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Base 21x29,7 Le Luminarie della Fede Vol 5 06 Alatri

ALATRI. Frammenti di ambone cosmatesco nella Cattedrale di San Paolo Gli studiosi sono concordi nel riconoscere una sorta di collegamento stilistico, un percorso di maturazione dell'esperienza nell'arte dell'arredo di tipo cosmatesco di cui si trova un certo riscontro nella fusione delle botteghe di marmorari romani e campani. Le esperienze di matrice campana maturate a Cassino-scrive Gianandrea nell'opera citata precedentemente-trovano nel Lazio un'immediata ricezione negli arredi di Alatri e Pontecorvo… Anche il pulpito di Alatri, sicuramente a cassa su colonne per la presenza di un archetto, di colonnine tortili mosaicate e di leoni stilofori, rimanda nelle parti scolpite ai pezzi analoghi del pulpito cassinese. La datazione dell'ambone alatrino al 1222 viene pertanto a costituire un importante ante quem per l'esecuzione del pulpito di Cassino, per la diffusione degli stilemi campani nel basso Lazio e quindi per lo sviluppo di maestranze locali. Se si osserva infatti l'ornamentazione musiva delle lastre di Alatri si noterà, a dispetto della matrice campana della tipologia e delle parti scultoree del pulpito, una riflessione sulla maniera dei marmorari romani. L'inserimento di spazi in porfido e serpentino e l'utilizzo di fasce bianche a distribuire la decorazione musiva in modo regolare e composto rimanda al gusto con cui i marmorari romani rielaborarono i motivi ornamentali di origine bizantina, diversificandosi profondamente dagli artisti campani. In un altro articolo la Gianandrea riassume il pensiero di Anna Cavallaro sul pulpito di Alatri nelle parole che seguono:: "Iconograficamente affini, ma stilisticamente lontano, ai rilievi gaetani è la "sgraziata" raffigurazione del pistrice che vomita Giona del perduto ambone di Alatri, datato al 1222, che mostra forti punti di contatto con le sculture di Gaeta soprattutto nella conformazione del volto dell'animale e nella posa del profeta emergente dalle fauci del mostro" 1. I reperti Nella mia visita alla cattedrale di San Paolo ad Alatri, nell'ottobre del 2010, ho potuto vedere i reperti cosmateschi ivi contenuti. Essi sono raggruppati in una nicchia, o piccola cappella, ricavata nella navata destra della chiesa. Si tratta di circa una ventina di reperti, di cui diversi provenienti sicuramente da un ambone smembrato, altri potrebbero aver fatto parte di una recinzione presbiteriale, come le colonnine tortili e i pilastri di altezza giusta per simili arredi. Ciò che si vede attualmente è frutto di una ricostruzione arbitraria di detti reperti che non tiene conto alcuno né dei significati dei singoli pezzi, né delle loro originarie collocazioni. I circa diciotto pezzi, possono suddividersi in due pilastrini quadrati e decorati con fasce di intarsi cosmateschi che sostengono un "tavolo" orizzontale di cui un lato adiacente al muro, costituito da una lastra cosmatesca, tagliata in due per la sua larghezza, in corrispondenza della metà di due lastre rettangolari di porfido verde antico. Su questo si appoggia uno degli archi del perduto pulpito che in origine posava sulle antiche colonne con capitelli. Segue un pilastrino disposto orizzontalmente su cui sono sistemati forse 5 pezzi diversi tra loro: una lastra con girali cosmatesche, quattro pilastrini che vanno a formare un unico pezzo sul quale è stata cementata la scultura dell'aquila e poi ancora un altro pilastro e un'altra lastra con girali cosmatesche. Questi pezzi sono simili e facevano parte di un unico arredo. Al centro della nicchia si vedono tre colonnine tortili con decorazioni ad intarsi di paste vitree. Sul muro opposto, a sinistra di chi entra nella cappella, c'è un'altra ricostruzione arbitraria di reperti, costituita da tre lastre disposte verticalmente, di cui le esterne con dischi e lastre 1 A. Cavallaro, Frammenti di ambone duecentesco nella cattedrale di Alatri, in Scritti e immagini in onore di Corrado Maltese, a cura di S. Marconi, Roma, 1997, pp. 405-4011, riportato da Manuela Gianandrea ne Il perduto arredo medievale della cattedrale di Gaeta, op. cit.) 195