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Cap.1 L'oggetto gruppo: definizioni 1.Il gruppo: connotazioni semantiche e problematiche Il termine gruppo risulta largamente usato nell'ambito degli scritti e delle riflessioni relative alle scienze psicologiche e sociali; il termine è connotato da una gamma molto ampia di significati, con il conseguente rischio di equivoci. Un ruolo confusivo può derivare anche dall'interpretazione di Sherif e Lewin considerati i padri fondatori di questo concetto. Lewin, sostiene che la prima difficoltà consiste nel distinguere, in termini di continuum teorico, tra piccoli e grandi gruppi e tra dimensioni oggettive e soggettive, facendo riferimento al concetto di unità: "l'analisi della vita del gruppo può essere svolta sulla base di unità più ampie, purtroppo considerare i gruppi come unità non è sufficiente a eliminarne il dilemma fra gli aspetti soggettivi e oggettivi dei campi sociali". Sherif invece sottolinea la similarità tra piccoli e grandi gruppi, fondata sul sentirsi parte di, e il rapporto di circolarità tra i gruppi e gli ambienti socio-culturali di riferimento: "I gruppi siformano ovunque la gente si senta costretta nella stessa barca. Qualora i piccoli gruppi vengano studiati in relazioni ai loro ambienti socioculturali, e questi vengano esaminati in relazione ai gruppi in essi compresi, scomparirà la dicotomia fra ricerche sui piccoli gruppi e ricerche su grandi organizzazioni". Tajfel uno dei padri della psicologia sociale avvertiva l'esigenza di distinguere tra il gruppo sociale e i gruppi face to face, definendo il primo come un'entità cognitiva piena di significato per il oggetto in un particolare momento, distinta dal modo in cui il termine gruppo è usato per denotare una relazione faccia a faccia tra un certo numero di persone.
Mentre nelle organizzazioni statali gli individui sono i soggetti giuridici primari e gli enti sono soggetti giuridici secondari, nelle organizzazioni internazionali sono gli Stati ad essere i soggetti primari e gli individui solo secondari. Oggi la popolazione mondiale (6 mld di persone) sono ripartite tra circa 200 Stati. Agli Stati si affiancano altri soggetti che però hanno una diversa e più limitata capacità giuridica a livello di relazioni internazionali: gli insorti, i movimenti di liberazione nazionale, le organizzazioni internazionali e gli individui.
Il motivo scatenante della guerra è l'assassinio dell'arciduca austriaco Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano di un nazionalista serbo. Un mese più tardi l'Austria -Ungheria attacca la Serbia, ritenuta corresponsabile dell'attacco e che aveva rifiutato le condizioni del loro ultimatum. A questo punto si mette in moto il sistema di alleanze internazionali. Infatti, la Germania si schiera a fianco dell'Austria -Ungheria (Triplice Alleanza), mentre Russia, Francia e Inghilterra (Triplice Intesa) entrano in guerra al fianco della Serbia. Nel novembre del 1914 l'Impero Ottomano (dominio dei Turchi nei territori balcanici, vicino-orientali e nordafricani) entra in guerra come alleato di Austria -Ungheria e Germania, soprattutto per attaccare la Russia e riconquistare le terre dell'area caucasica. Tra il 1915 e il 1917, entreranno in guerra anche Italia, Portogallo, Romania, Grecia e USA, tutti a fianco dell'Intesa, mentre la Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali nel 1915. Ciò che stupisce è che quando scoppia la guerra nell'estate del 1914, tutti i paesi ne sono entusiasti. In molte città la gente scende per strada per festeggiare e alcuni intellettuali, come il poeta Rilke, Marinetti, il giovane Gandhi e Freud, inneggiano alla guerra e al patriottismo. Solo il Partito socialista serbo e il Partito socialdemocratico russo si dichiarano a sfavore. Col passare dei mesi, però, appare chiara la brutalità della guerra con i suoi milioni di morti e feriti. Vengono meno sia l'ideale cavalleresco che l'idea di una guerra lampo e di movimento con rapidi spostamenti di truppe e veloci attacchi di sfondamento. Infatti, gli eserciti contrapposti si equivalgono e nessuno riesce a sfondare le linee avversarie. I combattenti si fronteggiano scavando trincee nel terreno, fosse lunghe per decine e decine di chilometri, articolate e fortificate, attrezzate con gli ultimi ritrovati della tecnica, come il filo spinato, e protette da armi sofisticate come i fucili a ripetizione, le mitragliatrici, le granate e le bombe a mano. Oltre a queste, bisogna aggiungere gli aerei da combattimento e i gas asfissianti. Quest'ultimi furono sperimentati per la prima volta dai tedeschi in Belgio nel 1915. Rapidamente vengono messe a punto le maschere antigas. Provare ad attraversare e sfondare le trincee nemiche porta alla morte sicura. Restare nella propria trincea, invece, significa sfidare topi, pulci, polvere, fango, l'odore della carne in putrefazione e stare in condizioni igieniche impossibili. Per questo, fu necessaria una propaganda ufficiale che motivasse a combattere per la difesa delle proprie famiglie, delle proprie case e della propria nazione. Per stimolare maggiormente i soldati, fu attuata anche la tecnica della degradazione dell'immagine del nemico, come colui che è capace di compiere ogni genere di atrocità e che va disprezzato e annullato. Non si sa, però, se tutte le atrocità denunciate siano state commesse davvero oppure dichiarate per rendere più agitati gli animi, anche se è accertato che i soldati che occupavano i territori stranieri compirono aggressioni e maltrattamenti contro i civili.Tra le conseguenze immediate della guerra, fu stabilito che le donne fossero reclutate come forza lavoro, anche per impieghi che fin ad allora erano riservati agli uomini. Inoltre, i governi assunsero il coordinamento del sistema economico dei loro paesi, dirigendo le ordinazioni, controllando gli afflussi di materie prime e di fonti energetiche e regolando il mercato dei beni alimentari. Dal canto loro, le industrie belliche sono in rapida crescita, portando grandi profitti agli imprenditori
Introduzione al volume dedicato al card. Achille Silvestrini, 2021
Quella di S.E. mons. card. Achille Silvestrini (1923-2019) è figura troppo grande e nota perché io possa presumere di dirne qualcosa di nuovo o di particolarmente interessante di fronte alla competenza o alle testimonianze di vita di chi lo conobbe da vicino, lo frequentò e lo stimò profondamente. Il poco che fisserò sulla pagina qui ha piuttosto il valore di introduzione agli interventi che seguiranno che, come responsabile scientifico della Fondazione La memoria storica di Brisighella "I Naldi gli Spada", ho semplicemente, con l'indispensabile aiuto e consiglio di chi gli fu prossimo, commissionato a coloro che potevano scriverne limitandomi a seguire i vari contributi nel loro farsi e successivamente ad ordinarli e a disporli nel volume che ne verrà secondo un filo dove storia, di cui don Achille (lo chiamerò d'ora in avanti così per comodità e come lui gradiva) fu operoso e sagace tessitore, e felice memoria, che di sé lasciò generosamente, possano fondersi ed intrecciarsi in maniera il più armoniosa possibile. Don Achille Silvestrini è stata una delle segnalate personalità della Chiesa post-conciliare del secondo Novecento, segnatamente nel campo diplomatico, uno dei più convinti interpreti dell'afflato spirituale e sociale sprigionatosi dal Vaticano II 1 e un educatore profondo, sollecito e paterno, come testimonia il suo impegno alla guida di Villa Nazareth. Inutile ripercorrerne qui le innumerevoli tappe del brillante cursus honorum ecclesiastico progressivamente cresciuto dall'entrata, nel dicembre 1953, nella Segreteria di Stato della S. Sede fino a ricoprire, nel 1979, la carica di Segretario della sezione per i Rapporti con gli stati della medesima Segreteria di Stato ma che lo ha visto anche essere arcivescovo titolare della diocesi di Novaliciana, cardinale diacono di S. Benedetto fuori porta S. Paolo, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, gran cancelliere del Pontificio Istituto Orientale, cardinale dell'Ordine dei Presbiteri dal 1988 e tanto altro ancora. Senza contare che la ricchezza del suo percorso curiale ma anche umano lo portò in età ancora giovanile, e dunque in un momento quanto mai aperto ad acquisizioni e ad accrescimenti culturali ed esperienziali, a stretto contatto con personalità come Domenico Tardini e Amleto Giovanni Cicognani, entrambi Segretari di Stato negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, prima della successiva, stretta collaborazione con una personalità del calibro di Agostino Casaroli. *Si avvertono gli autori che i contributi presenti in questo volume sono stati adeguati dal curatore secondo criteri di uniformità e sobrietà redazionali. 1 Mi permetto, in quest'unica nota bibliografica, di ricordare l'importante volume a lui dedicato alcuni anni fa da eminenti personalità del mondo della cultura e della Chiesa:
Le pagine di questo lavoro hanno poche pretese. Esse vogliono essere un reportage sintetico sul problema dei rifiuti e della tutela ambientale nel Molise. Si riportano dati e fatti pubblici, quindi, nulla di nuovo ma un solo scopo: informare. Molti degli atti sono il frutto di articoli di stampa e di un lavoro di gruppo sia della Commissione Regionale Anticorruzione, sia del Comitato di Difesa della Salute Pubblica, sia dell'Associazione Mamme per la Salute di Venafro. Il libro si rivolge principalmente ai cittadini e si articola in tre parti. La prima, affronta ed approfondisce il quadro generale dei rifiuti pericolosi in Italia e in Molise. La seconda fa una analisi dettagliata di tutte le operazioni di polizia e della magistratura sul fenomeno. La terza riporta oggettivamente chi all'epoca delle dichiarazioni di Schiavone ricopriva incarichi istituzionali e politici in Italia ed in Molise. La parte conclusiva fa il punto della situazione e fissa alcuni principi fondamentali per uscire da questo "inferno". Per rispondere meglio alle esigenze del lettore, il lavoro è fondato su un principio nel quale crediamo fermamente: "massimo di informazioni possibili con minimo dispendio verbale". Ai lettori il compito di giudicare fin dove saranno attuate le nostre aspettative. Portocannone, 6 gennaio 2014 Vincenzo Musacchio INDICE INTRODUZIONE LE INDAGINI SUI RIFIUTI TOSSICI IN MOLISE NOMI FATTI E RESPONSABILITA' POLITICHE CONCLUSIONI E PROPOSTE INTRODUZIONE Il nostro Paese, ancora oggi può essere annoverato tra le grandi potenze industrializzate, ed in quanto tale, produce giocoforza ingenti quantità di rifiuti pericolosi. Per questo motivo, è allo stesso tempo vittima e artefice dei traffici di rifiuti tossici, realizzati attraverso la terra e il mare. L'industria italiana in genere, risparmia enormi quantità di denaro disfacendosi di rifiuti altamente nocivi smaltendoli in maniera illegale. Su questi crimini, ovviamente, lucra la criminalità organizzata. Tenuto conto che si tratta di traffici illegali, è impossibile avere una quantificazione esatta del giro d'affari. È tuttavia possibile avere un'idea dai dati che riguardano la quantità di rifiuti speciali (categoria di cui fanno parte anche quelli tossici e pericolosi) prodotti in Italia. I dati del 2010 indicano oltre 138 milioni di tonnellate di rifiuti speciali prodotti, di cui oltre 7 milioni di rifiuti pericolosi. Poco più di 100 milioni di tonnellate sono quelli smaltiti legalmente. Mancano quindi all'appello ogni anno circa 38 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. È altamente probabile, quindi, che una parte consistente di questi rifiuti (quelli pericolosi) finisca sottoterra o negli abissi marini (Fonte: Rapporto Ecomafie di Legambiente). I riscontri oggettivi sui dati appena forniti al lettore, sono suffragati da documenti ufficiali delle varie Commissioni parlamentari e delle diverse Procure e Tribunali italiani che hanno indagato su questi fatti criminosi. Nella relazione finale della Commissione Parlamentare sui Rifiuti (2001), ad esempio, emerse uno scenario a dir poco apocalittico. Oltre alla distruzione del territorio, anche la costa italiana è fortemente pregiudicata. I mari italiani sono attraversati da navi, spesso vere e proprie carrette del mare, che trasportano di tutto, assoggettate a controlli spesso casuali e inconsistenti. L'affondamento a largo delle coste italiane di almeno 39 navi (le cosiddette "navi a perdere") è ormai una certezza. Si tratta di fatti attendibili suffragati sia da indagini giudiziarie che da accertamenti effettuati dai Lloyds di Londra (cfr. Atti Commissione Parlamentare sui rifiuti, Roma 2001). E' di questi giorni la notizia che le armi chimiche di Assad (Siria) saranno stoccate e distrutte nel nostro Mediterraneo. I nomi delle navi dei veleni che quasi certamente giacciono ancora nei fondali dei mari italiani sono tanti, e si possono trovare nei documenti ufficiali delle inchieste svolte da numerose Procure della Repubblica. Un elenco esemplificativo emerge da una recente interrogazione parlamentare (On. Realacci, 13 ottobre 2009 -Camera dei Deputati): Motonave Nicola I, partita nel luglio 1985 dal porto di La Spezia e mai arrivata a destinazione; nave Mikigan, partita da Livorno e affondata davanti alla Calabria nel 1986
Gasti, 2019
è il riassunto dell'intero libro del Gasti sulla storia latina e dei più significativi autori dell'epoca.
“Da Cimabue in qua”. L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966 a cura di Cristina Acidini, Giulia Coco, Enrico Sartoni, 2016
Il volume costituisce un piccolo corpus dei mosaici e pavimenti marmorei della città di Lucus Feroniae, l'analisi dei cui apparati di rivestimento in situ e fuori contesto ha consentito di delineare il quadro evolutivo figurativo e ornamentale della città. L'analisi degli schemi decorativi pavimentali presenti a Lucus Feroniae si avvale del necessario imprescindibile confronto con la realtà Urbana, data la significativa vicinanza a Roma della piccola città dell'agro capenate lungo la via Tiberina, mostrando interessanti aspetti di dipendenza e originalità. Lo studio si avvale anche di approfondimenti di particolari problematiche inerenti l'ambito di indagine, quali l'introduzione e la diffusione dello schema a cubi prospettici e delle lastre a interraso marmore, nonché le valenze politiche, ideologiche, i diversi livelli di committenza e di maestranze legati all'impiego e alla circolazione dei marmi bianchi e policromi e di manufatti nei diversi contesti ed epoche.
mauro stampacchia, 2020
Tra le molteplici attività che Luciano Della Mea (1924-2003) ha intrapreso nella sua lunga militanza nella sinistra, quella di “scrittore” è forse quella meno nota ma probabilmente quella da lui più intensamente amata. Romanzi e racconti, che narrassero le storie di una realtà sociale popolata di “ultimi”, di marginali, forse anche di “invisibili”, a partire dal Tobia che ispira il primo dei romanzi brevi, nel 1953. I “senza storia” in Luciano Della Mea sono sia una categoria politica e sociale, che un soggetto artistico, che così esprime uno dei tratti qualificanti di Luciano, la corrispondenza tra vita e politica.
Nell'inferno di Dante vi è uno stretto legame fra forma e contenuto ed è la base e il fondamento di un'espressione linguistica che ambisca alla dignità letteraria. Avendola esaminata e accertata si arriva ad un'analisi critica: ciò si ha subito quando si analizza la commedia.
RIASSUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE MARCHISIO
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ISTITUTO ENCICLOPEDICO TRECCANI, IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA STORIA DEL PENSIERO. DIRITTO, 2012
LANX - Studi per Maria Teresa Grassi (numero speciale), 2021
Годишњак Филозофског факултета у Новом Саду, 49(3), 220–237., 2024
LORIA, PITRÈ, VILLARI: IMPERTINENZE, RESISTENZE, CORRISPONDENZE, 2019