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Il mondo contemporaneo sta vivendo un momento cruciale. Un senso di attesa, a volte imbarazzante, pervade il senso collettivo alla ricerca di risposte che la novità della situazione, sembra voler negare. C'è chi parla di svolta epocale, chi di trapasso culturale: il dato di fatto sembra essere dunque un mutamento di una tale portata da sconvolgere il torpore delle abitudini quotidiane. Sopratutto, però, sono in gioco le abitudini di pensiero, quelle che Fernand Braudel 1 o Lucien Fevre 2 avrebbero chiamato mentalità, che lentamente s'inseriscono nella storia della collettività e accompagnano l'uomo lungo il cammino lento del tempo. Intendere i mutamenti culturali é di estrema importanza per non vivere fuori dal tempo.
Non possiamo non essere moderni, non possiamo rifiutare nella nostra vita il ruolo centrale della libertà e dei diritti e quello della scienza e della tecnologia, tutti elementi che sono stati esaltati dalla modernità. Ogni rifiuto di queste acquisizioni oltre che irragionevole sarebbe velleitario. Possiamo, tuttavia, registrare tensioni e contraddizioni della modernità che esercitano ancora un influsso sull'oggi e cercare, per quanto possibile, di comprenderle e di comporle. Vi sono innanzitutto diverse visioni della modernità: essa è stata letta spesso a partire dall'Illuminismo come progresso necessario sul modello dello sviluppo delle scienze, e viceversa e in reazione a quella lettura, come regresso necessario 1 . Martin Heidegger, ad esempio, scorge nella modernità l'accentuarsi di quel percorso, contraddistinto dall'«oblio dell'essere», che conduce al nichilismo. Tra i pensatori dichiaratamente cattolici Jacques Maritain, particolarmente nelle prime opere, e soprattutto Cornelio Fabro hanno accentuato la presenza nella modernità di una tendenza antropocentrica e razionalista -immanentista 2 . Più raramente è stata proposta della modernità una visione a chiaroscuro. In questa linea Augusto Del Noce suggerisce, invece, la presenza, all'interno del pensiero filosofico moderno, accanto a un filone razionalistaimmanentista e antiteista (che presuppone la negazione della nozione cristiana di 1 A proposito del tema modernità-crstianesimo mi permetto di rinviare alla voce da me redatta Modernità in Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Scienze sociali e magistero, Vita e pensiero, Milano 2004, pp. 440-445. 2 Cfr., in particolare, J. Maritain, I tre riformatori, Lutero, Cartesio, Rousseau, Morcelliana, Brescia 1970; C. Fabro, Introduzione all'ateismo moderno, Studium, Roma 1964.
Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 2022
D’accordo, Benedetto Croce ha detto che il cristianesimo è stato importante per il processo di civilizzazione dell’Europa. Anzi, addirittura «è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo». Ma in cosa consiste questa sua forza rivoluzionaria? Che cosa la religione del Cristo ha effettivamente messo in moto?
2001
1. Ringrazio innanzitutto per l'onore di introdurre questa discussione sul postmoderno. Per cercare di illustrare il senso di ciò che viene designato con il termine postmoderno, le sue conseguenze filosofiche e i compiti che pone utilizzerò come prospettiva quella che desumo dal titolo del progetto di ricerca che accomuna quanti sono qui presenti: quali implicazioni ha il postmoderno per ripensare concetti come quelli di libertà, giustizia e bene?
Rassegna di Teologia, 2016
Chiesa e Modernità. I sacro-santi diritti/doveri umani alla luce di un libro recente 1 «Il diritto è il volto egoista della giustizia, il dovere ne è il volto generoso e devoto» (H.-D. Lacordaire). «I diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio… L'esasperazione dei diritti sfocia nella dimenticanza dei doveri» (Benedetto XVI). Già Presidente del Senato italiano, l'autore dell'importante libro che presentiamo, fece un assai memorabile saluto a Giovanni Paolo II in visita al Parlamento italiano il 14 novembre 2002. È poi celebre il libro "Senza radici" scritto assieme all'allora cardinale Ratzinger; il quale, divenuto Pontefice, lodò pubblicamente un ulteriore volume apparso nel 2008: Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l'Europa, l'etica. La tesi era che volente o nolente, la cultura occidentale, liberale, dei diritti dell'uomo e dello Stato di Diritto affonda le sue radici nel Vangelo e nel Cristianesimo. Non solo, con Benedetto Croce, non possiamo non dirci cristiani, ma come europei, liberali e promotri dei diritti "dobbiamo dirci cristiani". Ebbene, il testo che qui esaminiamo prosegue la riflessione, ma in senso inverso; a dire: se il debito contratto dall'Occidente verso il Cristianesimo è grande, e di fatti, l'ha portato all'acquisto del suo culto per la libertà, la dignità e i diritti, quali possono essere le conseguenze per la Chiesa se essa a sua volta si fa paladina dei Diritti dell'uomo? e qui la risposta di Pera è provocatoria: se la Chiesa si lascia abbracciare da questo amplesso con la cultura dei diritti, essa ne uscirà soffocata. L'argomento chiave è semplice e perentorio. La Chiesa non è vocata a predicare i diritti dell'uomo, ma piuttosto quelli di Dio e i susseguenti doveri dell'uomo. Così per lo meno, a detta di Pera, tutta la tradizione fino alla Pacem in terris (1963) e al Concilio Vaticano II. Si percepisce la gravità della posta in gioco: aderendo "de plain pied" alla mentalità di rivendicazione dei diritti, la Chiesa si adatta al Mondo, e ne esce trasformata, secolarizzata, piegandosi ad una mens che contrasta il fulcro del suo messaggio e snatura il suo messaggio primigenio. È questo il «prezzo» pagato alla «dottrina dei diritti dell'uomo» (p. 16). Dopo un'articolata Prefazione, il volume si dipana in due parti: "Quali diritti uma-ni?" (pp. 37-78) e "Quale teologia dei diritti umani" (pp. 79-138). Si capisce il procedimento: da un lato, evidenziare l'ambiguità stessa dei "diritti dell'uomo", specie se staccati dal loro 1 Cfr Marcello PERA, Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova della modernità, Marsilio, Venezia 2015.
Tesi dottorato, 2013
Introducendo la raccolta postuma degli scritti di Felice Balbo, Michele Ranchetti rilevava come il punto da cui la sua riflessione filosofica aveva preso le mosse fosse stato il 1943, quando con la fine del fascismo e il capovolgersi delle sorti del conflitto, si era aperta nel paese la prospettiva di una ricostruzione complessiva della società e della vita politica. Tutta una generazione di giovani si era trovata allora interpellata e coinvolta in questa sfida, secondo le istanze e il retroterra culturale di ciascuno. Anche la ricerca filosofica aveva dovuto affrontare compiti nuovi: si era imposta «un’interrogazione radicale» che nasceva da un impegno politico volto a garantire e perpetuare quel dovere di «partecipazione totale che la guerra [aveva] provocato in tutti».
Introduzione al dibattito di Villanova tra Derrida e Marion
Resilienza o perversione del religioso? Una sfida post-illuministica Un tempo (gli uomini) avevano un cielo fatto di vasti tesori di pensieri e di immagini. Il significato di tutto ciò che è, stava nel filo di luce che tutto al cielo teneva attaccato; una volta rifugiatosi in cielo lo sguardo, anziché soffermarsi sulla presenzialità di questo mondo, vi scivolava su verso l'essenza divina, verso, se così si possa dire, una presenza fuori del mondo. L'occhio dello spirito dovette a forza venir rivolto al terreno, e qui venir trattenuto; e c'è voluto tempo assai prima di introdurre, nell'ottusità e nello smarrimento in cui si trovava il senso dell'al di qua, quella chiarezza che solo il sovraterreno possedeva, prima di riconsacrare all'interessamento umano quell'attenzione a ciò che è presente, la quale vien detta esperienza. -Ora sembra che ci sia bisogno del contrario; sembra che il senso sia talmente abbarbicato ai valori terreni, da rendersi necessaria altrettanta violenza a sollevarnelo. Lo spirito si mostra così povero, che sembra impetrare, per un po' di ristoro, il magro sentimento del divino, simile al viandante che nel deserto brama una sola goccia d'acqua. Dalla facilità con cui lo spirito si contenta, si può misurare la grandezza di ciò che ha perduto 1 .
Écho des études romanes, 2005
Che il pensiero di Machiavelli resista imperterrito all'usura del tempo e che anzi abbia fin qui accompagnato grandi trasformazioni compiutesi nel corso dell'età moderna è una cosa che è sotto gli occhi di tutti. La Rivoluzione francese ne rivitalizzò le teorie politiche 1 , creando l'immagine di un Machiavelli amico del popolo che si sofferma a illustrare le nefandezze dei principi per l'utile dei sudditi che queste cose devono pure sapere. Per noi che ci interroghiamo sulla modernità è importante il fatto che Machiavelli non venisse considerato da chi si apprestava a varcare la soglia di quella che oggi chiamiamo l'età contemporanea un pensatore dell'Ancien Régime. L'aver oltrepassato indenne quel primo confine induce a chiedersi se, oltre che moderno, egli possa dirsi anche post-moderno. Fuori d'Italia Machiavelli è comunque oggi uno degli autori italiani più letti e ricercati e si può affermare che il Principe è stato tradotto più volte quasi in tutte le lingue. La questione se Machiavelli possa costituire un elemento di continuità tra moderno e post-moderno si pone quindi legittimamente, specie considerando che con Machiavelli si è all'inizio di un percorso che tende a valorizzare la razionalità, ma di essa non ha fatto un valore. Su questo punto vanno, secondo noi, osservate alcune cose. La prima è che la razionalità è uno degli aspetti cruciali di una tradizione moderna di cui, proiettandosi in un'ipotetica dimensione di postmodernità, si cerca di stabilire un profilo (LYOTARD, 1987 : 73) 2 . In secondo luogo ricordiamo come, nel nome di Machiavelli, si sia più volte sostenuta l'importanza di considerare l'imponderabile, cioè quel che sfugge alle previsioni ma che agisce all'interno della storia e che alcuni notano, altri no. Infine osserviamo che con Machiavelli si è all'inizio del delinearsi di un progetto, quello appunto della modernità, che sarebbe ingenuo ritenere trasmessosi nei secoli senza venire in qualche modo deformato. In questo senso il ritorno a Machiavelli ci sembra opportuno per chi, guardando al futuro, si ponga la questione di rintracciare il senso di un progetto morale, intellettuale, culturale forse ancora non del tutto attuato. In fondo la modernità, con la sua contraddittoria nostalgia dell'antico e l'impossibilità di mettere in parentesi il Medioevo che come età storica essa ha « inventato », consiste assai probabilmente in una congiuntura storica, una fase durata a lungo, in vista della realizzazione di un mondo diverso. 1 Tale operazione si deve essenzialmente a Denis Diderot, considerato autore o ispiratore della voce « Machiavélisme » dell'Encyclopédie, nella quale si riprende la tesi spinoziana del Principe come satira del potere tirannico. Gli fece eco Jean-Jacques Rousseau che in un celebre passo del Contratto sociale lasciò scritto: « En feignant de donner des leçons aux Rois, il a donné de grandes aux peuples. Le Prince de Machiavel est le livre des républicains » (Contrat social, III,6). 2 Ricordiamo che Lyotard prende le distanze da una tradizione di pensiero che si basa su un « racconto speculativo » o su un « racconto emancipativo », vale a dire su una tradizione che si trasmette raccontando l'avventura dell'intelletto o quelle di uno spirito che man mano si libera da vecchi legami.
Le tradizionali griglie di comprensione antropologica, sociologica, psicologica, ampiamente insufficienti, descrivono un mondo in via di sparizione e dunque non sono in grado di illuminarci sulla lettura di quei fenomeni che si stanno spiegando sotto i nostri occhi. È urgente dunque innanzitutto assumere nuovi modelli teorici, strumenti concettuali rinnovati capaci di leggere le realtà di oggi in rapida e talvolta sconvolgente trasformazione.
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TRASFORMAZIONI MODERNE DI RELIGIOSITÀ COME CONTESTO DI EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ
Dehoniane Bologna, 2019
Nuovi Materiali, 2021
"Impegno", 35, n. 1, 2024, pp. 17-43
La provincia celestina di Romagna. Studia Picena, Ancona 2013, 2013
New Covenant Publications International Ltd, 2020