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2020, Quaderni d'altri tempi
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Recensione della riedizione del saggio di Ferruccio Masini su Nietzsche: "Lo scriba del caos" (Aragno 2020)
Questo scritto fu composto intorno al febbraio-marzo del 1970 in occasione di una conferenza che tenni in Roma presso un'associazione italo-tedesca che recava il nome di "Cuncti gens una". All'epoca, anche se era da poco trascorso il centenario busoniano, il compositore godeva (si fa per dire) della totale ignoranza presso il gran pubblico ed era ricordato soprattutto come il pianista e il trascrittore delle musiche di Bach; la questione che ancora teneva banco era se Busoni fosse da considerarsi più tedesco che italiano o viceversa. Di questo dibattito qui ne rimane gran traccia, ed occupa tanto di quello spazio che oggi non gli dedicherebbe alcuno in un serio articolo. Lo scritto è quindi, molto datato, sia sotto questo punto di vista, sia per non considerare la non indifferente quantità di materiale pubblicato su Busoni negli ultimi decenni, sia, non ultimo, per la giovanile età dell'autore che si esercitava allora nella sua prima critica musicale, puerilmente alimentato più dall'entusiasmo verso colui che divenne nella sua vita semplicemente «Il Maestro», che da una vera e propria analisi critica. Ma al di là di alcune ingenuità espressive e di pensiero, le righe conservano un certo valore, non solo affettivo ma anche di testimonianza di vita, specie per l'autore, che ora sottolinea con soddisfazione che all'epoca in cui la gioventù a lui coetanea sciupava il proprio tempo appresso a gruppetti di musica di cui, grazie a Dio, non è rimasto nulla, almeno assai poco, egli scriveva su Busoni. Per questo motivo nel pubblicare in internet questo breve saggio, di esso non ho cambiato nella sostanza quasi nulla, ad eccezione di qualche aggettivazione troppo retorica (giudicata con il senno di poi) e di qualche lieve correzione formale. d'animo, con un pathos che è anche il nostro: ci appropriamo di quel modo di pensare, proviamo le medesime emozioni del compositore. Ma se di stile si può parlare per ogni compositore, per Busoni questo vocabolo è, a seconda di come lo esaminiamo, ricco o povero di contenuto. Se parliamo infatti di espressione, di individuazione, di coerenza, da questa angolazione Busoni possiede sicuramente uno stile. Se parliamo, al contrario, di stile nel senso che tentiamo d'individuare sotto una determinata forma, un'etichetta, tutta o gran parte della sua composizione, la parola è senz'altro insufficiente: di unico stile per Busoni si può parlare soltanto ad una condizione: che si intenda per stile quello che altri chiama individualità. La differenza è fine, ma la seconda parola è di contenuto più ampio della prima, perché con essa s'intendono indistintamente tutte le pulsioni, le emozioni che spingono un individuo ad agire, tutta la sua humanitas, tutto il suo sentire, tutto il suo partecipare alla vita. Così come non si potrà dire, ad esempio, che Beethoven è tutto romantico (nel suo romanticismo ci sarà sempre un po' di retaggio di idee classiche e profezia di futuro), egualmente non potremo dire che Busoni si esaurì in un solo movimento stilistico. In vita Busoni fu attratto infatti da vari e diversi accidenti, si passi il termine altamente improprio, ma non ne ne fu mai dominato, cercò, al contrario, di dominare tutto, di far confluire ogni particolare, quasi un tassello dell'universo, in quello che divenne poi la sua Estetica, quella personale così come consegnata alle stampe. Tutto ciò che cadeva sotto la sua diretta osservazione lo studiava, lo assimilava, s'impadroniva del nuovo senza dimenticare il vecchio, e fu solo così che poté serbare completa originalità ed indipendenza di pensiero pur interessandosi al Futurismo, al Simbolismo, all'Espressionismo,.. . formulare idee, scrivere della teoria della musica, e tenere un contegno prettamente personale. Molteplice eppur unico, articolato ed unito nel segno di un possente credo personale, così si sviluppa lo stile busoniano. Esaminando una sua singola composizione non è possibile comprendere il suo essere che, tra l'altro, non discende solo dalla musica, tanta parte avendone anche il suo pensiero, la sua formaione culturale come si compose dall'educazione artistica intera; le melodie non sono mai fini a se stesse, tutto viene proiettato in una nuova dimensione, in un universo ampio ed arricchito che occorre guadagnarsi a piccoli passi. La sua musica è di fatto una civiltà della musica, un compendio di questa, ciò che con gergo teatrale potremmo chiamare, considerando l'epoca e il periodo di transizione musicale che la sua vita attraversa, la stretta finale prima della conclusione dell'ultimo atto, una civiltà riscoperta nei suoi più genuini valori, un alternarsi di luci, nient'affatto una musica contraddittoria, anzi, forse, la musica più coerente che mai ci sia stata data udire, la meno sognante, e comunque la più serena. Busoni cioè, è quello che si vuole sottolineare, non ebbe, e non poté avere, un solo stile, in quanto i diversi movimenti culturali che attraversava non potevano lasciarlo indifferente. Terrei però a precisare e distinguere fra stile, da una parte, ed unità stilistica dall'altra. E mentre intorno allo stile si può parlare di naturale processo di evoluzione, per cui lo stile del compositore dei preludi si differenzia notevolmente, tanto per far due esempi cronologicamente assai distanti, dallo stile del compositore del Faust, per quel che concerne l'unità stilistica si deve annotare che essa rimane sempre costante. Di un cambiamento in questo senso si può parlare solo a condizione che uno stile non ne rinneghi un altro, che la personalità rimanga cioè sempre invariata.
Dizionario dei bibliotecari italiani del Novecento, a cura di Simonetta Buttò e Alberto Petrucciani; con la collaborazione di Andrea Paoli. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2022
Edoarda Masi (1927-2011), librarian and sinologist
2018
Idioma: italiano Enlaces Texto completo Resumen English In the area of composition of librettos, female composition is virtually non-existent. An exception is Paola Masino, an eclectic intellectual, still unknown as a writer, mostly noted for being the companion of Massimo Bontempelli, whose works she was the curator of after his death, cultivating his memory. Apart from the attention of the critics of which Paola Masino has enjoyed for a short time for her novels Periferia (1933), Racconto grosso ed altri (1941), and Birth and death of the Housewife (1945), the fascist censorship and the general ostracism-which is generally reserved to female authors in 20th century Italy-did not allow to know her until the last years when her most popular works were republished, conferences were held on her literary activity and an archive dedicated to her has been set up at the La Sapienza University in Rome. In the English-speaking countries Paola Masino is being taken into account thanks to the translations of her novels and tales, but she is still unknown in the Hispanic sphere. The aspect we are interested in our research is her activity as librettist, even less known, and partly unpublished, even in Italy. In this study, we focus on her libretto Luisella (1964), adapted from Thomas Mann's tale of 1900.
Giornale Storico della Letteratura Italiana, 2022
Il presente articolo propone una lettura della novella 26 del «Novellino» di Masuccio Salernitano (1476) individuando nel testo un’originale rielaborazione del modello narrativo del «Lanval» di Marie de France, riletto alla luce della contemporanea concezione umanistica dell’amicitia. Mentre nel racconto originale l’amore dei protagonisti non può essere rivelato per la natura soprannaturale della dama (e in implicito accordo con i codici dell’amor cortese), nella novella la protagonista si preoccupa piuttosto di proteggere la propria reputazione dalla sconsiderata divulgazione di segreti fra amici che, lungi dal rappresentare l’ideale di perfetta virtù in voga nel Quattrocento, ne incarnano piuttosto una spietata parodia. Sarà così messa in evidenza l’ampiezza e la varietà del retroterra culturale di Masuccio, che include oltre ai modelli d’oltralpe anche la produzione umanistica coeva, finora poco valorizzata dagli studi.
Il presente lavoro s’interroga sui risultati finanziari ottenuti dalle Linee Etiche nei Fondi Pensione italiani. Sempre più, infatti, sta aumentando il peso degl’Investimenti Socialmente Responsabili (ISR) nelle realtà quotidiane. Quindi spesso ci si domanda in cosa consista il ruolo della finanza Etica e quali possano essere i suoi limiti, sia in termini di convenienza che in termini di scopo. Nel presente scritto si cerca di dare una risposta a queste domande basandosi sull’analisi sia dei rendimenti ottenuti che dei costi sostenuti, presentando poi i risultati conseguiti assieme alle conclusioni tratte. La comune percezione che le Linee Etiche rendano meno e costino di più, risultando quindi non convenienti, viene sfatata dai dati empirici. Si giunge infatti alla conclusione di come i fondi Etici possano essere in determinati casi più convenienti sia in termini di rendimento che di costo. Il cuore dell’ISR resta soprattutto la finalità, che raggiunge l’obiettivo di un punto d’incontro tra esigenze Etiche, sempre più impellenti nelle società sensibili a questi valori, e le necessità di remunerazione, ricercate da qualsiasi tipo d’investitore. Ne consegue che al giorno d’oggi gl’investitori non debbano più sopportare un sacrificio finanziario in nome di uno scopo Etico. In tutto questo il quadro d’insieme resta quello della previdenza complementare italiana, sicuramente suscettibile di enormi margini di crescita di cui beneficeranno anche i fondi Etici sia in termini relativi che in termini assoluti. Gl’ISR possono essere quindi una possibile strategia win-win, in cui le finalità Etiche si conciliano con le finalità previdenziali.
Schede umanistiche, 2022
Redazione Luca Vaccaro «Schede Umanistiche» è una rivista internazionale e pubblica articoli in italiano, inglese, francese e spagnolo. Ogni testo inviato alla Redazione è reso anonimo e sottoposto al processo di peer review, che consiste nell'esame di almeno due valutatori anonimi, il cui parere motivato scritto verrà comunicato all'autore, insieme al giudizio finale favorevole o sfavorevole alla pubblicazione. I documenti della valutazione sono archiviati presso la Redazione.
Ricostruire i tempi ed il relativo quadro storico in cui visse e si formò Masuccio può risultare necessario per meglio comprendere l’autore e il senso stesso delle sue novelle. La formazione di Masuccio avvenne a Salerno nel periodo prearagonese in «un’epoca di precarietà politica ed economica, tormentata da guerre dinastiche che portarono all’insediamento nel Regno della monarchia aragonese».
in Parola plurale. Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli, a cura di Giancarlo Alfano, Alessandro Baldacci, Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Massimiliano Manganelli, Raffaella Scarpa, Fabio Zinelli e Paolo Zublena, Roma, Sossella, 2005, pp. 401-418
La poesia di Benzoni si disegna con un'articolazione diacronica di cui sarà bene tenere il massimo conto. All'origine c'è comunque, invariabilmente, il lutto: lutto per la morte della madre in primo luogo, per le morti successive di parenti e amici -su tutte quella di Sereni -poi. Dal gorgo familiare del "nero-lutto-edipo" di La casa sul porto (1980) irradia la scrittura del dolore domestico, scrittura tutta chiusa nel circolo del soggetto, delle sue ossessioni e delle sue paure. L'epigonalità è dichiarata: nella vita, come condizione residuale dell'orfano ("a mia madre so scippare / dal suo fodero d'abete un po' di vita ancora / -miserabile calore."); nello stile ("poesia dell'eco", ha scritto Fortini), come classicismo linguistico tutto teso alla ricerca di una perfezione d'antan, diciamo tra il Caproni metricista del Passaggio d'Enea, il Sereni mediano, il Gatto canonico, Fortini stesso. E ostentato, polemico classicismo, sia pur mosso da vene di oralità, che guarda persino al prima, a un mai dimenticato Montale, su su fino alle fonti crepuscolari ("Ho voglia di cose disamorate e vive") che della poesia di Benzoni sono un sottofondo sempre attivo e talvolta affiorante. Al mito luttuoso della madre (inesorabilità della morte in vita, come in tutta la prima sezione A un tu non ipotetico e caro), si contrappongono due mini-miti di sopravvivenza o di vita possibile, la zia "scricciolo" con cui Benzoni vive in quegli anni, e la bambina Aisha, figlia di amici, collettrice di affetto paterno, ma non fino a uscire dalla supplenza di un ruolo estemporaneo. È quasi sconcertante, pensando al contesto storico, che si scrivano certi versi quasi sbarbariani in punta di anni Settanta. Reazione? È dire troppo e troppo poco. Certamente fedeltà persino testarda a una vocazione, protesta di marginalità esoprattutto -identificazione di (ingenuo) bello stilistico e investimento sentimentale: identità che andrà in crisi nel futuro.
2014
Oltrepassare, sorpassare, andare “oltre la consuetudine”: questo il programma poetico che Gian Pietro Lucini lancia dalle pagine del «Verso Libero» contro tutte le Accademie e contro il principio di autorità «delle leggi, delli altari, delle caserme, delle grammatiche, della prosodia»; un programma che, come testimoniano i saggi raccolti in questo volume, trova applicazione nelle sue opere su diversi piani (metrico, linguistico, tematico).
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La Puglia meridionale tra il III e il II sec. a.C.: alcune considerazioni, 2022
Mosaico Italiano, ISSN 21759537, 2020
Il Tempio delle Arti, 2022
Paola Masino, Nascita e morte della massaia, 2019
Dionysus ex machina, 2022
Nuova Storia Contemporanea, 2021
Italian Studies , 2024
Introduzione al volume dedicato al card. Achille Silvestrini, 2021
Inizi del Rinascimento architettura e città a Roma da Rosselli a Raffaello 1483-1520, 2020