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Pietro de Marco english title Authority. For a history of the links between auctoritas and exousia
Pietro de Marco english title Authority. For a history of the links between auctoritas and exousia
Al grembo delle parole, 2021
The official history of the talking cure starts when Anna O. experiences that the word could help to overcome the silence of the loss. After all, we can quite recklessly assert that if a human being doesn't experience the loss and the fall, then the human being itself wouldn't have the need or the desire to talk. For this reason, the word and the cure are sharing the same origin as well as the same fate, which is to take care of ourselves and the other by fostering commonality and at the same time a link between different levels of experience: the one of the senses, the one of the emotions and the one of the ideas. The delirious word can't be curative because it absolutizes the idea by denying the sensorial attitude of the body, as well as the hypochondriac word can't be curative because it stays prisoner of the sense and doesn't have access to the ideas. The word can cure when it becomes erotic word, able to inhabit the loss by weaving bonds. And the word can cure when it becomes aesthetic word, able to feel and make feel by allowing the totality of knowledge and existence.
Italianistica Debreceniensis, 2020
In questo numero della nostra rivista ospitiamo una sezione speciale dal titolo Lingue, letterature, persone in movimento e in contatto. Gli articoli rappresentano una selezione di interventi tenuti nel seminario online percorsi/contatti/migrazioni/dualismi: Nord, Sud e Mediterraneo nella lingua, nella letteratura e nella cultura italiana. La crisi sanitaria mondiale dovuta alla diffusione del nuovo Coronavirus ha costretto non solo tutti noi a modificare le normali pratiche didattiche e ad allontanarci fisicamente dai nostri studenti, ma ha anche, in gran parte, impedito le consuete attività di scambio scientifico e culturale tra colleghi ricercatori. Numerose iniziative sono state cancellate o riprogrammate in vista di tempi migliori, tante altre sono state “spostate” nelle stanze virtuali delle numerose piattaforme e software di videoconferenza. Anche noi abbiamo deciso di percorrere quest’ultima strada, annullando un convegno previsto per la primavera 2020 e trasformandolo in un seminario online a cadenza settimanale. Abbiamo, però, voluto cogliere l’occasione per allargare l’orizzonte della nostra proposta e, grazie alla collaborazione attiva dell’Università degli Studi di Cagliari e dell’Université Paris-Nanterre, siamo riusciti a raggiungere un pubblico più ampio e numeroso di studenti e colleghi interessati alle tematiche in oggetto. Tra settembre e novembre 2020 numerosi studiosi di varie discipline, collegati da Italia, Francia, Finlandia, Spagna, Germania e, ovviamente, Ungheria, hanno offerto il loro punto di vista e condiviso le loro ricerche su un arco temporale e tematico largo: dal Settecento alla contemporaneità più stretta; dalle migrazioni da e verso l’Italia alla ricostruzione storica del dualismo tra Nord e Sud Italia e all’analisi delle sue ripercussioni culturali ancora oggi. L’obiettivo dell’iniziativa era proprio quello di mettere in relazione approcci e metodi molto differenti tra loro, ma utili a cogliere gli spazi di intersezione tra lingua/e e letteratura/e, nonché le numerose sfumature che le 4 parole chiave (percorsi, contatti, migrazioni, dualismi) del titolo possono assumere nella storia e nella cultura italiana.
Le cronologia dei periodi e delle fasi si basa sulla sequenza delle fasi costruttive identifi cate negli scavi del 2005-6 e sui materiali provenienti dalle stratifi cazioni. Per una defi nizione più puntuale delle cronologie si è fatto riferimento anche agli scavi del 2007-8 a ridosso dei tre ambienti che compongono l'unità abitativa e commerciale qui descritta; in altri settori di scavo si sono rinvenute strutture riferibili alle stesse fasi costruttive sotto elencate e datate con maggiore precisione dai materiali. Finora lo studio dei reperti è stato portato a termine per le fasi romane, tardoantiche e bizantine mentre per quanto riguarda i periodi arcaico e tardo classico-ellenistico ci si basa su osservazioni preliminari effettuate sulle ceramiche subito dopo lo scavo 1 .
Dario Sartorio, I calcari a rudiste del Friuli e della Venezia Giulia fonti inesauribili di materiali lapidei ...
Nel comune di Finale Ligure (Savona), presso la frazione di Perti, è possibile osservare i ruderi del villaggio scomparso di Sant'Antonino, così chiamato per la presenza dell'omonima chiesetta romanica. Dal 1982Dal al 1998 erto poggio che culmina a 287 metri s.l.m., è stato sottoposto a intensive campagne di scavo e rilievo condotte dal professor Giovanni Murialdo, dagli iscritti alla sezione Finalese dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri e da esponenti dell'Istituto per la Storia della Cultura Materiale di Genova. Fin dalle prime ricerche, è emersa un'apprezzabile frequentazione dell'altura in età tardo-antica: in particolare si Ettore Bianchi Il castello bizantino di Perti. Revisione critica The Byzantine castle of Perti. A review Riassunto La fortificazione di Sant'Antonino, situata presso la frazione di Perti, lungo costa occidentale della Liguria, risalente al primo periodo bizantino, è un sito archeologico internazionalmente riconosciuto, nel quale metodici lavori di scavo e attente ricerche sui materiali ritrovati sono stati portati avanti sino a oggi. In letteratura il sito è considerato una solida postazione militare, collegata al cosiddetto limes tra le terre imperiali e quelle longobarde e inclusa tra le fortificazioni erette tra il 596 e il 642 d.C. con lo scopo di fronteggiare, su larga scala, le invasioni di barbari provenienti dal vicino Piemonte. Questo lavoro intende presentare una nuova interpretazione del sito. Lo studio dei resti archeologici rinvenuti attorno al territorio di Perti dimostra che la maggior parte della popolazione, che viveva di piccole coltivazioni e semplici scambi commerciali lungo le pianure costiere, si rifugiò nella regione montagnosa alle spalle, esattamente quando il nuovo insediamento di Sant'Antonino divenne operativo. Inoltre è necessario riconsiderare il ruolo del castello di Sant'Antonino, semplice luogo di rifugio che occupò un'area relativamente vicina al mare; il villaggio fortificato fu eretto nell'epoca post-giustiniana, non da pubbliche autorità, ma da qualche potentato locale. Lo scopo del castello era di dare protezione alla comunità litoranea, spaventata da invasori non meglio identificati, probabilmente Longobardi provenienti dal Mar Tirreno. Abstract The early-byzantine fortification at Sant'Antonino di Perti, on the west coast of Liguria, is an international famous archaeological site, where methodical excavatory works and careful investigations of material culture have been performed up to present. Usually the site it is considerated as a strong military emplacement, linked with the so called limes between Imperial and Lombardic lands: the current opinion deals with the concept of defences standing from 596 until 642 AD, which could face large scale barbarian intrusions coming from the nearby Piemonte. Such «Frontier Hypothesis» has excited a voluminous literature, to which the present paper wish to add a corrective essay. Archaeological survey around Perti proves that most of the people, who once carried small scale cultivation and simple market exchanges on the coastal lowlands, took shelter in the mountain region behind, exactly when the new settlement of Sant'Antonino got operating.
Testo della relazione tenuta a Roma il 13 luglio 2018 nell’ambito del Seminario sulla storia dei Quaderni organizzato dalla Igs-Italia, rivisto alla luce della discussione
Per alcuni esempi di basiliche paleocristiane del Norico caratterizzate da angoli interni irregolari e da muri non esattamente paralleli, Cfr. Glaser 2003. 2 Cfr. De Bernardis Ferrero 1983, per il caso significativo del San Giovanni di Efeso. 3 Non mancano tracce di estrazione, ma si tratta di attività sporadiche, di entità modesta, finalizzate a fornire singoli pezzi, destinati soprattutto alla decorazione architettonica (Bessac 1996, pp. 239-242). Anche l'estrazione del marmo dei Pirenei, prolungatasi almeno tutto il VII secolo, per la produzione di sarcofagi, doveva essere affidata ad artigiani occasionali o, al massimo, a cavatori isolati, privi comunque di un coordinamento di squadra e di una vera e propria organizzazione (Boudartchouk 2002). La continuità dell'Impero Romano d'Oriente, dopo il 476, fu molto più che un semplice fatto giuridico, come si può constatare da molteplici punti di vista. Se l'età di Giustiniano fu caratterizzata da una effimera ricomposizione dell'unità mediterranea, con la fine del VI secolo buona parte delle regioni occidentali si avviò verso una progressiva disgregazione delle attività produttive, che accompagnò il collasso delle realtà urbane mentre i territori del Mediterraneo orientale attraversarono ancora un lungo periodo di espansione economica. In Asia minore, soprattutto nella fascia costiera, le città furono oggetto di un significativo impulso edilizio. Nella regione siro-palestinese, in particolare, con lo straordinario incremento della produzione agricola, la rete degli insediamenti urbani si estese come mai era accaduto nei secoli precedenti (Bianchi B. 2007, p. 19). È significativo che tale espansione non si arrestò neppure con l'occupazione islamica del territorio: i califfi Omayyadi continuarono infatti l'intensa produzione agricola e la promozione di una fiorentissima attività costruttiva. La divaricazione fra le due parti del Mediterraneo ebbe riflessi, inevitabilmente, nel campo dell'architettura e della produzione edilizia. Nella pratica del disegno architettonico, ad esempio, mentre compaiono nella pars occidentis edifici realizzati con poca precisione, secondo sistemi empirici semplici e con sempre più scarsi strumenti di controllo 1 , in area siro palestinese o egea i sistemi basati su complesse conoscenze geometriche e su precise misurazioni del terreno, sembrano essere ancora la regola 2 . Quanto alla produzione laterizia, lo studio dei mattoni bollati ha rivelato come la pratica della stampigliatura sia mantenuta, a Bisanzio e in area costantinopolitana, sotto forme assai più complesse e articolate che nei più rari esempi attestati in Occidentale, indizio di una maggiore persistenza dell'organizzazione produttiva di epoca imperiale (Manacorda 2000, pp. 145-148). Ma è soprattutto il ciclo di estrazione e di lavorazione della pietra che dà la misura delle profonde differenze che hanno contraddistinto Oriente e Occidente. L'abbandono delle cave, che segna, fra IV e V secolo, Spagna, Italia, nord Africa 3 , comportò anche una progressiva
testo pubblicato nel catalogo della mostra "Spoleto Contemporanea", Palazzo Collicola Arti Visive
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M. DAVID - A. MELEGA, “I pavimenti antichi dei mitrei ostiensi. Riesame della documentazione”, in Atti del XXV colloquio dell’Associazione italiana per lo studio e la conservazione del mosaico (Reggio Calabria, 13-16 marzo 2019), a cura di C. Cecalupo e M.E. Erba, Roma, Quasar, 2020, pp. 299-311