Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
Eraclito, Frammenti Parmenide, Poema sulla Natura Gorgia, La difesa di Elena Protagora (brano tratto dal Teeteto di Platone) Socrate, Apologia (testo di Platone)
CLASSICI DELLE RELIGIONI- Testi Gnostici, 2013
Pubblicazione della UTET in pdf. Apocrifo di Giovanni, Natura degli Arconti, Origine del mondo, Le tre stele di Seth ed altri testi. A cura di Luigi Moraldi
La filosofia morale, come in generale la filosofia, è una particolare forma di sapere che non troviamo presso tutti i popoli, ma solo presso i Greci. Essa nasce all'incirca nel V secolo a.C. con la grande figura di Socrate e dei sofisti, quando la filosofia comincia a interrogarsi sui problemi di ciò che è bene e male per l'uomo, non accettando passivamente quello che la cultura tradizionale dice in proposito. I primi filosofi, i cosiddetti presocratici perché vissuti prima di Socrate, non svilupparono la filosofia morale perché cercavano un ordine solo nel campo della natura, non ancora in quello dell'agire umano. Quest'ultimo era lasciato alla tradizione che offriva modelli di comportamento concretizzati nel poemi omerici o nelle massime dei Sette Sapienti.
… di Atene e delle missioni italiane in …, 2008
Quando non diversamente specificato, le date menzionate sono da considerare d.C. Allo stesso modo, i riferimenti agli ArchDelt sono sempre da intendere al volume B', contenente i Chronika. Desidero ringraziare il prof. Greco e la prof. Culasso per la consueta disponibilità, nonché la dott. R. M. Parinello-vecchia compagna di università ritrovata-per le preziose indicazioni. 1 Per la storia dell'Accademia neoplatonica ateniese si veda
l'immagine riflessa, 2015
Teodoro Patera, Il desiderio mimetico per un’antropologia della letteratura...................................................................................... Lucia Mariani, Per una sintassi del sacrificio: Ifigenia al di là del dono e della violenza..................................................................... Andrea Ghidoni, Tradizioni narrative e imprinting tipologico: un’ipotesi sulla formazione del Digenis Akritas.................................
2023
Gli articoli presentati alla rivista sono sottoposti a peer review.
Indice Hegel La struttura della realtà 3 II lavoro e la coscienza servile 4 Differenza di filosofia e religione 5 Comte La legge dei tre stadi 6 Spencer Che cosa intendo per filosofia 8 Integrazione e disintegrazione 8 L'evoluzione come processo d'integrazione 9 Darwin Darwin: La selezione naturale 10 Nietzsche La morte di Dio 12 Zarathustra: Prefazione di Zarathustra 13 Delle tre metamorfosi 16 Dei dispregiatori del corpo 18 L'Eterno Ritorno, La Gaia scienza, aforisma 141 19 L'eterno ritorno, da Zarathustra 19 Morale dei signori e degli schiavi 22 4 Hegel: II lavoro e la coscienza servile La figura del servo e padrone è un momento centrale nel faticoso cammino dello spirito, presentato nella Fenomenologia, dalla semplice certezza sensibile alla coscienza di essere il Tutto. Nel confronto tra padrone e servo, a partire da un'iniziale condizione di supremazia del primo sul secondo, acquista dialetticamente importanza il lavoro del servo, con tutta la sua portata formativa e civilizzante.
Rivista di Studi Pompeiani, XXIX, 2018
The famous Mosaic of the Philosophers, known as Plato’s Accademy, was discovered in 1897 outside the city walls of Pompeii in the Masucci-D’Aquino estate. The problems related to its acquisition by the Museum of Naples, influenced by the recent excavations in the De Prisco properties in Boscoreale, have been reconstructed thanks to archive documents and Benedetto Croce’s articles in «Napoli Nobilissima» journal.
Orpheus, 1994
Anche nel duro petto di un traduttore palpita alla fin fine un cuore di uomo (B. Terracini) Scriveva Wilamowitz, nel saggio che apre la sua traduzione dell'Ippolito euripideo, che la traduzione dei classici è un lavoro da filologi, ma non filologico: "Die Übersetzung eines griechisches Gedichtes ist etwas, was nur ein Philologe machen kann, ist aber doch nichts philologisches" 1 . Di fatto, fra lavoro filologico e traduzione esiste una frattura incolmabile: se compito del filologo è quello di restituire il testo di un'opera il più vicino possibile alle intenzioni dell'autore, al limite correggendo persino i lapsus calami che possono essergli sfuggiti nell'autografo, e di precisare il senso esatto che poteva avere, nel corso dell'atto creativo, ogni singolo elemento del testo, la traduzione, in quanto rielaborazione, e pertanto alterazione consapevole di un testo, con tutto quanto essa inevitabilmente contiene di approssimazione o addirittura di tradimento, si pone come esatta antitesi del lavoro filologico. La filologia richiede un atteggiamento di rigore e di impersonale freddezza di fronte all'opera da esaminare, la traduzione non può fare a meno di una piena sintonia col testo e con l'autore, che facilmente trapassa nell'ἐνθουσιασµός. E tuttavia, ci dice ancora il Wilamowitz, l'attività del traduttore comporta come necessaria premessa il lavoro del filologo: non si può tradurre ciò che non si è capito, e i differenti livelli di comprensione filologica del testo, l'arricchirsi di conoscenze che un lavoro sempre più in profondità sui testi compie, obbligano, insieme con l'evolversi della lingua e col mutamento dei gusti letterari, a continue revisioni delle traduzioni precedenti. Il lavoro filologico si pone come obiettivo ideale una definitività: il momento finale del lavoro filologico può dirsi raggiunto, quando si è compiuta un'analisi talmente fine e totale di un testo, da non lasciare più in ombra nessun particolare di esso, neppure il più minuto e apparentemente insignificante, e da non essere necessarie ulteriori indagini, in quanto su di esso ormai tutto stato chiarito: la traduzione consapevole del proprio carattere perennemente inadeguato, per il mutare di quei punti di riferimento culturali, letterari e linguistici che la rendono, pur nella sua approssimazione, accettabile, perché, come notava Terracini in un acutissimo studio sul problema della traduzione, la traduzione è forse il genere letterario che più limpidamente riflette la storia del gusto e della cultura 2 . Caratteristica del classico è quella di sapersi adattare ad ogni epoca e ad ogni moda: mutano i gusti, ma il classico, in una immobilità che è soltanto apparente, sa adattarsi al veloce 1 Euripides. Hippolytos, Berlin 1891, p. 1 = Reden und Vortrge, I, Berlin 1925, p. 1. 2 B. Terracini, Il problema della traduzione, ed. a cura di B. Mortara Garavelli, Milano 1983 (ristampa di un saggio compreso nel vol. Conflitti di lingue e di cultura, Venezia 1957, a sua volta rielaborazione di Conflictos de lenguas y de cultura, Im n, Buenos Aires 1951). Commenta il Pretagostini: "(le traduzioni) di Romagnoli e di Pascoli, essendo dal punto di vista ritmico un calco dell'originale, sono le uniche in grado di farci risentire l'andamento ritmico della strofa saffica. In altri termini, se vero che la metrica è un significante che accresce il significato, le traduzioni di Romagnoli e di Pascoli sono le uniche a non depauperarci di questo elemento essenziale" 8 . E' a partire da questo giudizio che vorremmo avviare una breve riflessione sulla traducibilità dei classici e sulla possibilit e i limiti delle versioni filologiche. Che la metrica sia un significante che accresce i significati è indubbio: ma è altrettanto innegabile che essa sia arbitraria come tutti i significanti. Come una 6 Vol. cit., pp. 57-70. 7 Sul rinnovamento della metrica italiana fra l'ultimo scorcio del XIX secolo e l'inizio del XX si veda, oltre ai testi richiamati dal Pretagostini, G. Contini, Innovazioni metriche italiane fra Otto e Novecento in Varianti e altra linguistica, Torino, 1979, pp. 587-600. 8 Art. cit., p. 64.
Paolo Divizia, Ancora sulla dialettica testo-testimone: il Libro di sentenze, e i detti dei filosofi, nel manoscritto Siena BC I VI 5 (= S2), <<Carte Romanze>>, 12/2 (2024), pp. 425-41.
Giornale critico della filosofia italiana, 2021
La riflessione di Dante sulla cultura degli Antichi è stata ripetutamente investigata, anche nei particolari, dalla critica, che ne ha messo in evidenza volta a volta i limiti e i punti di forza. Gli storici della letteratura si sono concentrati sui poeti latini 1 , gli storici della filosofia si sono rivolti soprattutto alla tradizione greca 2. E se è in certo modo vero, come ha scritto Manlio Pastore Stocchi 3 con implicito riferimento all'Umanesimo tree quattrocentesco, che Dante non ricavò dagli auctores «una reale consapevolezza della vitale unità del mondo classico», né mai giunse «a riconoscere nella cultura che ne era espressione e monumento un complesso di valori organicamente connessi in
in "Storie di cultura scritta. Studi per Franco Magistrale", a cura di P. Fioretti, 2012
a cura di PAOLO FIORETTI con la collaborazione di ANNANGELA GERMANO e MARCO ANTONIO SICILIANI TOMO PRIMO 2012 FONDAZIONE CENTR O ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOE VO SPOLETO LUCIO DEL CORSO PHILOLOGOI E GRAMMATIKOI NELLE TESTIMONIANZE EPIGRAFICHE DI ETÀ ELLENISTICA. APPUNTI SPARSI*
Un passaggio del Convivio dantesco offre lo spunto all'itinerario che si vuole qui proporre. Nel XXII capitolo del libro IV, Dante avanza un'originale esegesi di uno dei brani conclusivi del Vangelo di Marco (16,1-7) che narra delle tre donne accorse presso il sepolcro vuoto di Gesù. Le tre figure simboleggiano, secondo l'interpretazione di Dante, le «tre sette» della filosofia antica: gli epicurei, gli stoici ed i peripatetici; Cristo invece rappresenterebbe la beatitudine e la sapienza cui esse tendono con la loro dottrina e che non incontrano lungo il cammino¹. Tralasciando il contesto di riferimento dell'argomentazione, che non riguarda il tema di questo contributo, l'immagine ci permette di cogliere bene ed in maniera efficace due tratti ricorrenti delle dossografie medievali sul pensiero greco. Da un lato, la rilettura dell'eredità filosofica antica si dispiega entro un modello «scolare», molto spesso tripartito: la secta costituisce cioè la categoria principale ¹ DANTE ALIGHIERI, Convivio, a cura di F. Brambilla Ageno (Le opere di Dante Alighieri. Edizione Nazionale a cura della Società Dantesca Italiana, 3), Firenze, Le Lettere, 1995, IV, 22, 15, 403: «Per queste tre donne si possono intendere le tre sette della vita attiva, cioè li Epicurî, li Stoici e li Peripatetici, che vanno al monimento, cioè al mondo presente che è recettaculo di corruttibili cose, e domandano lo Salvatore, cioè la beatitudine, e non lo truovano». Sull'uso delle dossografie filosofiche nell'opera di Dante si rimanda a G. FIORAVANTI, «Le Atene celestiali. Nota a "Convivio" III, xiv, 15» in A. Beccarisi-R. Imbach-P. Porro (ed.), Per perscrutationem philosophicam. Neue Perspektiven der mittelalterlichen Forschung (Corpus Philosophorum Teutonicorum Medii Aevi. Beihefte, 4), Hamburg, Meiner, 2008, 216-223, e allo studio del medesimo autore pubblicato nel presente volume.
Un uomo chiamato Prosdocimo a Patavium, Antichità Altoadriatiche, 75, 2013
Da ormai più di mezzo secolo, da quando, cioè, il bizantinista Baynes invitò a vedere e a cercare nei testi agiografici non dei fatti narrati, ma dei modi di narrare dei fatti 1 , e poi coi pionieristici studi di Evelyn Patlagean -un'altra bizantinista -e di František Graus 2 , lo studio delle leggende agiografiche ha vissuto una sorta di rivoluzione copernicana. Se in precedenza, a partire soprattutto dalla grande tradizione bollandista, le agiografie erano state indagate alla ricerca di notizie biografiche sul santo o sui santi di cui esse parlavano (e parlano ancora), e dunque il criterio principale per la loro interpretazione, e anche per emettere giudizi su di loro e i loro autori, era di norma quello della loro attendibilità 3 , da quel momento si iniziò a esaminare i testi agiografici in un'ottica più prossima alla storia sociale, alla ricerca non tanto di informazioni sul santo di turno, bensì sul contesto entro cui il testo si inseriva originariamente, il pubblico cui esso era rivolto -categoria in verità sempre sfuggente 4 -e i messaggi, della natura più varia, che il suo autore, o piuttosto il suo committente, intendeva rivolgere a tale pubblico e a tale contesto 5 . Non era allora più in gioco capire se un certo santo era davvero vissuto o aveva davvero patito il martirio nel modo in cui ce lo raccontano i relativi testi agiografici, composti del resto non di rado a grande distanza cronologica dai fatti che narrano, e dunque, come già sottolineava Delehaye, talora costruiti solo sulla base di limitatissime informazioni sul santo (le cosiddette coordinate agiografiche) 6 , completate vuoi tramite pure invenzioni, vuoi traendo da testi precedenti spunti, idee o interi brani. Si trattava invece, e si tratta ancora, di comprendere -o almeno tentare di farlo -perché la vita o la Francesco Veronese PROSDOCIMO, ZENO, MARCO: SANTI E TESTI ALL'INCROCIO TRA AGIOGRAFIA E STORIOGRAFIA * * Nelle more della pubblicazione di questi Atti, una versione assai ridotta del presente contributo (Veronese 2012) è apparsa a stampa nel numero di febbraio 2012 di «Padova e il suo territorio». 1 Baynes 1955; Baynes, Dawes 1948. 2 Rispettivamente Patlagean 1968 e graus 1965. 3 Basti pensare alla suddivisione in 4 grandi famiglie, distinte proprio dal loro grado di attendibilità, proposta da Delehaye 1906. 4 golinelli 2000. 5 Su questi temi harVey 2008. 6 Delehaye 1976. 200 morte o la traslazione o i miracoli, ecc. di un certo santo fossero stati raccontati nel modo in cui si era scelto di narrarli, quali scopi si intendesse raggiungere scrivendo la Vita (Passio, Translatio, Miracula, ecc.) di quel santo, a quale pubblico fosse rivolta e quali messaggi essa contenesse.
ROMA E IL MONDO ADRIATICO DALLA RICERCA ARCHEOLOGICA ALLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO, 2017
The following work looks to explore the way teaching is currently managed in the majority of Italian museums and archaeological sites. This analysis, which also hopes to uncover new interpretive cues, is intended to be the first point of change in the way in which culture is disseminated. For a number of years now, Europe – and a few specific cases in Italy – has used various different teaching methods in this field. The purpose of these cultural sites is to spread awareness of the material in their care, or risk losing what it means to be a “museum” 1 . And it is here that the main discussion of cultural education takes place – a discussion which, ironically, Italy is currently lacking. These methods are not new but might be considered “alternative”, and are based on historical re-enactments, living history2 and sensory workshops. This article aims to establish a definition for each of these methods, to decide on a plan for a teaching model which combines all of the society’s targets, and to encourage debate on the problems which arise. Lastly, we want to present the Ornatrix experimental workshop. We have taken this workshop around a number of different museums in Italy and Spain, and it has been positively received by participants.
Comunicazioni dell'Istituto Papirologico «G. Vitelli» 9, Firenze, 2011
In PSI inv. 295, da me recentemente pubblicato, ho identificato il testo dei capp. 41-42 del Fisiologo, un trattato costituito da brevi descrizioni di animali, accompagnate da una interpretazione allegorica di carattere cristiano. Il papiro è databile su base paleografica al VI secolo; il testo risulta scritto sul recto ruotato di 90°, cioè transversa charta, e il verso è bianco; è ricostruibile l’ampiezza del campo di scrittura, pari a circa 27 cm. Sul formato originario del supporto ho formulato l’ipotesi che, se non si tratta di un semplice foglio isolato, potremmo essere di fronte a un rotulus. Ecco allora l’opportunità di identificare con sicurezza altri frammenti papiracei con testi cristiani scritti transversa charta e risalenti ai secoli VI-VII, che possano in qualche modo essere considerati analoghi al Fisiologo. Una raccolta di dati per questo ambito risulta utile in primo luogo per descrivere correttamente gli aspetti materiali dei singoli papiri, che negli studi precedenti non sempre sono forniti in maniera completa e non sempre sono interpretati correttamente; in secondo luogo risulta utile per collocare in un contesto il più preciso e documentato possibile il frammento papiraceo del Fisiologo, che al momento costituisce un unicum. Per semplicità ho limitato la mia ricerca, in questa fase iniziale, ad alcuni papiri della collezione dei PSI, di cui ho potuto controllare direttamente l’originale per verificare in particolare l’andamento delle fibre e la presenza di kolleseis, elementi imprescindibili per individuare papiri scritti transversa charta. In futuro intendo ampliare l’indagine anche ad altri papiri fiorentini, ed in seguito anche a papiri di altre collezioni. Gli esemplari su cui concentrerò la mia attenzione in questo contributo sono dunque sei papiri conservati a Firenze: si tratta in tutti i casi di testi scritti transversa charta, come risulta dalla descrizione e dall’analisi che propongo per ciascuno di essi.
Lo studio critico veterotestamentario ha dato poca importanza all’ultima parte del canone ebraico, chiamata con il termine generico di “Scritti”, che raggruppa un coacervo di diversi testi letterari senza una coerenza interna, né di forma né di contenuto. Si è voluto, qui, offrire una panoramica teologico-sistematica dei libri che compongono la terza e ultima parte della Bibbia ebraica per mostrarne il contesto letterario più ampio.
Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni, 2018
Loading Preview
Sorry, preview is currently unavailable. You can download the paper by clicking the button above.