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Dorotea Bocchi. Di donne, università medievali e internet

2020, Storicamente

Abstract

The article deconstructs the myth of Dorotea Bocchi, still considered the first female professor of medicine and/or philosophy at the University of Bologna in the fifteenth century. The narration of this myth is part of a series of biographies of women, created from the early modern age to give prestige to families, institutions or cities. Although historiography has dismantled the link women-medieval universities, the idea of an extraordinary precedent still finds credit in the historical disclosure and in the historiography of women and the sciences.

Key takeaways

  • Se l'università nel suo insieme è "un mondo senza donne", erede di pregiudizi misogini dell'antichità e della serrata in senso maschile delle istituzioni ecclesiastiche, che portò alla progressiva creazione di un mondo etimologicamente omo-sessuale (Noble 1992), ancor più lontane le donne erano da quel doctoratus che, nel medioevo universitario, era titolo e ufficio virile a tal punto da quasi giustificarsi in sé: Bartolo da Sassoferrato, nel commento al Digesto, sostiene che i collegia siano aperti a maschi e femmine, eccetto che se la loro natura ripugnasse allo status femminile; e il collegio dei doctores è tra essi: «eis docendi et iudicandi officium interdictum est» 1 .
  • Tra Sei e Settecento l'erudizione bolognese proseguì a fornire, per la vicenda di Dorotea, datazioni risalenti, che, come si è detto, mal si ac-cordano con le vicende biografiche del padre: il caso più rilevante si trova nella Bologna perlustrata di Antonio Masini, che, in un elenco delle donne che avrebbero lustrato con la loro dottrina e il loro insegnamento lo Studio cittadino, cita anche Dorotea, ancora una volta indicata come docente di filosofia ed erede della scuola paterna, ma datando il suo esordio in cattedra al 1350 (Masini 1650, 508): un errore, in questo caso, macroscopico, poiché del tutto incoerente con la biografia di Giovanni, che a quella data non era probabilmente nemmeno nato.
  • Anche nel campo della storia delle donne e della storia di genere, Dorotea resta talvolta citata come esempio eccezionale: nel 1980 è inclusa in un saggio compreso in un'importante miscellanea per gli studi di storia delle donne (Ferrante 1980) -ancora vi si legge che ella fu docente di filosofia morale e medicina -, che, pure informato delle posizioni storiografiche su Trotula, riporta la notizia su Dorotea traendola dal Repertorio di Mazzetti (ivi,18), e quelle su Costanza Calenda (su cui si tornerà) e su Alessandra Giliani da Muriel Joy Hughes (Hughes 1943, 62 e 74), che invece non cita Dorotea.
  • A riprova del continuo fascino che scaturisce dall'idea della docenza universitaria di una donna di età medievale, Dorotea compare anche recentemente in articoli online di divulgazione storica, in cui l'eccezionalità del suo caso e di quello di alcuni altri personaggi femminili è sottolineato anche in rapporto all'esclusione delle donne dal mondo universitario medievale, ma senza che per questo sia almeno posto il dubbio che, di conseguenza, la notizia potrebbe non essere vera, o per lo meno che non vi siano prove certe: così ad esempio in un articolo della primavera 2019 su Conoscere la storia 21 e, ancora più recentemente, in una pagina pubblicata in occasione del Festival del Medioevo di Gubbio del 2019 22 , in cui la notizia assume coloriture letterarie, nel paragone con Ipazia (proponendo peraltro il 1436 come data di morte, nonostante correttamente si riconosca in Serdonati la fonte biografica).
  • Certo, il caso di Dorotea Bocchi è un minuscolo granello di sabbia, e si può sostenere con una certa tranquillità che, anche valutando la consistenza leggendaria della sua vicenda, non sappiamo di più né di storia delle università, né di storia delle donne, né, tantomeno, di storia della medicina.