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La storia medievale nella università di Palermo dopo l'Unità: l'insegnamento e la ricerca1997
L'insegnamento autonomo della Storia medioevale iniziava a Palermo nel 1936 con Antonino De Stefano. Tale ritardo era conseguente a ragioni d'ordine generale prima che locali. Infatti, a Palermo, così come in ogni altro Ateneo italiano, la Storia medioevale rimaneva dapprima e a lungo inglobata nella Storia moderna, come si denominava la disciplina accademica comprensiva del corso storico successivo alla fine dell'Impero romano. Tuttavia, a Palermo, come in molti Atenei della penisola, l'istituzione della disciplina di Paleografia e Diplomatica latina faceva sì che lo studio del medioevo rientrasse per tempo, se pure sullo sfondo, nell'insegnamento universitario. La prima cattedra universitaria di Storia era stata quella di "Storia d'Italia" istituita a Torino nel 1846 per Ettore Ricotti (1816-1883) da Carlo Alberto, il quale nello stesso tempo promuoveva la Deputazione subalpina di storia patria e la collezione dei "Monumenta Historiae patriae". Dal 1855 Giuseppe De Leva (1821-1895) insegnava Storia nella Università di Padova. Nel 1859 Pasquale Villari (1826-1917) la insegnava in quella di Pisa. Nel 1861 Francesco De Sanctis faceva chiamare il garibaldino e combattente di Crimea Giuseppe De Blasiis (1832-1914) dalla Università di Napoli, a ricoprire la cattedra che si denominava di "Storia nazionale". L'anno successivo essa era distinta in Storia antica e Storia moderna (per cui la storia medievale si legava alla storia moderna), secondo un ordinamento definito nel 1876 che affidava alle Facoltà di Lettere la formazione dei docenti delle scuole secondarie. Tutti quei cattedratici erano storici della età moderna, ad esclusione del De Blasiis, il quale in quello stesso 1861 pubblicava il Della vita e delle opere di Pietro della Vigna e attendeva al libro su La insurrezione pugliese e la conquista normanna nel secolo XI pubblicato nel 1864. Tuttavia, il medioevo rappresentava la palestra di formazione filologica per ogni aspirante ad una cattedra universitaria di Storia, per cui era indirizzato in Germania, alla scuola dei "Monumenta Germaniae Historica". "Era dogma accettato-ha notato Ernesto Sestan-, sull'esempio della dotta Germania, e della sua fucina dei Monumenta, che il Medioevo fosse la palestra più confacente, necessaria, per la formazione di ogni buono storico". La storiografia doveva essere euristica. Pertanto, solo erudizione e filologia potevano segnalarne il valore, sulla linea della tradizione dei Muratori e dei Tiraboschi da rinnovare sul modello germanico. Perciò, il medioevo rimaneva palestra di apprendistato per tutto l'800 e ancora nel '900, quando la Storia medievale non aveva dignità di autonomo insegnamento, ma quando risulta campo privilegiato di ricerca degli storici del Diritto, e quando pure suggeriva verifiche di problemi (politici e istituzionali, economici e sociali) per molti versi prossimi alla sensibilità contemporanea degli studiosi. Il medioevo poi doveva attrarre la attenzione delle nuove generazioni di storici formatisi nello Stato unificato e chiamati a insegnare Storia nelle Facoltà di Lettere della penisola. Come accadeva con un allievo di Giuseppe De Leva, l'erudito Carlo Cipolla (1854-1917); con un altro allievo del De Leva, Giovan Battista Monticolo (1852-1909), editore delle cronache medievali veneziane. Un allievo del Cipolla, Carlo Merkel (1862-1899), professore a Pavia dal '93 al '99, doveva distinguersi quale studioso dei Lancia congiunti degli Svevi. Così, dal Cipolla e dal Monticolo procedeva il nuovo tempo della medievistica italiana, che si svolgeva per l'opera loro e dei successori durante tutto il secolo, seppure il numero dei cattedratici rimanesse ristretto a una dozzina di storici, tutti titolari di Storia moderna ma quasi tutti medievisti. A sostenerne l'opera valeva molto il collegamento stabilito coi filologi romanzi, i quali attuavano negli anni Settanta "una brusca dissociazione" (secondo Carlo Dionisotti) dall'età moderna e contemporanea e la "dislocazione degli studi di letteratura italiana nell'ambito della filologia romanza". In Sicilia, a Palermo in particolare, il medioevo era stato e rimaneva campo di ricerca privilegiato per quanti intendevano riprendere la tradizione degli eruditi (e antiquari) ricercatori seicenteschi e settecenteschi delle fonti storiche siciliane: da Antonino Amico (1586-1641), primo storiografo brought to you by CORE View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk