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Kasparhauser XVII, Contro la poesia, a cura di G. Cavalli

2020, Contro la poesia

Forse ogni epoca, in modo diverso, mette in discussione la poesia. Oggi, però, più che la sua congenita eccedenza, esasperazione, instabilità, la poesia sembra patire un difetto di identità, una triste somiglianza con lo sfondo, una sospetta sintonia con gli spazi, i toni, i modi della comunicazione odierna. Fortini parlava di “Surrealismo di massa” per svelare la convergenza tra i comportamenti e i valori con cui la più lirica e evocativa delle avanguardie avrebbe voluto dare attacco alla Norma e ciò che nel frattempo è divenuto la normalità. “Automatismi psichici e verbali, sovvertimento dei rapporti spazio-temporali, esaltazione dell’arbitrio eccetera sono penetrati nella generalità dei nostri contemporanei soprattutto attraverso le strumentazioni dominanti, visive e verbali, del secolo; cioè la televisione e la pubblicità”. Ed ora che tutto il linguaggio è sempre subliminale, polisemico, ora che tutta la parola è sempre metonimica, evocativa, sensitiva, ora che è compiuta la trasformazione (digitale) della parola in immagine, luogo del nonsenso e dell’inconscio… ora che cosa rimane alla poesia?