Renatus, ciò ci porta ad ipotizzare che il trattato di veterinaria sia stato scritto quando ancora l'autore era soltanto un comes e non aveva ottenuto ancora il titolo onorifico di Flavius. A livello temporale possiamo quindi dire che probabilmente visse tra la fine del IV secolo e i primi decenni del V secolo e questi riferimenti cronologici sono conosciuti tramite lo stesso De Re Militari poiché in esso l'autore associa alla figura dell'imperatore Graziano l'appellativo divus, che era concesso agli imperatori soltanto dopo la loro morte, in questo caso avvenuta nel tardo 383. Invece il terminus ante quem è il 450, cioè quando l'editore di una copia dell'Epitoma, un certo Flavius Eutropius, firmò una subscriptio con i dettagli della data consolare: «Fl. Eutropius emendavi sine exemplario Constantinopolim consul. Valentiniano Augusto VII. et Avieni [sic] (i.e. 450)». Fortunatamente questa subscriptio è stata conservata in diversi dei manoscritti successivi. 11
Aecheomedia, 2022
THE FANTASTIC CAVAGLIÁ CROMLECH AND OTHERS GAMBARI HERITAGE IN THE BIELLA TERRITORY, AND BEYOND The false cromlech of Cavaglià (Piedmont, Italy) was built by the authoritarian imposition of an official of the Archaeological Superintendence of Turin (F.M. Gambari), complete with recourse to the Carabinieri force, a considerable expense by the Municipality, supervision by the Superintendency and trumpeting on national and foreign magazines by of another official of this (F. Rubat Borel). Its falsity is demonstrated, by the author, on the basis of geological and historical-environmental basis, as well as by the judgments of professional archaeologists, from which it emerges that it is an unreal reconstruction, a "stupidity". And this is just one of many such enterprises in the Biella region and beyond, by the same official. For the Biella territory a some of them had already been highlighted, especially as regards the area of the Bessa Park (Roman gold mines): the disinformative tables, the alleged archaeological cupels of Zubiena, the alleged stele of Vermogno, the substantial funding for the restoration of the presumed Castelliere di Mongrando (locally defined as a monument to idiocy), the expenses for the abstruse highlighting of the double washing channel (defined by the author as another monument to idiocy). Then there is the story of the famous Elvo river pseudo-pirogue (better known as pirloga) which still hovers in the Biella Museum where it was replaced by a pirogue of the Bertignano lake, in a false torrential context set up for the presumed semi-finished Elvo pirogue (which is why the structure is still called the "pirloga museum"). Furthermore, ideological falsifications are not limited to the pirogue, and also there are material errors. And then there are the alleged Mazzé stele, the fantasies on Viverone Lake, the alleged remains of Roman gold mines in Ossola region, the mineralogical and mining bestialities on the Ticino ones, highlighted in part by the author, in part by other experts. However, the official has always been "covered" and strenuously defended by the reference body, the Superintendency, although this was well aware of his fantasies and errors: in fact, it has never published, in the specific newsletter, informations about the work of this official and the public money he used. The behavior is to be related to the last topic dealt, the "alleged presence of the Salassi peoples in the Biellese area and their exploitation of the Bessa gold mines". From the documentation collected, it is more than evident that, in order to obtain remarkable funding from the Ministry, in 1987 the Superintendency, supported "scientifically" by the officials Brecciaroli Taborelli and Gambari, prepared a "package" full of speculations and inventions: it then continued to support the falsehoods, also through other officials, despite the contrary evidence reported and published by the author, and continues despite the recent archaeological finds that prove the contrary, that ones recognized by themselves, but falsely attributed to Gambari who had repeatedly claimed the opposite. Consequently, the falsehoods of the officials are accepted by many unconscious authors, Italian and foreign, confident of the authority of the Superintendency, as well as by professional archaeologists and university professors, forced by arrogant bureaucrats, less prepared than they, to prostitute themselves, morally and intellectually, to be able to operate in Italy. Some examples, shown in the article illustrate the issue. With the public administration reform underway, which would like to introduce merit as a basis for assessing the career of public officials, our Superintendency is stubbornly opposed and would like to silence the past management and even beatify its recently deceased official.
Le origini della Cavalleria e del "guerriero sacro": dallo sciamanesimo del Paleolitico fino alle sue forme ancora esistenti nell'Eurasia l'archetipo del guerriero si sviluppa attraverso i guerrieri di Odino, uomini-lupo e uomini-orso, gli eroi omerici come Achille e Odisseo, gli Equites di Romolo e la figura del Cavaliere medievale trovando nei poemi del ciclo del Graal le più alte espressioni di sacralità, se si legge con attenzione il "Giuseppe di Arimatea" di Robert de Boron. (l'articolo originale con le sue illustrazioni si può leggere sul sito www.simmetria.org)
Annalice Del Vecchio de Lima, 2019
RIASSUNTO: Questo articolo analizza la presenza del Dante-personaggio della Divina Commedia, di Dante Alighieri, specificamente nella prima parte dell'opera, quella dell'Inferno. Opera autodiegetica, la Commedia è narrata in prima persona dal personaggio, il quale coincide con il narratore e l'autore, il poeta toscano Dante Alighieri. Distinguere il Dante-personaggio, quello che affronta il viaggio oltremondano attraverso i regni di Inferno, Purgatorio e Paradiso, e il Dante-narratore di tale avventura è un compito necessario per capire diversi aspetti dell'opera. Parole-chiavi: Dante Alighieri; Divina Commedia; Dante-personaggio. ABSTRACT: This article analyzes the presence of character-Dante in Dante Alighieri's Divine Commedy, focusing on its first part, which is the Hell. As an autodiegetic work, the Commedy is narrated in first person by the character who coincides with narrator and author. Differentiating character-Dante, who faces the journey throughout the reigns of Hell, Purgatory and Paradise, and narrator-Dante is important to understand the various aspects of the work.
The artillery for the anti-Barbary defenses of Lavagna and the Eastern Ligurian Riviera in the 16th-17th century.
la Biblioteca di via Senato , 2022
LA GROTTA DELLE VENERI DI PARABITA (LECCE), 2020
La Grotta delle Veneri divenne nota nella letteratura paletnologica in seguito al rinvenimento, al suo interno, di due statuine femminili dette Veneri: da qui il suo nome.Ma non solo: la sua importanza risiede anche nella frequentazione ininterrotta che la vide occupata dal Paleolitico medio fino all’età del Bronzo senza soluzione di continuità.Un periodo lunghissimo nel corso del quale si sono avvicendati tutti gli aspetti della preistoria meridionale, lasciando in essa tracce cospicue della loro presenza. All’inizio ci fu l’uomo di Neanderthal con la sua cultura, il Musteriano (80.000-35.000 anni fa), seguito da una fase di transizione detta Uluzziano che segna l’arrivo del Sapiens con le diverse fasi del Paleolitico superiore (35.000-10.000 anni fa): il Gravettiano, l’Epigravettiano antico e a foliati, l’Epigravettiano finale o Epiromanelliano. Durante il Gravettiano furono inumati insieme un uomo e una donna con uno scarno corredo costituito da un ciottolo e un raschiatoio tinti di ocra e un copricapo fatto con canini atrofici di cervo. Alla fine del Paleolitico superiore gli abitanti della grotta incisero una grande quantità di ossa e pietre, circa 500, con una sintassi geometrico-lineare allora in voga in Italia e in Europa. È una delle espressioni artistiche del Sapiens il cui significato è per noi incomprensibile, al pari della grande arte “naturalistica” che aveva dipinto sulle pareti di molte grotte animali quali bisonti, cavalli, cervi, leoni dall’indubbio contenuto simbolico. Con l’arrivo del Neolitico (VI-IV millennio a.C.) cambiò la vita dei cacciatori-raccoglitori: alla caccia si sostituì un’economia basata su agricoltura e allevamento, che richiese una nuova suppellettile come contenitori in ceramica, strumenti levigati e non solo scheggiati come asce e accette insieme a oggetti di carattere cultuale quali le pintadere, specie di timbri per tatuare o per imprimere marchi.Nacquero nuovi riti e credenze, si affermò una religiosità di tipo agrario con al centro il protagonismo della Terra da cui dipendono le sorti delle creature viventi.La grotta ha restituito tutti gli aspetti della ceramica neolitica dalla impressa agli stili dipinti fino alle fasi finali di Serra d’Alto e Diana. In essa si svolsero riti come lo scavo di buche, una delle quali intercettò la sepoltura paleolitica, offerte di oggetti pregiati e di vasi finemente decorati.Nel corso del Neolitico si sviluppò una rete di rapporti, grazie anche alla navigazione, che permise scambi e contatti con le regioni affacciate sul Mediterraneo, creando un mondo interconnesso che caratterizzerà anche i periodi successivi. Con l’Eneolitico (IV-III millennio a.C.) si diffusero nuove fogge e nuovi costumi funerari: molte grotte divennero sedi di sepolture collettive e una nuova tipologia vide la nascita di seppellimenti sotto tumulo dove, accanto all’inumazione, veniva praticata l’incinerazione.Le forme ceramiche sono ispirate agli aspetti classici di Gaudo e Laterza con interessanti rimandi alla cultura transadriatica di Cetina. Nel II millennio continua la frequentazione della grotta ma con un carattere più dimesso e una suppellettile di uso quotidiano come grandi contenitori e attrezzi per la lavorazione del latte quali i bollitoi. Si conclude così la vicenda millenaria di Grotta delle Veneri, punto di riferimento per le genti che di volta in volta popolarono il territorio, incubatrice di miti e credenze con cui nutrì la vita di intere generazioni dando loro un senso, una memoria da tramandare e una storia da raccontare.
Bruniana e campanelliana, 2021
Socinians, Leibniz, and Gassendi. Divine conservation and eternal matter. The theology of the Socinians weaves deep alliances with Pierre Gassendi's thought. Of particular importance is the harmony about the divine conservation of creatures. This harmony reveals a secret thesis of Gassendi himself, namely the eternity of matter. Leibniz, supporting the divine conservation as continuous creation thesis, seems to associate with the same criticism Gassendi and the Socinians.
Rivista di estetica, 2006
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