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Conflitti e politica

Sul conflitto: Machiavelli e Hobbes a confronto Per Machiavelli non vi è politica senza conflitto. Dunque, non c'è politica senza guerra. Anzi, la politica nasce proprio come emergenza sulla guerra, che però rimane viva dentro di essa, potendo riprendere in ogni momento il sopravvento. La guerra, il conflitto, non sono, come in Hobbes, equivalenti del caos, del disordine. Da una parte, la guerra è una forma del conflitto; dall'altra, ogni forma di conflitto (sia essa la guerra etc.) non è né costruttiva né distruttiva: contiene potenzialità ambivalenti verso la "generazione" e verso la "corruzione". Per queste ragioni, Machiavelli non pensa all'ordine politico come neutralizzazione del conflitto, ma come suo ordinamento. Nei brevi passaggi dei capitoli quarto e trentasettesimo del primo libro dei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1531) si legge: "[…] ogni città debbe avere i suoi modi con i quali il popolo possa sfogare l'ambizione sua, e massime quelle città che nelle cose importanti si vogliono valere del popolo: intra le quali, la città di Roma aveva questo modo, che, quando il popolo voleva ottenere una legge, o e' faceva alcuna delle predette cose [tumulti], o e' non voleva dare il nome per andare alla guerra, tanto che a placarlo bisognava in qualche parte sodisfarli. E i desiderii de' popoli liberi rade volte sono perniziosi alla libertà, perché e' nascono, o da essere oppressi, o da suspizione di avere ad essi oppressi". L'universalità del conflitto è quello che conta nell'universo machiavelliano e su questa universalità si disegnano i profili dei corpi politici, che, di volta in volta, incorporano il conflitto per accrescere la propria vitalità. La guerra in tutte le sue forme-compresa la guerra civile-diventa un momento legittimo della lotta politica. Per riprendere il confronto con Hobbes, se in questi la politica è cessazione della guerra, in Machiavelli politica e guerra convivono in un intreccio strutturale, indissolubile. Lo storico della fine del Quattrocento giunge a impostare in questo modo il rapporto guerra-politica perché mette in questione proprio quella posizione teorica che si affermerà più tardi con Hobbes, nella nozione moderna di sovranità e legittimità come esercizio di una potestas absoluta. La disponibilità alla guerra, per Machiavelli, è l'unico modo