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2018, "Ricerche di storia dell’arte", n. 125 ("Lettere di artista. Corrispondenze tra Roma e l’Europa dall’età dei Lumi alla Restaurazione"), Carocci Ed.
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Riflessioni in margine alla schedatura di 1500 lettere di artisti anglosassoni e tedeschi attivi a Roma tra il 1750 e il 1825, finalizzata al censimento delle corrispondenze d’artista da e per Roma nell’ambito del progetto di ricerca 'Lettres d’artiste'.
DOAJ (DOAJ: Directory of Open Access Journals), 2015
I pittori dell’accademia: tra studio e autopromozione, in L’Accademia di Belle Arti di Venezia. Il Settecento, a cura di G. Pavanello, Crocetta del Montello 2015, vol. I, pp. 78-114, 2015
Il saggio è comparso in: Lo spazio tra prosa e lirica nella letteratura italiana. Studi in onore di Matilde Dillon Wanke, a cura di Luca Bani e Marco Sirtori, Bergamo, Lubrina, 2015, pp. 295-304
le arti nella lombardia asburgica scalpendi editore le arti nella lombardia asburgica durante il settecento Il volume, pensato quale omaggio a Simonetta Coppa da parte di studiosi e amici, raccoglie gli atti del convegno dedicato alle arti nella Lombardia asburgica durante il Settecento, svoltosi nel giugno del 2014 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la Pinacoteca di Brera. Quelle giornate di studio sono state un momento di riflessione artistica e storiografica su un'epoca che, dopo la rassegna milanese in Palazzo Reale del 1991, non ha avuto altre occasioni di indagine complessiva. Come quell'iniziativa, servita a puntare i riflettori della critica su fatti della storia dell'arte italiana fino a quel momento considerati di second'ordine, il convegno ha fatto emergere la complessità di un secolo difficile da inquadrare entro schemi univoci e definiti, aprendo anche a nuove sollecitazioni e a inesplorate direttrici di ricerca. Mancano numerosi tasselli per arrivare alla comprensione di un secolo così sfaccettato e multiforme, ma questo volume rappresenta un passo avanti nella conoscenza, grazie ai suoi contributi dedicati a episodi inediti o non abbastanza indagati, ad aggiornamenti di catalogo, a riletture critiche e a inediti affondi storiografici. Accanto a esperienze di punta, si è rivolto lo sguardo anche a episodi non di primissimo piano, nella convinzione che, mai come per il Settecento lombardo, una critica troppo selettiva, disallineata rispetto al metro di giudizio del momento, rischi di perdere di vista elementi essenziali per una ricostruzione il più possibile filologica. 30,00€ durante il settecento le arti nella lombardia asburgica durante il settecento novità e aperture Atti del convegno di studi Milano,
«ACCIÒ CHE ’L NOSTRO DIRE SIA BEN CHIARO» SCRITTI PER NICOLETTA MARASCHIO, 2016
La Piazza delle Lingue 2014 è stata realizzata con i fondi dell'Accademia e con il contributo dell'Associazione degli Amici dell'Accademia della Crusca, utilizzato per la stampa degli Atti. I contributi pubblicati in questo volume sono stati sottoposti a procedura di valutazione anonima affidata a specialisti scelti tra i membri dell'Accademia della Crusca. Stampato in Italia Tutti i diritti riservati Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso o con qualsiasi mezzo effettuati, compresa la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta dell'Editore. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.
Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nel dicembre 2014 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG) isbn 978-88-430-7432-7 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Volume pubblicato con il contributo della Commissione delle pubblicazioni della Facoltà di Lettere dell'Università di Losanna.
Corrispondenze: giardino, poesia e pittura, dall'Inghilterra a Padova La letteratura critica su Melchiorre Cesarotti annovera giustamente molti interventi sulla sua attività di traduttore: allo stesso tempo, tuttavia, è dal suo tradurre che si illuminano aspetti del gusto estetico destinati a influenzarne la nozione di giardino. A partire dal saggio di Michele Mari, "Appunti sulla voga ossianica in Europa" 1 (1994), sino ai due tomi collettanei dedicati al nostro e curati da Gennaro Barbarisi e Giulio Carnazzi (2002), dove spicca il bel saggio di Gianni Venturi su "La selva di Giano:
Per gli aborigeni australiani, la loro terra era tutta segnata da un intrecciarsi di «Vie dei Canti» o «Piste del Sogno», un labirinto di percorsi visibili soltanto ai loro occhi: erano quelle le «Impronte degli Antenati» o la «Via della Legge». Dietro questo fenomeno, che apparve subito enigmatico agli antropologi occidentali, si cela una vera metafisica del nomadismo. Questo ultimo libro di Bruce Chatwin, subito accolto con entusiasmo di critica e lettori quando è apparso, nel 1987, potrebbe essere descritto anch'esso come una «Via dei Canti»: romanzo, viaggio, indagine sulle cose ultime. È un romanzo, in quanto racconta incontri e avventure picaresche nel profondo dell'Australia. Ed è un percorso di idee, una musica di idee che muove tutta da un interrogativo: perché l'uomo, fin dalle origini, ha sentito un impulso irresistibile a spostarsi, a migrare? E poi: perché i popoli nomadi tendono a considerare il mondo come perfetto, mentre i sedentari tentano incessantemente di mutarlo? Per provare a rispondere a queste domande occorre smuovere ogni angolo dei nostri pensieri. Chatwin è riuscito a farlo, attirandoci in una narrazione risata di scherno del kookaburra. Scrutava l'orizzonte: nient'altro che eucalipti. Si aggirava impettito tra le mandrie: niente neppure là. Poi, fuori dalle baracche, trovava camicie e cappelli e gli stivali che sbucavano dai pantaloni... Al bar, Arkady ordinò due cappuccini. Ci sedemmo a un tavolo vicino alla vetrina, e lui cominciò a parlare. La rapidità della sua mente mi affascinava, anche se ogni tanto lui mi sembrava un oratore sul palco e le sue parole cose in gran parte già dette. La filosofia degli aborigeni era legata alla terra. Era la terra che dava vita all'uomo; gli dava il nutrimento, il linguaggio e l'intelligenza, e quando lui moriva se lo riprendeva. La «patria» di un uomo, foss'anche una desolata distesa di spinifex, era un'icona sacra che non doveva essere sfregiata. «Sfregiata da strade, miniere o ferrovie?». · Ferire la terra» mi rispose con grande serietà «è ferire te stesso, e se altri feriscono la terra, feriscono te. Il paese deve rimanere intatto, com'era al Tempo del Sogno, quando gli Antenati col loro canto crearono il mondo». «Rilke ebbe un'intuizione del genere» ribattei. «Anche lui disse che cantare era esistere». «Lo so» disse Arkady appoggiando il mento sulle mani. «Terzo sonetto a Orfeo». Gli aborigeni, proseguì, si muovevano sulla terra con passo leggero; meno prendevano dalla terra, meno dovevano restituirle. Non avevano mai capito perché i missionari vietassero i loro innocui sacrifici. Loro non sacrificavano vittime, né animali né umane: quando volevano ringraziare la terra dei suoi doni, si incidevano semplicemente una vena dell'avambraccio e lasciavano che il sangue impregnasse il terreno. «Non è un prezzo eccessivo» disse. «Le guerre di questo secolo sono il prezzo che paghiamo per aver preso troppo». «Ah, certo» assentii poco convinto. «Ma non potremmo parlare ancora delle Vie dei Canti?». «Altroché». Ero venuto in Australia per imparare da me, non dai libri altrui, che cos'erano le Vie dei Canti, e come funzionavano. Naturalmente non sarei arrivato al nocciolo della questione, né intendevo arrivarci. A Adelaide avevo domandato a un'amica se conosceva un esperto, e lei mi aveva dato il numero di telefono di Arkady. «Ti spiace se uso il mio taccuino?». «Fa' pure». Tirai fuori di tasca un taccuino con la copertina di tela cerata, tenuto chiuso da un elastico. «Bello» commentò. «Li compravo a Parigi, ma adesso non li fanno più». «A Parigi?» ripeté inarcando un sopracciglio, come se fosse la cosa più snob che avesse mai sentito. Poi mi strizzò l'occhio e riprese il discorso. Per afferrare il concetto di Tempo del Sogno, disse, devi considerarlo un equivalente aborigeno dei primi due capitoli della Genesi, con una differenza significativa. Nella Genesi Dio creò per prima cosa gli «esseri viventi», poi con l'argilla plasmò il padre Adamo. Qui in Australia gli Antenati si crearono da sé con l'argilla, migliaia e migliaia, uno per ogni specie totemica. Perciò, quando un aborigeno ti dice: 'Io ho un Sogno Wallaby", intende: Un mio totem è il Wallaby. Sono un membro del clan Wallaby"». «Quindi un Sogno è l'emblema di un clan? Un contrassegno per distinguere "noi" da loro"? Il «nostro" paese dal "loro" paese?». «é molto di più» rispose. Ogni Uomo Wallaby credeva di discendere da un Padre Wallaby universale, antenato di tutti gli altri Uomini Wallaby e di tutti i wallaby del mondo. Perciò i wallaby erano suoi fratelli; uccidere uno di loro per cibarsene era sia fratricidio che cannibalismo. «Eppure» insistetti «l'uomo non era un wallaby più di quanto gli inglesi siano leoni, i russi orsi o gli americani aquile». «Ogni specie» disse «può essere un Sogno. Anche un virus: ci può essere un Sogno varicella, un Sogno pioggia, un Sogno arancio del deserto, un Sogno pidocchio. Nel Kimberley adesso hanno un Sogno denaro». «E i gallesi hanno i porri, gli scozzesi i cardi e Dafne fu tramutata in un alloro». «Sempre la stessa storia» disse. Riprese la spiegazione: si credeva che ogni antenato totemico, nel suo viaggio per tutto il paese, avesse sparso sulle proprie orme una scia di parole e di note musicali, e che queste Piste del Sogno fossero rimaste sulla terra come'vie'di comunicazione fra le tribù più lontane. <Un canto» disse «faceva contemporaneamente da mappa e da antenna. A patto di conoscerlo, sapevi sempre trovare la strada». «E un uomo in walkabout si spostava seguendo sempre una Via del Canto?». «Ai vecchi tempi sì» assenti. «Oggi viaggia in treno o in automobile». «E se l'uomo deviava dalla sua Via?». «Sconfinava. La trasgressione poteva costargli un colpo di lancia». «E finché restava sulla pista, invece, trovava sem-pre persone con il suo stesso Sogno? Che erano, di fatto, suoi fratelli?». «Sì» Dai quali poteva aspettarsi ospitalità?». E viceversa». · Perciò il canto è una specie di passaporto e insieme di buono-pasto?». «Anche qui è più complicato». L'Australia intera poteva, almeno in teoria, essere letta come uno spartito. Non c'era roccia o ruscello, si può dire, che non fosse stato cantato o che non potesse essere cantato. Forse il modo migliore di capire le Vie dei Canti era di pensare a un piatto di spaghetti ciascuno dei quali è un verso di tante Iliadi e Odissee -un intrico di percorsi dove ogni «episodio» è leggibile in termini geologici. «Con "episodio" intendi luogo sacro?» gli domandai. «Esatto». «Luoghi come quelli di cui stai facendo la mappa per la ferrovia?». «Mettiamola così» rispose. «Ovunque nel bwh puoi indicare un elemento del paesaggio e domandare all'aborigeno che è con te: "Che
ABAV 2018 Annuario Accademia di Belle Arti di Venezia. Pittura “oggi”. Da Emilio Vedova alle ultime tendenze, a cura di A. G. Cassani.
The author traces analytical reconstruction of the attendance at the Academy of Fine Arts of Venice, characterizing the teaching of Painting through the relationship teacher/learner, especially in the various declinations that gave rise to important initiatives and several exhibitions inside and outside the Institution, highlighting such developments over the years. Chronologically it is concentrated in a timespan between the end of the Eighties and the first decade of the new millennium, in which the greatest turnover in the positions of the same teaching has been observed.
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Storie da un Archivio: frequentazioni, vicende e ricerche negli archivi camerinesi, 2006
«Studi Secenteschi», 2020
"I Ligari. Disegni dalle collezioni private", a cura di A. Dell'Oca e G. Angelini, Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, Sondrio 2008, pp. 10-13., 2008
Milano, Ponte alle Grazie, 2019 (Poesia, 5), pp. 1-72.
I Castelli in epoca malatestiana. Restdenza e difesa in Italia tra Medioevo e Rinacimento. Studi in ricordo di Dino Palloni, 2024
Sfida al Barocco 1680-1750 Roma Torino Parigi , 2020
In «La somma de le cose». Studi in onore di Gianfelice Peron, a cura di A. Andreose, G. Borriero, T. Zanon, con la collaborazione di A. Barbieri, Esedra, Padova, pp. 287-96, 2018
CULTURA, ARTE E COMMITTENZA NELLA BASILICA DI S. ANTONIO DI PADOVA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO Convegno internazionale di studi, 2020