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Conoscere il passato per agire sul presente.
Mente e luoghi. Un approccio multidisciplinare al design della città contemporanea, 2020
"Mente e luoghi. Un approccio multidisciplinare al design della città contemporanea" a cura di Anna Anzani postmedia books 2020 Con saggi di: Giuseppe Amoruso, Anna Anzani, Fabio Bailo, Valentina Battista, Luca Bonardi, Paola Briata, Nicola Bruno, Claudia Caramel, Alfonso Chielli, Luciano Crespi, Davide Crippa, Barbara Di Prete, Elena Elgani, Massimo Giuliani, Eugenio Guglielmi, Fiamma Colette Invernizzi, Federico Leoni, Emilio Lonardo, Andrea Marini, Ada Piselli, Massimo Schinco, Francesco Scullica, Michele Sinico
Definire le modalità con le quali, nella storia della filosofia, si è indagato il concetto del vero è complicato, e richiederebbe notevoli capacità interpretative. Pare opportuno cominciare la trattazione partendo da due criteri che possono valere, tematicamente, ad evidenziare la rilevanza del concetto di verità: il primo è quello che, mettendo al centro il momento conoscitivo del verofatto, lo ricerca nei vari ambiti della conoscenza, l'altro è quello che dal concreto arriva al processo della conoscenza, dando luogo alle concezioni pragmatistiche, utilitaristiche, realistiche, legate ai temi della filosofia della storia. Ciò dovrebbe evidenziare come a fondamento di quel concetto ci siano i tentativi che hanno criticato o negato i principi divini agenti come forza metafisica della totalità, per volgersi alla capacità umana dell'agire, al modo del plasmare il mondo, alla possibilità della creazione e della conoscenza della storia e della cultura: al vero conoscibile nella storia. Dopo un breve accenno alla filosofia platonica, aristotelica e neoplatonica, va messo in evidenza che il principio della convertibilità richiama un presupposto del pensiero cristiano, il principio che la verità sia legata alla creazione divina. Ciò lega il vero-fatto al costruttivismo nel quale, soprattutto sulla base dell'agostinismo, il concetto di conoscenza è stato accentuato fino al volontarismo. Quindi, ad una concezione della verità come disvelamento dell'ordine immutabile della natura, com'è concepito nella filosofia greca, si sovrappone quella medievale, che la considera come intrinseca alla mente ed alla volontà divine, e a cui ci si deve adeguare. Tuttavia sarà la modernità ad individuare una originale concezione della verità, a ritenere di poter conoscere la propria creazione. E qui il concetto di verità segue il complicato rovesciamento del rapporto tra la conoscenza ed il suo oggetto che si presenta dall'Umanesimo e dal Rinascimento. Concepire la vita come data dall'azione formatrice del soggetto vuol dire indagare la tendenza del vero a darsi come esistente nella realtà, scorgere la verità nelle azioni. Si oltrepassa così la distinzione tra la ricerca attiva e quella tesa all'indagine dei principi, poiché la creatività può essere accertata in relazione alla verità, ad una categorizzazione che non è mai fissa, ma sempre contingente. Infatti, se concepita dal suo interno, la concezione della verità mostra come non ci sia alcuna certezza immutabile, ma che i termini siano in continuo movimento, che comporta l'idea di un'apertura ad ogni possibilità, sempre in divenire, nella storia, definibile solo in termini di rapporti, creazioni ed azioni. Posto in questi termini, e superando sia la questione della conoscenza oggettiva, sia quella soggettiva, il fulcro della problematica va individuato in tale concezione contingente della verità, ossia nel nesso tra verità e creatività umana, nell'idea che non si possa conoscere tutto ciò che si pensa, così come non si possa conoscere tutto ciò che provenga dal di fuori, ma che abbia senso e significato, ed abbia conoscibilità solo ciò che si è creato. Nella varietà delle concezioni sulla verità, delle diverse manifestazioni che stanno dietro la questione dell'espressione della verità nella creatività, importante è stato il contributo di Vico: si conosce ed è vero solo ciò che si è fatto. La verità della creazione è concepita come non difforme dalla storia, perciò Vico e il suo criterio di convertibilità sono il fondamento del trascendentalismo su cui si fonda molta parte della riflessione moderna, tesa a concepire la pensabilità e conoscibilità della storia, la pratica con cui l'uomo si crea e crea il proprio mondo culturale. E tuttavia qui la questione si complica, poiché, per Vico, il vero deve potersi accertare, deve cioè essere filtrato da un certo contingente, che deve a sua volta avverarsi. Basandoci sull'analisi del vero-fatto in Vico, e dopo averne riscontrato le premesse nella filosofia classica, si cercherà di mostrare come esso, dall'illuminismo, sia rilevabile in Kant e, seppur in forme diverse, nell'idealismo, nello storicismo e nel neokantismo, nell'intenzionalità husserliana e nell'ermeneutica gadameriana, in Habermas e nel costruttivismo. Infine, con riferimento all'homo creator, si accennerà alla relazione tra verità e fattualità nello storicismo critico-problematico di Piovani. Il piacere della ricostruzione sulla base dei documenti antichi non è una faccenda moderna: se si vogliono ritrovare i classici del genere si deve ritornare all'Ottocento; in questo caso specifico all'articolo di Desjardins del 1878. Dopo questa data ci sono stati commenti su questo genere di testi, o anche chiarificazioni su vari punti: ma dopo tutto si può sostenere che non c'è una sistematizzazione dell'insieme di tali testi, che adegui l'analisi storico-antiquaria e topografica al livello dell'analisi filologico-letteraria. L'esposizione più adeguata a tal fine è quella del Desjardins, un commento, pedissequo al testo, come una serie di note a margine per lettori attenti. La prima tappa porta Orazio, insieme al retore greco Eliodoro, da Roma ad Aricia, per un itinerario di 16 miglia. Fino a Forum Appi, dove termina la seconda tappa, ci sono 27 miglia: Orazio descrive la lentezza della marcia, che lo conduce a percorrere in due giorni la distanza che se ne compie in uno. Il canale di Forum Appi cominciava tre miglia prima, a Tripontium, e si dispiegava per 19 miglia: da ciò il nome Decennovius. Questa era ritenuta una successiva innovazione alla creazione della via da parte di Appio Claudio, ma la scoperta di un miliario a Posta di Mesa con doppia numerazione consente di correggere tale opinione: su di esso si leggono i nomi degli edili P. Claudio e C. Furio, il primo dei quali è il figlio dello stesso Appio Claudio, come si evince dall'antichità del cippo. Il Decennovius è menzionato anche dal geografo greco Stradone che afferma che presso Terracina, verso Roma, la Via Appia è costeggiata da un canale, alimentato da stagni e fiumi: vi si naviga di notte, imbarcandosi la sera per sbarcare la mattina e fare a piedi il resto del percorso, ma a volte anche di giorno. Il battello è trainato da un mulo. La fonte di Ferocia, a cui Orazio si lavò, alimentava l'acquedotto di Terracina, di cui sono stati ritrovati tratti di tubazione di piombo con l'iscrizione reipublicae Tarracinensium. Mecenate, Cocceio e Fonteio Capitone, come sostiene Desjardins, avevano scelto il viaggio via mare, per evitare la fatica, o perché alloggiavano in una villa costiera. Non si potrebbe altrimenti spiegare l'appuntamento a Terracina, dove cioè, come afferma Stradone, la Via Appia arriva al mare per la prima volta. Orazio e Eliodoro andarono al porto, che aveva assunto la forma e le dimensioni che conserverà nel periodo imperiale: infatti, è appurato che i lavori eseguiti si possano legare alla fondazione di una colonia triumvirale da parte di Cn. Domizio Calvino, il console del 40 a. C., che s'insediò nella pianura ai piedi dell'antica città volsca, e della quale si sono preservati svariati resti. Nella descrizione della marcia di tre miglia da Feronia alla città, Orazio usa il termine repimus, che vuol dire " ci arrampichiamo", suggestionato dalla posizione dominante di Terracina. Questo stride, tuttavia, con le specificità del percorso, che si dipana in piano, fino alle porte della città, e con il termine successivo subimus, dal quale si evince che la strada passava al di sotto di Terracina. Non c'è motivo di adattare repimus, che va tradotto, nell'accezione più comune del verbo, con " ci trasciniamo", per alludere alla fatica di una notte insonne. Dunque, Orazio non si dirige per l'antico itinerario della Via Appia, che si arrampica sul monte S. Angelo, ma quello più comodo che lo conduce al porto e da lì, passando sotto il Pisco Montano, all'imbocco della via dei censori del 184 a. C., la via Flacca. Orazio non dice dove trascorre la notte: forse in un albergo vicino alla città. A Fondi Orazio dedica un paio di versi per deridere il provincialismo del magistrato locale, premuroso di mostrare a Mecenate la sua toga pretesta, il suo laticlavio e le insegne del potere municipale, che celavano le sue origini modeste. Lo si può identificare con un parente del M. Aufidio Lurco di Fondi che, secondo Svetonio, era nonno materno di Livia, proprietario della villa di Sperlonga, passata forse a Tiberio mediante la madre. A Formia la comitiva è ospitata a cena da Fonteio Capitone, mentre dorme a casa di L. Licinio Marrone Murena: entrambi possedevano una villa a Formia, dove sei anni prima moriva Cicerone. Dopo 17 miglia, alla comitiva si aggregano M. Prozio Tucca, Vario e Virgilio, provenienti da Napoli. La giornata si chiude, dopo altre 10 miglia, in una stazione di posta presso il Pons Campanus, a 17 miglia da Capua. A Caudium due buffoni, Sarmento e Messio Cicirro, gareggiano in lazzi. Dopo Benevento si cambia strada; Orazio, infatti, prima di Canosa, menziona due tappe un po' oscure: Trivicus e un oppidulum non nominato. La Jannaccone ha dimostrato l'inesattezza dell'identificazione tra Trivicus e Trevico sia topograficamente, sia toponomasticamente: infatti, Trevico non può essere Trivicum, poiché il nome medievale è stato Vico della Baronia. Il percorso tradizionale perde consistenza, e così anche l'identificazione dell'oppidulum con Asculum. L'unica soluzione si può desumere da Stradone, laddove parla dei percorsi alternativi tra Brindisi e Benevento: due sono le vie, una mulattiera, lungo la quale ci sono Egnazia, Celia, Netion, Canosa e Herdonia, e un'altra via che passa da Taranto, che allunga di un giorno. Tale via si chiama Appia ed è adatta ai carri. Anche se Stradone non spiega l'itinerario tra Canosa e Benevento, è evidente che la via percorsa da Orazio sia la prima, la via Traiana. Quindi, si deve cercare l'oppidulum altrove, e in ogni caso ad una distanza molto maggiore da Benevento, diciamo due tappe,...
Scopo di queste poche righe è quello di offrire una sintesi della geografia dantesca a partire dalla concezione medioevale dell'Ecumene e la sua trasposizione nella comedia. Inoltre, a fronte delle molteplici ed ancora aperte interpretazioni dell'opera, per ovvi motivi di tempo e spazio di questo intervento, accoglierò le più accreditate. LA GEOGRAFIA DEL MEDIOEVO Per comprendere il contesto di quanto stiamo per affrontare, dobbiamo innanzitutto immedesimarci nel modo di pensare, di vivere e di concepire dell'uomo del XIII secolo. E' doveroso premettere che tutta l'opera di Dante si appoggia su solidi presupposti scientifici allora conosciuti. L'istruzione all'epoca si basava sui classici greco-romani, sulle sacre scritture, sulla patristica, soprattutto quella agostiniana, sulla lingua latina ed era prerogativa della Chiesa. La società era permeata dalla concezione religiosa dell'esistenza seppure affrontata razionalmente.
Rivisitando il contributo di diversi scrittori che si occupano di territorio e città, nel saggio si approfondisce il concetto di luogo inquieto, inteso come spazio urbano vivente, e si definiscono il significato di tras-luogo e post-luogo enfatizzandone l'importanza nel dibattito sulle smart cities. Il tras-luogo è spazio liminare, costituito da tracce e indizi, rotture e discontinuità, il postluogo racconta l'altra faccia della mobilità. Entrambi rappresentano un fatto estetico che non può essere narrato solo a parole ma richiede l'uso di arti visive, mappe o altre forme di trascrizioni urbane spesso in uso nella rete. Trasluogo e post-luogo si caratterizzano sia in termini percettivi che cognitivi e meritano di essere considerati in fase di diagnosi e di definizione del progetto urbano.
Indice 9 Prefazione 11 Capitolo primo. Il meccanismo delle psicosi 93 Bibliografia A mia figlia Emma
Comune di Perugia, 2005
Se il percorso umano e professionale di Luca Signorelli, cortonese di nascita, si snodò prevalentemente in Toscana, i primi capolavori dell'artista non furono realizzati per questa regione, ma per città che appartenevano allo Stato Pontificio: naturalmente Roma, con gli affreschi delle pareti della cappella Sistina (1482); Perugia, con la pala del duomo di San Lorenzo (1484); Fabriano, con lo stendardo opistografo oggi custodito nella Pinacoteca di Brera a Milano (1482-1485).
SITI parla della Repubblica di San Marino: il territorio, la memoria, l’immaginazione. San Marino è esso stesso un sito, identificabile, definito, circoscritto. Ha precise icone di riferimento: la forma romboidale del suo territorio, il profilo del Monte, l’azzurro ed il bianco. Esistono parole simbolo: Titano, antica Repubblica, piccolo Stato, Serenissima, Tre Penne. Le strade si divaricano e si intrecciano, creando una miriade di differenti rappresentazioni mentali di San Marino. In un paese sarebbe diverso, ma siamo uno Stato; una comunanza che altre popolazioni frantumano in milioni di individui ce la ritroviamo ripartita tra noi in poche migliaia. Fossimo un paese si starebbe stretti, invece in una Repubblica ci sentiamo in una posizione favorevole e aperta. Essere Sammarinesi è un’occasione unica e irripetibile. Tutto ci riguarda. Hanno un valore inestimabile le zone dell’area protetta; esistono monumenti, architetture, testimonianze di storia sul territorio da conoscere e preservare. Ma anche tutto quello che è nuovo richiede analisi e comprensione. Nell’immaginario in prima fila la memoria. Tutto quello che è successo e di cui siamo venuti a conoscenza direttamente o dagli altri alimenta questo serbatoio di vicende sensibilizzanti. Voci o semplici echi che ci arrivano a descrivere luoghi; gli avvenimenti e l’azione si sono persi consumati dal tempo. Rimane per noi Sammarinesi interpretarne il senso o soltanto riviverli perché fanno parte della nostra identità a rischio per un misto di inerzia e overdose di mutamenti. Siti: luoghi fisici, mentali, virtuali. Massimo Rastelli
L'intento di questo lavoro è quello di seguire le vicende che ci vengono narrate dallo scrittore e storico Ivan Jablonka, attraverso un altro punto di vista e di analisi, ovvero attraverso i luoghi. Se Ivan da storico, infatti, ha ricostruito minuziosamente la storia dei suoi nonni attraverso le fonti che gli sono state messe a disposizione, io ho voluto concentrare la mia attenzione sui luoghi che vengono ripercorsi da Ivan, con la memoria, e che hanno ospitato le varie figure che rivivono tra le pagine del suo libro "Histoire des grands-parents que je n'ai pas eus" (2012).
Che cos’è la verità e qual è il suo legame con la realtà? Esiste veramente una realtà indipendente a cui le nostre conoscenze fanno riferimento? Che ruolo giocano le nostre giustificazioni nel determinare la verità di una credenza? La metafora del luogo è, secondo l’autore, il modo più efficace per presentare il problema della relazione tra verità e realtà. Italia sviluppa un’analisi teoretica di questi due concetti che si concentra criticamente sulla teoria della verità di Jürgen Habermas, a partire dalla relazione comunicativa tra oggettività e intersoggettività. Il risultato è un realismo graduale che si propone come valida soluzione al problema filosofico del realismo.
2019
La riflessione che segue è l'esito di un confronto prolungato con gli studenti di progettazione architettonica e di urbanistica dell'Institut Supérieur d'Architecture et Urbanisme di Kinshasa (RDC) e tenta di rispondere, almeno in parte, ai loro quesiti sul senso del mestiere che stanno imparando e sul modo migliore di svolgerlo. Ho l'impressione che, pur dissimulati dall'abilità ad auto-ingannarsi con le retoriche che l'esperienza ci ha insegnato, la nostra vita professionale (di progettisti, di analisti, di insegnanti, …) ci riproponga gli stessi 'banali' interrogativi. Così, quando ce ne concediamo il tempo, ci scopriamo a chiederci non solo cosa dovremmo 'eticamente' fare, ma anche, proprio come gli studenti di Kinshasa, come lo si fa. Questo scritto ragiona attorno ad una serie di testi molto noti (gli stessi discussi con gli studenti) cercando di abbozzare delle indicazioni operative rispetto al 'problema della progettazione', ovvero all'apparente vanità di spendersi per dar forma ad un futuro la cui realizzazione dovrà confrontarsi con la casualità imprevedibile di un mondo plurale.
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Im@go. A Journal of the Social Imaginary, 2012
I Luoghi del sapere libertario. Un percorso di vallorizzazione della memoria condivisa. A cura di Fiamma Chessa e Alberto Ciamoi. Assoc. Amici dell'Archivio Famiglia Berneri. Reggio Emilia,, 2019
Prospettive sul luogo. Discussione di un oggetto sociale (a cura di A. Givigliano e C. Stancati), Roma, Aracne, 2015
Del prendersi cura. Abitare la città-paesaggio, 2019
180 Psichiatrie e oltre, 2019
Tra Cultura, Diritto e Religione. Sinagoghe e cimiteri ebraici in Lombardia, a cura di Stefania T. Salvi, pp. 315-351, per le parti da me redatte relative alle provincie di Milano, Bergamo, Como e Varese pp. 317-328, 330 e 351, 2013
Rivista di Psicologia Clinica n° 2, 2018
Kultur, Religion und Psychotherapie, hg. von Mario Schlegel und Nicola Gianinazzi
"Scritture migranti", 2019