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Il seguente intervento vuole offrire doverose correzioni e precisazioni in risposta al contenuto di un articolo uscito di recente sulle pagine di un quotidiano regionale. Purtroppo, e sono diversi anni che ne prendo atto, è diventata un'abitudine leggere articoli di natura culturale dove vengono intervistati personaggi del tutto discutibili che si travestono in puro stile carnevalesco da grandi ricercatori locali, persone che svolgono nella vita privata attività estranee al contesto della ricerca archeologica, persone a cui non bisogna dare con logica e rispetto libertà di parola perché privi di adeguati titoli accademici per potersi esprimere su determinate argomentazioni che richiedono l'intervento di personale altamente qualificato, senza aver mai sperimentato la lunga e faticosa esperienza accumulata sul campo di chi sa cosa significa fare ricerca in tale ambito con i grandi sacrifici che il difficile lavoro dell'archeologia comporta. Tutto questo porta inesorabilmente ad un minestrone confuso di idee dove si mettono insieme una quantità di informazioni che non aiutano chi non sa nulla di archeologia, di storia e di topografia per farsi un'idea.
Nel seguente scritto realizzato a 4 mani dal rev. mo padre John Zielinski, già Vicepresidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e da Stefano Mavilio, architetto - Roma, si tenta di dare una definizione del minimalismo in architettura, con specifica attenzione alla architettura sacra, ancor più a quella monastica, ritenendo si possa descrivere con tale sostantivo la giusta corrispondenza del progetto al suo archetipo di riferimento, secondo la regola del ne quid nimis (del “less is more”): e pertanto la necessaria corrispondenza fra forma formante e forma formata.
CORTE DI CASSAZIONE, sezioni unite, sentenza 26 gennaio 1971 n. 174; PRES. Stella Richter, EST. Ridola, P. M. Tavolaro (concl. parz. diff.); S.p.a. Torino calcio (Avv. Sequi, Grande Stevens, Manassero, Nicolo) c. Romero (Avv. Contaldi, Zola, Zenari). E' definitiva e irreparabile la perdita quando si tratti (di obbligazioni di dare a titolo di mantenimento o di alimenti, sempre che non esistano obbligati in grado eguale o posteriore, che possano sopportare il relativo onere, ovvero) di obbligazioni di fare rispetto alle quali vi è insostituibilità del debitore, nel senso che non sia possibile procurarsi, se non a condizioni più onerose, prestazioni uguali o equipollenti (nella specie, a seguito della morte di un calciatore, la società per azioni, per la quale era tesserato, ha chiesto la condanna generica del terzo, sottoposta alla condizione dell'accertamento della responsabilità di questo).
Il presente volume raccoglie gli esiti del Convegno svoltosi nel 2021 e costituisce parte del progetto di ricerca "Tipologie e forme dell'abitare a Roma. Gli echi dell'antico nell'architettura del primo Novecento" finanziato nel 2019 dall'Università degli Studi di Roma "Sapienza". Tutti i testi pubblicati hanno superato la procedura di accettazione per la pubblicazione basata su meccanismi di revisione soggetti a referees terzi secondo il principio della double peer review. Comitato scientifico del Convegno Forme dell'Abitare a Roma. Echi dell'antico nell'architettura del primo Novecento (a cura di:
Archeomedia.it, 2023
Small study regardless Hittite army and "Arch Theory" between Hittite and Egyptian army and Qadesh battle
Gli archivi oggi. BEni culturali e risorse per la didattica, per la formazione storica dei giovani e l'educazione al patrimonio culturale. Esperienze laboratoriali dalle scuole umbre
Oggi gli archivi hanno assunto una nuova identità: sono diventati "beni culturali" dopo un lungo e travagliato iter di elaborazione dottrinale e legislativa.
Todomodo, 2013
* Con il terzo fascicolo, Mark Chu porta a termine il suo incarico nella gestione della rivista. La Direzione editoriale esprime qui l'apprezzamento per l'impegno profuso nel diffondere TODOMODO nella comunità internazionale degli studiosi e confida che la collaborazione prosegua all'interno del Comitato Scientifico, nel quale fanno il loro ingresso da questo numero anche Luciano Curreri, Natalino Irti e Giuseppe Traina, mentre prende congedo Domenico Scarpa. A tutti, buon lavoro.
G. Ciappelli, V. Nider (eds), La invención de las noticias : las relaciones de sucesos entre la literatura y la información (siglos 16.-18.), Trento, Università degli studi di Trento, 2017, 2017
Quando l'Arte Diventa Silenzio, 2014
Per tracciare un percorso artistico sul silenzio è necessario prima riflettere e capirne il significato in un contesto sociale. Una situazione di quiete è spesso la massima elevazione silenziosa che l’uomo moderno possa ascoltare, ciò che si cerca quando viene cercato silenzio. La percezione sonora si è trasformata nel tempo insieme allo sviluppo collettivo. Con il Novecento il rumore diventa simbolo del progresso. Passando dai suoni come metafore emotive ai rumori ambientali organizzati in opera, portati dal mondo esterno all’interno dell’arte. La sua indeterminatezza rende il rumore una forma di silenzio. Silenzio è lo stato precedente al suono e silenzio è la mancanza d’informazione definita nella caotica somma vibratoria del rumore. Questo gli affida una connotazione con il rumore nell’assenza di comuncazione. Una distinzione fondamentale sul silenzio si ha quando si parla di tacere e silére. La differenza che caratterizza sileo e taceo sta nell’opposizione tra la coscienza del silenzio come realtà in atto o che si crea (sileo) e la constatazione del silenzio, cioè assenza di qualcosa (taceo). L’esperienza contemplativa insegna la disciplina del silenzio come esclusione di ogni essere rumoroso e di ogni parola inutile che ne violerebbe la sacralità. Vivendo questa esperienza, si recupera il vero significato della parola che mira a condividere il bisogno di Verità attraverso la comunicazione. L’artista crea un universo molto più vicino alla Verità, realtà che solitamente viene invece attribuita ad un’esperienza inesistente senza attività mentale. Alcuni limiti fisiologici possono imporre silenzio. In questi casi, la sua concezione si trasforma, diventando parte di una convivenza forzata. Marìa Fux lavora su una diversa percezione sonora, lasciandola esistere anche in assenza di udito. Attraverso il ritmo fa penetrare il suono nel Corpo, lasciandolo viaggiare con naturalezza. Una persona sorda riesce in questo modo ad ascoltare e danzare ciò che, apparentemente, dei limiti corporei non potrebbero far percepire. John Cage dedica una consistente parte della sua opera al silenzio. Egli sostiene che, in qualsiasi condizione ambientale, il suono sarà comunque presente. Pone il silenzio come cambiamento della propria mente. Una sorta di ascolto passivo, un’accettazione del suono che già esiste, senza bisogno di essere creato. La più grande manifestazione di questo pensiero lo troviamo in 4’33”. Una meditazione sonora spontanea che porta la coscienza del sentire in primo piano, seguendo la direzione della propria attenzione. Todd Hido celebra il silenzio nei suoi scatti, posandolo nelle mani di chi osserva. Con le sue pellicole porta con sé quell’istante che diventa narrazione. Una foto è una storia da ascoltare fin quando la sensazione lo richiede. Hido fotografa il silenzio e lo lascia libero di raccontarsi, di esprimersi e prendere diverse forme dettate da chi guarda. La desolazione dei suoi spazi fa penetrare nella sensazione sonora di quel momento, che ne diventa contemporaneamente protagonista e narratore. Odani Motohiko elabora sculture complesse che lasciano molto spazio ad un’interpretazione emozionale. Crea un limbo tra il visibile e l’invisibile. Un’arte del pensiero che passa attraverso la fisicità di materiali leggeri. La sua scultura sta in bilico tra silenzio e rumore. Lascia cadere nel sogno per poi riportarlo nella materia. Motohiko lavora sul tema delle sensazioni fisiche e di stati psicologici. Fa passare l’arte attraverso il Corpo creando opposti di bellezza, risvegliando stati d’animo che stanno al confine tra spirituale e corporeo. Kim Ki-Duk corona l’arte del silenzio nei suoi film. Diventa elemento narrativo di estrema importanza che caratterizza personaggi, umore e tempo filmico. Ogni scelta ruota attorno anche ad una scelta sonora. La cura dell’impatto uditivo dà forma agli ambienti e alla narrazione, creando una sinfonia invisibile che si amalgama allo spettatore anche a pellicola conclusa, lasciando in un ovattamento post filmico in cui tutto è parte di una bolla silenziosa. Con l’arte, il silenzio si espande e fluisce nella materia divenendo base comunicativa. Avvolge forme invisibili, come l’aria o l’acqua, che compongono anche i nostri Corpi. L’accoglienza del suono nel Corpo diventa canale essenziale per accompagnare la percezione ad essere totale comunicazione con il tutto. Native Silence si pone come lettura di un universo corporeo che danza lo spazio in completo silenzio, portandolo in uno stato di connessione con elementi naturali. Attraverso un ascolto mneomonico, due Corpi si manifestano su un tappeto d’acqua, privi di schemi mentali. La danza diventa disegno di puro ascolto.
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Jus Civile, 2020
in AA.VV., La capanna di bambusa. Codici culturali e livelli interpretativi per “Terra Vergine”, a c. di G. OLIVA, Chieti, Solfanelli, 1994, pp. 65 - 80
La "Divina Commedia" nei dialetti italiani, in «Dante», 2017
Studia Theologica Varsaviensia
Rendiconti. Classe di lettere e scienze morali e storiche, 2019
R. Di Donato, M. Gandini, (a cura di), Le intrecciate vie. Carteggi di Ernesto de Martino con Vittorio Macchioro e Raffaele Pettazzoni, ETS, Pisa 2015
L'inconscio. Rivista Italiana di Filosofia e Psicoanalisi, n. 6 (2018), L'inconscio letterario, 2018
PICTAFRAGMENTA, 2020
La Notitia Dignitatum ed altri saggi di Tarda Antichità, 2022
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