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2020, Rivista di Terra di Lavoro
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Lo stemma della città di Aversa è, tradizionalmente, costituito da un gallo basilisco, figura mitologica che fonde le fattezze del gallo a quelle di un serpente. Pur essendo ignota l'origine di tale emblema, esso ha una storia plurisecolare, nel corso della quale le sue caratteristiche sono mutate più volte e le sue forme esteriori hanno subito una lunga evoluzione, che continua ancora oggi. Attraverso lo studio dei documenti d'epoca e la ricerca su oggetti inediti se ne è ricostruita una linea di sviluppo attraverso sei secoli, mettendo in evidenza le fonti normative e le fogge estetiche in relazione ai diversi periodi storici. The coat of arms of the city of Aversa is traditionally made up of a basilisk rooster, a mythological figure that blends the features of the rooster and those of a snake. Although the origin of this emblem is unknown, it has a centuries-old history, during which its characteristics have changed several times and its external forms have undergone a long evolution, which continues today. Through the study of period documents and research on unpublished objects, a line of development has been reconstructed over the centuries, highlighting the normative sources and aesthetic shapes in relation to the different historical periods.
Il Capitale Culturale. Studies on the value of cultural heritage, 2021
Il contributo ricostruisce un episodio poco noto alla storiografia del design, sul quale un’indagine condotta tramite fonti primarie può gettare nuova luce. Se la manifestazione Volterra ’73 è nota nella storia dell’arte come uno dei tentativi più riusciti di decentramento culturale e progettazione “dal basso”, meno indagata è invece l’iniziativa parallela che coinvolgeva due gruppi di designer impegnati nella rivitalizzazione di un settore economico, quello dell’alabastro, essenziale alla cittadina toscana e al tessuto sociale ad esso connesso. Per restituire a questo episodio un posto nella storia del design sono stati consultati ed esaminati documenti originali dall’archivio di Gabriele Devecchi e di Lorenzo Forges Davanzati e raccolte testimonianze dirette dei protagonisti resisi disponibili (Davide Boriani, Carlo Bimbi e Corinna Morandi) i quali hanno riportato versioni dei fatti convergenti e contrastanti allo stesso tempo, mettendo in luce la necessità di svolgere un’interpretazione critica dei materiali succitati. The present contribution aims at reviewing a less known episode in history of design by investigating the primary sources available. The cultural initiative Volterra ’73 is acknowledged in the history of art as a one of the most succesfull attempts to the cultural decentralisation and bottom up processes. Less investigated is instead the parallel involvement of two designers’ groups challenging the rigeneration of the alabaster economic sector, essential to the tuscan town and its social fabric. In order to give back this episode to history of design we examined some original documents from the Archivio Gabriele Devecchi and the non-offical archive of Lorenzo Forges Davanzati, and collected some oral testimonies from the available protagonists (Davide Boriani, Carlo Bimbi and Corinna Morandi), who told sometimes converging and some others diverging stories. For this reason a critical interpretation of the sources above mentioned was required in order to put in order the events.
Rivista del Collegio Araldico dicembre, 2021
L'elaborazione del presente articolo è stata possibile grazie alla consultazione del materiale archivistico conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio araldico, serie Fascicoli araldici dei reggimenti e di enti vari, busta 2E, fascicolo 5138, 1° reggimento cavalleria blindata Nizza. DELLO STEMMA DI "NIZZA CAVALLERIA" ABSTRACT L'articolo, che si basa sull'esame di documentazione conservata presso l'Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, prendendo ad esempio quanto fatto all'epoca per il Reggimento "Nizza Cavalleria" illustra la procedura amministrativa seguita nei primi anni del '900 da tutti i reggimenti dell'Arma di Cavalleria per ottenere il riconoscimento o la concessione di uno stemma araldico. The article, based on the examination of documentation kept at the Heraldic Office of the Presidency of the Council of Ministers, taking as an example what was done at the time for the "Nizza Cavalleria" Regiment, illustrates the administrative procedure followed in the early years of 1900 by all the Cavalry Regiments to obtain the recognition or the granting of a heraldic coat of arms.
"Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie dell'Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena", serie VIII, vol. XV, fasc. I (2012), pp. 187-203, 2012
IT: Aspetti araldici, oltre che storici e figurativi, fanno di un inedito stemma estense ora identificato come del duca Cesare, dipinto ad olio su tela ovale (presso l’Istituto G. Ronchi di Monteombraro di Zocca), una testimonianza fra le più interessanti espresse dalla corte estense nei suoi primi anni modenesi. Dalla lettura degli elementi araldici, infatti, lo stemma avrebbe come termini ante quem il 1615 e post quem il 1605, se non il 1604, data in relazione al conferimento a Cesare del Toson d’oro da parte di Filippo III di Spagna. Tale è la sua qualità che se ne ipotizza una committenza ducale, come ovale da collocarsi a soffitto, magari entro cornice a stucco. Non si esclude un legame con i lavori di riqualificazione del Castello estense di quegli stessi anni, che vedevano tra i protagonisti Ercole dell’Abate, noto maestro della tarda Maniera locale. Pur senza addentrarsi in un’attribuzione ad personam, lo stemma appare saggio eloquente del clima del tardo manierismo modenese, come indicano anche i dati di stile della “cornice” di putti che lo racchiude. __________________________________________________________________________________________ EN: Heraldic elements, as well as historical and figurative ones, helped to identify a previously unknown blazon as belonging to the Duke Ce-sare. An oil painting on an oval canvas (held at the G. Ronchi institute of Monteombraro, Zocca), it constitutes one of the most interesting testimonies expressed by the d'Este court in its early years in Modena. In fact, from a reading of the heraldic elements, the ante quem term of the blazon appears to be 1615 and the post quem 1605, if not indeed 1604, date which refers to the conferral to Cesare of the Golden Fleece by Philip III of Spain. Its quality is such that a ducal commissioning may be hypothesised, as an oval to be set into the ceiling , perhaps in a stucco cornice. Links cannot be excluded with the renovation works of the d'Este Castle in those same years, in which works were carried out by figures such as Ercole dell'Abate, a well-known maestro of the local late Mannerist style. But even without attempting to attribute the work to a specific figure, the blazon appears to be an eloquent representation of late Modenese Mannerism, as also shown by the style of the 'cornice' of putti which surrounds it.
Firenze verso il 1693 2 , comprende circa 150 stemmi dello "Stato di Firenze" (una due unità in cui era diviso il Granducato di Toscana): ma si tratta di un testo disordinato e lacunoso, al confronto del quale lo stemmario dello "Stato di Siena" è più vecchio e completo, poiché comprende, con solo 5 eccezioni, tutti gli stemmi delle comunità e un centinaio di stemmi di centri minori ("comunelli").
Istituto di Studi Atellani, Frattamaggiore, Naples, 2002
2021
L'interesse per la tematica è frutto di una riflessione che parte dalla contemporaneità, quindi dalla pandemia di Covid-19 provocata del coronavirus comparso per la prima volta nei mesi conclusivi del 2019 e denominato SARS-CoV-2. Questi ha stimolato interesse negli ambienti accademici per aprire a riflessioni sull'impatto delle epidemie sul tessuto economico, sociale e demografico. Francesco Senatore, ordinario di storia medievale presso l'Università di Napoli Federico II, decide, nell'anno accademico 2020-2021, di intitolare il suo corso Demografia e istituzioni statuali e comunitarie: studi di caso sul nesso popolazione/struttura/crisi epidemica ponendo l'attenzione principalmente su quattro ambiti di ricerca: 'l'impatto della peste del 1348-50 sulla struttura demografica della popolazione europea', 'i villaggi abbandonati', 'fonti e studi per la storia demografica del Mezzogiorno d'Italia fra XIII e XVI secolo' e 'il rapporto tra la peste del 1478-80 e il sistema fiscale aragonese'. Il qui presente elaborato rientra nell'ambito del 'villaggio abbandonato', cioè di quella fenomenologia caratteristica soprattutto di età medievale a partire dalle complesse e articolate dinamiche - una volta si sarebbero definite di crisi - del XIV secolo.
IX Ciclo di Studi Medievali, Atti del Convegno, 2023
La presenza dei Normanni, con a capo Rainulfo Drengot, in Italia Meridionale trovò una prima legittimazione con la fondazione della città di Aversa, sorta nella vasta campagna della Liburia, dove era l’antico casale di Sanctum Paulum at Averze. L’attenta politica interna di Rainulfo, il controllo strategico del territorio, ma, soprattutto, i rinsaldati rapporti con la chiesa aversana consentirono l’ascesa fulminea della città. L’importanza attribuita dai normanni al clero locale non fu meramente simbolica, ma tangibile e concreta, sottolineata dalla presenza, al centro dell’impianto urbano, della cattedrale, alla cui costruzione concorsero con lauti finanziamenti lo stesso Rainulfo ed i suoi successori. L’edificio che si conserva è il risultato di molti e continui rimaneggiamenti, svolti lungo tutto il corso dei secoli; ad oggi, la fase costruttiva relativa all’originaria fondazione risulta ancora poco indagata. Una fase scarsamente studiata, la cui analisi potrebbe mettere in luce una tra le più importanti funzioni della Cattedrale, quella cioè di luogo deputato all’ accoglienza dei pellegrini di passaggio dalla vicina Capua, meta della via Francigena. Lo studio che qui si propone approfondisce questo aspetto della Cattedrale di Aversa, dimostrando la volontà politica dei normanni di controllare il flusso e gli spostamenti dei pellegrini e analizzando, al contempo, l’apparato scultoreo normanno giunto fino a noi, funzionale al messaggio politico che i normanni intendevano affermare.
atti della Società Italiana di Studi Araldici (S.I.S.A.), Roma, 2006
All'inizio del XX secolo il nobile urbinate Luigi Nardini, profondo conoscitore delle vicende storiche urbinati e direttore della Biblioteca Universitaria di Urbino, ha redatto un'interessante stemmario delle famiglie nobili urbinati e di altre famiglie nobili la cui storia è legata alla città ed all'antico ducato di Urbino, devoluto nel 1631 alla Santa Sede con la morte dell'ultimo duca Francesco Maria II. Questo stemmario, inedito, viene ora pubblicato. Lo stemmario compilato su carta pergamena ha le dimensioni di circa 27x20 cm ed è completamente manoscritto dall'autore e viene, in questa sede, riportato nella sua interezza. Alcuni degli stemmi riportati sono appena accennati a matita, mentre la maggior parte sono disegnati a china con i nomi delle rispettive famiglie di appartenenza. Attualmente il manoscritto è conservato presso il fondo storico locale della Biblioteca dell'Università degli Studi di Urbino al n. UNIV 165 di inventario e si trova in un cattivo stato di conservazione. Una parte del manoscritto riguarda gli stemmi dei comuni dei Circondari di Urbino e di Pesaro. Questa seconda parte non viene qui pubblicata. La pubblicazione di questo stemmario mi permette di fare alcune brevi considerazioni sulla nobiltà di una città storicamente importante come Urbino, in cui il ceto nobile, ed in particolare alcune famiglie come i Principi Albani, hanno dato nel corso dei secoli cardinali e pontefici alla Chiesa Cattolica. In Urbino come nel resto delle province dello Stato della Chiesa, la nobiltà rappresentava la classe dirigente a livello locale e attraverso il possesso della proprietà fondiaria e l'occupazione delle funzioni pubbliche esercitava il potere sulle città stesse e sul contado. La suddivisione in "città", ed in ceti all'interno delle città stesse, e in "terre" nell'epoca prenapoleonica comportava una netta suddivisione tra le classi nobiliari e la restante popolazione. Mentre alle città, cioè quegli agglomerati urbani formalmente insigniti dal potere pontificio di tale dignità, era consentita una organizzazione gerarchica con una netta verticalizzazione e suddivisione in ceti o gradi, le "terre" erano infeudate dalle famiglie che formalmente dovevano risiedere nelle città ed essere ascritte al relativo grado. La nobiltà era quindi una nobiltà civica. I nobili costruivano con i proventi delle rendite delle terre i loro palazzi all'interno delle città e attraverso una netta chiusura di ceto ne controllavano l'amministrazione civile e religiosa. Anche in Urbino, le cariche di maggior importanza erano il Gonfalonierato e le cariche di Priori, che venivano di solito assegnate per estrazione tra i membri delle famiglie nobili. Un Consiglio Generale, in Urbino formato di 40 individui di estrazione in maggioranza nobiliare, amministrava le operazioni di ammissione o esclusione nei relativi ceti, curava le operazioni di sorteggio dei Priori e del Gonfaloniere. Ogni "città" era organizzata secondo una complicata gerarchia conseguenza di antiche usanze che distingueva i ceti l'uno dall'altro. Il legame al potere centrale era basato su rapporti
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Confronto. Studi e ricerche di storia dell’arte, 2023
Agorà, periodico di cultura siciliana, 2018
«Primalpe», n. 11, febbraio 1984
«Strenna Storica Bolognese», Anno LXXI (2021), 2021
Quaderni Brembani, 2022
Giuseppe Guadagno
Rivista di Terra di Lavoro, Anno XIII, n° 2, 2018
Revista De L Alguer, 2010
Fiume. Rivista di studi adriatici, n. 1- 6, 2017
Construir para Perdurar (XLVII Semana de Estellla), 2021
Venezia nel tempo di Corrado Balistreri e Dario Zanverdiani, 2013