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2016, Consecutio rerum
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Le Tesi su Feuerbach sono un testo con uno statuto assai particolare all'interno della tra-dizione marxista. Scritte da Marx a Bruxelles nella primavera del '45 probabilmente per fare il punto sul proprio percorso ilosoico, sono state pubblicate per la prima volta da Engels in appendice al Ludwig Feuerbach nel 1888 con una serie di modiiche che avevano lo scopo di facilitarne la lettura e la comprensione e nella versione originaria da Riazanov nel 1925-1926 nel I volume del Marx Engels Archiv. Queste tesi hanno avuto grande peso nella storia del marxismo, nella misura in cui, nella loro sinteticità, sembrano essere il gesto inaugurale di una nuova teoria. Il compito che ci porremo all'interno di questo saggio sarà quello di tracciare un tratto di questa storia limitatamente all'interpretazione della VI tesi, mettendola in tensione tra la lettura di Gramsci e quella di Althusser.
Quarant’anni fa (1975), usciva Gramsci et l’État di Christine Buci-Glucksmann, libro pionieristico e per certi versi ancora attuale nel tentativo di seguire “il ritmo del pensiero” dei Quaderni sulla base dell’edizione critica allora in via di pubblicazione, nel rifiuto di ogni contrapposizione tra il Gramsci degli scritti politici e del carcere, nell’insistenza sul nesso tra biografia politica e riflessione teorica dell’autore. Ma il volume in questione rappresenta soprattutto uno dei maggiori punti d’incontro tra l’opera di Althusser (fondamentale nella formazione della giovane studiosa nella temperie culturale e politica della fine degli anni Sessanta, tra esigenze di rinnovamento del comunismo e istanze femministiche) e quella di Gramsci, e più in generale un momento decisivo della ricezione francese di quest’ultima. Infatti, pur prendendo apertamente le distanze dai giudizi estremamente critici espressi da Althusser nei confronti di Gramsci (successivamente attenuati e corretti dal riconoscimento dei suoi meriti storici), Buci-Glucksmann si serve largamente di concetti (surdeterminazione, apparati ideologici, rottura epistemologica) e soprattutto metodi (lettura sintomale) tipici del pensiero althusseriano per interpretare, in modo originale e fecondo anche se non privo di schematismi e rigidità, gli appunti carcerari gramsciani. Il libro del 1975 costituisce una tappa decisiva anche nello sviluppo del pensiero di Buci-Glucksmann, che aveva esordito qualche anno prima con una difesa della Dialettica della natura di Engels e di Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin (Engels et la philosophie marxiste, 1971) e quindi, sempre sulla scia dell’althusserismo, aveva introdotto la traduzione francese di Ideologia e società di Colletti presentandone in luce sostanzialmente favorevole la lettura dellavolpiana del Marx “scienziato” (Presentation a De Rousseau à Lenine, 1973). Nel frattempo, soprattutto grazie alla lettura dei Quaderni filosofici di Lenin, aveva iniziato a comprendere l’importanza del pensiero hegeliano nella stessa costituzione del materialismo storico, misconosciuta dal primo Althusser ma a suo giudizio decisiva nella ricerca di una sorta di “terza via” tra stalinismo e marxismo occidentale (Hegel, Lenin e la teoria marxista in Francia, 1972; Philosophie et politique, 1973). Su questo terreno avviene l’incontro dell’autrice con Gramsci, cui prima della monografia aveva dedicato un paio di saggi (Gramsci et la question scolaire, 1972; Gramsci et l’état, 1974) e che sarà ancora al centro della sua riflessione tra la fine degli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo, con una sempre maggiore insistenza sull’originalità della lettura gramsciana del marxismo e del leninismo che, nella sua estraneità alle due incarnazioni novecentesche del pensiero marxiano – socialdemocrazia e socialismo “reale” – si sforza ora di presentare in chiave di continuità con la proposta politica dell’eurocomunismo (Sui problemi politici della transizione, 1977; voci del Dictionnaire critique du marxisme, 1981; Le défi social-démocrate, 1981; La gauche, le pouvoir, le socialisme, 1983). Ben presto, tuttavia, Buci-Glucksmann prende le distanze anche da questa prospettiva e, attraverso Baudelaire e Benjamin, “scopre” l’estetica, l’arte barocca, il cinema ecc. (La raison baroque, 1984), avviando una nuova stagione di ricerche e di saggi che dura tuttora, e nella quale sarebbe interessante ricercare le tracce (dirette e indirette), del giovanile incontro con Gramsci.
Critica Marxista 6/2006, 2006
Gramsci è stato uno dei principali interlocutori di Althusser.
Non è un mistero che uno dei rilanci più intensi e significativi dell'opera gramsciana in Gran Bretagna sia stato prodotto dal dibattito suscitato negli anni settanta dalla rivista "Marxism Today" e dal lavoro del Centre for Contemporary Cultural Studies (CCCS) dell'Università di Birmingham sotto la direzione di Stuart Hall 1 . Questa particolare "costellazione gramsciana" viene spesso considerata come il prodotto della combinazione di tre sviluppi: 1) il tentativo di superare l'economicismo del marxismo tradizionale nella comprensione politica sia della grande crisi di accumulazione del capitalismo britannico di questo periodo, sia dell'emergere del thatcherismo come movimento culturale e politico; 2) la critica del dogmatismo marxista-leninista di buona parte del Communist Party of Great Britain e del "riduzionismo di classe" del Labour Party come presupposto necessario per la costruzione di un'agenda politica socialista più adeguata ai "nuovi tempi"; 3) il progressivo venire alla ribalta nella sfera pubblica del lavoro di Stuart Hall, di "casa", come si sa, in entrambi i contesti. A questi tre sviluppi, se ne può aggiungere un quarto, più "teorico" e meno "politico": lo sforzo per uscire dalle aporie di quel "momento althusseriano" che aveva caratterizzato precedentemente lo scenario di buona parte della stessa New Left.
Pgreco, 2023
In M. Heinrich, La scienza del valore, a cura di R. Bellofiore e S. Breda
Presentazione del volume di Miklos Boskovits, Mediaeval Panel Painting in Tuscany 12th to 13th century. A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting. A Supplement, a cura di Sonia Chiodo, Firenze, Giunti, 2021., 2022
Sotto il nome convenzionale di Maestro del Crocifisso Loeser è raccolto un gruppo di opere che esemplifica la ripercussione della congiuntura tra Cimabue e Duccio negli anni ottanta del Duecento sulla pittura senese. Il nome critico, talvolta indicato come Maestro dei Crocifissi Cortona-Loeser, è stato introdotto abbastanza di recente proprio da Miklós Boskovits, nel saggio in cui recensì la mostra su Duccio del 2003 (Boskovits 2007, pp. 566-572). (Slide 2) Lo studioso ammetteva che gli sarebbe piaciuto vedere in mostra le due opere che, a suo parere, appartengono a uno stesso pittore di cultura senese: si tratta dei crocifissi su tavola che si trovano rispettivamente a Palazzo Vecchio a Firenze, proveniente dalla collezione di Charles Loeser (195), e al Museo dell'Accademia Etrusca, finalmente tornato in esposizione a seguito di un lungo restauro (194). (Slide 3) Il pittore di entrambi, secondo Boskovits, è lo stesso che dipinge tre Madonne col Bambino divise tra il Museo del Louvre, già nella collezione di André Peraté (196), la collezione Sarti a Parigi (197) e l'Allen Memorial Art Museum di Oberlin in Ohio (198). (Slide 4) La comune paternità dei due crocifissi era in effetti riconosciuta già da Edward Garrison, nell'articolo dedicato alle aggiunte al suo repertorio (Garrison 1951, pp. 207-208). Tuttavia, in seguito, tale accostamento non fu riproposto dalla critica e, anzi, le due croci sono state associate ad altri dipinti, spesso di cultura fiorentina. (Slide 5) Ad esempio, Luiz Marques, nel suo volume sulla pittura del Duecento, accostò alla croce di Palazzo Vecchio il piccolo crocifisso del Fogg Art Museum di Cambridge in Massachussets (Marques 1987, pp. 222-223). (Slide 6) In realtà quest'opera era già unita dallo storico dell'arte ungherese al gruppo del cosiddetto "Gaddo Gaddi", insieme all'Incoronazione della Vergine a mosaico in una lunetta del duomo di Firenze, ad alcuni mosaici del Battistero di Firenze, alla Madonna col Bambino di San Remigio, al crocifisso n. 1345 della Galleria dell'Accademia e alla croce della chiesa di Santo Stefano a Paterno presso Bagno a Ripoli (Boskovits 1976, pp. n.n., nn. 65-69). Il raggruppamento del cosiddetto Gaddo Gaddie dico 'cosiddetto' perché esiste un'altra proposta di identificazione del pittore con il Maestro della Santa Cecilia (per cui Bietti 1983 e Boskovits 2003)fu ripreso da Angelo Tartuferi, il quale vi aggiunse la Madonna col Bambino di Birmingham in Alabama (Tartuferi 1988, p. 442, Tartuferi 1990, pp. 49-50, 105-106). A sua volta Boskovits, nel volume del Corpus dedicato ai mosaici fiorentini, ripropose sostanzialmente lo stesso insieme col nome di "Penultimate Master" (Boskovits Corpus 2007, pp. 212-216). (Slide 7) D'altro canto, Luciano Bellosi riconosceva nel crocifisso Loeser caratteri fortemente cimabueschi che lo portavano ad attribuire l'opera, con la croce di Paterno, allo stesso pittore della Madonna di San Remigio, datando la serie agli anni settanta del Duecento (Bellosi 1998, p. 129). (Slide 8) Opere, la Madonna di San Remigio e il crocifisso Loeser, che invece a sua volta Carlo Volpe
Note senza pretesa di organicità al "Lenin e la filosofia" di Althusser.
Una delle tendenze sotterranee più interessanti che sembrano emergere nel pensiero filosofico del nostro tempo è il fatto che, lentamente ma progressivamente, le idee tendano a imporsi da sole, proprio perché, è ormai chiaro a tutti, il nostro pensiero è messo alle strette dopo troppi anni di un'autoreferenzialità sofisticata, raffinata, talvolta addirittura sublimata, ma forse poco utile allo scopo. Se viviamo in un tempo che, disperatamente, ha bisogno di nuove categorie per essere compreso uno autore che, credo, non andrebbe lasciato fuori dal nostro retaggio collettivo è Antonio Gramsci. Ma le valutazioni soggettive, su questo, contano relativamente: proprio perché il pensiero, come dicevo, si impone sempre più da sè, grazie alla capacità che ha di essere interprete del nostro mondo. E così scopriamo che Gramsci è, nell'ambito della critica letteraria e della cultura, uno degli autori italiani più letti e interrogati in Occidente. Ci sono gli studi culturali, certamente, che hanno fatto loro il pensiero di quest'autore da tempo, ma anche una nuova concezione critica e sovranazionale che, lentamente ma con decisione, si sta facendo strada nella sensibilità di sinistra: penso ai vari movimenti legati a Varoufakis, Jeremy Corbin e Bernie Sanders. Ma il richiamo quanto più possibile urgente all'attualità di Antonio Gramsci del resto è la rivolta in corso in queste ore sugli Champs Elysées. Le violenze di strada che avvengono in questi istanti sono il segno di una Francia divisa che riemerge sotto l'esilissima superfice di una ricostruzione socialdemocratica che, sotto la "guida" di Macron, non è altro che l'ennesimo esempio, nell'Occidente degli ultimi anni, di conflitti sociali deprivati di una narrazione ideologica autentica, che sia espressione degli interessi concreti delle persone che la abbracciano. Quando il pensiero e la storia si muovono, il lavoro intellettuale non può far altro che seguirli; e tuttavia non può farlo passivamente, nel senso gramsciano del termine: deve cercare di capire perché Gramsci è così presente nel nostro Zeitgeist, ritessere le complesse fila di una domanda di pensiero che viene da più parti e cercare di darvi risposta. Ma, nel far ciò, sono due gli errori che dobbiamo assolutamente evitare. Il primo: dobbiamo evitare di abdicare alle istanze di cambiamento più profonde nella nostra coscienza, perché esse sono il nucleo ideologico che fa da propulsione alla nostra attività intellettuale, tiene insieme in un modo irrequieto e vivo il passato della nostra formazione intellettuale e il futuro che da essa riusciamo ad immaginare. Il secondo errore che, fatalmente, bisogna evitare di commettere, è quello di assimilare l'oggetto della nostra indagine alle nostre categorie intellettuali, trasformando il nostro desiderio di cambiamento in una strana forma di cecità. In un tempo in cui si marginalizza radicalmente l'ideologia dal dibattito politico, chiunque voglia fare una critica militante deve avere, insomma, l'intelligenza di pensare alla propria ideologia come a qualcosa di simile al super-io di Freud, una formazione di compromesso sempre e costantemente in bilico fra la più nobile tensione ideale-necessaria, con la propria capacità di vedere oltre, per trasformare il presente-e la schiavitù di un imperativo irrazionale. È con questo spirito che consiglio vivamente la lettura de Il presente di Gramsci (Galaad), una bella raccolta curata da Mimmo Cangiano, Paolo Desogus, Marco Gatto e Lorenzo Mari che, mi sembra, hanno fatto esattamente quel che bisognava: più che dimostrare l'attualità del pensiero gramsciano, hanno provato a farla emergere dalle cose stesse, senza feticismi. Si comincia con un lungo saggio di Marco Gatto, che distende sull'intera raccolta un senso di prospettiva e affonda le sue radici fra l'altro nelle intuizioni critiche di Frederic Jameson e Gilles Lispensky, con le quali Gatto si preoccupa di separare la posizione critica e militante dei due autori dalle molte riletture della modernità elaborate dal postmodernismo: pagina 1 / 4
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La politica e gli Stati. Problemi e figure del pensiero occidentale, 2022
CONSECUTIO TEMPORUM HEGELIANA/MARXIANA/FREUDIANA Rivista critica della postmodernità, 2013
Un moralista meridionale. Sciascia, Gramsci e il Sud, in “Todomodo”, X, pp. 119-130, 2020
Ettore Lepore e la storia antica. Eredità, attualità, prospettive, 2023
Dall'operaismo a Marx, 2022
Critica marxista: analisi e contributi per ripensare la …, 2009
Intrasformazione Rivista Di Storia Delle Idee, 2012
Egemonia e modernità. Gramsci in Italia e nella cultura internazionale. a cura di Fabio Frosini e Francesco Giasi. Roma: Viella, 2019, pp. 447-465. ISBN: 978-88-3313-120-7, 2019