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2018, patrimoni inattesi riusare per valorizzare ex-carceri: pratiche e progetti per un patrimonio difficile
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Patrimoni inattesi riusare per valorizzare ex-carceri: pratiche e progetti per un patrimonio difficile. a cura di Francesca Lanz
Geography Notebooks, 2021
Reagire alla pandemia: l'arte e la ricerca che (r)esistono Giulia Oddi Indagare le recenti migrazioni trans-mediterranee. Metodi e fonti di ricerca a partire dal contesto dell'accoglienza in Sardegna Cinzia Atzeni Geografia sociale dell'integrazione. Le voci dei migranti forzati nella Città metropolitana di Milano Giuseppe Gambazza Oltre la frontiera: rappresentazioni e immaginari geografici di volontariə a Lampedusa Giovanna Di Matteo Periferie plurali: il caso di Scampia (Napoli) oltre gli stigmi Fabio Amato Veronetta: prove di geografia sociale Emanuela Gamberoni Mainstream digitale e altre immagini urbane. Una ricerca empirica nel sito UNESCO di Palermo Emanuela Caravello Orti urbani in Italia oggi: una molteplicità tipologica per supplire a carenze strutturali Donata Castagnoli Tracce di geografia sociale: l'anomalia italiana Claudio Cerreti Other Explorations Una regia sociale: l'impegno di Ken Loach Emanuela Gamberoni Claude Raffestin e la geografia del potere Ginevra Pierucci Maus: la geografia sociale nel mondo dei fumetti Marco Picone Dopo quasi mezzo secolo, riflessioni sulla regione "spazio vissuto"
Nuova Museologia, 2019
“Altri quadri, sempre quadri, santi, uomini e donne con facce che non si capivano, paesaggi tutti neri, bestie diventate gialle, una confusione di uomini e di cose che con quel violento tumulto di colori, cominciava a produr loro un forte mal di testa […]. Le sale si succedevano alle sale, senza nulla di interessante”. Con queste parole lo scrittore Émile Zola fornisce un vivace spaccato dell’atteggiamento che ancor oggi anima diversi visitatori quando trascinano la loro noia e la loro stanchezza da una parte all’altra del museo che malauguratamente, per errore o per casualità, si sono trovati a visitare. Questo malessere, che talvolta si tramuta in emicrania e perfino in una sensazione di imbarazzo di fronte alle opere d’arte, deriva spesso non tanto dalla mancanza di attrezzature e servizi, quanto dall’impossibilità per il visitatore di percepire il fenomeno artistico e dall’incapacità del museo di comunicarglielo. In questi ultimi anni, si è parlato molto di didattica, trascurando però spesso lo spazio dell’opera, la possibile ricostruzione anche in modo visivo del contesto, fondamentale per la comprensione e l’esaltazione delle intrinseche qualità degli oggetti esposti.
Milano: Silvana Editoriale, 2016
Non lo vogliamo chiamare Stato. Eppure, in tutti gli acronimi che abbiamo usato sino ad ora, ISIL, ISIS, IS, la «S» di Stato compare sempre. E compare anche in Da'esh o Da'esh (al-Dawla al-Islamiya fi al-Iraq wa al-Sham), che ora va di moda usare. La «D», in questo caso, sta per dawla, che traduciamo, appunto, Stato; sebbene in modo fuorviante, secondo alcuni studiosi 1 . A quanto pare, in arabo, il termine «da'esh» non ha alcun significato, ma il suono è simile ad altre parole di cui una, oltre ai significati già segnalati 2 , nella forma plurale "daw'aish" significherebbe "bigotti che impongono agli altri il proprio punto di vista" 3 . Insomma, questa parola priva di reale senso potrebbe essere usata come presa in giro o insulto; tanto che, secondo alcune fonti, gli uomini del Califfato avrebbero minacciato di «tagliare la lingua di chiunque, in pubblico, usi l'acronimo Da'esh» 4 . Dunque, visto che i tagliagole taglialingua del sedicente califfato detestano quell'appellativo, numerosi Paesi arabi e tutto l'Occidente hanno deciso di farne uso, i presidenti Hollande e Obama in primis.
CoSMo. Comparative Studies in Modernism, 2022
This article discusses the notion of space as it relates to the condition of women in history, society, culture, and literature. The concept of space has been widely used by 20th-century feminist theorists as a key metaphor to warn against the marginalization of women from cultural and power discourses. Alternatively, through the idea of a “politics of location”, spatial metaphors were used to highlight the diverse contexts and perspectives pertaining to each individual woman, which must be taken into consideration in contemporary multicultural feminist debates. This article aims at exploring how the notion of space was reframed by Italian scholar Daniela Brogi in her recently published essay “Lo spazio delle donne” (2022), which precisely revolves around the metaphor of space, and which represents a multifocal take on the condition of women in Italian culture and society and proposes new ways to deconstruct widespread patriarchal logics, as well as new lenses to look at women’s experiences with a view to encouraging opportunities for intercultural growth.
Propongo di osservare come la rimediazione possa realizzarsi in un testo letterario, in una prospettiva che non sarebbe genealogica (come quella di Bolter e Grusin) ma poetica.
(U)Topia: il noi e uno spazio rinnovato che-fare.com/utopia-uno-spazio-rinnovato/ Pochi giorni fa, qui a Matera, Massimo Cacciari ha parlato, in una lezione molto accademica di fronte ad un vasto pubblico (sempre più attratto dalla sua dimensione intellettualnazionalpopolare), del Tramonto dell'Utopia. Dopo aver preso in esame da Thomas More, Tommaso Campanella, Francis Bacon fino ad arrivare allo scontro fra la concretezza antiutopica delle correnti marxiste e l'eredità del pensiero di Max Weber ed Ernst Bloch del pensiero del '900, ha in qualche modo dichiarato la fine di quel progetto. A 500 anni dalla scrittura del testo iconico di More, l'utopia come strumento cruciale nell'immaginarsi prima, nel costruire poi lo stato moderno, non esiste più. E con esso è venuto a mancare, a detta di Cacciari, l'impianto che immaginava la politica moderna e le sue infrastrutture. E, aggiungo io, è forse venuta meno la stessa categoria dello stato moderno. Un altro funerale è stato in qualche modo celebrato e si è spezzata una tradizione di relazione fra classe intellettuale e stato. Le scienze umane hanno bisogno di nuovi strumenti per nuove categorie (al di là di una crisi che colpisce noi tutti, in particolare quella filosofia al centro di un dibattito anche in queste pagine – vedasi Elisa Caldarola e Federico Bonaccini). Il topos, il luogo, non è più abitato da un pensiero intellettuale (e quindi culturale), che lo accompagni nelle sue forme, che si prenda cura degli spazi che abita. È un topos di dimensione europea, violentemente scosso dal Brexit britannico, in un processo nel quale abbiamo completamente dimenticato che è proprio quella visione (che chiamavamo utopia) che ci ha reso europei, al centro di un dibattito in cui tutti eravamo coinvolti (dall'Inghilterra al sud Europa), proprio per la capacità delle nostre reti di immaginare lo spazio che abitavamo. Oggi pretendere che alla base della Comunità Europea sia da anteporre il discorso economico, significa scordarsi che quella economia era (e non è più) fondata su di una concezione di spazio specifico, lo stato, che è venuto a mancare. Nostra responsabilità ora è quella di ri-immaginarci in una relazione fra luoghi e il noi, non solo per la nostra sopravvivenza, ma anche come senso di responsabilità verso la comunità nostra e quella mondiale. Come diceva bene pochi giorni fa Franco Farinelli, il Brexit ha rivelato la forza di una globalizzazione immaginata ancora secondo il vecchio armamentario culturale che viene dalla modernità, dallo stato moderno centralizzato: quello che serve ora, per andare oltre la frammentazione di un mondo ancora cartografico (dove la sinistra e destra, l'alto e il basso non esistono più), è un massiccio investimento in nuovo pensiero, per ricostruire la relazione con i luoghi, in una dimensione oltre, che rifletta la sua globalità vera intesa come sferica.
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Materiali per una storia della cultura giuridica, n. 2, a. LII, 2022
Collana Gli Strumenti, 2022
«il verri», n. 52, pp. 178-182 ], 2013
Alessandro Anselmi Frammenti di futuro, 2013
Cambio. Rivista sulle Trasformazioni Sociali
ArcHistoR, V, 9, 2018