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L’ ulula dei fullones

2019, L’ ulula dei fullones , un verbo “perduto, e un Romolo “ben/trovato”

Abstract

L' ulula dei fullones , un verbo "perduto, e un Romolo "ben/trovato" "Saltem infernus tenebrio, κακὸς δαίµων < †>, atque habeat homines sollicitos, quod eum peius formidant quam fullo ululam". La traduzione: "Il demone infernale spaventa, atterrisce e s'impossessa di uomini angosciati, che lo temono più di quanto il tintore sia terrorizzato dalla civetta". Si tratta, spiega Maria Salanitro, di un "frammento delle Menippee di Varrone [che] ci ha conservato un modo di dire che non trova riscontro in altri testi. Di qui l'incertezza da parte degli studiosi" (1). Il senso generale del frammento, che, insieme con altri, faceva da contorno a una fullonica o tintoria a Pompei, è stato brillantemente individuato dalla Salanitro. E la cosa non è stata certo facile, perché fullo (tintore) significa anche scarafaggio. Di qui una serie molto variegata di congetture, "smontate" dagli argomenti molto pertinenti apportati dalla Salanitro. Secondo un' ipotesi che ebbe anche un certo successo, il graffito si rifarebbe a un "proverbio varroniano citato da Nonio (4.220) homines eum peius formidant quam fullo ululam, dove il fullo significa una specie di scarafaggio, di cui l'ulula *civetta+ è molto ghiotta" (2). Si tratterebbe di una sorta di scherzoso calembour, dove un simbolico fullo-scarafaggio è letteralmente "divorato" dalla passione per una simbolica donna-ulula-civetta, che a sua volta se lo divora, essendo la "civetta" molto ghiotta di scarafaggi. A 1 Maria Salanitro, "Un curioso detto di Varrone Menippeo", in Cultura e Scuola, luglio-dicembre 1982, n. 83-84, p. 235. 2 Gaspare Oliverio, "Una iscrizione graffita pompeiana", in Rivista di filologia e di istruzione classica, Torino, Loescher, 1911, p. 386 nota 1.